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Codice a barre migrazione al 2D. GS1 risponde alle nuove esigenze di mercato e accompagna le aziende in una transizione di cui beneficerà tutta la filiera, migliorando l’esperienza dei consumatori, dei brand e dei distributori.

Dati sulla tracciabilità e la sicurezza, ma anche sulla sostenibilità, sulle caratteristiche nutrizionali e sulla composizione del packaging: sono solo alcune delle informazioni sui prodotti di largo consumo che oggi sono diventate indispensabili per i consumatori e che possono anche permettere a produttori e retailer di migliorare i loro processi. Una mole di dati, spesso dinamici, che richiede un “upgrade” del tradizionale codice a barre, supporto insostituibile per il sistema economico globale. Un’esigenza reale a cui GS1 Italy risponde supportando le aziende nella transizione dal classico codice a barre 1D (lineare) al nuovo e più capiente codice a barre 2D (bidimensionale).

In quest’ottica GS1 Italy ha realizzato “Codici a barre 2D al punto vendita”, la guida introduttiva a supporto della migrazione al codice a barre bidimensionale, per agevolare una transizione graduale e volontaria all’utilizzo, in particolare all’interno dei punti vendita al dettaglio. Adottando i suggerimenti contenuti nel documento, le aziende della distribuzione possono pianificare le implementazioni 2D nella maniera ottimale e riducendo al minimo gli impatti sui processi aziendali esistenti, riuscendo ad abilitare gli scanner dei punti vendita alla lettura e all’elaborazione anche dei codici a barre 2D, oltre che di quelli lineari.
Fedele al suo ruolo di motore di innovazione del mondo del largo consumo (e non solo), tutta la community mondiale GS1 si è data l’ambizioso obiettivo di realizzare questo switch entro la fine del 2027.

«La migrazione al 2D è uno dei punti fondamentali della strategia GS1 dei prossimi anni e noi stiamo attivamente lavorando per affiancare le imprese in questa importante evoluzione, una transizione che coinvolgerà tutta la supply chain e gli stessi consumatori» commenta Andrea Ausili, standard development director di GS1 Italy. «Il codice a barre ha ormai 50 anni ed è nato dall’esigenza di identificare i prodotti rapidamente e senza errori. Ma oggi i bisogni sono cambiati e le informazioni da gestire sono molte di più. Inoltre, si tratta spesso di dati dinamici e che, per essere trasmessi, possono richiedere il collegamento a una pagina web, come accade con i QR code presenti su molti packaging. Il codice a barre 2D è la risposta a queste esigenze poiché facilita la raccolta e la gestione di una notevole mole di informazioni, anche dinamiche».

I codici 2D visti da vicino
I codici a barre bidimensionali si chiamano così perché l’informazione è codificata sia in orizzontale che in verticale. Sono codici più piccoli, privi di barre e spazi perché costituiti solo da un’alternanza di punti, che veicolano molti più dati e la cui lettura è ritenuta più affidabile e meno soggetta a errori.
I codici 2D possono includere più dati rispetto all’attuale codice a barre lineare EAN-13 (come GTIN, data di scadenza, numero di lotto o numero di serie, ma anche link per collegamenti a pagine web con informazioni su ingredienti e allergeni, foto e video dei prodotti, recensioni, ecc.).

Il codice a barre 2D di GS1 ha una duplice forma
– Il GS1 DataMatrix: un codice a barre 2D costituito da “celle” o punti bianchi e neri disposti in uno schema quadrato o rettangolare, noto anche come matrice. Data Matrix permette di correggere gli errori e fornisce tutele e funzionalità aggiuntive per la gestione di simboli stampati male o danneggiati.
Presenta numerosi vantaggi come il design compatto e sono disponibili diverse varianti rettangolari per adattarsi a superfici strette o curve.
– Il QR code: un codice a barre 2D costituito da “celle” o punti bianchi e neri disposti in uno schema quadrato o rettangolare, noto anche come matrice. I QR code sono riconosciuti dal consumatore e dalla maggior parte delle fotocamere per smartphone, e veicolano anche il GS1 Digital Link che favorisce l’indirizzamento del consumatore su pagine web informative.
Per poter essere letti, richiedono però uno scanner a immagine.

Codice a barre 2D: cosa cambia per le aziende
Passando al codice a barre 2D, le aziende adottano uno standard testato e riconosciuto a livello internazionale che offre maggiore efficienza nella gestione e trasmissione delle informazioni di prodotto lungo la filiera fino al consumatore. Possono quindi usufruire di best practice che emergono a livello internazionale e di confronti con esperti che ne supportano l’adozione.
Inoltre, l’uso del QR code contenente un GS1 Digital Link consente di soddisfare alcuni regolamenti normativi (come le informazioni sullo smaltimento del packaging o le informazioni nutrizionali del vino).

Per supportare l’adozione del codice a barre 2D, GS1 Italy sta coinvolgendo i solution provider in modo da offrire soluzioni software e hardware per tutte le aziende.

Per quanto riguarda l’hardware il passaggio da una lettura laser a una a immagine può rivelarsi semplice, visto che, in genere, gli scanner attualmente già in uso sono predisposti anche alla lettura dei codici 2D. Dove occorre innovare è, invece, in ambito software visto che oggi lo scanner legge solo l’EAN-13. Occorre, quindi, un software più intelligente, in grado di leggere e trasmettere più dati.

Dal punto di vista dei fornitori, la sfida sarà aggiungere un codice a barre bidimensionale sul packaging e affiancarlo all’EAN-13. La complessità dipenderà anche dai dati da codificare (i dati dinamici sono più complicati da gestire) e dalle modalità di confezionamento del prodotto.

GS1 Italy. A partire dall’introduzione rivoluzionaria del codice a barre nel 1973, l’organizzazione non profit GS1 sviluppa gli standard più utilizzati al mondo per la comunicazione tra imprese. In Italia, GS1 Italy riunisce 40 mila imprese dei settori largo consumo, sanitario, bancario, della logistica, del foodservice e delle costruzioni.
I sistemi standard GS1, i processi condivisi ECR, i servizi e gli osservatori di ricerca che GS1 Italy mette a disposizione semplificano e accelerano il processo della trasformazione digitale delle imprese e della supply chain, perché permettono alle aziende di creare esperienze gratificanti per il consumatore, aumentare la trasparenza, ridurre i costi e fare scelte sostenibili.

gs1it.org

tendenzeonline.info

Criticità materie prime ferrose e RAEE. Assofermet ha presentato in Senato il proprio piano per la diversificazione delle fonti di approvvigionamento e lo sfruttamento strategico dei RAEE.

L’Associazione di Categoria che rappresenta il recupero e il riciclo di rottami ferrosi e non ferrosi ha partecipato alle Audizioni presso la Commissione Industria e Agricoltura, dove ha anche presentato la propria posizione sul Piano Minerario presentato dal Ministro Urso.

L’Associazione si è dichiarata favorevole alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento, ha messo in luce l’importanza dei RAEE nel raggiungimento degli obiettivi strategici e ha espresso il proprio sostegno all’intenzione annunciata dal Ministro Urso di riaprire alcune miniere italiane, seppur evidenziandone alcune importanti criticità.

Quello delle materie prime critiche è un argomento sempre più centrale nelle scelte strategiche dell’Unione Europea e degli Stati Membri.
In un periodo storico in cui si intrecciano transizione ambientale, trasformazione digitale e contrasti geopolitici, emergono tutte le criticità legate al rifornimento di risorse come litio, bauxite, terre rare e tutte le trenta materie prime critiche individuate dalla Commissione Europea.
La sfida più urgente può essere sintetizzata in un preoccupante squilibrio fra domanda e offerta: a fronte del grande aumento della domanda di materie prime critiche previsto per l’immediato futuro, l’offerta appare sempre più influenzata da rischi e sfide di natura geopolitica, ambientale e sociale.

Alla luce di questo difficile contesto politico ed economico, Assofermet ritiene che il nostro Paese debba diversificare le fonti di approvvigionamento di materie prime critiche quanto più possibile
È necessario diminuire progressivamente la dipendenza da alcuni Paesi da cui si è finora approvvigionata l’Italia e, allo stesso tempo, individuare nuovi Paesi fornitori, oltre a migliorare la capacità di monitoraggio al fine di attenuare i rischi attuali e futuri di nuove perturbazioni sui mercati in fase di approvvigionamento.

Nel proporre misure strutturali sull’approvvigionamento di queste risorse strategiche, vanno tenuti in particolare considerazione i RAEE.
I Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche rappresentano una vera e propria “miniera urbana” per il nostro Paese: al loro interno si trovano importanti materie prime critiche e, se correttamente raccolti e recuperati, questi rifiuti possono diventare una fonte strategica di approvvigionamento.

Tra l’altro, per sei delle undici materie prime critiche maggiormente presenti nei RAEE cosiddetti tecnologici (litiocobaltogallioindiogermanio, tantalio, rutenio, disprosio, neodimio, terbio, rame), la Cina è il principale produttore mondiale, con una quota che arriva fino al 97%.

Considerando i dispositivi domestici e aziendali, ad oggi in Italia soltanto il 37% dei RAEE viene effettivamente raccolto, ampiamente al di sotto dell’obiettivo del 65% fissato dall’Unione Europea.

È interessante che il dato della raccolta sia particolarmente basso per i piccoli RAEE come cellulari, tablet, laptop e altri dispositivi tuttora “abbandonati” nelle abitazioni private.

Assofermet ritiene che il sistema di raccolta vigente debba essere analizzato e riveduto con attenzione per rendere più efficace e sostenibile la gestione dei RAEE.
A questo si aggiunge la carenza strutturale, tipica dell’Italia ma anche del resto dell’Unione Europea, di impianti industriali in grado di estrarre Materie Prime Critiche dai singoli componenti dei rifiuti.
Investire maggiormente sulla realizzazione di queste strutture e sulla raccolta e recupero di RAEE significherebbe arrivare ad avere a disposizione un’ulteriore fonte di materie prime critiche.
Si tratta di una direzione strategica che, oltre a ridurre la dipendenza dall’importazione di risorse fondamentali, segnerebbe il passaggio a una vera e propria economia circolare e porterebbe a un decisivo incremento dell’occupazione.

Per quanto riguarda, invece, il cosiddetto “Piano Minerario” annunciato dal Ministro Urso, Assofermet è sostanzialmente d’accordo con l’iniziativa strategica di aprire nuove miniere per il rifornimento di terre rare e materie prime, ma vanno considerati alcuni elementi di rischio.
In primo luogo, la riapertura di qualsiasi miniera dovrà tenere conto delle importanti difficoltà attualmente esistenti: non solo i fattori geologici, i costi del capitale e i rischi correlati, ma anche la lunghezza e l’incertezza delle procedure di autorizzazione, la difficile ricerca di manodopera specializzata e molti altri aspetti organizzativi che potrebbero costituire un deterrente.

Secondo Assofermet, inoltre, andrebbe promossa una mappatura dei siti minerari disponibili per individuare esclusivamente le opportunità concrete di costituire una filiera di imprese che si impegnino nelle attività di estrazione, lavorazione e trasformazione, senza inutili sprechi di energie e risorse. In ogni caso, il tempo che intercorre tra l’avvio di un progetto e la reale disponibilità dei materiali estratti sul mercato può essere molto lungo: per il breve periodo, sarebbe particolarmente rischioso basarsi esclusivamente sulla riapertura delle miniere per affrontare l’emergenza dell’approvvigionamento di materie prime critiche.

Un ultimo aspetto da tenere in considerazione è che si tratta di attività economiche evidentemente strategiche, molto più di quanto non lo fossero in passato: per questo motivo, potrebbe essere necessario un intervento diretto, forte e prolungato, dello Stato e/o di Cassa Depositi e Prestiti per sostenere un eventuale ricorso alle miniere.

Assofermet è l’Associazione di Categoria che rappresenta a livello nazionale 450 imprese del commercio e della distribuzione in quattro diversi settori: acciai, con aziende attive nel commercio, distribuzione e prelavorazione di prodotti siderurgici; rottami, con impianti che effettuano attività di raccolta, recupero, riciclaggio e commercio di rottami ferrosi; metalli, con le aziende del commercio, distribuzione, prelavorazione e riciclo dei rottami non ferrosi; ferramenta, con imprese del commercio e distribuzione di ferramenta e articoli del fai-da-te. Grazie ad Assofermet le aziende associate possono avere accesso a tutte le più importanti tematiche generali e di dettaglio nel proprio settore di attività, a livello normativo e di mercato. L’associazione è un punto di incontro fondamentale per aziende, media e stakeholder che si occupano di alcuni dei settori più rilevanti per l’economia italiana.

www.assofermet.it

Fotovoltaico Italia primo semestre 2023. Più che raddoppiata la potenza fotovoltaica connessa rispetto al 1° semestre 2022. Sfiorati 1,5 milioni di impianti fotovoltaici connessi in Italia. Iniziano a calare le installazioni nel settore residenziale.
Nei primi sei mesi dell’anno sono stati installati oltre 2.300 MW di nuova potenza fotovoltaica, con una crescita del 129% rispetto al primo semestre del 2022. Il 47% della potenza connessa nella prima metà del 2023 (1.096 MW) è da imputare al settore residenziale (P < 12 kW), ma riprendono anche se in misura ancora limitata le installazioni dei grandi impianti sopra i 10 MW. Sono questi i dati dell’ultimo rapporto di ITALIA SOLARE redatto sulla base dei dati Gaudì di Terna.

I dati del secondo trimestre
L’incremento delle connessioni degli ultimi 3 mesi è stato trainato dalla potenza connessa imputabile al settore C&I (impianti 20 kW ≤ P < 1 MW) e al settore utility-scale (impianti con potenza maggiore a 1 MW). La potenza connessa in tali settori nel Q2 23 ha registrato un aumento del 49% per il primo caso e del 89% nel secondo, rispetto al primo trimestre di quest’anno.
Nel secondo trimestre 2023 sono riprese le connessioni di impianti di potenza superiore a 10 MW che erano ferme da luglio 2022. In particolare, durante il secondo trimestre di quest’anno sono stati connessi in Italia 3 impianti: due da 10 MW, uno in Piemonte e uno in Puglia e uno da 36 MW in Sardegna.

Cala invece la potenza connessa degli impianti con taglia inferiore ai 20 kW che tra il primo e il secondo trimestre ha subito una riduzione del 7% e potrebbe rappresentare il declino dell’effetto Superbonus. Tale contrazione sarà probabilmente più che compensata dall’aumento di potenza delle connessioni di grandi impianti che stanno prendendo avvio. Nonostante ricopra una grande quota delle connessioni del primo semestre del 23, la potenza connessa mensilmente relativa al settore residenziale (P < 12 kW) per la prima da volta da maggio 2022 ha iniziato a calare, passando da 569 MW del primo trimestre 2023 a 528 MW nel secondo trimestre. Si ricorda che la potenza connessa relativa a tale settore nel 2022 era cresciuta in modo continuo toccando il picco tra gennaio e marzo di quest’anno (Q2 205 MW, nel Q3 268 MW e Q4 463 MW).

A novembre 2021 festeggiavamo il superamento del milione di impianti connessi in Italia
A fine giugno 2023 siamo a quasi un milione e mezzo di installazioni connesse, per la precisione 1.423.986. Considerando 30-35 mila impianti al mese (numeri mensili di connessioni nel Q2 2023) si può prevedere di superare la soglia del milione e mezzo di impianti connessi alla rete a fine settembre.

“Un dato interessante è certamente quello che registra una crescita di tutti gli impianti sopra ai 20 kW rispetto al primo trimestre del 2023. L’incremento nel settore C&I sta compensando il calo del residenziale perché continua a perdurare la spinta dettata dal caro energia, molto minore rispetto al 2022 ma ancora con prezzi 2 o 3 volte superiori rispetto a prima della crisi. Significa che le imprese hanno compreso che assicurarsi il prezzo dell’energia è fondamentale e tutela da qualsiasi rischio di impennata dei prezzi che può mettere in pericolo la redditività dell’azienda. Assolutamente positivo anche l’aumento delle installazioni oltre il MW e questo fa ben sperare per la seconda metà dell’anno, nonostante ci si trovi a operare in un contesto che vede ancora lontani i target di nuova potenza fotovoltaica da installare annualmente”, commenta Paolo Rocco Viscontini, Presidente di ITALIA SOLARE.

Andamenti regionali
La Lombardia si conferma la regione più solarizzata di Italia con i suoi 3,58 GW di potenza cumulata aumenta il gap con la Puglia, la quale conta 3,18 GW di potenza fotovoltaica connessa. Nei primi sei mesi la Lombardia ha corso decisamente più veloce delle altre regioni posizionandosi in testa per potenza connessa con 429 MW, seguita dal Veneto con 353 MW e dall’Emilia Romagna con 235 MW; mentre la Puglia si classifica sesta con 118 nuovi MW.

ITALIA SOLARE è un ente del terzo settore che sostiene la difesa dell’ambiente e della salute umana supportando modalità intelligenti e sostenibili di produzione, stoccaggio, gestione e distribuzione dell’energia attraverso la generazione distribuita da fonti rinnovabili, in particolare fotovoltaico. Promuove inoltre la loro integrazione con le smart grid, la mobilità elettrica e con le tecnologie per l’efficienza energetica per l’incremento delle prestazioni energetiche degli edifici.
“ITALIA SOLARE è l’unica associazione in Italia dedicata esclusivamente al fotovoltaico e alle integrazioni tecnologiche per la gestione intelligente dell’energia”.

www.italiasolare.eu

Floating Offshore Wind Community è un’iniziativa di The European House – Ambrosetti, in collaborazione con i Partner Renantis, BlueFloat Energy, Fincantieri e Acciaierie d’Italia, che ha l’obiettivo di evidenziare il contributo dell’eolico offshore galleggiante al processo di decarbonizzazione del Paese e le ricadute di questa tecnologia sull’economia italiana e le filiere locali.

Evidenziare il contributo dell’eolico offshore galleggiante al processo di decarbonizzazione del Paese e le ricadute di questa tecnologia sull’economia italiana e le filiere locali. È questo l’obiettivo della Floating Offshore Wind Community, progetto creato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con i Partner Renantis, BlueFloat Energy, Fincantieri e Acciaierie d’Italia.
A presentare questa iniziativa in una conferenza stampa nell’ambito del Forum di Cernobbio sono stati Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti; Pierroberto Folgiero, CEO di Fincantieri; Lucia Morselli, CEO di Acciaierie d’Italia; Carlos Martin Rivals, CEO di BlueFloat e Toni Volpe, CEO di Renantis, coadiuvati dall’advisor scientifico Tim Pick, già consulente del Governo del Regno Unito per lo sviluppo dell’Eolico Offshore.

“La decarbonizzazione dell’Italia e dell’Europa deve fare leva sul principio fondamentale della neutralità tecnologica: è necessario sfruttare il contributo sinergico e complementare di tutte le tecnologie disponibili. In questo processo, l’eolico offshore galleggiante può essere la chiave per accelerare la transizione verde, grazie al potenziale energetico e ai limitati impatti ambientali e sociali, nonché alle ricadute positive sulla filiera industriale italiana”, ha commentato Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti.

Piattaforme “Fixed-bottom” e “Floating”
Entrando nel merito dell’eolico offshore, si possono distinguere 2 macro-tipologie:
la “fixed-bottom”, la cui fondazione è radicata al fondale marino,
la “floating”, che è supportata da una struttura galleggiante e attraccata al fondale tramite un sistema di ancoraggio e cavi. Quest’ultima presenta notevoli vantaggi: può essere installata in acque più profonde e con venti più forti, il che aumenta il potenziale energetico; può essere posizionata più lontano dalla costa, risultando quasi invisibile nel paesaggio e riducendo i conflitti di interesse con altri usi del mare; ha minori impatti sull’ambiente e la fauna marina, restando maggiormente in superficie.

Il confronto internazionale
Effettuando un confronto con i principali player internazionali, emerge che, con una capacità installata di eolico offshore (a fondo fisso) al 2022 pari a 30 MW e un obiettivo al 2030 pari a 2,1 GW (tra impianti a fondo fisso e galleggiante), il nostro Paese viene ampiamente distaccato dalla Cina, leader mondiale, dal Regno Unito, 2o mercato mondiale, e dalla Germania, leader in UE – che, rispettivamente, vantano un installato nel 2022 pari a 30 GW, 14 GW e 8 GW e un target al 2030 pari a 60 GW, 50 GW e 30 GW (quasi interamente impianti a fondo fisso). Mentre le potenze globali puntano con decisione su questa tecnologia, la bozza di aggiornamento del nostro Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) prevede che solo il 2% dell’obiettivo di potenza rinnovabile elettrica installata al 2030 provenga da impianti eolici offshore (a fondo fisso e galleggianti).

Perché l’Italia è il Paese ideale per l’eolico offshore galleggiante
Grazie alle caratteristiche morfologiche ed alla conformazione dei fondali marini, il nostro Paese ha un enorme potenziale per l’installazione di eolico offshore galleggiante: secondo le stime del Global Wind Energy Council, l’Italia è il 3o potenziale mercato mondiale per eolico galleggiante. Inoltre, secondo il Marine Offshore Renewable Energy Lab (MOREnergy Lab) e il Politecnico di Torino, il potenziale italiano di eolico offshore galleggiante è pari a 207,3 GW (x3,4 le FER installate nel 2022) in termini di potenza, e 540,8 TWh/anno (x1,7 la domanda elettrica nel 2022) in termini di generazione.

Tra le aree del Paese con maggiore potenzialità di sviluppo di questa tecnologia si evidenziano la Sardegna, la Sicilia e la Puglia, in un contesto in cui queste Regioni mostrano un gap di rinnovabili da colmare, rispettivamente, del 128%, del 115% e del 50% (ai trend attuali vs target energetici al 2030, secondo la bozza del Decreto Aree Idonee). Un motivo in più per investire nell’eolico offshore galleggiante, evidenzia la Community, che ha coinvolto nel corso dei propri lavori i rappresentanti delle Regioni interessate.

La produzione di eolico offshore galleggiante attiverebbe, inoltre, alcuni settori chiave per l’Italia, in particolare quello dei prodotti metallici, dei materiali da costruzione, della meccanica avanzata, delle naval-meccanica e delle attrezzature elettriche – per un totale di 255,6 miliardi di Euro (2o Paese in UE dietro alla Germania) e 1,3 milioni di occupati.

Cosa distingue l’eolico offshore galleggiante da quello tradizionale
Dai lavori della Community è emerso anche che l’eolico galleggiante può aprire notevoli opportunità di sviluppo per il nostro Paese, con particolare riferimento a 3 elementi che distinguono questa tecnologia rispetto a quella dell’eolico tradizionale: le piattaforme galleggianti, l’utilizzo di navi e di infrastrutture portuali specifiche.
Per quanto concerne le piattaforme galleggianti, la produzione di acciaio sarà cruciale per il loro sviluppo e la loro costruzione. In questo contesto, l’talia potrà beneficiare della presenza di alcuni tra i più importanti impianti di produzione di acciaio dell’Unione Europea e della disponibilità di un sito siderurgico primario che negli ultimi anni ha compiuto un notevole sforzo di sviluppo sostenibile per la realizzazione di un acciaio “pulito” che rispetta l’ambiente. In questo contesto, il produttore di acciaio che partecipa allo sviluppo e alla costruzione di grandi impianti eolici offshore, essendo anche un consumatore di energia, crea un circolo virtuoso utilizzando la fornitura di energia per ridurre ulteriormente le emissioni.
Per installare, rendere operative e mantenere le turbine galleggianti, sono necessarie navi di supporto specifiche, per cui l’Italia può sfruttare la propria posizione di leader europea per produzione di navi, con un valore pari a 6,6 miliardi di Euro – triplicando il valore della 2a classificata, la Spagna, con 2,1 miliardi di Euro. Questa posizione di leadership è ancora più rilevante se si pensa che la fase di Operations&Maintenance rappresenta la prima voce di costo nella vita utile di un parco eolico offshore galleggiante (37% del totale).
Terzo elemento cruciale allo sviluppo di parchi eolici galleggianti sono i porti, dove viene svolta la maggior parte delle attività di assemblaggio, installazione e messa in funzione delle turbine galleggianti. Al momento, tuttavia, in Italia non esistono porti con i requisiti per sviluppare un progetto di eolico offshore galleggiante: sono necessari centinaia di milioni di Euro per adeguare le attuali infrastrutture.

Proposte per lo sviluppo in Italia
In conclusione, la Community ha messo in luce alcune questioni aperte da affrontare per permettere lo sviluppo dell’eolico offshore galleggiante in Italia. Anzitutto, manca l’individuazione di un obiettivo ambizioso, che dovrebbe essere pari ad almeno 20 GW al 2050, che incentivi gli investitori nello sviluppo di questi progetti. In Italia manca, inoltre, una pianificazione strategica dello spazio marittimo: coerentemente con l’obiettivo di 20 GW al 2050, essa deve identificare, soprattutto nei mari di Sicilia, Sardegna e Puglia, aree che per numero e dimensioni permettano questi sviluppi. Un’ulteriore sfida è quella di efficientare gli iter autorizzativi – ad oggi, i progetti di eolico offshore richiedono tempistiche lunghe, includendo le attività organizzative legate alla filiera e al sito costruttivo. È inoltre auspicabile definire sistemi incentivanti a livello Paese che permettano uno sviluppo concorrenziale dell’eolico galleggiante, oltre ai necessari interventi per ampliare la capacità di rete a livello Paese.

The European House – Ambrosetti è un gruppo professionale di circa 300 professionisti attivo sin dal 1965 e cresciuto negli anni in modo significativo grazie al contributo di molti Partner, con numerose attività in Italia, in Europa e nel Mondo.
Il Gruppo conta tre uffici in Italia e diversi uffici esteri, oltre ad altre partnership nel mondo. La sua forte competenza è la capacità di supportare le aziende nella gestione integrata e sinergica delle quattro dinamiche critiche dei processi di generazione di valore: Vedere, Progettare, Realizzare e Valorizzare.
Da più di 50 anni al fianco delle imprese italiane, ogni anno serviamo nella Consulenza circa 1.300 clienti realizzando più di 250 Studi e Scenari strategici indirizzati a Istituzioni e aziende nazionali ed europee e circa 120 progetti per famiglie imprenditoriali. A questi numeri si aggiungono circa 3.000 esperti nazionali ed internazionali che ogni anno vengono coinvolti nei 550 eventi realizzati per gli oltre 17.000 manager accompagnati nei loro percorsi di crescita.
Il Gruppo beneficia di un patrimonio inestimabile di relazioni internazionali ad altissimo livello nei vari settori di attività, compresi i responsabili delle principali istituzioni internazionali e dei singoli Paesi.
Dal 2013 The European House – Ambrosetti è stata nominata nella categoria “Best Private Think Tanks” – 1° Think Tank in Italia, 4° nell’Unione Europea e tra i più rispettati indipendenti al mondo su 11.175 a livello globale (fonte: “Global Go To Think Tanks Report” dell’Università della Pennsylvania). The European House – Ambrosetti è stata riconosciuta da Top Employers Institute come una delle 141 realtà Top Employer 2023 in Italia.

www.ambrosetti.eu

Aziende petrolifere aumentano fossili. È quanto emerge dal rapporto commissionato da Greenpeace “The Dirty Dozen”, che analizza gli investimenti e le politiche energetiche della “sporca dozzina”, cioè delle dodici maggiori aziende petrolifere europee, tra cui ENI, Shell, BP e TotalEnergies.

Nonostante nel 2022 i profitti di queste aziende siano cresciuti in media del 75%, gli investimenti sono aumentati solo del 37%
Inoltre, appena un misero 7,3% degli investimenti è stato destinato alla produzione di energia sostenibile e a basse emissioni di carbonio, mentre il restante 92,7% è servito per alimentare il solito settore del petrolio e del gas fossile.

Al termine di un’estate segnata da eventi climatici estremi che hanno colpito duramente anche l’Italia con ondate di calore, incendi e alluvioni, la nuova analisi di Greenpeace Europa centro-orientale (CEE) mette in luce come le grandi aziende dei combustibili fossili continuino a ingannare l’opinione pubblica sulla loro effettiva volontà di ridurre l’impatto che hanno sul clima del pianeta.
Nel 2022 solo lo 0,3% della produzione energetica totale delle dodici principali compagnie petrolifere europee proveniva da fonti rinnovabili.

«Sebbene la crisi climatica sia sempre più grave, l’industria dei combustibili fossili continua ad aggrapparsi a un modello di business distruttivo», dichiara Simona Abbate, campaigner Energia e Clima di Greenpeace Italia. «I piani di decarbonizzazione delle aziende fossili, oltre a essere inadeguati, si rivelano solo parole vuote: invece di investire davvero nell’energia rinnovabile di cui abbiamo bisogno, ci inondano di pubblicità ingannevoli infarcite di greenwashing. Continuare a investire in gas e petrolio è un crimine contro il clima e le generazioni future. I governi hanno la responsabilità di guidare la transizione energetica, incentivando le fonti rinnovabili e pianificando un rapido abbandono dei combustibili fossili».

Fra le aziende esaminate c’è anche l’italiana ENI
Nel 2022 ha registrato entrate record per 132,5 miliardi di euro, il 109% in più rispetto al 2019-2021, e i profitti più alti di sempre, con un utile operativo adjusted pari a 20,4 miliardi di euro, più che raddoppiato rispetto all’anno precedente.
Solo le briciole sono però state destinate allo sviluppo delle rinnovabili.
Degli 8,1 miliardi di euro di investimenti in conto capitale, infatti, ben il 90% è stato destinato al comparto fossile e appena 0,6 miliardi di euro, pari a poco meno dell’8%, sono stati investiti nella generazione e vendita di energia, e di questi solo una parte in energie rinnovabili.

«Oltre a questo enorme sbilanciamento degli investimenti a favore delle fonti fossili, si aggiunge il fatto che i piani industriali di ENI prevedono significative emissioni di gas serra ben oltre il 2050», continua Abbate. «Per questo abbiamo deciso di fare causa all’azienda, affinché siano riconosciute le sue responsabilità nella crisi climatica e per costringere i vertici di ENI ad adottare una vera strategia di decarbonizzazione in linea con l’Accordo di Parigi».

Lo scorso 9 maggio Greenpeace Italia insieme a ReCommon e a 12 cittadini italiani ha notificato a ENI un atto di citazione per l’apertura di una causa civile nei confronti della società, del Ministero dell’Economia e delle Finanze e di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. per i danni subiti e futuri, in sede patrimoniale e non, derivanti dai cambiamenti climatici a cui ENI ha consapevolmente contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni.

“The Dirty Dozen: The Climate Greenwashing of 12 European Oil Companies”

Raccolta dei RAEE Ecolamp 2023, primo semestre. Oltre 1350 tonnellate di rifiuti elettrici riciclati dal Consorzio grazie ai conferimenti di imprese e cittadini.

Nel primo semestre del 2023 Ecolamp ha gestito in tutta Italia 1.359 tonnellate di Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE). Nello specifico il Consorzio, che dal 2004 si occupa del corretto recupero e riciclo dei RAEE, ha ritirato 633 tonnellate tra piccoli elettrodomestici, elettronica di consumo, apparecchi di illuminazione e pannelli fotovoltaici giunti a fine vita (raggruppamento R4), e 726 tonnellate di sorgenti luminose esauste (raggruppamento R5).

Rispetto al primo semestre dello scorso anno i dati si mantengono stabili, con un lieve calo dell’R5 e un incremento dell’R4, trainato dai servizi di raccolta destinati al pubblico professionale che registrano un +14% rispetto al 2022.

Nella raccolta delle sorgenti luminose esauste, raggruppamento storico del Consorzio, tra le Regioni più virtuose c’è la Lombardia con un totale di 157 tonnellate di rifiuti conferiti, seguita dal Veneto e Lazio rispettivamente con 90 e 81 tonnellate avviate a riciclo. l’Emilia-Romagna registra una raccolta di 76, la Toscana ne conta 59, il Piemonte 56. Seguono alcune Regioni del Sud: prima fra tutte la Campania con 30 tonnellate, quindi la Puglia con 29,5. Tra le isole maggiori la Sicilia fa registrare 29 tonnellate di lampadine recuperate e riciclate.

A livello provinciale Latina risulta la più attiva, con 49 tonnellate, seguita due capoluoghi lombardi: Milano (38) e Bergamo (31). Roma, Torino e Pisa hanno raccolto rispettivamente 27, 26,5 e 26 tonnellate di RAEE R5. Prima tra le Province del Sud è Caserta con 14,5 tonnellate conferite, per le Isole Catania con 12 tonnellate.

“La quantità di rifiuti tecnologici gestiti da Ecolamp nel primo semestre del 2023 mostra un andamento complessivamente stabile.” Commenta Fabrizio D’Amico, Direttore Generale di Ecolamp “L’impegno del Consorzio si conferma quello di contribuire al raggiungimento dei target Europei di raccolta differenziata dei RAEE, grazie all’offerta di servizi accessibili e di qualità, rivolti ai diversi detentori di questi rifiuti. A ciò si aggiungono campagne di informazione e comunicazione per diffondere tra cittadini e imprese, la conoscenza dei comportamenti più corretti e sostenibili in materia.”

Ecolamp è il consorzio senza scopo di lucro dedito alla raccolta e al trattamento delle Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche giunte a fine vita (RAEE). Nato nel 2004 per volontà delle principali aziende nazionali e internazionali del settore illuminotecnico del mercato italiano, oggi riunisce oltre 350 produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Dal 2015 Ecolamp è tra i soci fondatori di Eucolight, l’associazione europea nata per dare voce ai Sistemi Collettivi RAEE specializzati nei rifiuti di illuminazione. Ecolamp porta avanti con impegno numerose attività per sensibilizzare cittadini e operatori del settore, coinvolgendo l’unione pubblica sul tema del corretto riciclo dei RAEE. Oggi Ecolamp, in un’ottica di economia circolare, garantisce il recupero di oltre il 95% dei materiali di cui questi rifiuti sono composti e il corretto smaltimento delle sostanze inquinanti, evitando che vengano disperse nell’ambiente.

www.ecolamp.it

Rimodulati i contributi CONAI per carta, legno e vetro. CONAI, dopo confronto con i Consorzi COMIECO, RILEGNO e COREVE, valutato lo scenario attuale della filiera del riciclo degli imballaggi ha rimodulato nuovamente il contributo ambientale (o CAC) per gli imballaggi in carta, legno e vetro.

Gli imballaggi in carta
Dal 1° ottobre 2023, il contributo per gli imballaggi in carta e cartone passerà da 5 euro/tonnellata a 35 euro/tonnellata.
Tra luglio 2020 e luglio 2022 il contributo per la carta si è progressivamente ridotto da 55 a 5 euro/tonnellata. Ciò grazie all’incremento dei valori della carta riciclata sul mercato e alla condizione delle riserve economiche di COMIECO.

La rimodulazione del contributo, oggi, è dovuta a diversi fattori
Rispetto alle previsioni per il 2023, si sono ridotti i ricavi dalla vendita del materiale. Sono inoltre diminuiti i volumi degli imballaggi immessi al consumo e assoggettati al CAC; questo decremento è dovuto principalmente alla contrazione della produzione industriale nelle principali economie mondiali, per le note congiunture internazionali. Il tutto in un contesto di aumento delle quantità di raccolta in convenzione.
Le riserve patrimoniali di COMIECO si sono quindi ridotte sensibilmente al di sotto della soglia voluta e necessaria per garantire la continuità rispetto agli impegni di raccolta e riciclaggio.
Non cambiano i valori degli extra CAC da applicare agli imballaggi poliaccoppiati a base carta idonei al contenimento di liquidi, a quelli di tipo C (con componente cellulosica superiore o uguale al 60% e inferiore all’80%) e a quelli di tipo D (con componente cellulosica inferiore al 60% o non esplicitata).

I valori del CAC per la carta saranno i seguenti:

Gli imballaggi in legno
Dal 1° gennaio 2024, il contributo per gli imballaggi in legno passerà da 8 euro/tonnellata a 7 euro/tonnellata.
Il decremento è correlato a diversi fattori, tra cui un aumento dell’immesso al consumo nel 2021 e 2022 che ha determinato una situazione economica positiva.

Gli imballaggi in vetro
Dal 1° ottobre 2023, il contributo per gli imballaggi in vetro passerà da 23 euro/tonnellata a 15 euro/tonnellata.
Una variazione al ribasso che è conseguenza di diverse situazioni congiunturali. La continua crescita dei prezzi del materiale ceduto in asta, che nella prima parte del 2023 si sono mantenuti superiori a quelli già molto alti del 2022. E la riduzione dei costi di gestione legata al diminuire delle quantità conferite al sistema consortile.
Anche per COREVE, inoltre, le riserve patrimoniali si mantengono sufficientemente alte per permettere una diminuzione del CAC.

Le procedure semplificate per l’import
Le rimodulazioni avranno effetti anche sulle procedure forfettarie/semplificate per importazione di imballaggi pieni.
Il contributo mediante il calcolo forfettario sul peso dei soli imballaggi (tara) delle merci importate (peso complessivo senza distinzione per materiale) passerà dagli attuali 59 a 70 euro/tonnellata dal 1° ottobre 2023 e a 69 euro/tonnellata dal 1° gennaio 2024.
L’aliquota da applicare sul valore complessivo delle importazioni (in euro) diminuirà da 0,12 a 0,11% per i prodotti alimentari imballati, a decorrere dal 1° ottobre 2023; resterà invece invariata quella relativa ai prodotti non alimentari imballati (0,6%).

I contributi forfettari/aliquote saranno i seguenti:

conai.org

Scarto acido fosforico a fertilizzante agricolo, grazie all’innovativo sistema ideato dalla sede bolognese del Gruppo Argos ST.

Argos Lualma, con la collaborazione di fornitori agricoli, ha introdotto una serie di procedure che permettono di trasformare l’acido fosforico, derivante dal trattamento di ossidazione anodica, da prodotto di scarto a fertilizzante ideale per l’agricoltura

Gruppo Argos ST riduce impatto ambientale delle proprie attività industriali
Presso lo stabilimento di Imola è stato messo a punto un procedimento che consente il riutilizzo degli scarti provenienti da uno specifico processo, ossia l’anodizzazione colorata.
Il trattamento di anodizzazione colorata, che protegge le superfici metalliche dalla corrosione, migliorando le proprietà di numerosi oggetti, determina però la produzione di rifiuti chimici, che possono essere nocivi per l’ecosistema.
Per ridurre l’impatto ambientale a favore di una maggiore sostenibilità Argos ST ha investito in ricerca e sviluppo e messo a punto un innovativo sistema in ambito industriale.

Argos Lualma sceglie di trasformare l’acido fosforico in fertilizzante per l’ambito agricolo
L’anodizzazione colorata è resa possibile dall’utilizzo di una combinazione di acidi, tra cui l’acido fosforico. Attraverso procedure specifiche, messe a punto grazie alla collaborazione di fornitori, Argos Lualma riesce a separare l’acido fosforico dalla miscela complessiva utilizzata per la lavorazione dei metalli anodizzati.
In questo modo, l’acido fosforico viene opportunamente trattato e trasformato in fertilizzante ricco di fosforo, dunque in prodotto finito utilizzabile e commercializzabile nel settore agricolo.

“Da anni ci rivolgiamo a fornitori che siano capaci di portare avanti questa soluzione innovativa – commenta Alberto Lelli, Amministratore Delegato di Argos Lualma – Indubbiamente i processi industriali comportano inquinamento e, nel nostro caso, l’ossidazione anodica determina la produzione di rifiuti chimici che possono avere un impatto negativo sull’ambiente. Essere riusciti a adottare questo sistema è davvero una grande soddisfazione: in questo modo riduciamo l’impatto ambientale delle nostre attività e favoriamo il riutilizzo di prodotti di scarto”.

Il riutilizzo dell’acido fosforico in agricoltura: alcuni vantaggi
Riutilizzare l’acido fosforico proveniente dagli scarti delle attività industriali per impiegarlo in agricoltura come fertilizzante offre diversi vantaggi: il fosforo, infatti, è un nutriente essenziale per le piante, poiché contribuisce allo sviluppo delle radici, alla fioritura e alla fruttificazione.
Inoltre, l’uso di questa tipologia di fertilizzante consente agli agricoltori di garantire alle colture un nutrimento adeguato, riducendo la dipendenza da fornitori esterni.

La pratica del recupero e riutilizzo del fosforo è un ulteriore progresso nella gestione degli scarti di produzione: permette di ridurre gli sprechi e trasformafli in un sottoprodotto utile.

“Come Gruppo siamo orgogliosi di aver sviluppato una soluzione che combina innovazione tecnologica, sostenibilità e processi agricoli. Il nostro obiettivo è continuare a investire nella ricerca e a studiare soluzioni che consentano il riutilizzo degli scarti di produzione, all’interno di ogni stabilimento parte di Argos ST. La tutela della sostenibilità ambientale ad oggi è una dimensione imprescindibile per ogni azienda e noi non possiamo che sentire la responsabilità di offrire anche il nostro contributo”. – conclude Alberto Lelli.

Argos Surface Technologies, nato nel 2020 con il fondo di private equity Gradiente II, gestito da Gradiente SGR. Prende vita dall’unione di importanti realtà nel panorama dei trattamenti e dei rivestimenti superficiali, con l’ambizioso intento di creare una leadership nel settore.
Nel 2020 il Gruppo prende avvio con le acquisizioni di Argos, Impreglon Italia e Aalberts ST. Nel 2021 il gruppo acquisisce le emiliane TSM (oggi Argos TSM) e Lualma Anodica (oggi Argos Lualma) e nel 2022 la bergamasca TEC.RI.MET, la mantovana Foresi e la torinese Rotostatic.
Il Gruppo vanta oggi nove stabilimenti: Borgaro Torinese (TO), Origgio (VA), Opera (MI), Cambiago (MI), Calcio (BG), Gonzaga (MN), Monteveglio (BO), Minerbio (BO) e Imola (BO), con oltre 350 dipendenti e un fatturato che supera i 50 milioni di euro.

www.argos-st.com

Da pannelli solari a barattoli. Sogliano Ambiente Spa, azienda leader nel settore del riciclo dei rifiuti, ha trovato una soluzione innovativa per il vetro derivato dai pannelli fotovoltaici grazie alla collaborazione con Cyrkl, la piattaforma globale dedicata alla compravendita di rifiuti industriali e all’approvvigionamento sostenibile.

L’azienda, da anni impegnata nel riciclo a 360 gradi dei rifiuti, ha recentemente ampliato le sue attività per includere il riciclo dei pannelli fotovoltaici.
Grazie a metodi di lavorazione avanzati, Sogliano Ambiente è in grado di estrarre una percentuale molto elevata dei materiali contenuti nei pannelli fotovoltaici, ottenendo risultati di efficienza senza precedenti.
Infatti, il 99% dei materiali in ingresso viene avviato al riciclo, mentre solo l’1% viene destinato allo smaltimento finale.

Attraverso il loro sistema di trattamento meccanico su linea, Sogliano Ambiente Spa ha raggiunto un importante traguardo: l’End-of-Waste sul vetro dei pannelli fotovoltaici, in conformità con il regolamento (UE) N. 1179 del 10/12/2012.
Questo significa che il vetro recuperato perde la qualifica di rifiuto e diventa una preziosa materia prima seconda, pronta per essere reintrodotta nel ciclo produttivo.

Per valorizzare il vetro derivato dai pannelli fotovoltaici, Sogliano Ambiente Spa ha collaborato con Cyrkl
Attraverso la piattaforma di Cyrkl, l’azienda ha trovato un partner specializzato nella produzione di vasetti e bottiglie per il settore alimentare, ad esempio per sughi. La connessione facilitata da Cyrkl ha creato un mercato per il vetro dei pannelli fotovoltaici, precedentemente considerato un sottoprodotto di poco valore.

Simone Grasso, country manager italiano di Cyrkl, ha commentato: “Siamo entusiasti di supportare Sogliano Ambiente Spa nel loro impegno per il riciclo dei pannelli fotovoltaici. Questa connessione dimostra come la circolarità possa creare opportunità di business sostenibili, riducendo al contempo l’impatto ambientale delle attività industriali. Siamo orgogliosi di facilitare tali connessioni e di fornire alle aziende gli strumenti necessari per trasformare i rifiuti in risorse preziose”.

La partnership tra Sogliano Ambiente Spa e il produttore di imballaggi in vetro è solo un esempio delle numerose connessioni di successo che Cyrkl ha facilitato nel settore della gestione dei rifiuti.
La piattaforma di Cyrkl ha già connesso migliaia di aziende in tutto il mondo, offrendo loro l’opportunità di trasformare i propri rifiuti in risorse preziose e contribuire alla transizione verso un’economia circolare.
Sogliano Ambiente Spa continua a essere all’avanguardia nel settore del riciclo dei pannelli fotovoltaici, dimostrando il suo impegno per l’efficienza e la sostenibilità.
Grazie alla collaborazione con Cyrkl, l’azienda è in grado di valorizzare il vetro derivato dai pannelli fotovoltaici, contribuendo così a ridurre l’impatto ambientale di questa importante fonte di energia rinnovabile.

Cyrkl è una startup green-tech la cui missione principale è di applicare i principi dell’economia circolare alla gestione dei rifiuti attraverso tecnologie innovative, analisi dei dati e apprendimento automatico.
Ad oggi Cyrkl aiuta migliaia di aziende a trasformare i rifiuti in risorse, grazie alla più grande piattaforma digitale sugli scarti in Europa dove è possibile caricare annunci virtuali di ogni tipo di scarto o rifiuto.
Grazie a Cyrkl le aziende risparmiano centinaia di migliaia di tonnellate di emissioni di CO2 che verrebbero altrimenti rilasciate nell’atmosfera.
Come parte delle sue attività di consulenza, il team di esperti di rifiuti si occupa inoltre di consulenze specifiche.
Gli esperti si recano presso gli stabilimenti industriali e analizzano tutti i flussi di rifiuti con l’obiettivo di trovare soluzioni alternative in termini di gestione dei rifiuti.
I risultati ottenuti sono analisi di mercato, risparmi ambientali ed economici (15% – 45%) e supporto nell’implementazione di nuove tecnologie di riciclaggio. Il portafoglio clienti include anche grandi aziende come LIDL e Škoda Auto.

cyrkl.com

www.soglianoambiente.it

Recupero componenti gomma a fine vita. Oldrati Guarnizioni Industriali SpA, società del Gruppo Oldrati, tra i più importanti nella produzione di manufatti in gomma, plastica e silicone, annuncia un investimento di più di 6 milioni di euro.
Tale progetto sarà portato avanti grazie al supporto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), in particolare con le risorse gestite dal Fondo Nazionale Complementare (PNC) che ha integrato e completato il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che fa parte del programma Next Generation EU (NGEU) elaborato dall’Unione Europea nel 2021.

Tra gli obiettivi del progetto di ricerca di Oldrati, lo sviluppo di una competenza innovativa finalizzata alla rigenerazione di articoli tecnici in gomma ormai giunti a fine vita.
Una volta rigenerata, sarà possibile reimmettere la nuova materia prima nella filiera produttiva, riducendo così i rifiuti in discarica, il consumo di materie prime vergini e le emissioni di CO2.
Un processo spiccatamente innovativo e sostenibile nel mondo dei polimeri.

Il processo di selezione e validazione della candidatura è stato particolarmente approfondito e rigoroso
Infatti la società ha presentato al Ministero delle Imprese e del Made in Italy un progetto in cui sono stati illustrati gli obiettivi, le risorse necessarie e gli esiti attesi alla fine dei 3 anni di ricerca.

“Ottenere il sostegno ad un progetto di ricerca particolarmente avanzato e innovativo come questo rappresenta un riconoscimento della nostra capacità di condurre progetti ad elevato tasso di innovatività. In particolare in un ambito chiave per migliorare la sostenibilità del comparto gomma e plastica.
Insieme a tutto il team dell’Area Ricerca e Sviluppo Oldrati, siamo particolarmente entusiasti di portare avanti un progetto così significativo. Lavorare su iniziative che contribuiscono fattivamente al miglioramento dell’ambiente ci fa sentire molto motivati e stimola un sempre maggiore orientamento all’innovazione sostenibile”, ha dichiarato Paolo Morandi, R&D Group Director.

Oldrati è un Gruppo internazionale tra i più importanti nella produzione di manufatti in gomma, plastica e silicone. Fondato a Villongo (Bergamo) nel 1964, è presente in Italia e a livello internazionale con 14 siti produttivi, circa 1700 dipendenti e 180 milioni di euro di fatturato.
La continua espansione del Gruppo si realizza con la progressiva integrazione di aziende ad elevato contenuto tecnologico e con la crescente internazionalizzazione.

oldrati.com