Author: enrico

0

Electricity Market Report Italia 2023 – Energy&Strategy School of Management Politecnico Milano. Mercato elettrico, la nuova bozza del PNIEC impone un’accelerazione al 2030: -24% di emissioni, -12% di consumi, +40% di generazione da rinnovabili.
Per realizzarla va completato il quadro normativo, con risorse e incentivi.

L’instabilità geo-politica ha ridato centralità agli obiettivi di sicurezza energetica e di competitività dei prezzi dell’energia, accanto alla consapevolezza che sarà necessaria una ristrutturazione significativa del sistema elettrico (l’elettrificazione dei consumi e il forte incremento atteso della generazione di energia da fonti rinnovabili non programmabili richiederanno radicali modifiche nel dispacciamento e nella gestione del sistema), già in forte evoluzione in Italia e obbligato ad accelerare la trasformazione per traguardare i target sempre più stringenti indicati dalla bozza del nuovo Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC).

Stando ai dati presentati dall’Electricity Market Report 2023 redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, discussi insieme alle aziende partner della ricerca, la situazione rivela l’immaturità del nostro Paese rispetto agli obiettivi posti sia per il 2030 che per il 2050. Entro otto anni, infatti, dovremo tagliare le emissioni per più del 24% a fronte di un consumo finale lordo di energia ridotto del 12% e prodotto per una percentuale doppia, rispetto all’attuale, da fonti rinnovabili, e tuttavia la domanda di energia elettrica è prevista in aumento del 6%.
La bozza della nuova versione del PNIEC prevede un significativo innalzamento anche rispetto alla capacità di generazione da rinnovabile (+40% circa), mentre l’unico valore che decresce riguarda la capacità installata di elettrolizzatori per la produzione di idrogeno verde, da 5 a 3 GW. Non sono stati definiti, invece, obiettivi espliciti in termini di capacità di accumulo necessaria per accompagnare la trasformazione del sistema elettrico: l’edizione del 2019 parlava di circa 10 GW (tra centralizzati e distribuiti).

“Il ritardo accumulato dal nostro Paese nella transizione verso un sistema energetico sostenibile richiede un impegno più robusto e coordinato – conferma Simone Franzò, Responsabile scientifico dell’Osservatorio – in particolare per la riduzione delle emissioni di gas serra tramite la promozione delle energie rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza energetica. Questi sforzi sono essenziali per assicurare l’allineamento del Paese rispetto agli obiettivi definiti a livello comunitario e mitigare gli impatti sui cambiamenti climatici. In questo contesto, risulta fondamentale l’intervento normativo, a partire dal nuovo Testo Integrato del Dispacciamento Elettrico (TIDE), con cui si vuole rendere strutturale in Italia la partecipazione di risorse distribuite – tanto dal punto di vista della generazione che della domanda, organizzate all’interno di aggregati virtuali – alla fornitura di servizi ancillari”.

La continua revisione delle politiche energetiche e ambientali europee, anche in risposta alla complessa situazione geopolitica (“Fit-for-55”, “RepowerEU” e il nuovo “Green Deal Industrial Plan”), ha prodotto la proposta di revisione del market design da parte della Commissione europea, che ambisce a rendere il mercato elettrico maggiormente integrato, decarbonizzato e capace di far fronte ad eventuali emergenze energetiche future, riducendo il livello di rischio legato all’instabilità dei prezzi e definendo, per ciascuno Stato membro, obiettivi in termini di fabbisogno di flessibilità del sistema e di risorse deputate ad assicurarlo.

Fra gli strumenti identificati ci sono la riforma dei forward market, un maggiore supporto alle fonti di energia rinnovabile (attraverso PPA Contract for Difference a due vie) e la realizzazione di meccanismi di flessibilità della rete. I forward market sono importanti strumenti di protezione dei consumatori dalla volatilità dei prezzi dell’energia: la Commissione propone la creazione di virtual hub che amplino il perimetro geografico di negoziazione dei contratti, allo scopo di aumentare la liquidità dei mercati e quindi la loro efficacia.
Tuttavia, tale formulazione non è stata accolta con favore unanime dagli operatori, soprattutto perché il meccanismo proposto comporterebbe la formazione di prezzi all’interno degli hub non indicizzati ai prezzi nazionali, generando la necessità di istituire un meccanismo ad hoc per consentire di effettuare le negoziazioni.

“L’efficacia di tutti questi provvedimenti – commenta Franzò – sarà da valutare alla luce delle misure attuative adottate nei prossimi mesi a livello italiano, anche per abilitare le risorse ‘distribuite’ di piccola taglia a fornire servizi ancillari. Ad esempio, con la Deliberazione 300/2017è iniziata la sperimentazione per ampliare i soggetti in grado di fornire servizi di rete, aggregati virtualmente all’interno delle cosiddette UVAM. Il progetto pilota ha mostrato sia le potenzialità che, in alcuni casi, i problemi di affidabilità delle risorse coinvolte. Il TIDE si inserisce in questo percorso di innovazione, puntando a integrare le sperimentazioni nel quadro generale del dispacciamento. Ancora, la delibera 727/2022/R/eel ha completato il panorama regolatorio relativo al mondo dell’autoconsumo collettivo, ma l’Italia è, ad oggi, ancora in attesa della definizione puntuale di alcuni aspetti, in primis gli incentivi: questa incertezza ha creato una situazione di stallo, come emerge dalla mappatura delle iniziative – ben inferiori alle stime attese, nonostante le grandi potenzialità – e dalle interviste a operatori e utenti finali. Tuttavia, la partecipazione a una comunità energetica rinnovabile può rappresentare una grande opportunità per i consumatori, benché vi siano criticità legate alle attività amministrative e pareri divergenti tra gli operatori”.

Il crescente impatto delle FER sul sistema elettrico
L’integrazione crescente delle fonti di energia rinnovabile sta progressivamente trasformando il sistema elettrico, ponendo nuove sfide da superare come la non programmabilità delle FER, il posizionamento degli impianti rispetto ai punti di consumo e la diffusione della generazione distribuita. Cambiamenti che non influenzano soltanto l’infrastruttura, ma anche la già complessa gestione del sistema e il funzionamento dei mercati energetici.
In Italia, la potenza complessiva installata da FER è aumentata lentamente negli ultimi anni e a fine 2022 risultava pari a circa 64 GW (+5% rispetto al 2021). La capacità di generazione termoelettrica, invece, si è assestata sui 60 GW. L’affermarsi delle FER ha determinato l’aumento della quota di energia prodotta al Sud e di quella da generazione distribuita: a fine 2022 il 36% della potenza installata proveniva da fonte non programmabile e il Sud e le isole rappresentavano il 40% della potenza installata totale.

L’Europa cerca di chiudere un circolo virtuoso per le FER
Una delle principali barriere agli investimenti in impianti a fonte rinnovabile è rappresentata, ad oggi, dall’incertezza sui ricavi futuri. La Commissione Europea individua una possibile soluzione nei Power Purchase Agreement (PPA) e nei Contract-for-Difference (CfD) a due vie, introducendo, nel primo caso, strumenti finanziari statali per schermare i produttori dal rischio di insolvenza degli offtaker. Perché questi contratti riescano effettivamente a decollare in Italia, però, è necessario utilizzare diverse leve attraverso un approccio coordinato.
Nel contesto italiano, infatti, i CfD a due vie sono da tempo impiegati come strumento di sostegno all’investimento in impianti FER, tramite aste competitive dedicate. Tuttavia, con il susseguirsi dei bandi, si è registrato un progressivo calo nelle partecipazioni e una riduzione della saturazione del contingente disponibile. Perché i CfD riescano ad apportare i benefici attesi è fondamentale che queste aste guadagnino nuovamente efficacia attraverso una burocrazia più snella e una maggiore capacità di programmazione degli investimenti da parte degli operatori.
Il quadro normativo italiano, al contrario, si muove già nella direzione delle prescrizioni avanzate nella proposta di revisione del market design sul tema dell’adeguatezza, attraverso la presenza del capacity market e le aste definite nella delibera ARERA 247/2023. Sebbene sia ancora lunga la strada da percorrere, su aspetti quali la razionalizzazione del capacity market e la concreta realizzazione del nuovo meccanismo di aste dedicate agli stoccaggi l’Italia risulta dunque in anticipo.

I risultati del progetto pilota UVAM: potenzialità, rischi e incertezza futura
L’aumento della generazione da fonti rinnovabili e distribuite, accompagnato da una riduzione della percentuale di elettricità prodotta da fonti programmabili, ha portato alla Deliberazione 300/2017/eel e all’avvio del progetto pilota UVAM, che intende valutare l’effettiva capacità dei BSP (Balancing Service Provider) e delle risorse distribuite di piccola taglia di fornire servizi ancillari in forma aggregata. Negli ultimi due anni, però, il numero di UVAM abilitate è diminuito di circa un quarto (a settembre 2023 erano 208) a causa del mancato superamento, da parte di un numero non trascurabile di esse, dei test di affidabilità a cui sono state sottoposte. Anche la partecipazione delle UVAM alle aste di approvvigionamento ha subito una contrazione, come si può vedere in figura per il prodotto pomeridiano nell’area A nel periodo tra maggio 2021 e giugno 2023. In linea con la riduzione della capacità assegnata, aumentano i prezzi medi ponderati.

Il progetto pilota UVAM: MW assegnati e prezzi medi ponderati per il prodotto pomeridiano nell’area A nel periodo da maggio 2021 a giugno 2023
Il TIDE intende completare il processo di innovazione innescato dalle Deliberazione 300 del 2017 e integrare nel quadro generale del dispacciamento la regolazione sperimentata nei progetti pilota, includendo l’ampliamento dei soggetti che possono offrire servizi ancillari e l’istituzionalizzazione dei ruoli di BSP e BRP (utente del dispacciamento). Inoltre, i criteri contenuti nel TIDE comporteranno un significativo sforzo di revisione dei modelli di rete e degli algoritmi applicati da Terna nell’ambito del dispacciamento. Secondo gli operatori, il Testo Integrato del Dispacciamento Elettrico apre numerose opportunità e rappresenta uno strumento abilitante, ma per valutarne l’effettivo impatto è necessario comprendere come sarà declinato nel Codice di Rete. Inoltre, sarebbe utile che l’Autorità fornisse ulteriori chiarimenti.

Comunità energetiche rinnovabili a rilento: il ritardo normativo è causa di disillusione sul mercato
Ad oggi in Italia sono presenti circa 85 configurazioni in autoconsumo collettivo: 61 gruppi di autoconsumatori e 24 comunità di energia. Considerando le iniziative ancora in fase progettuale, il totale raggiunge 198 iniziative, 6 volte di più rispetto alle 33 mappate nel 2021 ma notevolmente al di sotto delle stime attese, in primo luogo a causa del ritardo normativo.
Con la delibera 727/2022/R/eel, infatti, è stato completato il quadro regolatorio, ma la normativa sulle Comunità energetiche risulta incompleta, in particolare per quanto riguarda il decreto MASE, che definisce i meccanismi di incentivazione. I progetti ad oggi sono stati realizzati in larga maggioranza nel Nord Italia, fatta eccezione per la
Sicilia, e promossi principalmente dai Comuni tramite fondi nazionali ed europei. La taglia degli impianti è eterogenea, in genere nell’ordine di qualche decina di kW.

Comunità Energetiche Rinnovabili come nuova opportunità per la diffusione delle FER, e non solo
La partecipazione a una comunità energetica rappresenta una buona opportunità per i consumatori, sia per chi non ha la possibilità di installare un impianto rinnovabile per l’autoconsumo, sia per chi invece può condividere la sua energia in eccesso, massimizzando i ricavi. Nel rapporto vengono analizzati diversi business case, con le rispettive analisi di sensitivity, per valutare la sostenibilità economica degli investimenti ed effettuare un confronto tra iniziative di piccole dimensioni, dedicate a utenti residenziali, e quelle di taglia maggiore rivolte a utenti industriali. In generale, la ricerca di un bilanciamento ottimale tra produzione e consumo rappresenta una condizione necessaria per una buona riuscita.
Come emerso dalla mappatura, tra i progetti attualmente realizzati le prime iniziative osservate in Italia riguardano comunità energetiche formate da utenti residenziali, mentre le PMI ancora non sono coinvolte in maniera diffusa, soprattutto a causa delle norme transitorie definite dal Decreto Milleproproghe. Terminato l’iter per ampliare il perimetro delle comunità energetiche, ci si può attendere l’arrivo di utenti di grandi dimensioni e di impianti che potrebbero raggiungere 1 MW di taglia, portando alla nascita di due principali cluster: CER basate su utenze residenziali (con pay back time più lunghi e obiettivi sociali e comunitari) e CER basate su utenti industriali (interessati alla sostenibilità ambientale ma anche a benefici economici, rilevanti sulle grandi taglie), senza escludere per questo possibili configurazioni miste.

Mercato potenziale e prossimi obiettivi: che cosa aspettarsi?
Gli incentivi stabiliti nella nuova proposta del decreto MASE del 23 Febbraio 2023, insieme ai fondi stanziati dal PNRR (2,2 miliardi di euro in conto capitale destinati ai Comuni sotto i 5.000 abitanti), permetterebbero di installare – tramite le CER – una potenza rinnovabile (a partire da quella fotovoltaica) pari a circa 7 GW in 5 anni, un obiettivo decisamente sfidante se paragonato alla situazione corrente e ai target mancati fino ad ora. Tuttavia, nonostante ad oggi le configurazioni già in fase operativa siano limitate, appare evidente la volontà di cogliere questa nuova opportunità per clienti finali e imprese.

Cosa pensano gli operatori del settore della potenziale diffusione delle comunità energetiche e degli “autoconsumatori collettivi” in Italia
Incertezza e ritardi normativi, barriere culturali, difficoltà di gestione e impegno economico potrebbero porre un freno alle iniziative, mentre i risvolti sociali ed ambientali, l’affermarsi del concetto di comunità e la semplicità tecnologica continuano ad essere notevoli driver per una crescente espansione.

Energy & Strategy è un team multi-disciplinare della School of Management del Politecnico di Milano. Il gruppo nasce nel 2007 ed attraverso attività di Ricerca, Consulenza e Formazione nel campo dell’Energia e della Sostenibilità, si pone l’obiettivo di istituire un Osservatorio permanente sui mercati e sulle filiere industriali afferenti i seguenti comparti:
Energie rinnovabili, Efficienza energetica, Sistema elettrico e smart grid, Smart mobility, Smart buildings, Startup e nuove tecnologie per la sostenibilità ambientale, Circular economy.
La nostra proposizione di valore – in coerenza con la mission del Politecnico di Milano – verte sulla creazione e condivisione di conoscenza sui temi legati alla gestione strategica dell’energia ed alla sostenibilità, grazie al combinato disposto di competenze tecnico-scientifiche e capacità di analisi e ricerca “sul campo”, oltre che all’interazione con i 30.000 professionisti e manager che costituiscono la “Energy & Strategy Community”

www.energystrategy.it

www.som.polimi.it

EU nuclear energy stakeholders have met at the European Nuclear Energy Forum. The nuclear industry, along with certain EU countries, calls for more support and subsidies for nuclear power, particulary for Small Modular Reactors (SMRs), in the name of reaching the EU’s climate goals.

Environmental NGOs join voices to contest this claim, arguing that investing in new nuclear power plants will delay decarbonisation and that SMRs fail to answer the industry’s problems.
Governments should rather focus on cheap renewable energy, grids and storage.

At the European Nuclear Energy Forum, NGOs call on the EU and its member states to subsidise energy sources that can reliably and cheaply achieve our climate goals, not nuclear power.

Investing in new nuclear power plants may prove detrimental to EU climate goals
1. Prolonged delays: The latest nuclear plants built in Europe have experienced delays of over a decade. We cannot risk such delays on our path to reduce fossil fuel emissions.
2. Cost overruns: Nuclear power plants have faced huge cost overruns. The nuclear industry seeks to pass these high costs on to taxpayers and households via state and EU subsidies. The French nuclear industry has been nationalised.
3. Geostrategic interests: Nuclear energy is being pushed by powerful lobbies and geostrategic interests. Several EU states’ nuclear energy relies on the state-owned Russian nuclear firm Rosatom, importing uranium from unstable countries outside the EU.
4. Decentralised transition: To quickly decarbonise, we must choose cheap technologies, easy to deploy at scale, like solar panels and windmills. Nuclear power contradicts the vision of a decentralised energy system with citizen engagement.
5. Environmental impact: According to the IPCC report published in March 2023, nuclear power is one of the two least effective mitigation options (like Carbon Capture and storage). It’s an inefficient option that poses serious contamination risks during use and for future generations due to everlasting toxic waste.

Small Modular Reactors (SMRs) do not answer any of the industry’s fundamental problems:
1. Unproven technology: Even the simplest designs used today in submarines will not be available at scale until late next decade, if at all.
2. Waste and proliferation risks: SMR designs fail to address the persistent nuclear waste problem and pose new risks associated with the proliferation of nuclear materials.

Luke Haywood, from the European Environmental Bureau, said: “It is highly unlikely that small modular reactors will change anything about the poor economics of investments in nuclear energy. Our focus should be on what we know works to rapidly reduce emissions: energy savings and renewables. Every euro invested in nuclear could help replace fossil fuels faster and cheaper if directed to renewables, grids and energy storage. This would also reduce air pollution, radioactive waste, and energy bills while allowing for more citizen participation.”

Marion Rivet, from Réseau Sortir du nucléaire, said: “New nuclear power plant projects in France are estimated to cost around 52 billion euros. All this money should be invested in immediate and effective solutions for a real energy transition. The reduction of the greenhouse gas our countries produce has to be effective in the next 10 years and has to come from a source fully sustainable (meaning that does not create long-term wastes, that does not rely on uranium.”

Antoine Bonduelle, from Virage Energie, said: “Small reactors are not an option for the climate crisis. At best, they cost double or more per kWh than other nuclear options, and even much more than efficiency or renewables, as shown extensively in the models and in the consensus of the recent AR6 IPCC report. Small reactors would produce more waste than classical reactors, and use more materials and fuels. Accidents are still possible and proliferation risks are much higher. In France, several proposed projects are shady arrangements aimed at using more public money or justifying unproductive research teams. In the end, it is a costly impasse, a loss of time and public money.”

Signatories
European Environmental Bureau (EU), Foundation for Environment and Agriculture (Bulgaria), France Nature Environnement (France), Global Chance (France), Klimaticka Koalicia (Slovakia), Réseau Sortir du Nucléaire (France), Virage Énergie (France), NOAH Friends of the Earth (Denmark), Védegylet/Protect the Future (Hungary), Estonian Green Movement – Friends of the Earth Estonia, MKG – Swedish NGO Office for Nuclear Waste Review (Sweden), Milkas – The Swedish Environment Movement`s Nuclear Waste Secretariat (Sweden).

The European Environmental Bureau (EEB) is Europe’s largest network of environmental citizens’ organisations, standing for environmental justice, sustainable development and participatory democracy.
Our experts work on climate change, biodiversity, circular economy, air, water, soil, chemical pollution, as well as policies on industry, energy, agriculture, product design and waste prevention.
We are also active on overarching issues such as sustainable development, good governance, participatory democracy and the rule of law in Europe and beyond.
We have over 180 members in over 38 countries.

eeb.org

IPCC Report

Energy Efficiency in the Energy Mix: it is the first fuel for a clean energy future – but not yet visible in the energy mix!
The new Energy Efficiency Directive, adopted last July 2023, enforces the principle of “energy efficiency first” as a fundamental principle of the EU’s energy policy, reflecting the importance that the EU attaches to energy efficiency.

Energy efficiency is considered a core strategy for decarbonisation
A recent report by the IEA estimates that the energy efficiency sector will provide 40% of the necessary greenhouse gas cuts expected worldwide by 2040. A new study by IEECP, “Make Energy Efficiency Visible in the Energy Mix”, outlines the need for energy efficiency to be fully considered as an energy resource, starting with integrating it in the way to represent the energy mix.
Energy efficiency is a resource that we can use to meet our energy needs while consuming less energy. In doing so, we can reduce our energy bills, our dependency on imported fossil fuels, and our CO2 emissions. It has many benefits but is not yet at the forefront of the energy mix at the EU or national level. The energy efficiency share is not included in data representing the energy mix, and therefore, is not a visible component in the energy mix. Out of sight, out of mind: this is one of the reasons energy efficiency does not come first in planning, policymaking, and investment. The new Energy Efficiency Directive has now entered into force and the EU has a stronger legal framework to support energy savings. Looking forward to next year as new European institutions will take office: what should we do to ensure energy efficiency is prioritised and made more visible in the next EU cycle?

Making energy efficiency visible
The IEECP study, supported by Knauf Insulation and the European Climate Foundation, addresses the issue of visibility of energy efficiency in the main publications on energy data. The study highlights how the contribution of energy efficiency is essential to the European Union’s energy system but is not currently visible in the main energy mix figures. Researchers analysed possible ways to add energy savings to national and European Union energy mixes next to energy sources such as renewables, gas and coal in a structured way: 7 actions are listed in the report.
For energy efficiency to be considered on a level playing field with other energy resources, energy efficiency improvements need to be monitored, then energy efficiency data needs to be integrated in the overall energy picture.

“Energy efficiency is considered the first fuel because there is no cleaner and cheaper energy than one that has not been consumed. However, energy efficiency is consistently absent from energy balances which makes it difficult for energy savings to become part of energy strategies. This study redresses that balance by demonstrating the significant contribution that energy savings make to energy mixes along with renewables, gas and coal”, says Katarzyna Wardal-Szmit (Knauf Insulation’s EU Public Affairs Manager).

The fundamental goal of including energy efficiency data into the main energy figures is to keep energy efficiency at the forefront of the broader energy debate.
The study puts energy efficiency back into the energy mix equation.

The findings provide policymakers and market players with the insight they need to change the perspective on energy systems and give energy efficiency the prominence it deserves in cost-effective and sustainable energy strategies” adds Jean-Sébastien Broc (IEECP researcher and consultant).

More about the study
– The study demonstrates how energy savings can be calculated and better represented to show their critical role in the energy mixes of the European Union and Member States
– It examines how energy efficiency is represented in publications by organisations such as Eurostat, the European Environmental Agency and International Energy Agency and found that when it came to the headline figures of these publications “the quantitative contribution of energy efficiency to the energy mix was missing in the main pictures of the energy balance” while energy efficiency was often included in last chapters or separate reports.
– It integrates 2021 ‘energy savings’ data from the ODYSSEE-MURE project — which has been tracking energy efficiency indicators and strategies in Europe for over 30 years — with Eurostat data on ‘supply’ energy carriers like oil and gas for the EU’s 27 member states.
– It recommends a set of 7 actions to make energy-efficiency more visible, such as for organisations in charge of publications on energy data to charts showing the energy efficiency share next to the shares of the other energy carriers (see figures below). Public authorities and implementing agencies could ensure that results from energy efficiency policies are published on a regular basis as well as monitor and publish the achievements related to major objectives, such as the renovation of the building stock. Energy efficiency experts and stakeholders could complement the regular energy efficiency data with ad-hoc studies providing evidence and key figures about the multiple impacts of energy efficiency, to link the impacts of energy efficiency with what is in the top of the policy priorities (e.g. reducing energy imports).

IEECP is a non-for-profit, independent research foundation working, since 2015, on science-based climate change mitigation, energy efficiency and renewable energy policy, with an international interdisciplinary team of experts generating and disseminating scientific knowledge. We work closely with EU institutions, international organisations, national, regional and local governments, think-tanks, NGOs, academics and the business world to lead the transition to climate neutrality and to a sustainable energy future for various sectors. We build valued partnerships with renowned organisations from across Europe as we believe collaboration and creating a community helps carrying our ideas and results further, to shape, together, a low-emissions, resilient future.

– BYinnovation is Media Partner of IEECP

ieecp.org

report

Industria 5.0 opportunità e impatti sociali: una nuova era in cui la tecnologia e l’umanità si fondono in modo armonico, creando un equilibrio tra efficienza e valori umani, puntando a sviluppare strategie per costruire processi produttivi flessibili ed efficienti.

Vantaggi per le aziende, le possibili problematiche e il ruolo dell’Italia nella transizione 5.0
Come è possibile agire contemporaneamente su tutti i seguenti fronti?
Aumentare l’efficienza operativa, ottenere una maggiore flessibilità nella produzione, personalizzare in modo avanzato i prodotti e migliorarne la qualità, ridurre i costi di produzione e l’impatto ambientale, ottenere una maggiore competitività globale, migliorare la sicurezza sul lavoro, creare nuove opportunità di lavoro ad alta qualità e un’accelerazione dell’innovazione tecnologica.
La risposta è l’industria 5.0, un modello collaborativo che fa parte dell’evoluzione delle industrie manifatturiere e che si basa sull’integrazione di tecnologie avanzate come l’Internet of Things (IoT), l’intelligenza artificiale (IA) e la robotica collaborativa per creare ambienti di produzione altamente digitalizzati, flessibili ma anche attenti alla componente umana.

Cosa è Industria 5.0
“Industria 5.0” è il titolo del rapporto che la Commissione Europea ha pubblicato a gennaio 2021. Definita come un “completamento dell’industria 4.0”, è una rivoluzione culturale che ricolloca l’industria nella contemporaneità in cui agisce.

L’Industria 5.0 si caratterizza per un approccio centrato sull’uomo, in cui la tecnologia, compresi robot collaborativi avanzati, serve a migliorare la qualità della vita dei lavoratori e dei cittadini. La sostenibilità è un altro pilastro, con un forte impegno per ridurre gli sprechi e utilizzare le risorse in modo efficiente. Inoltre, l’Industria 5.0 si distingue per la sua resilienza, grazie alla capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti e garantire continuità operativa tramite l’analisi avanzata dei dati e l’apprendimento automatico.
Sono sei le categorie di tecnologie abilitanti per l’industria 5.0:
– integrazione uomo-macchina individualizzata;
– tecnologie bioispirate e materiali intelligenti;
– Digital Twins e simulazione;
– tecnologie di trasmissione, archiviazione e analisi dei dati;
– intelligenza artificiale;
– tecnologie per l’efficienza energetica, le energie rinnovabili, lo stoccaggio e l’autonomia.
Queste sono le tecnologie che l’Industria 5.0 sfrutterà per affrontare le nuove sfide dettate dalla società e dall’ambiente e per porsi come motore della prosperità in favore di tutti gli stakeholder coinvolti.

Opportunità e impatti sociali derivanti dall’Industria 5.0
L’Industria 5.0 apre una serie di opportunità significative. Queste includono l’innovazione continua nei prodotti e nei processi, la promozione della crescita economica, la creazione di nuovi posti di lavoro di alta qualità, una produzione più sostenibile, la possibilità di offrire prodotti personalizzati su vasta scala, un miglioramento della sicurezza sul lavoro, l’uso di tecnologie avanzate per la formazione dei lavoratori e una maggiore resilienza aziendale, in grado di affrontare meglio le perturbazioni di mercato e le situazioni di emergenza.
Di contro, vi sono anche paure comuni come la possibile perdita di posti di lavoro.
L’Industria 5.0 potrebbe automatizzare sì alcuni cosiddetti “lavori routine” ma, al contempo, creerebbe nuove opportunità lavorative che richiederanno un’interazione uomo-macchina.

Industria 5.0 è il paradigma europeo su cui anche l’Italia sta per avviare un grande programma di supporto per agevolare la «transizione 5.0» del sistema produttivo con investimenti per oltre 4 miliardi di euro.
La transizione 5.0 è il passaggio verso un modello industriale avanzato e centrato sulla tecnologia, dove l’adozione delle tecnologie digitali come l’IoT, l’IA e la robotica migliora l’efficienza, la sostenibilità e la personalizzazione dei processi produttivi. Questo cambiamento richiede anche una revisione delle pratiche aziendali e una maggiore attenzione alle esigenze umane. In sostanza, è il passo verso un’industria altamente digitalizzata e orientata al futuro.

“Come già avvenuto nel corso della quarta rivoluzione industriale il ruolo di TÜV Italia sarà quello di attestare, attraverso il rilascio di una perizia, che i beni, la loro installazione e interconnessione siano conformi a quanto previsto dai requisiti legislativi al fine di avere diritto al beneficio fiscale messo a disposizione”, afferma Alberto Macchi, Business Unit Manager Div. Industrie Service di TÜV Italia. “Ad oggi non è ancora possibile determinare quali saranno le modalità di incentivazione che verranno previste dal Governo per sostenere il Piano Transizione 5.0; sicuramente gli incentivi per le Imprese dovranno essere concretizzati da appositi decreti o, comunque, dalla Finanziaria 2024.”

L’Industria 5.0 vuole rappresentare un nuovo modello in cui la tecnologia e l’umanità si fondono in modo armonico, creando un equilibrio tra efficienza e valori umani. È una visione dell’industria che non solo mira alla produttività, ma anche al benessere degli individui e al rispetto dell’ambiente. A differenza dell’Industria 4.0, che si configurava come una vera e propria rivoluzione industriale e tecnologica, Industria 5.0 è soprattutto un nuovo paradigma culturale.

Fondato nel 1866 come associazione di controllo delle caldaie a vapore, il Gruppo TÜV SÜD è cresciuto diventando un’impresa globale. Opera con oltre 25.000 dipendenti dislocati in oltre 1.000 sedi in circa 50 paesi allo scopo di migliorare costantemente tecnologia, sistemi e competenze. TÜV SÜD contribuisce attivamente a rendere innovazioni tecniche come Industria 4.0, guida autonoma ed energie rinnovabili sicure e affidabili.

TÜV Italia fa parte del gruppo TÜV SÜD ed è presente in Italia dal 1987. TÜV Italia ha una struttura di oltre 700 dipendenti e 400 collaboratori, con diversi uffici operativi sul territorio nazionale, a cui si affiancano i laboratori TÜV Italia e Bytest a Volpiano (TO) e pH a Barberino Tavarnelle (FI), acquisite rispettivamente nel gennaio 2012 e nel gennaio 2013.
TÜV Italia organizza webinar e seminari gratuiti, in cui vengono affrontati i temi tecnici più attuali, oltre alla certificazione delle persone e ai numerosi corsi formativi professionali dedicati ad approfondire e sviluppare competenze in tutti i settori in cui l’ente opera.

www.tuv-sud.com

www.tuvsud.com/it-it

Graduatorie Bando 2023 RAEE. Sono 100 i progetti presentati da Comuni e società di gestione dei rifiuti che si avvarranno di quasi 4,3 milioni di euro messi a disposizione dei produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche per l’ammodernamento o la realizzazione di centri di raccolta, l’attivazione di progetti di microraccolta e contestuale comunicazione

Sono pubblicate sul sito del Centro di Coordinamento RAEE le graduatorie dei progetti vincitori del bando 2023 finalizzato all’erogazione di contributi economici destinati all’infrastrutturazione, allo sviluppo e all’adeguamento dei centri di raccolta, alla realizzazione di progetti di microraccolta e contestuale comunicazione locale.

Pubblicato lo scorso 6 marzo, l’avviso è rivolto a Comuni e società di gestione rifiuti verso i quali sono messe a disposizione risorse economiche da parte dei produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) mediante i Sistemi Collettivi.
L’attribuzione economica è prevista dall’Accordo di programma ex art. 15 del d.lgs. 49/2014 sottoscritto da Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI)Centro di Coordinamento RAEEproduttori di AEE e associazioni delle aziende della raccolta rifiuti.

Complessivamente sono stati premiati 100 progetti presentati da Comuni e società di gestione rifiuti e valutati da una Commissione paritetica composta da membri di tutte le parti firmatarie dell’Accordo.

Rispetto al 2022, la dotazione economica complessiva del bando 2023 sfiora i 4,3 milioni di euro (precisamente, sono 4.297.220,51 euro) ripartiti in tre distinte linee progettuali:
– la Misura A, pari al 17% dell’importo totale per un totale di 749.305,13 euro, verrà impiegata per la realizzazione di opere presso il centro di raccolta e/o per l’acquisto di beni per la sua operatività;
– la Misura B, pari al 35% della somma complessiva per un totale di 1.498.610,25 euro, sarà utilizzata per la realizzazione di nuovi centri di raccolta in Comuni in cui non ne risulti già uno iscritto al CdC RAEE;
– la Misura C, pari al 48% della somma complessiva, comprensiva dei fondi comunicazione e microraccolta, per un totale di 2.049.305,13 euro, sarà destinata alla creazione di progetti di microraccolta e contestuale comunicazione.

È importante sottolineare che i 100 progetti premiati su un totale di 195 candidature inviate rappresentano un numero superiore rispetto alle adesioni complessive ricevute nel 2022.
Sul numero complessivo dei progetti vincenti:
– 28 sono stati premiati per la Misura A, di questi 22 sono aziende della raccolta e 6 i Comuni;
– 19 sono i progetti premiati per la Misura B, presentati da 11 Comuni e da 8 aziende;
– 53 sono i progetti premiati per la Misura C di cui 32 presentati da aziende e 21 da Comuni.

“Nel rispetto del principio di responsabilità estesa del produttore, anche quest’anno le aziende di apparecchiature elettriche ed elettroniche sono accanto a Comuni e aziende della raccolta rifiuti mettendo loro a disposizione risorse economiche per migliorare in maniera continuativa e sistematica il sistema di gestione RAEE” dichiara Carlo Samori, rappresentante dei produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche presso Confindustria. “Quest’anno in particolare, gli investimenti sono stati incrementati in maniera significativa, a dimostrazione della volontà di favorire il miglioramento e l’implementazione costante dell’infrastrutturazione della raccolta, leva imprescindibile e strategica per rag-giungere gli importanti target di raccolta previsti dall’Unione Europea. I progetti di micro-raccolta, novità del 2023, sono finanziati con lo scopo di intercettare anche quei RAEE più piccoli che spesso sfuggono a una gestione corretta”.

“Da diversi anni, il Centro di Coordinamento RAEE gestisce le attività del bando che eroga i fondi dedicati all’infrastruttura, alla comunicazione e alla realizzazione di nuovi pro-getti di raccolta dei RAEE domestici” afferma Alberto Canni Ferrari, presidente del Centro di Coordinamento RAEE. “L’efficienza dell’approccio proattivo che il sistema multi-consortile adottato nel nostro Paese attua per assicurare costantemente l’infrastrutturazione della raccolta e il sostegno economico ai Comuni è testimoniato dalla tempestività con cui la commissione esaminatrice ha concluso le proprie attività. Cento Comuni si potranno avvalere in tempi rapidi dei fondi messi a disposizione dai produttori di AEE con la convinzione che la raccolta in quei luoghi potrà avere un deciso impulso verso gli obiettivi europei”.

Il Centro di Coordinamento RAEE è un consorzio di natura privata, gestito e governato dai Sistemi Collettivi sotto la supervisione del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero dello Sviluppo Economico. È costituito dai Sistemi Collettivi dei produttori di Apparecchiature Elettriche ed Elet-troniche (AEE), in adempimento all’obbligo previsto dal Decreto Legislativo n. 49 del 14 marzo 2014.
Il compito primario del Centro di Coordinamento RAEE è garantire su tutto il territorio nazionale una corret-ta gestione dei RAEE originati dalla raccolta differenziata, assicurando che tutti i Sistemi Collettivi lavorino con modalità ed in condizioni operative omogenee; il Centro di Coordinamento RAEE stabilisce, inoltre, come devono essere assegnati i Centri di Raccolta RAEE ai diversi Sistemi Collettivi.

www.cdcraee.it

graduatorie

Rapporto di sostenibilità CoRePla 2022. L’impegno del Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclo e il Recupero degli Imballaggi in Plastica ha fatto dell’Italia un’eccellenza europea nel campo della gestione sostenibile degli imballaggi in plastica.

Oggi il Consorzio, che da 25 anni contribuisce alla formazione di una cultura dell’economia circolare, è all’apice di una grande filiera di imprese consorziate e di un sistema che svolge un ruolo economico e sociale prezioso per il nostro Paese in un’ottica di responsabilità condivisa tra le aziende, le amministrazioni e i cittadini. È quanto emerge con evidenza dal Rapporto di Sostenibilità 2022 di COREPLA, presentato a Roma nel corso di un convegno dal titolo “Il ruolo di Corepla per la cultura della sostenibilità – Valore, prospettive e opportunità della filiera italiana”.

Le parole chiave di questo appuntamento: opportunità e impegno
COREPLA lavora per costruire una cultura della sostenibilità volta ad affrontare le sfide del futuro, riflettere sulle soluzioni, contrastare le false narrazioni, educare e informare per una corretta gestione responsabile dei rifiuti degli imballaggi in plastica. Favorire il riciclo della plastica, con soluzioni compatibili con la filiera produttiva italiana, rendere la pratica del riciclo un elemento quotidiano e importante nella vita dei cittadini, sono solo alcuni dei temi affrontati nel corso dell’incontro alla luce dei dati del Rapporto di Sostenibilità. Nella tavola rotonda promossa dal Consorzio alla presenza di esponenti del mondo politico, economico e scientifico, si è avviato un momento di confronto per discutere delle strategie e analizzare le diverse tipologie di rischio e difficoltà a cui il settore andrebbe incontro se fosse approvata la proposta di regolamento europeo sugli imballaggi. Un cambio di strategia che metterebbe in discussione un modello di riciclo consolidato e un sistema industriale efficace.

In 25 anni in Italia il materiale avviato al riciclo è passato da 228.000 tonnellate a oltre 1.050.000 tonnellate – un risultato brillante frutto di una rete capillare che vanta attualmente 31 impianti di selezione e 92 impianti di riciclo. Anche la copertura dei Comuni è aumentata considerevolmente, dal 77% del 2002 al 97% di oggi. Parallelamente, è raddoppiato il numero di imprese consorziate della filiera del packaging in plastica – produttori di materia prima, produttori di imballaggi, utilizzatori che autoproducono i propri imballaggi e riciclatori –, passato da 1.216 a circa 2.500.

Il settore plastica impiega 50.000 risorse per 4.000 imprese, con un moltiplicatore sul PIL di 3,2 (tradotto: 100 euro investiti ne generano 230). Di questo settore, il comparto degli imballaggi ne rappresenta il 40%*. La proposta di regolamento europeo PPWR rischia di innescare un effetto domino sulla filiera del riciclo che è un’eccellenza in Europa, con grandi rischi economici e sociali e con importanti conseguenze sulla sicurezza e sullo spreco alimentare, oltre alla considerevole perdita dei posti di lavoro.

“In questo periodo di transizione sostanziale, il Consorzio lavora per costruire una cultura della sostenibilità volta ad affrontare le sfide del futuro” – ha dichiarato Giovanni Cassuti, Presidente di COREPLA – “È necessario adottare una strategia integrata e condivisa per promuovere un reale sviluppo sociale, ambientale ed economico, poiché si tratta di una mission collettiva che deve coinvolgere tutti gli attori diretti e indiretti della filiera. Solo guardando al futuro nella stessa direzione sarà quindi possibile promuovere il valore della filiera italiana e dare nuovo impulso all’innovazione del Paese”.

I dati del Rapporto di sostenibilità COREPLA 2022
Nel 2022 la materia prima vergine risparmiata grazie al riciclo COREPLA è stimata in 523.789 t., l’equivalente necessario a produrre a 11 miliardi di flaconi per detersivi da 1 litro.

Il processo di riciclo della plastica richiede meno energia di quello per la produzione di plastica vergine, con un risparmio energetico che nel 2022 è stimato in 10.946 GWh, pari al 2,5% circa della produzione annua di energia primaria in Italia.

Il recupero di oltre 1 milione di t di rifiuti di imballaggi in plastica nel 2022 ha consentito un risparmio in volume, in termini di discarica evitata, pari 35.653.977 di m3, ossia a 37.5 volte il volume del Colosseo ed ha evitato 885.406 tonnellate di emissioni di CO₂ pari a 1.024 voli A/R Roma-Tokyo.

Inoltre, l’attività di Corepla nel 2022 ha avuto dirette e positive ripercussioni sui territori e le amministrazioni locali. Lo scorso anno sono stati erogati 382 milioni di euro di contributi ai Comuni o soggetti da loro delegati ed è stato generato un indotto economico di 334 milioni di euro derivante dalle attività connesse alla raccolta, al riciclo e al recupero degli imballaggi in plastica.

“Alla luce di questi risultati, ancora una volta positivi, procederemo con ancora più convinzione su questa strada,” conclude Giovanni Cassuti “una strada che porta alla costruzione di una casa sostenibile comune da lasciare alle future generazioni, che sia inclusiva, sicura e che rispetti l’ambiente e lo valorizzi. In questi anni COREPLA si è costantemente impegnato per una gestione sempre più sostenibile ed efficiente degli imballaggi facendo dell’Italia un modello di assoluta eccellenza. Ora è giunto il momento di dare ulteriore impulso all’innovazione, di contrastare i falsi pregiudizi e le false narrazioni che ancora gravano sulla plastica e le sue applicazioni. Il traguardo verso cui correre, che concilia crescita economica e sostenibilità ambientale, non è la demonizzazione del materiale, bensì la valorizzazione del suo grande potenziale per il bene della nostra amata futura casa comune.”

www.corepla.it

Energie rinnovabili non sostituiscono fossili nel mix energetico globale. L’Energy Transition Outlook di DNV segnala che, a livello globale, nel 2022 le vendite di veicoli elettrici e le installazioni di impianti solari e batterie hanno battuto ogni record.
Tuttavia, per il momento le rinnovabili si limitano a coprire in parte l’incremento nella domanda di energia, anziché sostituire nel mix energetico i combustibili fossili, che continuano a crescere in termini assoluti.

Negli ultimi cinque anni i combustibili fossili hanno continuato a soddisfare quasi la metà della nuova domanda di energia a livello globale, nonostante una rapida espansione nella capacità delle rinnovabili.
Questo uno dei principali riscontri del nuovo Energy Transition Outlook di DNV – uno dei principali enti di terza parte a livello globale. Secondo il rapporto, tra il 2017 e il 2022 le rinnovabili hanno soddisfatto il 51% delle nuove richieste, mentre il rimanente è stato coperto dai combustibili fossili.
Per il momento, dunque, anziché sostituire questi ultimi, le rinnovabili si limitano a coprire parte dell’incremento nella domanda: in termini assoluti, infatti, l’offerta di fonti fossili sta crescendo ancora.

In questo quadro, le probabilità di limitare il riscaldamento globale a +1,5°C sono più ridotte che mai
Per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sarebbe necessario dimezzare le emissioni di CO2 entro il 2030 mentre, secondo le stime di DNV, questo obiettivo non sarà raggiunto nemmeno entro il 2050.
Nel 2030, infatti, le emissioni saranno inferiori solo del 4% rispetto ad oggi, mentre entro la metà del secolo la riduzione sarà pari al 46%.
Le emissioni di CO2 legate all’energia continuano a raggiungere livelli record ed è probabile che raggiungano il picco nel 2024, anno che segnerà l’effettivo inizio della transizione energetica.

“A livello globale, la transizione energetica non è ancora nemmeno iniziata, se con ‘transizione’ intendiamo la sostituzione in termini assoluti dei combustibili fossili con energia pulita”, commenta Remi Eriksen, Presidente del Gruppo e CEO di DNV. “La transizione appare iniziata a livello di singoli settori, Paesi e comunità ma, nel mondo, le emissioni dovute all’energia fossile, già su livelli record, sono destinate ad aumentare ulteriormente l’anno prossimo”.

A causa dei cambiamenti nel panorama geopolitico, nelle politiche di approvvigionamento cresce il peso della sicurezza energetica: i governi sono disposti a pagare prezzi più elevati per l’energia di origine locale, con un impatto significativo che si riflette sui risultati dell’Outlook.
Si prevede, ad esempio, che nel Subcontinente indiano la transizione sarà più lenta, con una maggiore presenza di carbone nel mix energetico.

In Europa, invece, la transizione sta accelerando grazie all’allineamento tra obiettivi climatici, industriali e di sicurezza energetica.
Sebbene la transizione sia ancora ferma ai blocchi di partenza, una volta avviata, le energie rinnovabili sono destinate a superare i combustibili fossili. In futuro, la maggior parte delle nuove aggiunte al mix energetico consisterà in eolico e solare, che cresceranno rispettivamente di 9 e 13 volte tra il 2022 e il 2050.
Da qui al 2050 la produzione di elettricità verrà più che raddoppiata, in un processo che renderà anche più efficiente il sistema energetico: se oggi nel mix il rapporto è pari a 80 per le fonti fossili contro 20 per quelle non fossili, entro la metà del secolo diventerà 48 a 52 in favore delle rinnovabili. Nel 2022 le installazioni solari hanno raggiunto il record di 250 GW.
A sua volta, l’energia eolica fornirà il 7% dell’elettricità collegata alla rete globale e la capacità installata raddoppierà entro il 2030, nonostante le difficoltà legate all’inflazione e alla catena di approvvigionamento.

Nel breve termine, i limiti della rete in termini di trasmissione e distribuzione stanno rappresentando un significativo collo di bottiglia per l’espansione dell’elettricità rinnovabile e delle relative risorse energetiche distribuite, come lo stoccaggio collegato alla rete e, in molte regioni tra cui il Nord America e l’Europa, i punti di ricarica per veicoli elettrici.

“Nel breve termine si presentano difficoltà dovute all’aumento dei tassi di interesse, alle problematiche nella catena di approvvigionamento e ai trasferimenti degli scambi energetici a causa della guerra in Ucraina, ma a lungo termine la tendenza in tema di transizione energetica rimane chiara: nell’arco di una sola generazione, il sistema energetico mondiale passerà da un mix basato per l’80% sui combustibili fossili a uno fondato per circa il 50% su fonti non fossili. Un cambiamento rapido, ma non tanto da raggiungere gli obiettivi di Parigi. I dati del rapporto ‘Pathway to Net Zero, che DNV pubblicherà in vista della COP 28, dimostrano che la sfida principale non è la tecnologia, ma l’assenza di incentivi che stimolino una rapida diffusione delle rinnovabili e dello stoccaggio, e di disincentivi per ridurre le emissioni derivanti dai combustibili fossili”, conclude Eriksen.

DNV è un ente indipendente che fornisce servizi di assurance, certificazione, verifica e gestione del rischio a livello globale. Opera in più di 100 Paesi con l’obiettivo di salvaguardare la vita, la proprietà e l’ambiente. DNV lavora con i propri clienti per cogliere le opportunità, affrontare le sfide e i rischi che derivano dalle trasformazioni globali, è una voce fidata per molte tra le aziende più lungimiranti e di maggior successo nel mondo. DNV è impegnata nel mettere a frutto la propria esperienza e competenze specialistiche per lo sviluppo della sicurezza e sostenibilità delle performance, la definizione di benchmark di settore e la messa a punto di soluzioni innovative.

dnv.com

report

Black Friday del Riciclo RAEE con Ecolamp! Sconto del 30% sui servizi ExtraLamp e ExtraPRO. Il Consorzio leader nel recupero e nel trattamento dei Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE), è lieta di annunciare una speciale promozione in occasione del Black Friday. Dal 24 al 27 novembre, i professionisti che necessitano di smaltire apparecchi elettrici o elettronici a fine vita possono beneficiare di uno sconto del 30% sui servizi ExtraLamp e ExtraPRO.

Per accedere a questa offerta, è sufficiente inserire il codice promozionale BLACK30 sul portale Ecolamp.

L’iniziativa rientra nell’impegno di Ecolamp per fornire soluzioni efficienti e sostenibili per la gestione dei RAEE
Oltre alla raccolta presso le Isole Ecologiche comunali, Ecolamp ha sviluppato una serie di canali volontari per l’utenza professionale.
Tra questi, il servizio ExtraLamp è rivolto agli installatori illuminotecnici e a realtà professionali che devono smaltire tubi neon, lampadine e altre sorgenti luminose esauste.
ExtraPRO, invece, è destinato agli installatori, imprese di ristrutturazione o manutenzione e a tutte le realtà professionali che necessitano di smaltire RAEE del raggruppamento R4, come piccoli elettrodomestici, elettronica di consumo, apparecchi di illuminazione.

Fabrizio D’Amico, rappresentante di Ecolamp, sottolinea l’importanza di questa iniziativa: “Con il Black Friday, vogliamo incentivare le pratiche di smaltimento responsabile tra i professionisti, offrendo loro un accesso facilitato ai nostri servizi. È essenziale ricordare che il corretto smaltimento dei RAEE non è solo un obbligo legale, ma una responsabilità verso l’ambiente. Attraverso servizi come ExtraLamp e ExtraPRO, Ecolamp si impegna a garantire un trattamento sicuro ed eco-sostenibile di questi rifiuti, contribuendo attivamente alla salvaguardia del nostro pianeta”.

Ecolamp è il consorzio senza scopo di lucro dedito alla raccolta e al trattamento delle Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche giunte a fine vita (RAEE). Nato nel 2004 per volontà delle principali aziende nazionali e internazionali del settore illuminotecnico del mercato italiano, oggi riunisce oltre 350 produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Dal 2015 Ecolamp è tra i soci fondatori di Eucolight, l’associazione europea nata per dare voce ai Sistemi Collettivi RAEE specializzati nei rifiuti di illuminazione. Ecolamp porta avanti con impegno numerose attività per sensibilizzare cittadini e operatori del settore, coinvolgendo l’unione pubblica sul tema del corretto riciclo dei RAEE. Oggi Ecolamp, in un’ottica di economia circolare, garantisce il recupero di oltre il 95% dei materiali di cui questi rifiuti sono composti e il corretto smaltimento delle sostanze inquinanti, evitando che vengano disperse nell’ambiente.

www.ecolamp.it