Author: enrico

Assicurazioni e sostenibilità criteri ESG. “La sostenibilità nel settore assicurativo italiano” è la ricerca realizzata dal Forum per la Finanza Sostenibile e ANIA, presentata nell’ambito delle Settimane SRI.

I criteri ESG sono inclusi in larga misura nel settore assicurativo italiano e, in molti ambiti, mostrano miglioramenti rispetto ai risultati dello scorso anno.
Lo rileva la ricerca realizzata dal Forum per la Finanza Sostenibile e dall’Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici (ANIA), presentata a Roma nell’ambito delle Settimane SRI, la principale rassegna in Italia sulla finanza sostenibile, promossa e organizzata dal Forum. L’indagine, avviata nel 2022, è giunta quest’anno alla seconda edizione, con una partecipazione pari al 76% del mercato assicurativo italiano in termini di premi raccolti. Il dato è in aumento rispetto allo scorso anno, in cui le compagnie rispondenti rappresentavano una quota di mercato premi pari al 73%.
La ricerca è stata realizzata con il sostegno di Etica SGR, Generali Italia, Reale Mutua, Unipol Gruppo.

Aspetti generali e di governance
– La quasi totalità (circa il 90%) del campione ha istituito una funzione aziendale e/o un comitato ad hoc dedicati ai temi di sostenibilità, per lo più a diretto riporto del CdA o delle funzioni apicali. In merito alle politiche di remunerazione, per la parte variabile delle retribuzioni, anche quest’anno la quasi totalità (il 90%) del campione prende in considerazione il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità. Di questa quota, l’83% utilizza indicatori quantitativi (in gran parte associati anche a obiettivi qualitativi).
– Quest’anno l’indagine ha analizzato anche l’inclusione dell’obiettivo della parità di genere all’interno delle politiche di gestione delle risorse umane e i ruoli a cui si applica. Ne è emerso che il 98% del campione tiene conto di tale obiettivo, nella maggioranza dei casi (96%) tramite indicatori quantitativi (accompagnati nel 75% dei casi da indicatori qualitativi); tale obiettivo è esteso a tutto il personale nel 50% dei casi e a tutto il personale e ai membri del CdA nel 41%.
– Per la diffusione dei temi di sostenibilità all’interno della governance delle compagnie di assicurazione, un ruolo fondamentale può essere svolto dalla formazione: il mercato italiano ne ha compreso l’utilità e, infatti, la totalità delle società rispondenti si è già dotata di programmi formativi sui temi di sostenibilità. Questi ultimi sono rivolti principalmente a tutto il personale e ai membri del Consiglio di Amministrazione.

Inclusione dei criteri ESG nelle decisioni di investimento
– Rispetto al ruolo di investitori istituzionali delle compagnie di assicurazione, l’indagine mostra che pressoché la totalità del campione (il 99,98%) include i criteri ESG nelle decisioni di investimento, in particolare nelle decisioni riferite al portafoglio diretto e in delega. Il dato acquisisce ancor più rilevanza se si considera che nel 93% dei casi le strategie SRI sono adottate su una porzione rilevante del portafoglio (75-100%). Anche quest’anno la principale motivazione che spinge le assicurazioni a effettuare investimenti sostenibili è la possibilità di coniugare l’impatto socio-ambientale con un congruo ritorno finanziario.
– Diverse sono le strategie SRI mediante le quali le politiche di investimento sostenibile vengono applicate, con una prevalenza delle esclusioni. È però importante evidenziare la crescente diffusione della strategia dell’engagement e, in particolare, la partecipazione delle compagnie di assicurazione a iniziative di engagement collaborativo.
– Le assicurazioni ricoprono un ruolo decisivo nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità e, in particolare, nella mitigazione e adattamento al cambiamento climatico. Dalla ricerca emerge un aumento della consapevolezza sul tema: il 95% del campione misura l’impronta di carbonio del portafoglio e, come nel 2022, ne utilizza i risultati principalmente per identificare le azioni necessarie a ridurre le emissioni associate agli investimenti. Inoltre, il 71% del campione include la neutralità climatica nelle scelte di investimento, in prevalenza attraverso obiettivi intermedi misurabili allineati a standard riconosciuti a livello internazionale.

Inclusione dei criteri ESG nell’attività di sottoscrizione dei rischi
– In riferimento all’attività di sottoscrizione dei rischi, anche quest’anno il campione o già include i criteri ESG nella definizione dell’offerta di prodotti assicurativi danni o prodotti assicurativi vita diversi dai prodotti di investimento oppure ha avviato (o sta proseguendo) valutazioni in merito, indicando come principale opportunità la possibilità di incentivare comportamenti più sostenibili e meno rischiosi nella clientela.
– L’inclusione dei fattori di sostenibilità avviene principalmente tramite la limitazione dell’offerta di prodotti assicurativi per le attività esposte ad alti rischi ESG, l’offerta di prodotti assicurativi per la copertura dei rischi climatici (per lo più legati all’acqua, al vento e alle temperature), nonché l’offerta di prodotti specifici per favorire l’inclusione assicurativa; in quest’ultimo ambito, in particolare tramite coperture assicurative dedicate agli Enti del Terzo Settore e/o alle organizzazioni non profit e attraverso prodotti per favorire la conciliazione vita-lavoro e la genitorialità.

“Grazie alla solida partnership tra il Forum e ANIA, anche quest’anno abbiamo scattato una precisa fotografia dell’evoluzione degli investimenti ESG nel comparto assicurativo. Le assicurazioni sono una categoria fondamentale di investitori istituzionali e la loro crescente propensione alla sostenibilità costituisce un aspetto molto positivo. Questi operatori svolgono un ruolo chiave nella gestione dei rischi e rappresentano dei veri punti di riferimento per gli altri operatori finanziari”, dichiara Francesco Bicciato, Direttore Generale del Forum per la Finanza Sostenibile.

Virginia Antonini, Head of Sustainability and Corporate Communication, Reale Group: “Partner del Forum per la Finanza Sostenibile dal 2018, Reale Mutua non poteva mancare tra i sostenitori della seconda edizione della Ricerca sulla Sostenibilità nel settore assicurativo italiano. Questo è uno strumento utilissimo per sentire il polso del settore rispetto all’approccio che il comparto sta tenendo in relazione al tema dell’integrazione della Sostenibilità nel core business assicurativo. In Reale Group, la sostenibilità è parte essenziale della nostra identità, radicata nella nostra essenza e riflessa in modo saldo all’interno della governance aziendale. In qualità di società benefit, Reale Mutua ha adottato un approccio di integrazione ex ante delle tematiche ESG in tutti i processi aziendali. Le sei finalità di beneficio comune, previste all’interno dello Statuto della Compagnia, intendono prendere in considerazione le esigenze di tutti i nostri Stakeholder: Dipendenti, Soci-Assicurati e Clienti, Organi Sociali, Intermediari e altri canali distributivi, Fornitori di beni e servizi, Collettività e Ambiente, Azionisti delle Società Controllate, Autorità e Agenzie di Vigilanza e Controllo. Riteniamo che solo in questo modo si possa generare quella forza trasformativa che ci permetterà di fare fronte alle sfide globali attuali e future”.

Giulia Balugani, Sustainability Manager, UnipolSai Assicurazioni: “L’indagine conferma il crescente impegno del settore assicurativo per la gestione di impatti, rischi e opportunità legati ai fattori ESG – ormai integrati in tutti i processi aziendali fondamentali – con un focus sulle azioni volte a ridurre le emissioni di carbonio, sia quelle dirette sia quelle legate alla catena del valore. Dalla ricerca emerge, inoltre, che il 21% delle Compagnie ha integrato nei propri piani strategici la promozione di azioni di adattamento per garantire l’assicurabilità dei settori più esposti ai rischi climatici. Quest’ultimo rappresenta una grande sfida per la società dove le competenze del settore assicurativo possono apportare un contributo davvero rilevante, come riconosciuto anche dal regolatore europeo. Pur a fronte della notevole complessità del tema, sarà fondamentale che le Compagnie e il comparto nel suo insieme proseguano e rafforzino il loro impegno in merito”.

Barbara Lucini, Head of Country Sustainability & Social Responsibility, Generali Italia: “Il report mostra un avanzamento complessivo del settore nell’integrazione dei fattori ESG all’interno del business, sia a livello di investimenti sia di sottoscrizione e con un’attenzione ai temi sociali sempre più forte. Un’evoluzione in linea con la strategia “Lifetime Partner 24: Driving Growth” di Generali, che ha nella sostenibilità il suo principio ispiratore e mira a ottenere un impatto sociale e ambientale positivo su tutti gli stakeholder attraverso una piena integrazione dei criteri ESG nel business e nei processi, lo sviluppo di un mindset sostenibile e inclusivo all’interno dell’organizzazione e l’impegno attivo nelle comunità”.

Arianna Magni, Head of Institutional and International Business Development, Etica SGR: “Anche nella seconda edizione della ricerca sul settore assicurativo emerge con chiarezza la maturità e l’impegno crescente nell’integrare considerazioni di sostenibilità nella governance e negli investimenti. Tra i vari parametri in crescita rispetto allo scorso anno, si evidenzia un’ulteriore diffusione della strategia dell’engagement (+16%), un prezioso ed efficace strumento per integrare tematiche legate al lavoro e alla comunità nell’azione volta a contrastare il cambiamento climatico. Vi è un riconoscimento crescente dell’importanza della dimensione sociale nella transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, soprattutto in termini di impatti sul lavoro e sulla comunità. Raggiungere una transizione giusta, in linea con l’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico 2015, contribuirà ad accelerare l’azione per il clima in modo da raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs)”.

Il Forum per la Finanza Sostenibile è un’associazione non profit nata nel 2001. La base associativa è multi-stakeholder: ne fanno parte operatori finanziari e altre organizzazioni interessate all’impatto ambientale e sociale degli investimenti. La missione del Forum è promuovere la conoscenza e la pratica dell’investimento sostenibile, con l’obiettivo di diffondere l’integrazione dei criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) nei prodotti e nei processi finanziari. Il Forum per la Finanza Sostenibile è membro di Eurosif, lo European Sustainable Investment Forum.

Settimanesri.it

Finanzasostenibile.it

Investiresponsabilmente.it

ricerca

ESG investors committed to transition, according to a survey by Deutsche Bank’s Private Bank Chief Investment Office (CIO).
Investors, especially in Europe, remain committed to achieving environmental, social and governance (ESG) goals and are concerned about the economic transition.

The annual survey of private clients and institutional investors showed that climate change remains the biggest environmental issue for investment decisions, even though the number citing it (44 percent) has fallen since last year’s survey.

“Investors are focused on the economic transition to a low carbon economy,” Markus Müller, Deutsche Bank’s Private Bank CIO ESG and Global Head of the CIO said. “Despite the backlash against ESG in some public debates, our survey shows a strong commitment to the issue, especially among European investors. Companies that can deliver on their transition plan and show their credentials will benefit from investor support.”

The survey also showed that investors favour regulation to protect the environment
But when it comes to company transition plans, they prefer to see market-driven solutions like better production processes, technology improvements and consumer education, versus policy-led initiatives.
The findings also reveal that while investors understand climate risk and are concerned about the need for economic transition, still only a small proportion of investors consider themselves well-versed in ESG.
Even with the significant rise in ESG investing in the past three years, especially during Covid-19, still only 15 percent of investors said they had a good knowledge of ESG, while just 3 percent identified themselves as ESG experts.

“There is a gap between what investors know needs to be done for the economy to transition, and how ESG investing can help with the transition. Clearly, much more investor education is needed,” Müller added.

Investment opportunity vs risk management
The energy transition is the most preferred (18 percent) investment opportunity, compared to investing in Artificial Intelligence, manufacturing and the circular economy.
While investors expect environmental change to impact individual asset classes and see nature as a key factor in individual investment decisions, faith appears to be waning in the ability of ESG to manage portfolio risk. Lower than last year’s survey, 37 percent of respondents strongly or slightly agree that ESG factors can help manage portfolio risk.

Higher expectations from women
The survey also found a difference in attitudes between men and women. More women (27 percent) would avoid an investment if sustainability related factors do not meet their expectations compared to men (19 percent), and more women (54 percent) wanted more information on company transition plans, compared to men (40 percent). Seventy percent of women believed stronger international regulation is required to protect the ocean and biodiversity, compared to 58 percent of men.

Spotlight on Germany, Spain and Italy
The CIO received 1759 survey responses between June and the end of July this year, with the majority of responses (around 55 percent) from Germany, followed by Spain (18 percent) and Italy (16 percent).
Between these three European nations, there was a difference in the degree of investor belief and strong conviction in ESG.
More investors in Italy agreed that ESG factors will improve performance and manage risk, when compared to responses from German and Spanish investors.
On the other hand, German investors were less likely to strongly agree to the survey’s ESG propositions and more likely to strongly disagree. They were also more skeptical about ESG’s impact on portfolio performance and risk, or the availability of ESG product solutions.
However, the bulk of investors across Italy (78 percent), Spain (74 percent) and Germany (73 percent) strongly or even slightly agreed that investors need more information on how companies plan to transition to a sustainable business model.

www.db.com

report

Coordinamento FREE Comunità Energetiche: Soddisfazione per il via libera di Bruxelles, ma ora attendiamo il Decreto del Governo in tempi rapidi.

«Siamo molto soddisfatti del via libera della Commissione Europea al Decreto italiano sulle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER). Ora che si sono superati questi ostacoli ci aspettiamo una rapida pubblicazione del decreto affinché le CER possano essere rapidamente operative e far imboccare al nostro Paese, anche grazie al grande interesse fino ad ora dimostrato da tutti, la direzione di una decarbonizzazione che possa generare benefici diffusi, soprattutto per cittadini e imprese. – dichiara il Presidente del Coordinamento FREE, Attilio Piattelli, commentando le notizie sulle CER provenienti dal MASE e dalla Commissione Europea – Notiamo con piacere che non ci sono differenze sostanziali rispetto alle bozze circolate in questi mesi, se non il limite che impone un tetto ai benefici per le imprese in caso di superamento di determinate soglie di condivisione dell’energia. In tal caso la destinazione dei benefici economici conseguenti potrà essere solo a favore di membri o soci delle CER, diversi dalle imprese, e/o per finalità sociali aventi ricadute sui territori ove sono ubicati gli impianti. Tutto il resto del provvedimento sembra rimanere invariato, ma è necessario emanare rapidamente, oltre al Decreto, anche il bando da 2,2 miliardi di euro a favore dei piccoli comuni previsto dal PNRR».

« Un suggerimento che ci sentiamo di offrire è quello di monitorare lo sviluppo delle CER nelle aree metropolitane. Infatti, per quel che riguarda il criterio geografico limitato all’appartenenza della stessa cabina primaria di consumatori facenti parte della CER e degli impianti di produzione, si segnala che, pur riconoscendone una logica di ottimizzazione del carico sulle reti, l’applicazione nelle grandi città potrebbe trovare qualche difficoltà per le poche superfici a disposizione per la realizzazione degli impianti di produzione. – prosegue Piattelli – In tal caso, in futuro potrebbe valere la pena, solo per le aree metropolitane e dopo un primo periodo di attuazione del decreto, ipotizzare di estendere il perimetro delle cabine primarie anche ad aree limitrofe alle città per inglobare, zone industriali e artigianali con maggiori superfici a disposizione. Le aree metropolitane hanno bisogno delle CER perché queste faciliterebbero certamente l’elettrificazione dei consumi domestici e della mobilità ma anche perché potrebbero svolgere un ruolo rilevante a favore delle fasce più vulnerabili della popolazione, che spesso si trovano nelle periferie dei grandi centri abitati. Come sempre il Coordinamento FREE è a disposizione delle istituzioni per fornire il proprio contributo».

Il Coordinamento FREE (Coordinamento Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica) è un’Associazione che raccoglie attualmente, in qualità di Soci, 24 Associazioni in toto o in parte attive in tali settori, oltre ad un ampio ventaglio di Enti e Associazioni che hanno chiesto di aderire come Aderenti (senza ruoli decisionali) ed è pertanto la più grande Associazione del settore presente in Italia.
Il Coordinamento FREE ha lo scopo di promuovere lo sviluppo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica nel quadro di un modello sociale ed economico ambientalmente sostenibile, della decarbonizzazione dell’economia e del taglio delle emissioni climalteranti, avviando un’azione più coesa delle Associazioni e degli Enti che ne fanno parte anche nei confronti di tutte le Istituzioni.

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Investimenti in rigenerazione urbana sostenibile: grandi opportunità per Milano e Roma. Si è tenuto presso la Deloitte GreenHouse di Milano l’evento “Investimenti per la Rigenerazione Urbana Sostenibile”, dove sono state presentate due ricerche, una sulle opportunità di investimento e una sulla rigenerazione urbana sostenibile.

All’apertura dell’evento erano presenti Franco Amelio, Amministratore Delegato Deloitte Climate & Sustainability, Angela D’Amico, Deloitte Industry Leader (Real Estate) e Josephine Romano, Head of Corporate Compliance, Deloitte Tax & Legal, che hanno introdotto le tematiche.

La prima ricerca sulle opportunità di investimento a Milano e Roma è stata condotta da Paolo Galuzzi, Professore Ordinario della Sapienza Università di Roma e da Piergiorgio Vitillo, Professore Associato del Politecnico di Milano.

A Milano il mercato della rigenerazione urbana può valere fino a 30 miliardi
Gli ambiti di rigenerazione urbana della città di Milano interessano una superficie territoriale di circa 9,5 kmq e una superficie lorda pari a poco più di 5 milioni di metri quadrati, concentrata per poco meno della metà nel comparto residenziale (2,35 milioni di mq), per un terzo nel direzionale (1,5 milioni di mq) e per poco meno del 10 per cento in quello commerciale (460 mila mq).

Rigenerare in chiave sostenibile Milano può valere fino a 30 miliardi e fino a 19,5 miliardi di euro di valore aggiunto, concentrato per quasi il 60% nel comparto residenziale.

Entro il 2050, le stime più accreditate parlano di 920 chilometri quadrati di superficie territoriale da rigenerare a livello nazionale (1,6% della superficie urbanizzata attuale), di cui 193 kmq in Lombardia, per oltre 350 milioni di metri quadrati di superficie lorda edificabile. Con un fatturato industriale di 2.300 miliardi di euro entro appunto il 2050, di cui 700 miliardi come ricaduta diretta sul comparto immobiliare.

Secondo Stefano Pareglio, Presidente di Deloitte Climate & Sustainability, “Le aree urbane sono il fulcro delle società contemporanee, per gli impatti che determinano e per le opportunità che offrono. Circa il 40% delle emissioni totali di CO2, più di un terzo del consumo globale di energia, quasi il 60% della popolazione mondiale sono riferiti alle città. Rigenerare il tessuto urbano non più adeguato a stili di vita contemporanei è indispensabile, e per farlo in modo sostenibile è necessario il concorso di numerosi attori. Per questo abbiamo deciso di occuparcene, consapevoli che la sfida per la sostenibilità urbana è una straordinaria occasione di crescita economica, di innovazione e di progresso sociale”.

Angela D’Amico, Deloitte Real Estate Sector Leader, ha commentato: “È un dato di fatto che gli operatori, nel lungo periodo, si orienteranno sempre più su immobili con elevati standard ESG, che aumentano le opportunità di commercializzazione degli immobili e rientrano a pieno titolo nelle strategie di creazione del valore. Secondo ricerche di mercato, il miglioramento da classe di rating C ad A/AA comporta un repricing real estate dal 7 al 45% in Italia. La necessità di adottare standard ESG con questa finalità è particolarmente sentita per l’asset class degli Hotel, dove i principali brand internazionali hanno già sviluppato una Global ESG Policy che detta gli obiettivi di sostenibilità ambientale, sociale e di governance per tutte le strutture alberghiere del mondo aderenti al medesimo brand”.

Secondo le stime di Coima sgr, per effettuare la transizione energetica dell’intero patrimonio immobiliare esistente, portandolo a zero emissioni entro il 2050, sono necessari oltre 2 mila miliardi di euro per rinnovare circa 5.3 miliardi di metri quadrati di superficie (79% immobiliare residenziale, 2% commerciale, 7% pubblico e 12% appartenente ad altre categorie). Per raggiungere questo obiettivo, è necessario stimolare un incremento del numero di investitori istituzionali nel settore immobiliare, che in Italia rappresenta meno del 10% (contro una media internazionale del 15% circa).

“Dall’Accordo di Parigi, che ha delineato l’Agenda ONU 2030 e i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) con i relativi target, l’Unione Europea ha indubbiamente avviato una serie di riforme volte ad introdurre, nelle modalità di trasformazione dell’ambiente costruito, indirizzi e requisiti per favorire una maggiore sostenibilità ambientale, sebbene al momento non sussista ancora un framework regolatorio paneuropeo sulla rigenerazione urbana.” – ha dichiarato Josephine Romano, Head of Corporate Compliance, Deloitte Tax & Legal.

Successivamente, è seguito un dibattito che ha approfondito la visione degli operatori, analizzando le sfide e le opportunità connesse all’evoluzione del patrimonio immobiliare nell’ottica della sostenibilità.
Erano presenti Manfredi Catella, Founder e CEO COIMA SGR, Davide Albertini Petroni, Presidente Assomobiliare e Managing Director di Risanamento S.p.A. Ha moderato il dibattito Serena Uccello del Sole24Ore.

La seconda ricerca, ovvero il report “Rigenerazione urbana e sostenibilità: contesto, sfide e visione di lungo termine” presentato all’evento, ha analizzato la rigenerazione urbana da un punto di vista sostenibile e secondo l’approccio Deloitte. Il report ha inoltre valutato l’impatto sociale che può avere la rigenerazione urbana, oltre alle sfide e opportunità che ci mette davanti.

Infine, si è parlato di come le CER possano essere fattore di sostenibilità e motore per la rigenerazione urbana insieme a Antonio Piciocchi, Partner di Tax & Legal & Board Member di Deloitte Climate & Sustainability, per passare poi alle conclusioni con Stefano Pareglio, Presidente Deloitte Climate & Sustainability e Luca Dal Fabbro, Presidente ESG Institute e Presidente Gruppo IREN.

report

Industria 4.0 in manifatturiere italiane: tendenze e barriere evolutive. La ricerca LIUC Business School per ICIM Group fornisce un’interpretazione della reattività del panorama produttivo nazionale e conferma la necessità di un rafforzamento e di un preciso orientamento delle politiche di supporto agli investimenti e all’innovazione.

Gli incentivi e le manovre di governo hanno rappresentato un’opportunità da non perdere per le imprese italiane, ma quale grado di consapevolezza tecnologica si nasconde dietro gli investimenti 4.0?

Dalla ricerca realizzata da LIUC Business School per ICIM Group – presentata presso l’i-FAB della LIUC-Università Cattaneo di Castellanza (VA) – emerge come la possibilità di ammodernare il proprio parco macchine, sfruttando il finanziamento per la dotazione di prestazioni superiori a quelle degli impianti esistenti, abbia in molti casi oscurato le potenzialità della quarta rivoluzione industriale.
Ne è mancata, talvolta, il vero obiettivo: aumentare il valore generato dai processi di produzione in termini di efficienza, qualità, flessibilità, sostenibilità e sicurezza, grazie all’integrazione dei nove pilastri tecnologici (dall’Internet of Things al Big data analytics; dalla manifattura additiva alla realtà aumentata e simulazione) che consentono di raggiungere l’automazione industriale, l’integrazione delle risorse all’interno della fabbrica e l’attuazione di processi decisionali guidati dai dati.

Insomma, investimenti sì ma ancora con parecchie barriere all’innovazione, a causa della mancanza di un’adeguata comprensione del concetto di Industria 4.0 e/o di scarse competenze all’interno dell’organizzazione.
Sia tra le grandi sia tra le piccole e medie imprese.
Queste le principali evidenze dello studio realizzato dall’ingegner Violetta Giada Cannas, ricercatrice della LIUC Business School, che si è concentrato sull’analisi degli investimenti 4.0 realizzati dalle imprese italiane.
In particolare, sugli investimenti delle imprese italiane che hanno scelto di affidare l’attestazione di conformità Industria 4.0 nell’anno 2020 a ICIM SpA, ente di certificazione di ICIM Group, il polo di competenze a maggioranza ANIMA Confindustria che fornisce servizi di formazione, consulenza, testing e, appunto certificazione.
ICIM SpA è, infatti, l’ente di certificazione di riferimento in ambito Trasformazione Industriale e Industria 4.0 con oltre 3600 attestazioni rilasciate a oltre 1350 aziende, per investimenti pari a circa 2 miliardi di euro.

OBIETTIVO DELLO STUDIO
Capire come le imprese italiane abbiano affrontato, negli anni successivi all’investimento, l’implementazione delle tecnologie 4.0 acquisite, investigando, in particolare, quali siano le principali tendenze e barriere evolutive.
Tale analisi è stata condotta utilizzando la metodologia di ricerca scientifica dei casi studio e svolgendo un’analisi approfondita dei dati raccolti da un numero limitato di imprese, selezionate all’interno del campione, con interviste mirate alle figure che hanno guidato gli investimenti 4.0 e visite in loco presso i reparti produttivi.
I casi sono stati selezionati con l’obiettivo di analizzare investimenti di entità diverse, condotti da imprese di diverse dimensioni, appartenenti a diversi settori industriali.

IL CAMPIONE
Campione oggetto di indagine sono state 123 imprese: le aziende dei casi studio sono prevalentemente concentrate nel segmento manifatturiero (86,18%), commercio all’ingrosso e al dettaglio (7,32%), per il restante in sanità e assistenza sociale, costruzioni; equamente distribuito per dimensione aziendale e per investimento medio (circa 387 mila euro per le PMI, contro 386 mila euro per le grandi imprese).
Gli investimenti sono stati effettuati da imprese localizzate perlopiù nelle regioni del Nord Italia, per il 55% da PMI e per il 45% da grandi aziende.

RISULTATI DELLO STUDIO
Dall’analisi dei casi è emerso che tutte le imprese intervistate si sono dichiarate soddisfatte dei risultati ottenuti dall’investimento 4.0 intrapreso e dai benefici emersi negli anni successivi a tale investimento: maggior produttività, monitoraggio e controllo continuo dell’impianto produttivo grazie all’utilizzo di dati oggettivi raccolti in tempo reale, a vantaggio del processo decisionale; miglioramento delle condizioni di lavoro del personale nei vari reparti; riduzione delle attività alienanti e dei delivery lead time; miglioramento del livello di integrazione con i fornitori e, più in generale, con tutti gli attori della supply chain.
I beni materiali acquisiti sono per il 90% beni strumentali gestiti da sistemi computerizzati e per il 10% sistemi per l’assicurazione della qualità e della sostenibilità.

Tuttavia, è interessante notare che la maggior parte degli intervistati (75%) ha dichiarato che la decisione di investire nell’Industria 4.0 è stata principalmente (o, in alcuni casi, esclusivamente) legata ai vantaggi economici e finanziari. Pochi intervistati (25%) hanno testimoniato che la motivazione di investire nell’Industria 4.0 sia stata principalmente legata a una spiccata cultura digitale dell’impresa e all’ambizione di portare la propria impresa verso la quarta rivoluzione industriale, mantenendo una buona posizione competitiva in un mercato dinamico e in continua evoluzione dal punto di vista tecnologico.

Se da un lato il piano di investimenti ha fortemente contribuito a oliare la trasformazione del tessuto produttivo nazionale, dall’altro le imprese non comprendono ancora realmente cosa significhi generare valore da tali investimenti.

Tra le principali barriere all’innovazione, la non adeguata comprensione del concetto di Industria 4.0 per le scarse competenze all’interno delle organizzazioni (67%), la resistenza al cambiamento (75%), la complessità di inserire i nuovi sistemi all’interno di cicli produttivi preesistenti (83%) e la difficoltà a trovare partner validi per lo sviluppo della progettualità (57%),

Un esempio scaturito dalle analisi è sicuramente lo scarso utilizzo della numerosa quantità di dati generata dai sensori intelligenti contenuti nei nuovi impianti produttivi.
“Tali dati sono oggi da considerarsi un vero e proprio asset strategico – spiega Violetta Giada Cannas – tuttavia, la scarsa conoscenza dei pilastri tecnologici 4.0 e dei processi basati sui dati porta le imprese a non utilizzare tali informazioni o ad utilizzarne solo una parte per analisi di tipo descrittivo, non applicando analitiche prescrittive o predittive che ne potenzino il valore e guidino meglio le decisioni, proteggendo poco l’aspetto di privacy e tutela del dato stesso, con bassi investimenti in cybersecurity. Tra gli ostacoli allo sviluppo ci sono le scarse competenze che impediscono la comprensione del concetto di Industria 4.0 e anche la resistenza al cambiamento”.

“Alla vigilia della revisione degli incentivi per la digitalizzazione ci sembrava importante mettere a disposizione il patrimonio di esperienze raccolto in 5 anni di attività connesse all’attestazione di beni I 4.0 – dice l’ingegner Paolo Gianoglio, Direttore Innovazione, Sviluppo e Relazioni Associative di ICIM Group, Responsabile del Progetto Industria 4.0. – Abbiamo condiviso i nostri dati per indagare con maggiore dettaglio quali tecnologie siano state preferite dalle imprese, per quali utilizzi, con quali obiettivi. Nei prossimi anni la sfida della digitalizzazione si incrocerà con quella della sostenibilità, la cosiddetta Twin Transition che l’Europa ci chiede per rispondere a criteri di competitività che non compromettano l’impegno per combattere il cambiamento climatico. Con la ricerca commissionata a LIUC crediamo di aver offerto un contributo significativo per le decisioni dei prossimi anni”.

È quindi necessario che l’impegno e gli sforzi di tutti gli attori della filiera, a cominciare da Università e Competence Center, siano orientati, anche attraverso politiche incentivanti, a favorire questo passaggio evolutivo che prende le mosse dalla consapevolezza – che deve essere diffusa tra imprenditori e manager – delle potenzialità che “l’economia dei dati” può portare al settore manifatturiero, come già in altri settori (banche, assicurazioni, social media).

www.liuc.it

www.icimgroup.com

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Orti Slow Food 35 mila scolari a lezione di spreco alimentare. Ridurre lo spreco alimentare è una delle azioni più importanti per la salvaguardia delle risorse del pianeta e la lotta alla fame nel mondo, per questo come Slow Food siamo convinti sia necessario, fin da bambini, imparare a scegliere i cibi seguendo la stagionalità e mettendo in pratica tecniche antispreco e modalità di conservazione degli alimenti.

Sale in zucca e stiamo accORTI
Sono alcune delle attività con cui venerdì 10 novembre, alunne e alunni in tutta Italia hanno celebrato la Festa degli Orti Slow Food. Grazie all’impegno di quasi 1600 insegnanti formati dall’associazione della chiocciola, durante tutto l’anno scolastico, 35 mila bambine e bambini di oltre 1700 classi in 140 Istituti Comprensivi, dagli asili nido alle scuole primarie di secondo grado, stanno acquisendo consapevolezza del valore del cibo, dal campo alla tavola.
Quest’anno, inoltre, grazie al sostegno del Fondo Carta Etica di UniCredit, gli Orti Slow Food hanno ricevuto un nuovo slancio, coinvolgendo 538 nuove classi.

«Fare un orto è un atto molto piccolo, fatto di semi e granelli di terra. Ma può essere anche molto grande perché significa capire il mondo e il peso dello spreco a livello globale. Quest’anno la festa degli Orti Slow Food è dedicata proprio a questo tema: a ricordare che tonnellate e tonnellate di cibo sono sprecate in un pianeta in cui ancora si muore di fame. Fare l’orto è sperimentazione e cambiamento, è cura della nostra casa comune da conservare con l’obiettivo di consegnarlo alle generazioni future. È il minimo che si possa fare per loro e per noi» sottolinea Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia.

«La tematica della sostenibilità ambientale è una parte fondamentale della nostra cultura e della nostra mentalità. Così come l’impegno verso i giovani e l’istruzione. Siamo fortemente impegnati ad aumentare costantemente il nostro impatto sociale e il sostegno alle comunità e siamo quindi orgogliosi di essere al fianco di Slow Food nella realizzazione di questo progetto e di contribuire a fornire gli strumenti e le conoscenze necessarie per intraprendere percorsi di crescita sostenibile» aggiunge Annalisa Areni, Head of Client Strategies di UniCredit.

Cibo: io non ti spreco
Oltre 1200 kit didattici sono stati consegnati alle classi che partecipano al progetto Orti Slow Food a scuola, grazie al contributo di UniCredit. Al loro interno, insegnanti e bambini trovano tutti gli strumenti per imparare, giocando, come non sprecare i cibi: da un divertente memory sulle tecniche di conservazione alle schede didattiche per imparare a consumare gli alimenti fuori stagione, sfruttando al meglio le eccedenze del raccolto.
Un approccio positivo da trasmettere ai bambini fin dalle più piccole età, per capire come evitare gli sprechi di frutta e verdure nei campi.
Nel kit anche i cartelloni degli alimenti da trasformare di stagione in stagione, le etichette a tema Orti Slow Food da apporre ai barattoli di conserva, e sticker da attaccare, per ricordare l’importanza dei prodotti stagionali, fino ad arrivare alle ricette per recuperare il pane avanzato.
Il tutto per riscoprire come poter mettere le “mani in pasta”, non solo a scuola ma anche a casa. Il kit contiene anche alcuni esempi di conserve, come la passata di pomodoro fiaschetto del Presidio Slow Food, da assaggiare con frise e origano, per preparare golose merende ai bambini e scoprire insieme nuovi gusti.

Alcune testimonianze tra le nuove classi coinvolte quest’anno

Bologna: la memoria dei nonni e la riscoperta dei mestieri legati alla terra
Tra le scuole che rientrano nell’ampliamento degli Orti Slow Food reso possibile dal supporto di UniCredit, c’è la scuola primaria Giorgio Morandi, nel quartiere Barca di Bologna. «Grazie all’orto vogliamo avvicinare i bambini ai saperi della terra, facendogli sperimentare tutte le attività dell’orto, dalla vangatura al raccolto. Spesso infatti i più giovani non hanno avuto il contatto con le tradizioni contadine e il rischio è quello di dimenticare le memorie tramandate dai nonni, ma anche la consapevolezza delle stagioni dei cibi e il rispetto per gli animali che vivono nel suolo e tra le piante – racconta l’insegnante Teresa Maisano che ha candidato la scuola a partecipare al progetto -. Ma non è solo questo, grazie all’orto riusciamo a insegnare tanti argomenti attraverso attività ludiche, non solo l’aritmetica o le scienze, ma anche temi come lo spreco delle risorse idriche e la tutela della biodiversità».

Pescara: parole chiave comunità e inclusione
Dall’Emilia-Romagna passiamo all’Abruzzo dove è l’insegnante Andrea Berardinucci della scuola secondaria Ugo Foscolo di Pescara a raccontarci quali obiettivi vogliono raggiungere grazie all’orto: «La comunità è il cuore di un quartiere, che senza i suoi abitanti non avrebbe sfumature di culture e tradizioni». È il caso di questa scuola che si trova nella prima periferia della città: «Quello che vorremmo è coinvolgere tutti gli abitanti intorno all’Orto Slow Food, che avremo la fortuna di realizzare in un ex parco pubblico adiacente alla scuola. Per questo stiamo anche cercando di coinvolgere nonni, genitori e persone che abitano nei dintorni della scuola» continua l’insegnante.

Agrigento: protagonisti i Minori Stranieri Non Accompagnati
«Ad Agrigento, nel quartiere di Villaseta, una vecchia scuola abbandonata è stata ripristinata e resa accogliente per i corsi di italiano per gli adulti, frequentati anche da giovani persone migranti. È qui che, in collaborazione con la Comunità Slow Food Zagara- Al Zahar, con un gruppo di ragazzi minori stranieri non accompagnati, beneficiari del progetto Youth&Food, abbiamo realizzato l’orto sociale, impiantando colture autoctone. Quello che vorremmo è anche riuscire a coltivare ortaggi di provenienza dei Paesi dei ragazzi, un elemento in più per farli sentire a casa. I giovani fanno esperienza delle nostre tradizioni agricole e gastronomiche e inoltre l’orto rappresenta un esempio anche per gli abitanti del vicinato. Un intervento sociale ed educativo diventa quindi un collante per l’intera comunità del quartiere» racconta Santino Lo Presti dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo per l’istruzione degli Adulti.

Cosa sono gli Orti Slow Food
Nasce dall’associazione della Chiocciola a metà anni Novanta negli Stati Uniti e approda in Italia.
L’obiettivo è promuovere la coltivazione in modo sostenibile attraverso la comunità locale. All’interno dei quartieri vengono individuate aree dismesse da riqualificare che vengono trasformate in orti urbani creando così spazi verdi accessibili a tutti.
Tutto questo grazie alla collaborazione tra Slow Food, i partner Irritec e Pastificio Di Martino, tutte le scuole di tutta Italia che aderiscono al progetto e il contributo di UniCredit al fine di promuovere un’alimentazione sana e la valorizzazione del territorio.

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8 milioni di famiglie per riqualificare casa. Osservatorio Gabetti Lab e Nomisma: quale il lascito del Superbonus? Che futuro c’è per la necessaria riqualificazione del patrimonio edilizio del nostro Paese?
Quale via italiana per dare corso alle politiche green europee?

Con il coinvolgimento di attori della filiera, amministratori di condominio e operatori della finanza, attraverso la partecipazione a tavoli di lavoro e l’avvio di indagini quantitative, Gabetti Lab e Nomisma, coordinati da Ppan come content & communication partner, hanno formulato una proposta operativa per la ripartenza del settore nel post 110. I tavoli tematici hanno visto la partecipazione di una sessantina di interlocutori privilegiati, chiamati a discutere di soluzioni e indirizzi per il futuro.
Tra le priorità e le richieste, in un virtuoso dialogo tra pubblico e privato:
– La necessità di un piano strategico degli investimenti con modularità temporale a non meno di 3-5 anni
– L’adozione di un meccanismo redistributivo dell’aliquota
– L’introduzione di strumenti di tipo ESCO sul privato ed EPC sul pubblico
– La reintroduzione della cessione del credito
Le survey in particolare hanno consentito di rilevare l’opinione di tre target direttamente coinvolti nel processo di riqualificazione edilizia del patrimonio residenziale: le famiglie, gli amministratori in qualità di «antenne all’interno delle comunità condominiali”, la filiera delle costruzioni costituita da imprese e professionisti

LE FAMIGLIE
Secondo i dati del report redatto a valle di questa attività di studio e ricerca, lo sguardo delle famiglie ha messo in evidenza una consolidata consapevolezza riguardo alla necessità di riqualificare il proprio patrimonio abitativo. Sette famiglie su 10 dichiarano di conoscere la direttiva Case green e la metà percepisce una certa preoccupazione rispetto agli effetti che potrebbe avere sulla comunità, con particolare riguardo ai costi da sostenere per l’adeguamento energetico. Ancora, una su due ritiene che la propria abitazione necessiterebbe di interventi di manutenzione straordinaria, che nella metà dei casi finora non sono stati condotti per i costi. Infine, 7,9 milioni di famiglie esprimono l’intenzionalità di riqualificazione, a fronte di un Superbonus “riconfigurato”, con aliquote commisurate secondo differenti criteri.

GLI AMMINISTRATORI DI CONDOMINIO
In linea con queste aspettative, l’indagine agli amministratori di condominio, rivolta al network Gabetti Lab con una quarantina di interlocutori che complessivamente gestiscono 5000 condomini, riflette da un lato le difficoltà dei proprietari di casa, dall’altro le preoccupazioni del mondo della filiera. Tra le evidenze, si segnala che:
Il 90% degli amministratori intervistati ha fatto esperienza di 110% all’interno dei condomini amministrati.
Il 67% degli amministratori intervistati denuncia casi di cantieri bloccati nei condomini, nella metà dei casi anche per problematiche connesse alla cessione del credito.
Quasi la metà degli amministratori intervistati non esprime fiducia verso la possibilità di risoluzione di queste problematiche.

IMPRESE, STUDI PROFESSIONALI, GENERAL CONTRACTOR E ATTORI DEL MONDO DELLE COSTRUZIONI
Gli intervistati (85) testimoniano invece una strutturazione interna sostanziale, resasi necessaria per far fronte alle complessità procedurali del Superbonus. I risultati dell’indagine mostrano l’adozione di nuovi modelli organizzativi interni, l’acquisizione di nuove competenze professionali e la creazione di nuove partnership/collaborazioni con altre realtà imprenditoriali. A questo si aggiunge il considerevole impatto economico delle nuove progettualità, con una incidenza sul fatturato complessivo che in un terzo dei casi supera la soglia del 50% negli ultimi 3 anni. Non mancano tuttavia le criticità, legate in primis al blocco dei progetti in itinere – una casistica che ha coinvolto la maggioranza assoluta degli addetti ai lavori intervistati.

A fronte di questo quadro di riferimento, si intravedono alcune condizioni imprescindibili per una strategia di riqualificazione del patrimonio edilizio credibile e compatibile con le esigenze di finanza pubblica. Ci vorrà uno sforzo di riqualificazione di 1,8 milioni di immobili in 10 anni, non sarà semplice, visto che con questa ondata senza precedenti di riqualificazione è stato efficientato meno del 4% del parco residenziale italiano.

“Va sottolineato che senza il riconoscimento della casa come leva cruciale di politica ambientale ed ecologica, difficilmente le città italiane potranno raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica e di miglioramento energetico imposti dall’Europa”, spiega Alessandro De Biasio, amministratore delegato di Gabetti Lab, prima filiera integrata nell’ambito della sostenibilità in Italia e primo player nella riqualificazione per il benessere abitativo grazie alla gestione di reti di imprese. “Alla luce di questo, abbiamo ritenuto necessario attivare collaborazioni importanti con Centri di ricerca e Università per portare all’attenzione di tutti gli operatori, con la forza dei numeri e della ricerca, il fatto che questo grande lavoro di riqualificazione ha prodotto e potrebbe produrre vantaggi di lungo periodo per famiglie e Paese. È stato reso pubblico qualche giorno fa l’esito dell’indagine commissionata dal Gruppo Gabetti insieme al suo Ufficio Studi e condotta dal Politecnico di Milano e dal Politecnico di Torino, che ha dimostrato come l’efficientamento energetico degli immobili influisca sui prezzi di compravendita e il valore degli immobili”.

Gabetti Property Solutions, attraverso le diverse linee di business delle società controllate, eroga servizi per l’intero sistema immobiliare, offrendo consulenza integrata per soddisfare esigenze e aspettative di privati, aziende e operatori istituzionali.
Proprio dall’integrazione e dalla sinergia di tutti i servizi, emerge il valore aggiunto del gruppo: un modello unico rispetto ai competitor. Il sistema organizzativo di Gabetti Property Solutions consente l’integrazione e il coordinamento delle competenze specifiche di ciascuna società del Gruppo nell’ambito delle seguenti aree: Consulenza, Valorizzazione, Gestione, Intermediazione, Mediazione Creditizia e Assicurativa e Riqualificazione.

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La finanza sostenibile oltre i pregiudizi: il Forum per la Finanza Sostenibile smentisce una per una le argomentazioni contro gli ESG.

Rispondere alle critiche alla finanza sostenibile e agli attacchi ai criteri ESG, attraverso prove tecniche e scientifiche e facendo ricorso a fonti affidabili e imparziali, casi di studio e best practice.

È questo l’obiettivo del paper “La finanza sostenibile oltre i pregiudizi”, curato dal Forum per la Finanza Sostenibile e presentato nell’ambito delle Settimane SRI.
Il paper, frutto di un gruppo di lavoro avviato dal Forum con i propri Soci, punta a dimostrare l’infondatezza di molti argomenti contrari alla finanza sostenibile da un punto di vista scientifico, e ribadire invece l’importanza di quest’ultima come motore del progresso economico, sociale e ambientale.
Il paper risponde a dieci falsi miti, spesso diffusi da fonti basate su opinioni ideologiche e politiche o condizionate da lobby, offrendo un’analisi chiara e puntuale in cui, pur riconoscendo le questioni ancora aperte, si evidenzia che la finanza sostenibile non solo crea valore a lungo termine e riduce i rischi, ma ha anche un impatto positivo sulle aziende, le comunità e il sistema finanziario nel suo insieme. “È essenziale sottolineare che perseguire la finanza sostenibile non implica un allontanamento dai principi del libero mercato, ma enfatizza la necessità di integrare la sostenibilità nelle decisioni finanziarie, promuovere un approccio olistico e a lungo termine agli investimenti e contribuire al benessere complessivo delle generazioni presenti e future”, si legge nel documento.

“Era prevedibile che con la crescita delle masse gestite con i criteri ESG e il rafforzamento del posizionamento istituzionale europeo della finanza sostenibile si sarebbero sollevate critiche da parte di chi ha interesse a rallentare il processo di giusta transizione. Il Forum risponde in modo rigoroso e seguendo i principi science based, con un approccio scevro da ogni posizione ideologica e adottando come sempre un’attitudine costruttiva e non distruttiva, a tutela degli investitori impegnati nel sostegno finanziario allo sviluppo sostenibile”, dichiara il Direttore Generale del Forum Francesco Bicciato.

Costi, performance, rischio, dovere fiduciario
Una prima serie di argomentazioni affrontate riguarda la relazione tra dovere fiduciario, costi, performance e rischio. Il paper risponde alla critica di costi più alti dei prodotti sostenibili dimostrando che le commissioni in media sono più basse nei prodotti SRI rispetto ai loro omologhi tradizionali.
Per quanto riguarda la performance, che i critici reputano minore nei prodotti sostenibili, il paper mostra come le cose stiano esattamente al contrario: “I fondi ESG sovraperformano nel medio-lungo periodo. Eventi inattesi possono avere un impatto sulla performance a breve termine, ma la performance a lungo termine è positiva rispetto ai fondi tradizionali”.
Anche rispetto ai rischi, che i detrattori della finanza sostenibile giudicano più alti per gli investimenti sostenibili, l’analisi ESG sottostante a tali prodotti consente piuttosto di identificare minacce altrimenti sottovalutate, permettendo così di mitigarle e capitalizzare invece le opportunità derivanti da pratiche sostenibili e responsabili. Da questi aspetti discende dunque che la finanza sostenibile non è contraria al dovere fiduciario, ossia l’obbligo in capo a tutti gli operatori finanziari di perseguire il miglior risultato possibile per il cliente, considerando il rischio, il rendimento, la liquidità e le informazioni disponibili, attraverso un’appropriata applicazione di diligenza e competenza. Questo processo include necessariamente l’integrazione dei fattori ESG e delle pratiche sostenibili.

Ruolo degli Stati
Una parte del paper è dedicata anche a smentire l’argomento secondo cui gli Stati nel settore finanziario esercitano solo il ruolo di regolatori: “Nel momento in cui un governo si impegna ad allineare le proprie politiche pubbliche a determinati obiettivi di sostenibilità, per esempio aderendo all’Accordo di Parigi, si posiziona esplicitamente come un attore chiave nell’ambito finanziario”.
La stessa prospettiva comunitaria, alla cui base ci sono rilevanti normative (alcune ancora in fase di costruzione), concepisce i governi come partecipanti attivi nelle questioni finanziarie.

Misurazione e raccolta dati, greenwashing
La valutazione della sostenibilità nelle pratiche di investimento implica la misurazione della performance ESG degli emittenti che fanno parte dei portafogli e dei prodotti di investimento, finanziamento o assicurazione. Il paper replica alle argomentazioni secondo cui la sostenibilità non si riesce a misurare e la finanza sostenibile favorisce il greenwashing, evidenziando piuttosto le sfide ancora aperte, su cui comunque operatori, istituzioni e organizzazioni sono al lavoro.
“È fondamentale compiere sforzi di standardizzazione e consolidamento per semplificare la raccolta, il reporting e l’analisi dei dati ESG”, si legge nel paper. Nonostante le recenti normative europee volte a migliorare la trasparenza e la quantità delle informazioni disponibili, permangono ancora delle sfide, tra cui un’insufficiente standardizzazione dei dati, lacune nei dati, difficoltà nella comprensione dell’importanza dei temi ESG e potenziali problemi di etichettatura e rating.
Rispetto al tema del greenwashing, cui è dedicato anche uno specifico paper del Forum pubblicato nel 2022 e contente una serie di raccomandazioni, è essenziale che vengano esplicitate le metodologie utilizzate per evitare rischi di comunicazioni in tutto o in parte non veritiere. La trasparenza, che è uno degli aspetti più importanti della finanza sostenibile, è di grande aiuto in questo caso.
“Ci attendiamo che le norme e i regolamenti siano rafforzati per prevenire e sanzionare il greenwashing, garantendo che i progressi verso una reale sostenibilità non siano solo superficiali, ma portino a cambiamenti concreti e significativi”, si legge ancora nel documento.

Stakeholder e shareholder, engagement, voto
Il paper confuta inoltre le argomentazioni secondo cui gli stakeholder e gli shareholder hanno interessi completamente opposti e l’engagement non ha efficacia. L’analisi condotta dal Forum mostra come esternalizzare i costi da parte dell’azienda voglia dire che questi costi saranno a carico della collettività (stakeholder), ma anche degli investitori. Questi ultimi, infatti, dovranno sostenerli sia direttamente, poiché a lungo termine tali costi “nascosti” incideranno sulla redditività e i risultati finanziari dell’azienda investita, sia indirettamente, in qualità di contribuenti.
“La finanza sostenibile porta questi costi alla luce, quantificandoli in modo trasparente. Evidenziando la fonte di questi costi, consente agli investitori di prendere decisioni informate sulle loro scelte di investimento”, chiarisce il paper.
Riguardo all’engagement, tema su cui il Forum è al lavoro da tempo anche con iniziative di engagement collettivo, vengono presentati numerosi casi di dialogo tra azionisti e aziende investite con risultati rilevanti.
Lo stesso vale per il voto: “Impegnandosi attivamente ed esercitando il diritto di voto, i gestori e gli investitori istituzionali adempiono alle loro responsabilità di amministratori e difendono gli interessi dei loro clienti o beneficiari”.
Il paper rappresenta per il Forum l’inizio di un percorso che proseguirà anche nei prossimi anni, con l’obiettivo di giungere a una piena legittimazione della finanza sostenibile.
Come si legge nelle conclusioni del paper, infatti, “la finanza sostenibile non è solo un’opzione desiderabile, ma una necessità impellente. Il nostro futuro e quello del pianeta dipendono dalle decisioni che prendiamo oggi. È il momento di agire con determinazione e responsabilità, per un mondo migliore per tutti noi”.

Il Forum per la Finanza Sostenibile è un’associazione non profit nata nel 2001. La base associativa è multi-stakeholder: ne fanno parte operatori finanziari e altre organizzazioni interessate all’impatto ambientale e sociale degli investimenti. La missione del Forum è promuovere la conoscenza e la pratica dell’investimento sostenibile, con l’obiettivo di diffondere l’integrazione dei criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) nei prodotti e nei processi finanziari. Il Forum per la Finanza Sostenibile è membro di Eurosif, lo European Sustainable Investment Forum.

settimanesri.it

finanzasostenibile.it

investiresponsabilmente.it

www.eurosif.org

paper

Banche etiche più redditizie delle convenzionali. Presentato il sesto Rapporto sulla Finanza Etica in Europa, sesta edizione di un lavoro di ricerca internazionale risultato dalla collaborazione tra Fondazione Finanza EticaFundación Finanzas Éticas Federazione Europea delle Banche Etiche e Alternative (FEBEA).

Un lavoro che quest’anno ha esaminato 22 banche etiche europee sotto il profilo della redditività, dell’adeguatezza patrimoniale e della performance finanziaria, mettendole a confronto con 60 banche convenzionali (“significative”) sottoposte alla vigilanza diretta della Bce.
Lo studio scandaglia per tutti gli istituti i dati relativi agli ultimi 10 anni, dal 2012 al 2021.

Dal 6° Rapporto emerge una fotografia nella quale la finanza etica si afferma come movimento forte e in costante crescita; un movimento che, grazie all’efficacia del proprio modello di business eticamente orientato, può contaminare virtuosamente il sistema finanziario mainstream globale e indirizzarne le trasformazioni, necessarie e urgenti di fronte alle sfide economiche, sociali e ambientali dell’umanità.

Redditività e non solo: le banche etiche stanno bene sul mercato
Le banche etiche europee evidenziano una sostanziale migliore redditività rispetto alle banche “significative”: la redditività del capitale proprio (ROE) delle banche etiche è stata infatti – in media nel periodo analizzato – del 5,23%, contro il 2,21% delle banche convenzionali.
Un vantaggio che si rileva anche per la redditività degli attivi (ROA), che ha premiato le banche etiche con una media dello 0,46% contro lo 0,25% delle banche convenzionali.
Un dato che si presenta come una distintività positiva di carattere strutturale, considerato che si è affermato lungo un decennio di rilevazioni, includendo l’anno 2020, quando entrambe le tipologie di istituti subivano i colpi della crisi pandemica.

Le differenze tra banche etiche e banche convenzionali si registrano poi su altre voci di gestione, mostrando vocazioni e impostazioni alternative.
– Sul fronte degli attivi è risultato evidente che le banche etiche si concentrano maggiormente sulle attività bancarie tradizionali, soprattutto sul credito, mentre le banche convenzionali puntano maggiormente su investimenti e collocamento di fondi e titoli.
– Quella dei depositi dei clienti è la fonte di maggior liquidità nelle banche etiche (81,1% delle passività totali), mentre le banche convenzionali si affidano a varie fonti di liquidità, con un conseguente rapporto depositi/patrimonio netto inferiore.
– Quanto alla solidità patrimoniale, le banche etiche hanno mantenuto costante nel tempo una forte capitalizzazione – con un rapporto tra patrimonio netto e passività totali pari in media all’8,2% – mentre le banche convenzionali hanno migliorato la loro posizione patrimoniale, ma partendo da una posizione più debole, crescendo dal 4,3% nel 2012 al 6,20% nel 2021.
– Ultimo aspetto da valutare – anch’esso capace di connotare la diversità d’approccio, anche valoriale – è quello della liquidità, il rapporto prestiti/depositi (LDR): si è mantenuto stabile e inferiore (da 77% a 81,5% di media) nelle banche etiche rispetto a quelle convenzionali (incrementato da 86% a 102,5%), che mostrano dunque potenzialmente un rischio di liquidità più elevato.

Clima e pace, l’azione coerente della finanza etica
La lotta contro il cambiamento climatico è la sfida più difficile per il futuro dell’umanità.
Tuttavia le banche convenzionali europee non sembrano aver davvero avviato una transizione ecologica nel proprio modello di business.
Offrono singoli prodotti “verdi” ma restano votate al massimo profitto e, dal 2016 al 2022, hanno finanziato con oltre 5 miliardi di euro i combustibili fossili, mentre solo il 7% dei loro finanziamenti energetici è andato alle energie rinnovabili.
Le banche etiche adottano invece un approccio olistico integrato e investono da anni in metriche avanzate di misurazione delle emissioni di gas serra (PCAF – Partnership for Carbon Accounting Financials), anche quelle indirette (Scope 3), escludendo dal credito filiere dannose per l’ambiente e il clima, per allineare i portafogli di investimento alle indicazioni scientifiche e dell’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico.
Banche etiche e finanza etica si impegnano inoltre a non alimentare l’industria bellica.
E su questo si sono differenziate particolarmente dallo scoppio del conflitto in Ucraina nel 2022.
Rapporti recenti della ong olandese PAX mostrano invece che da 15 grandi banche europee convenzionali sono giunti prestiti e obbligazioni per 87,7 miliardi di euro a imprese delle armi, e 306 operatori finanziari hanno sostenuto 24 produttori di armi nucleari con 746 miliardi di dollari.

Europa verso il futuro, le tre proposte della finanza etica
Dato tale scenario, le banche etiche e valoriali guardano con interesse al voto europeo di giugno 2024 e avanzano tre proposte alle istituzioni, a partire dal riconoscimento e dalla valorizzazione dell’unicità dei vari modelli bancari (la cosiddetta “biodiversità bancaria”), per cui regole e strumenti non possono essere gli stessi per tutti.

Tre proposte mutuate dalle tre lettere dell’acronimo ESG (ambientale, sociale e di governance), per un approccio che deve rimanere integrato nella visione e applicazione.
E _ La finanza mainstream deve allineare le sue azioni alle parole e impegnarsi realmente a rispettare i principi dichiarati. È urgente combattere il greenwashing nel settore finanziario. Purtroppo, l’elenco dei trucchi contabili per il “net zero washing” è ampio. Abbiamo bisogno di un quadro forte e trasparente per delineare come raggiungere le emissioni nette zero, applicarle a tutte le attività operative e facilitare forme di corretta rendicontazione.
S _ L’attenzione principale sia rivolta a contrastare le disuguaglianze (crescenti e insostenibili): di ricchezza e di reddito; nell’accesso al credito e ai servizi finanziari; di genere e retributive nel settore finanziario. Inoltre le banche etiche e valoriali, che mostrano tassi di sofferenza più bassi rispetto al sistema, pur finanziando in misura maggiore le realtà dell’economia sociale – oggi valutate aprioristicamente ad alto rischio, e in assenza di giustificate ragioni tecniche -, chiedono l’introduzione di un social supporting factor, che riduca l’assorbimento di capitale richiesto per finanziare tali realtà. Sarebbe uno strumento fondamentale per lo sviluppo del settore, della microfinanza e per la lotta all’esclusione finanziaria, senza introdurre alcun costo per gli Stati.
G _ La distinzione più significativa tra le banche etiche e il sistema tradizionale, per quanto riguarda il terzo pilastro della governance, è la trasparenza. Permangono limitazioni nell’accesso pubblico alle informazioni sulle imprese, una normativa inefficace nel contrastare l’opacità del sistema finanziario favorisce soggetti finanziari che sfruttano diverse giurisdizioni per evitare le tasse, non essere trasparenti ed eludere le normative. Questa situazione genera ingiustizia sociale e crea una competizione sleale con gli istituti finanziari etici, che si astengono da tali pratiche.

Finanza etica per trasformare e indirizzare il sistema «Mentre i colossi del sistema bancario convenzionale pronunciano impegni di sostenibilità che spesso vengono poi smentiti e non scalfiscono un modello di business complessivamente orientato al massimo profitto a ogni costo, le banche etiche europee si distinguono invece per la coerenza tra azioni svolte e principi sostenuti – ha detto Teresa Masciopinto, presidente di Fondazione Finanza Etica -. La ricerca sottolinea l’importanza di allontanare dal settore finanziario le ombre di greenwashing e socialwashing e offre uno spaccato di conoscenza sulla finanza etica in Europa: un movimento che lancia una sfida di trasformazione valoriale alla finanza globale. Tanto più oggi, a pochi mesi dal prossimo voto per il rinnovo dell’Europarlamento».

«La visione della finanza etica – sottolinea Anna Fasano, presidente di Banca Etica – sta rivoluzionando il settore bancario e finanziario in Europa. Il dialogo con le istituzioni di Bruxelles e Francoforte e con gli attori della società civile insieme alla collaborazione con i network internazionali della finanza etica, Febea e Gabv, sono gli strumenti per amplificare la nostra capacità influenzare tali processi. Vogliamo condividere valori e buone pratiche per ridurre l’arbitrarietà di ciò che l’Europa definisce “investimento sostenibile”, per disincentivare il greenwashing e – grazie all’attesa tassonomia sociale – per arricchire le prescrizioni di sostenibilità ambientale con le dimensioni economica e sociale. La finanza può tornare ad essere strumento al servizio dell’economia, delle persone e del pianeta in un sistema in cui i risparmiatori sono resi consapevoli dell’impatto potenziale, positivo o negativo, che può avere il denaro gestito dai diversi operatori».

Banca Etica è la prima e tuttora unica banca italiana interamente dedita alla finanza etica, opera da 24 anni su tutto il territorio nazionale attraverso una rete di filiali e consulenti e grazie ai servizi di home e mobile banking. Banca Etica raccoglie il risparmio di organizzazioni e cittadini responsabili e lo utilizza interamente per finanziare progetti finalizzati al benessere collettivo. Oggi Banca Etica conta 47 mila soci e 92 milioni di capitale sociale; una raccolta di risparmio di oltre 2,4 miliardi di euro e finanziamenti per circa 1,2 miliardi di euro a favore di iniziative di organizzazioni, famiglie e imprese nei settori della cooperazione e innovazione sociale, cooperazione internazionale, cultura e qualità della vita, tutela dell’ambiente, turismo responsabile, agricoltura biologica, diritto alla casa, legalità. Banca etica aderisce ai principali network internazionali della finanza etica: Global Alliance for Banking on Values (GABV) e Federazione Europea delle Banche Etiche e Alternative (Febea). Il Gruppo Banca Etica include Etica Sgr, società di gestione del risparmio che propone esclusivamente fondi comuni di investimento etici, Fondazione Finanza Etica, che promuove iniziative di studio e sensibilizzazione sull’educazione critica alla finanza, e CreSud che offre risorse finanziarie e servizi di assistenza a organizzazioni di microfinanza, produttori di commercio equo e sostenibile, associazioni e ONG in America Latina, Africa ed Asia.

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rapporto

Riforma agevolazioni Imprese Energivore. A decorrere dal 1 gennaio 2024, potranno accedere alle agevolazioni “energivori” le imprese che, nell’anno precedente alla presentazione dell’istanza di concessione delle agevolazioni, avranno realizzato un consumo annuo di energia elettrica non inferiore a 1 GWh e che rispettino almeno uno dei seguenti requisiti:
a). operano in uno dei settori ad ALTO rischio allegato 1;
b). operano in uno dei settori a rischio allegato 1;
c). pur non operando in alcuno dei settori di cui alle lettere a) e b), hanno beneficiato, nell’anno 2022 ovvero nell’anno 2023 energivori, precedente schema.
Non accedono alle agevolazioni le imprese che, seppur in possesso dei requisiti di cui al comma lettere a), b) e c), si trovano in stato di difficoltà.

Le imprese sono soggette ai seguenti contributi a copertura degli oneri generali afferenti al sistema elettrico al sostegno delle energie rinnovabili:
– le imprese lettera a), nella misura del minor valore tra il 15 %della componente degli oneri generali e lo 0,5 % del valore aggiunto lordo dell’impresa;
– le imprese lettera b), nella misura del minor valore tra il 25 % della componente degli oneri generali e l’1 % del valore aggiunto lordo dell’impresa;
– le imprese lettera c), nella misura del minor valore:
— per le annualità 2024, 2025 e 2026, tra il 35 %della componente degli oneri generali e l’1,5 %del valore lordo aggiunto dell’impresa;
— per l’anno 2027, tra il 55 %della componente degli oneri generali e il 2,5 %del valore lordo aggiunto dell’impresa;
— per l’anno 2028, tra l’80 %della componente degli oneri generali e il 3,5 %del valore lordo aggiunto dell’impresa.

Qualora l’impresa lettera b) e c) – quest’ultime fino al 31 dicembre 2028 – copra almeno il 50 % del proprio consumo di energia elettrica con energia da fonti che non emettono carbonio, di cui almeno il 10 % assicurato mediante un contratto di approvvigionamento a termine oppure almeno il 5 % garantito mediante energia prodotta in sito o in sua prossimità, allora il contributo a copertura degli oneri di sistema è pari al minor valore tra:
– il 15 %della componente degli oneri generali e lo 0,5 %del valore aggiunto lordo dell’impresa X le imprese b)
– il 35 %della componente degli oneri generali e lo 1,5 %del valore aggiunto lordo dell’impresa X le imprese c).

In ciascun anno, i contributi a copertura degli oneri di sistema per le imprese lettere a), b) e c), 5 e 6 non possono, in ogni caso, essere inferiori al prodotto tra 0,5 €/MWh e l’energia elettrica prelevata dalla rete pubblica.

Le imprese che accedono alle agevolazioni sono tenute a effettuare la diagnosi energetica.
Le imprese di cui al primo periodo sono altresì tenute a adottare almeno una delle seguenti misure:
a) attuare le raccomandazioni di cui al rapporto di diagnosi energetica, qualora il tempo di ammortamento degli investimenti a tal fine necessari non superi i tre anni e il relativo costo non ecceda l’importo dell’agevolazione percepita;
b) ridurre l’impronta di carbonio del consumo di energia elettrica fino a coprire almeno il 30 %del proprio fabbisogno da fonti che non emettono carbonio;
c) investire una quota pari almeno al 50 % dell’importo dell’agevolazione in progetti che comportano riduzioni sostanziali delle emissioni di gas a effetto serra al fine di determinare un livello di riduzioni al di sotto del parametro di riferimento utilizzato per l’assegnazione gratuita nel sistema di scambio di quote di emissione dell’Unione europea di cui al regolamento di esecuzione (UE) 2021/447 della Commissione europea, del 12 marzo 2021.

RIFERIMENTO NORMATIVO
DECRETO-LEGGE 29 settembre 2023, n. 131 – Misure urgenti in materia di energia, interventi per sostenere il potere di acquisto e a tutela del risparmio. (23G00141) (GU n.228 del 29-9-2023)

Considerata la complessità della tematica, i tecnici EnergyINlink provvederanno (gratuitamente) ad effettuare il calcolo per verificare se la vostra Azienda possiede i requisiti di cui sopra.
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In caso affermativo, saremo a disposizione per supportarvi nello svolgimento della procedura di accreditamento su sistema telematico.

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normativa