Category: Tecnologie

Coordinamento FREE Comunità Energetiche: Soddisfazione per il via libera di Bruxelles, ma ora attendiamo il Decreto del Governo in tempi rapidi.

«Siamo molto soddisfatti del via libera della Commissione Europea al Decreto italiano sulle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER). Ora che si sono superati questi ostacoli ci aspettiamo una rapida pubblicazione del decreto affinché le CER possano essere rapidamente operative e far imboccare al nostro Paese, anche grazie al grande interesse fino ad ora dimostrato da tutti, la direzione di una decarbonizzazione che possa generare benefici diffusi, soprattutto per cittadini e imprese. – dichiara il Presidente del Coordinamento FREE, Attilio Piattelli, commentando le notizie sulle CER provenienti dal MASE e dalla Commissione Europea – Notiamo con piacere che non ci sono differenze sostanziali rispetto alle bozze circolate in questi mesi, se non il limite che impone un tetto ai benefici per le imprese in caso di superamento di determinate soglie di condivisione dell’energia. In tal caso la destinazione dei benefici economici conseguenti potrà essere solo a favore di membri o soci delle CER, diversi dalle imprese, e/o per finalità sociali aventi ricadute sui territori ove sono ubicati gli impianti. Tutto il resto del provvedimento sembra rimanere invariato, ma è necessario emanare rapidamente, oltre al Decreto, anche il bando da 2,2 miliardi di euro a favore dei piccoli comuni previsto dal PNRR».

« Un suggerimento che ci sentiamo di offrire è quello di monitorare lo sviluppo delle CER nelle aree metropolitane. Infatti, per quel che riguarda il criterio geografico limitato all’appartenenza della stessa cabina primaria di consumatori facenti parte della CER e degli impianti di produzione, si segnala che, pur riconoscendone una logica di ottimizzazione del carico sulle reti, l’applicazione nelle grandi città potrebbe trovare qualche difficoltà per le poche superfici a disposizione per la realizzazione degli impianti di produzione. – prosegue Piattelli – In tal caso, in futuro potrebbe valere la pena, solo per le aree metropolitane e dopo un primo periodo di attuazione del decreto, ipotizzare di estendere il perimetro delle cabine primarie anche ad aree limitrofe alle città per inglobare, zone industriali e artigianali con maggiori superfici a disposizione. Le aree metropolitane hanno bisogno delle CER perché queste faciliterebbero certamente l’elettrificazione dei consumi domestici e della mobilità ma anche perché potrebbero svolgere un ruolo rilevante a favore delle fasce più vulnerabili della popolazione, che spesso si trovano nelle periferie dei grandi centri abitati. Come sempre il Coordinamento FREE è a disposizione delle istituzioni per fornire il proprio contributo».

Il Coordinamento FREE (Coordinamento Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica) è un’Associazione che raccoglie attualmente, in qualità di Soci, 24 Associazioni in toto o in parte attive in tali settori, oltre ad un ampio ventaglio di Enti e Associazioni che hanno chiesto di aderire come Aderenti (senza ruoli decisionali) ed è pertanto la più grande Associazione del settore presente in Italia.
Il Coordinamento FREE ha lo scopo di promuovere lo sviluppo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica nel quadro di un modello sociale ed economico ambientalmente sostenibile, della decarbonizzazione dell’economia e del taglio delle emissioni climalteranti, avviando un’azione più coesa delle Associazioni e degli Enti che ne fanno parte anche nei confronti di tutte le Istituzioni.

www.free-energia.it

Industria 4.0 in manifatturiere italiane: tendenze e barriere evolutive. La ricerca LIUC Business School per ICIM Group fornisce un’interpretazione della reattività del panorama produttivo nazionale e conferma la necessità di un rafforzamento e di un preciso orientamento delle politiche di supporto agli investimenti e all’innovazione.

Gli incentivi e le manovre di governo hanno rappresentato un’opportunità da non perdere per le imprese italiane, ma quale grado di consapevolezza tecnologica si nasconde dietro gli investimenti 4.0?

Dalla ricerca realizzata da LIUC Business School per ICIM Group – presentata presso l’i-FAB della LIUC-Università Cattaneo di Castellanza (VA) – emerge come la possibilità di ammodernare il proprio parco macchine, sfruttando il finanziamento per la dotazione di prestazioni superiori a quelle degli impianti esistenti, abbia in molti casi oscurato le potenzialità della quarta rivoluzione industriale.
Ne è mancata, talvolta, il vero obiettivo: aumentare il valore generato dai processi di produzione in termini di efficienza, qualità, flessibilità, sostenibilità e sicurezza, grazie all’integrazione dei nove pilastri tecnologici (dall’Internet of Things al Big data analytics; dalla manifattura additiva alla realtà aumentata e simulazione) che consentono di raggiungere l’automazione industriale, l’integrazione delle risorse all’interno della fabbrica e l’attuazione di processi decisionali guidati dai dati.

Insomma, investimenti sì ma ancora con parecchie barriere all’innovazione, a causa della mancanza di un’adeguata comprensione del concetto di Industria 4.0 e/o di scarse competenze all’interno dell’organizzazione.
Sia tra le grandi sia tra le piccole e medie imprese.
Queste le principali evidenze dello studio realizzato dall’ingegner Violetta Giada Cannas, ricercatrice della LIUC Business School, che si è concentrato sull’analisi degli investimenti 4.0 realizzati dalle imprese italiane.
In particolare, sugli investimenti delle imprese italiane che hanno scelto di affidare l’attestazione di conformità Industria 4.0 nell’anno 2020 a ICIM SpA, ente di certificazione di ICIM Group, il polo di competenze a maggioranza ANIMA Confindustria che fornisce servizi di formazione, consulenza, testing e, appunto certificazione.
ICIM SpA è, infatti, l’ente di certificazione di riferimento in ambito Trasformazione Industriale e Industria 4.0 con oltre 3600 attestazioni rilasciate a oltre 1350 aziende, per investimenti pari a circa 2 miliardi di euro.

OBIETTIVO DELLO STUDIO
Capire come le imprese italiane abbiano affrontato, negli anni successivi all’investimento, l’implementazione delle tecnologie 4.0 acquisite, investigando, in particolare, quali siano le principali tendenze e barriere evolutive.
Tale analisi è stata condotta utilizzando la metodologia di ricerca scientifica dei casi studio e svolgendo un’analisi approfondita dei dati raccolti da un numero limitato di imprese, selezionate all’interno del campione, con interviste mirate alle figure che hanno guidato gli investimenti 4.0 e visite in loco presso i reparti produttivi.
I casi sono stati selezionati con l’obiettivo di analizzare investimenti di entità diverse, condotti da imprese di diverse dimensioni, appartenenti a diversi settori industriali.

IL CAMPIONE
Campione oggetto di indagine sono state 123 imprese: le aziende dei casi studio sono prevalentemente concentrate nel segmento manifatturiero (86,18%), commercio all’ingrosso e al dettaglio (7,32%), per il restante in sanità e assistenza sociale, costruzioni; equamente distribuito per dimensione aziendale e per investimento medio (circa 387 mila euro per le PMI, contro 386 mila euro per le grandi imprese).
Gli investimenti sono stati effettuati da imprese localizzate perlopiù nelle regioni del Nord Italia, per il 55% da PMI e per il 45% da grandi aziende.

RISULTATI DELLO STUDIO
Dall’analisi dei casi è emerso che tutte le imprese intervistate si sono dichiarate soddisfatte dei risultati ottenuti dall’investimento 4.0 intrapreso e dai benefici emersi negli anni successivi a tale investimento: maggior produttività, monitoraggio e controllo continuo dell’impianto produttivo grazie all’utilizzo di dati oggettivi raccolti in tempo reale, a vantaggio del processo decisionale; miglioramento delle condizioni di lavoro del personale nei vari reparti; riduzione delle attività alienanti e dei delivery lead time; miglioramento del livello di integrazione con i fornitori e, più in generale, con tutti gli attori della supply chain.
I beni materiali acquisiti sono per il 90% beni strumentali gestiti da sistemi computerizzati e per il 10% sistemi per l’assicurazione della qualità e della sostenibilità.

Tuttavia, è interessante notare che la maggior parte degli intervistati (75%) ha dichiarato che la decisione di investire nell’Industria 4.0 è stata principalmente (o, in alcuni casi, esclusivamente) legata ai vantaggi economici e finanziari. Pochi intervistati (25%) hanno testimoniato che la motivazione di investire nell’Industria 4.0 sia stata principalmente legata a una spiccata cultura digitale dell’impresa e all’ambizione di portare la propria impresa verso la quarta rivoluzione industriale, mantenendo una buona posizione competitiva in un mercato dinamico e in continua evoluzione dal punto di vista tecnologico.

Se da un lato il piano di investimenti ha fortemente contribuito a oliare la trasformazione del tessuto produttivo nazionale, dall’altro le imprese non comprendono ancora realmente cosa significhi generare valore da tali investimenti.

Tra le principali barriere all’innovazione, la non adeguata comprensione del concetto di Industria 4.0 per le scarse competenze all’interno delle organizzazioni (67%), la resistenza al cambiamento (75%), la complessità di inserire i nuovi sistemi all’interno di cicli produttivi preesistenti (83%) e la difficoltà a trovare partner validi per lo sviluppo della progettualità (57%),

Un esempio scaturito dalle analisi è sicuramente lo scarso utilizzo della numerosa quantità di dati generata dai sensori intelligenti contenuti nei nuovi impianti produttivi.
“Tali dati sono oggi da considerarsi un vero e proprio asset strategico – spiega Violetta Giada Cannas – tuttavia, la scarsa conoscenza dei pilastri tecnologici 4.0 e dei processi basati sui dati porta le imprese a non utilizzare tali informazioni o ad utilizzarne solo una parte per analisi di tipo descrittivo, non applicando analitiche prescrittive o predittive che ne potenzino il valore e guidino meglio le decisioni, proteggendo poco l’aspetto di privacy e tutela del dato stesso, con bassi investimenti in cybersecurity. Tra gli ostacoli allo sviluppo ci sono le scarse competenze che impediscono la comprensione del concetto di Industria 4.0 e anche la resistenza al cambiamento”.

“Alla vigilia della revisione degli incentivi per la digitalizzazione ci sembrava importante mettere a disposizione il patrimonio di esperienze raccolto in 5 anni di attività connesse all’attestazione di beni I 4.0 – dice l’ingegner Paolo Gianoglio, Direttore Innovazione, Sviluppo e Relazioni Associative di ICIM Group, Responsabile del Progetto Industria 4.0. – Abbiamo condiviso i nostri dati per indagare con maggiore dettaglio quali tecnologie siano state preferite dalle imprese, per quali utilizzi, con quali obiettivi. Nei prossimi anni la sfida della digitalizzazione si incrocerà con quella della sostenibilità, la cosiddetta Twin Transition che l’Europa ci chiede per rispondere a criteri di competitività che non compromettano l’impegno per combattere il cambiamento climatico. Con la ricerca commissionata a LIUC crediamo di aver offerto un contributo significativo per le decisioni dei prossimi anni”.

È quindi necessario che l’impegno e gli sforzi di tutti gli attori della filiera, a cominciare da Università e Competence Center, siano orientati, anche attraverso politiche incentivanti, a favorire questo passaggio evolutivo che prende le mosse dalla consapevolezza – che deve essere diffusa tra imprenditori e manager – delle potenzialità che “l’economia dei dati” può portare al settore manifatturiero, come già in altri settori (banche, assicurazioni, social media).

www.liuc.it

www.icimgroup.com

paper

EU nuclear energy stakeholders have met at the European Nuclear Energy Forum. The nuclear industry, along with certain EU countries, calls for more support and subsidies for nuclear power, particulary for Small Modular Reactors (SMRs), in the name of reaching the EU’s climate goals.

Environmental NGOs join voices to contest this claim, arguing that investing in new nuclear power plants will delay decarbonisation and that SMRs fail to answer the industry’s problems.
Governments should rather focus on cheap renewable energy, grids and storage.

At the European Nuclear Energy Forum, NGOs call on the EU and its member states to subsidise energy sources that can reliably and cheaply achieve our climate goals, not nuclear power.

Investing in new nuclear power plants may prove detrimental to EU climate goals
1. Prolonged delays: The latest nuclear plants built in Europe have experienced delays of over a decade. We cannot risk such delays on our path to reduce fossil fuel emissions.
2. Cost overruns: Nuclear power plants have faced huge cost overruns. The nuclear industry seeks to pass these high costs on to taxpayers and households via state and EU subsidies. The French nuclear industry has been nationalised.
3. Geostrategic interests: Nuclear energy is being pushed by powerful lobbies and geostrategic interests. Several EU states’ nuclear energy relies on the state-owned Russian nuclear firm Rosatom, importing uranium from unstable countries outside the EU.
4. Decentralised transition: To quickly decarbonise, we must choose cheap technologies, easy to deploy at scale, like solar panels and windmills. Nuclear power contradicts the vision of a decentralised energy system with citizen engagement.
5. Environmental impact: According to the IPCC report published in March 2023, nuclear power is one of the two least effective mitigation options (like Carbon Capture and storage). It’s an inefficient option that poses serious contamination risks during use and for future generations due to everlasting toxic waste.

Small Modular Reactors (SMRs) do not answer any of the industry’s fundamental problems:
1. Unproven technology: Even the simplest designs used today in submarines will not be available at scale until late next decade, if at all.
2. Waste and proliferation risks: SMR designs fail to address the persistent nuclear waste problem and pose new risks associated with the proliferation of nuclear materials.

Luke Haywood, from the European Environmental Bureau, said: “It is highly unlikely that small modular reactors will change anything about the poor economics of investments in nuclear energy. Our focus should be on what we know works to rapidly reduce emissions: energy savings and renewables. Every euro invested in nuclear could help replace fossil fuels faster and cheaper if directed to renewables, grids and energy storage. This would also reduce air pollution, radioactive waste, and energy bills while allowing for more citizen participation.”

Marion Rivet, from Réseau Sortir du nucléaire, said: “New nuclear power plant projects in France are estimated to cost around 52 billion euros. All this money should be invested in immediate and effective solutions for a real energy transition. The reduction of the greenhouse gas our countries produce has to be effective in the next 10 years and has to come from a source fully sustainable (meaning that does not create long-term wastes, that does not rely on uranium.”

Antoine Bonduelle, from Virage Energie, said: “Small reactors are not an option for the climate crisis. At best, they cost double or more per kWh than other nuclear options, and even much more than efficiency or renewables, as shown extensively in the models and in the consensus of the recent AR6 IPCC report. Small reactors would produce more waste than classical reactors, and use more materials and fuels. Accidents are still possible and proliferation risks are much higher. In France, several proposed projects are shady arrangements aimed at using more public money or justifying unproductive research teams. In the end, it is a costly impasse, a loss of time and public money.”

Signatories
European Environmental Bureau (EU), Foundation for Environment and Agriculture (Bulgaria), France Nature Environnement (France), Global Chance (France), Klimaticka Koalicia (Slovakia), Réseau Sortir du Nucléaire (France), Virage Énergie (France), NOAH Friends of the Earth (Denmark), Védegylet/Protect the Future (Hungary), Estonian Green Movement – Friends of the Earth Estonia, MKG – Swedish NGO Office for Nuclear Waste Review (Sweden), Milkas – The Swedish Environment Movement`s Nuclear Waste Secretariat (Sweden).

The European Environmental Bureau (EEB) is Europe’s largest network of environmental citizens’ organisations, standing for environmental justice, sustainable development and participatory democracy.
Our experts work on climate change, biodiversity, circular economy, air, water, soil, chemical pollution, as well as policies on industry, energy, agriculture, product design and waste prevention.
We are also active on overarching issues such as sustainable development, good governance, participatory democracy and the rule of law in Europe and beyond.
We have over 180 members in over 38 countries.

eeb.org

IPCC Report

Industria 5.0 opportunità e impatti sociali: una nuova era in cui la tecnologia e l’umanità si fondono in modo armonico, creando un equilibrio tra efficienza e valori umani, puntando a sviluppare strategie per costruire processi produttivi flessibili ed efficienti.

Vantaggi per le aziende, le possibili problematiche e il ruolo dell’Italia nella transizione 5.0
Come è possibile agire contemporaneamente su tutti i seguenti fronti?
Aumentare l’efficienza operativa, ottenere una maggiore flessibilità nella produzione, personalizzare in modo avanzato i prodotti e migliorarne la qualità, ridurre i costi di produzione e l’impatto ambientale, ottenere una maggiore competitività globale, migliorare la sicurezza sul lavoro, creare nuove opportunità di lavoro ad alta qualità e un’accelerazione dell’innovazione tecnologica.
La risposta è l’industria 5.0, un modello collaborativo che fa parte dell’evoluzione delle industrie manifatturiere e che si basa sull’integrazione di tecnologie avanzate come l’Internet of Things (IoT), l’intelligenza artificiale (IA) e la robotica collaborativa per creare ambienti di produzione altamente digitalizzati, flessibili ma anche attenti alla componente umana.

Cosa è Industria 5.0
“Industria 5.0” è il titolo del rapporto che la Commissione Europea ha pubblicato a gennaio 2021. Definita come un “completamento dell’industria 4.0”, è una rivoluzione culturale che ricolloca l’industria nella contemporaneità in cui agisce.

L’Industria 5.0 si caratterizza per un approccio centrato sull’uomo, in cui la tecnologia, compresi robot collaborativi avanzati, serve a migliorare la qualità della vita dei lavoratori e dei cittadini. La sostenibilità è un altro pilastro, con un forte impegno per ridurre gli sprechi e utilizzare le risorse in modo efficiente. Inoltre, l’Industria 5.0 si distingue per la sua resilienza, grazie alla capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti e garantire continuità operativa tramite l’analisi avanzata dei dati e l’apprendimento automatico.
Sono sei le categorie di tecnologie abilitanti per l’industria 5.0:
– integrazione uomo-macchina individualizzata;
– tecnologie bioispirate e materiali intelligenti;
– Digital Twins e simulazione;
– tecnologie di trasmissione, archiviazione e analisi dei dati;
– intelligenza artificiale;
– tecnologie per l’efficienza energetica, le energie rinnovabili, lo stoccaggio e l’autonomia.
Queste sono le tecnologie che l’Industria 5.0 sfrutterà per affrontare le nuove sfide dettate dalla società e dall’ambiente e per porsi come motore della prosperità in favore di tutti gli stakeholder coinvolti.

Opportunità e impatti sociali derivanti dall’Industria 5.0
L’Industria 5.0 apre una serie di opportunità significative. Queste includono l’innovazione continua nei prodotti e nei processi, la promozione della crescita economica, la creazione di nuovi posti di lavoro di alta qualità, una produzione più sostenibile, la possibilità di offrire prodotti personalizzati su vasta scala, un miglioramento della sicurezza sul lavoro, l’uso di tecnologie avanzate per la formazione dei lavoratori e una maggiore resilienza aziendale, in grado di affrontare meglio le perturbazioni di mercato e le situazioni di emergenza.
Di contro, vi sono anche paure comuni come la possibile perdita di posti di lavoro.
L’Industria 5.0 potrebbe automatizzare sì alcuni cosiddetti “lavori routine” ma, al contempo, creerebbe nuove opportunità lavorative che richiederanno un’interazione uomo-macchina.

Industria 5.0 è il paradigma europeo su cui anche l’Italia sta per avviare un grande programma di supporto per agevolare la «transizione 5.0» del sistema produttivo con investimenti per oltre 4 miliardi di euro.
La transizione 5.0 è il passaggio verso un modello industriale avanzato e centrato sulla tecnologia, dove l’adozione delle tecnologie digitali come l’IoT, l’IA e la robotica migliora l’efficienza, la sostenibilità e la personalizzazione dei processi produttivi. Questo cambiamento richiede anche una revisione delle pratiche aziendali e una maggiore attenzione alle esigenze umane. In sostanza, è il passo verso un’industria altamente digitalizzata e orientata al futuro.

“Come già avvenuto nel corso della quarta rivoluzione industriale il ruolo di TÜV Italia sarà quello di attestare, attraverso il rilascio di una perizia, che i beni, la loro installazione e interconnessione siano conformi a quanto previsto dai requisiti legislativi al fine di avere diritto al beneficio fiscale messo a disposizione”, afferma Alberto Macchi, Business Unit Manager Div. Industrie Service di TÜV Italia. “Ad oggi non è ancora possibile determinare quali saranno le modalità di incentivazione che verranno previste dal Governo per sostenere il Piano Transizione 5.0; sicuramente gli incentivi per le Imprese dovranno essere concretizzati da appositi decreti o, comunque, dalla Finanziaria 2024.”

L’Industria 5.0 vuole rappresentare un nuovo modello in cui la tecnologia e l’umanità si fondono in modo armonico, creando un equilibrio tra efficienza e valori umani. È una visione dell’industria che non solo mira alla produttività, ma anche al benessere degli individui e al rispetto dell’ambiente. A differenza dell’Industria 4.0, che si configurava come una vera e propria rivoluzione industriale e tecnologica, Industria 5.0 è soprattutto un nuovo paradigma culturale.

Fondato nel 1866 come associazione di controllo delle caldaie a vapore, il Gruppo TÜV SÜD è cresciuto diventando un’impresa globale. Opera con oltre 25.000 dipendenti dislocati in oltre 1.000 sedi in circa 50 paesi allo scopo di migliorare costantemente tecnologia, sistemi e competenze. TÜV SÜD contribuisce attivamente a rendere innovazioni tecniche come Industria 4.0, guida autonoma ed energie rinnovabili sicure e affidabili.

TÜV Italia fa parte del gruppo TÜV SÜD ed è presente in Italia dal 1987. TÜV Italia ha una struttura di oltre 700 dipendenti e 400 collaboratori, con diversi uffici operativi sul territorio nazionale, a cui si affiancano i laboratori TÜV Italia e Bytest a Volpiano (TO) e pH a Barberino Tavarnelle (FI), acquisite rispettivamente nel gennaio 2012 e nel gennaio 2013.
TÜV Italia organizza webinar e seminari gratuiti, in cui vengono affrontati i temi tecnici più attuali, oltre alla certificazione delle persone e ai numerosi corsi formativi professionali dedicati ad approfondire e sviluppare competenze in tutti i settori in cui l’ente opera.

www.tuv-sud.com

www.tuvsud.com/it-it

Black Friday del Riciclo RAEE con Ecolamp! Sconto del 30% sui servizi ExtraLamp e ExtraPRO. Il Consorzio leader nel recupero e nel trattamento dei Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE), è lieta di annunciare una speciale promozione in occasione del Black Friday. Dal 24 al 27 novembre, i professionisti che necessitano di smaltire apparecchi elettrici o elettronici a fine vita possono beneficiare di uno sconto del 30% sui servizi ExtraLamp e ExtraPRO.

Per accedere a questa offerta, è sufficiente inserire il codice promozionale BLACK30 sul portale Ecolamp.

L’iniziativa rientra nell’impegno di Ecolamp per fornire soluzioni efficienti e sostenibili per la gestione dei RAEE
Oltre alla raccolta presso le Isole Ecologiche comunali, Ecolamp ha sviluppato una serie di canali volontari per l’utenza professionale.
Tra questi, il servizio ExtraLamp è rivolto agli installatori illuminotecnici e a realtà professionali che devono smaltire tubi neon, lampadine e altre sorgenti luminose esauste.
ExtraPRO, invece, è destinato agli installatori, imprese di ristrutturazione o manutenzione e a tutte le realtà professionali che necessitano di smaltire RAEE del raggruppamento R4, come piccoli elettrodomestici, elettronica di consumo, apparecchi di illuminazione.

Fabrizio D’Amico, rappresentante di Ecolamp, sottolinea l’importanza di questa iniziativa: “Con il Black Friday, vogliamo incentivare le pratiche di smaltimento responsabile tra i professionisti, offrendo loro un accesso facilitato ai nostri servizi. È essenziale ricordare che il corretto smaltimento dei RAEE non è solo un obbligo legale, ma una responsabilità verso l’ambiente. Attraverso servizi come ExtraLamp e ExtraPRO, Ecolamp si impegna a garantire un trattamento sicuro ed eco-sostenibile di questi rifiuti, contribuendo attivamente alla salvaguardia del nostro pianeta”.

Ecolamp è il consorzio senza scopo di lucro dedito alla raccolta e al trattamento delle Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche giunte a fine vita (RAEE). Nato nel 2004 per volontà delle principali aziende nazionali e internazionali del settore illuminotecnico del mercato italiano, oggi riunisce oltre 350 produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Dal 2015 Ecolamp è tra i soci fondatori di Eucolight, l’associazione europea nata per dare voce ai Sistemi Collettivi RAEE specializzati nei rifiuti di illuminazione. Ecolamp porta avanti con impegno numerose attività per sensibilizzare cittadini e operatori del settore, coinvolgendo l’unione pubblica sul tema del corretto riciclo dei RAEE. Oggi Ecolamp, in un’ottica di economia circolare, garantisce il recupero di oltre il 95% dei materiali di cui questi rifiuti sono composti e il corretto smaltimento delle sostanze inquinanti, evitando che vengano disperse nell’ambiente.

www.ecolamp.it

SmartEfficiency diventa SmartEfficiency Group. La forza di un Gruppo ben coordinato di fornitori, leader ciascuno nel proprio settore, consiste nel poter disporre e offrire una pluralità di soluzioni, invece di un unico fornitore che, pur grande, impone al cliente quelle limitate al proprio catalogo.

La volatilità e l’incremento imprevedibile dei costi dell’energia rendono obbligatorio ottimizzare la gestione dell’ecosistema energetico aziendale, sia con l’autoproduzione, sia con il risparmio puntuale in tutti i reparti produttivi, con una visione olistica a 360 gradi.

Nuovi partner industriali e finanziari entrano a far parte delle attività di SmartEfficiency
Per l’efficientamento delle industrie nostre clienti, abbiamo allargato la nostra proposta a partner tecnici e finanziari specializzati in ulteriori aree di intervento, anche nell’ottica delle esigenze di compliance ESG, a favore della green supply chain e dei meriti di credito bancari:
– FOTOVOLTAICO: autoproduzione di energia elettrica per autoconsumo
– COGENERAZIONE e TRIGENERAZIONE: autoproduzione contemporanea di energia termica ed elettrica per autoconsumo
– POWER QUALITY – Eliminazione Energia Reattiva e Armoniche: risparmio degli sprechi di energia, correggendo le distorsioni generate dai macchinari sulla rete elettrica, interna al rifasatore in centrale, con ulteriore risparmio anche nelle manutenzioni impianti.
– COMPRESSORI a INVERTER e RECUPERO ENERGETICO: risparmio nel taglio degli sprechi di energia nella rete di aria compressa e nei motori di potenza, con relativo risparmio nelle manutenzioni impianti.
– ILLUMINAZIONE SMART LED: gestione intelligente degli apparecchi illuminotecnici in funzione delle attività, risparmio degli sprechi di energia e miglior benessere lavorativo.
– GESTIONE CIRCOLARITA’ degli SCARTI: recupero delle dispersioni termiche degli impianti, dei cascami e dei liquidi di lavorazione, con risparmio degli sprechi di energia e valorizzazione dei rifiuti.

“Abbiamo iniziato la nostra attività ben prima degli obblighi delle Diagnosi Energetiche, quando molti consideravano poco strategiche le nostre proposte di efficientamento.” dichiara Enrico Rainero, fondatore di SmartEfficiency. “Oggi installiamo apparati che si ripagano in 12 mesi grazie al risparmio in bolletta, senza considerare nessun incentivo. Perfino il fotovoltaico ha un ROI spesso inferiore a 4 anni.
Il nostro modello operativo si differenzia sia da quello dei venditori d’assalto delle grandi utility, attenti più a fare fatturato che a portare soluzioni personalizzate per le aziende clienti, sia dai piccoli installatori, con minore esperienza, poco aggiornati sulle ultime tecnologie e poco affidabili nelle garanzie pluriennali.
Con i nostri partner finanziari si può subito far generare cassa all’azienda cliente, appena terminata l’installazione dell’impianto, perchè
siamo precisi nei progetti, efficaci nelle tecnologie, vantaggiosi economicamente

SmartEfficiency è la rete di professionisti, imprese produttrici e di installazione, istituti finanziari, che affianca gli imprenditori ed i manager per migliorare le performance energetiche con diagnosi ed interventi nelle aree produttive strategiche per raggiungere l’efficienza con le migliori soluzioni tecnologiche e finanziarie.
SmartEfficiency ha fatto parte dei tavoli di lavoro con ENEA nel 2016 per il perfezionamento delle Direttive sulla Diagnosi Energetica nel settore Retail e per la Commissione Europea nel 2017 sulle Comunità Energetiche SMARTER EMC2.
Le attività industriali di SmartEfficiency sono affiancate e rinforzate dal brand BYinnovation che promuove le best practices innovative e di sostenibilità delle aziende clienti e di tutto il sistema produttivo italiano.

contatti: tel. 02.2641 7228 – mail info@smartefficiency.eu

EU leadership on refrigerants. Today’s deal on the F-Gas Regulation marks one of the greatest climate wins of this EU term.

The proposed phase-out schedule for these potent greenhouse gases signals a paradigm shift, driving key sectors such as heat pumps towards the use of climate-friendly refrigerants.

The EU makes history with the revision of the F-gas regulation
The interinstitutional agreement reached today paves the way for Europe to become the world’s first HFC-free continent by 2050, setting an unprecedented environmental and climate standard on a global scale.
Nearly 2.5% of the EU’s global emissions, equivalent to the entire EU aviation sector, will be spared by 2050 thanks to the complete phase-out of fluorinated gases (F-gases). The proposed ban timeline will play a crucial role in promoting the adoption of climate-friendly refrigerants across burgeoning and strategic sectors, such as heat pumps, air conditioning and switchgears (key component for electricity grids). This transition also encompasses other sectors such as foams, domestic refrigeration, chillers and medical aerosols.

Davide Sabbadin, Deputy Policy Manager for Climate at the EEB, said: “Today’s win is a triple win. Firstly it is a win for the climate, due to F-gases’ significant contribution towards greenhouse gas emissions in the EU.
It is also a win for our health and environment, as F-gases are the primary source of dangerous PFAS ‘forever chemicals’ emissions in Europe. Finally, this is a win for Europe’s green industry, which is home to the production of climate-friendly alternatives to F-gases: natural refrigerants.”

Forever chemical pollution
The most recent F-gas family known as HFOs release PFAS, the so-called forever chemicals, into the atmosphere. Thanks to the new F-gas trajectory, HFOs will be banned in the next decade in all major applications, making this revision a breakthrough moment to prevent chemical pollution that harms and stays forever.
Large quantities of PFAS will not be released in the atmosphere thanks to this legislation and will not be accumulating in rivers and lakes.
This revision sets the stage for the REACH reform, a critical regulation that can no longer be postponed.

Climate global leadership
It will now be the job of the new Commission to make this EU-led revolution a global one, by promoting this same ambition in the context of the Montreal Protocol (1), the international framework that deals with refrigerants and that has already been improved once upon the first release of the F-gas regulation via the Kigali amendment (2).

EU-made alternatives
Despite the absence of a ban in the crucial sector of commercial refrigerators, such as supermarkets, which we lament, this deal also brings positive tidings for the European industry. Europe stands at the forefront of climate-friendly and environmentally sound technologies in these domains, and it stands to benefit from a more robust push within the domestic market. The industry is actively seeking opportunities to strengthen its global leadership position.

Notes
(1) When f-gases burst onto the market, they did it to replace their ozone-depleting predecessor substances which were banned by the Montreal Protocol in 1985. While f-gases can provide cooling without damaging the ozone layer, they still warm the atmosphere.
(2) To continue protecting the ozone layer without aggravating the climate crisis, global leaders amended the Montreal Protocol in 2016 to include a phase-down of f-gases. Named after the city in which it was signed, Kigali (Rwanda), the new treaty agreed to an 80% f-gas reduction over 30 years

The European Environmental Bureau (EEB) is Europe’s largest network of environmental citizens’ organisations, standing for environmental justice, sustainable development and participatory democracy. Our experts work on climate change, biodiversity, circular economy, air, water, soil, chemical pollution, as well as policies on industry, energy, agriculture, product design and waste prevention. We are also active on overarching issues such as sustainable development, good governance, participatory democracy and the rule of law in Europe and beyond.
We have over 180 members in over 38 countries.

eeb.org

Nuova Direttiva UE sulle Rinnovabili. Il 12 settembre 2023 il Parlamento Europeo ha approvato la Direttiva RED III, ora spetterà al Consiglio dell’Unione Europea l’approvazione definitiva.

Ricordiamo che oltre all’approvazione del Consiglio dell’UE, la quale potrebbe comportare delle modifiche, essendo una Direttiva non ha effetti immediati ma spetta al singolo Stato membro recepirla e applicarla.

La Direttiva in questione, conosciuta anche come Renewable Energy Directive III, si pone come obiettivo la promozione e lo sviluppo delle fonti rinnovabili ma anche l’aumento della quota di energia rinnovabile nel mix energetico.

Di seguito, sinteticamente, i punti più salienti.

Autorizzazioni più snelle per gli impianti
Entro 30 giorni, 45 giorni nel caso di impianti ubicati fuori dalle zone di accelerazione, dal ricevimento della domanda di autorizzazione per gli impianti situati nelle zone di accelerazioni per le energie rinnovabili, l’autorità competente dovrà confermare la completezza della domanda o richiedere ulteriori informazioni.
Le procedure per il rilascio delle autorizzazioni nelle zone di accelerazione per le energie rinnovabili non dovranno durare più di 12 mesi.
Sempre in queste zone, le autorizzazioni per la revisione della potenza degli impianti di produzione di energia rinnovabile, per impianti di potenza elettrica inferiore a 150 kW non dureranno più di 6 mesi.
Poi, le nuove domande relative agli impianti di produzione di energia rinnovabile, situati in queste zone e in presenza di determinate condizioni, saranno esonerati dalla Valutazione di Impatto Ambientale.

Ricordiamo che, le cd zone di accelerazione per le energie rinnovabili sono specifici luoghi, sia terresti che marini, adatti all’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, diversi dagli impianti di combustione di biomasse, dove non si prevede che l’impiego di una determinata tipologia di energia rinnovabile abbia significativi effetti ambientali.
Inoltre, l’individuazione di queste aree dovrà coincidere con le zone adatte allo sviluppo accelerato di tecnologie per le energie rinnovabili identificate a norma del diritto nazionale.

Nella stessa è stata prevista la possibilità di introdurre procedure alternative di risoluzione delle controversie relative alle procedure di rilascio delle autorizzazioni.
Inoltre, gli Stati membri dovranno provvedere a far sì che i ricorsi amministrativi e giurisdizionali potranno essere soggetti a una procedura amministrativa e giudiziaria più rapida.

Per le autorizzazioni al di fuori delle zone di accelerazione per le energie rinnovabili è stato previsto che le stesse non dovranno durare più di 2 anni.

Successivamente, all’art. 16 quater, nel caso di revisione della potenza non superiore al 15% di un impianto di produzione di energia rinnovabile, le procedure per il rilascio delle autorizzazioni non dovranno durare più di 3 mesi dalla presentazione della domanda.

Nel caso di autorizzazioni per l’installazione di apparecchiature di energia solare e di impianti di stoccaggio dell’energia, compresi quelli integrati negli edifici, in strutture artificiali esistenti o future, non dovranno durare più di 3 mesi.
Inoltre, la durata di un mese per il rilascio delle autorizzazioni è riconosciuta nel caso di impianti con capacità inferiore a 100 kW, anche per gli autoconsumatori di energia rinnovabile e comunità di energia rinnovabile.

Trasporti, idrogeno e biomassa
Nella stessa normativa è stato previsto di incentivare l’utilizzo dell’idrogeno, soprattutto nel campo dell’industria ma anche nel campo dei trasporti.
Infatti, lo scopo è quello di avere una riduzione del 14,5% di emissioni di gas serra entro il 2030 attraverso l’utilizzo di carburanti di origine non biologica.
Infine, è stata inserita la previsione per cui l’elettricità fornita da colonnine verdi elettriche private concorre alle quote per i carburanti verdi dei trasporti, il fine è quello di rispettare il quantitativo di combustibili rinnovabili e di energia elettrica da fonti rinnovabili fissato in capo ai fornitori stessi.
In tal contesto, è stata posta anche attenzione sull’incentivazione e lo sviluppo della biomassa nel rispetto della qualità del suolo e della biodiversità.
L’obiettivo finale è quello di raggiungere entro il 2030 una quota di energia da fonti rinnovabili pari almeno al 42,5%.

www.italiasolare.eu

website

European Net-Zero Academies should accelerate training and address urgent skills shortages. The Renewable Energy Skills partnership has issued a statement of 10 recommendations to the European Commission, on the establishment of Net-Zero Industry Academies, as proposed by the Commission in the Net-Zero Industry Act.

Soon, the partnership will launch a set of training programmes for renewables across the EU.

Arthur Daemers, Policy Advisor at SolarPower Europe (he/him); “The challenge is twofold: we must ensure high-quality skills, while recruiting more solar workers. Stakeholders like the Renewable Energy Skills Partnership must be involved every step of the way, so that we can build up the skilled workforce needed to secure a carbon neutral Europe.”

The Renewable Energy Skills Partnership is urgently calling on the European Commission to take decisive action. European Net-Zero Academies should:

1. Accelerate training programmes across the EU.
2. Address urgent skills shortages.
3. Build on existing sectoral, initiatives.
4. Prioritise net-zero sectors with critical skills shortages.
5. Foster a comprehensive framework, mapping all net-zero skills initiatives.
6. Strengthen synergies across net-zero technologies.
7. Identify emerging topics for trainings.
8. Provide the necessary funding.
9. Strive for cross-border recognition of qualifications, and the harmonisation of certifications.
10. Industry and relevant stakeholders, such as the Renewable Energy Skills Partnership, should be an integral part of the European Net-Zero Academies framework’s governance mechanism.

This statement comes as SolarPower Europe has just published their latest EU Solar Jobs Report 2023, revealing that the solar sector will need 1 million workers in Europe as soon as 2025.

The Renewable Energy Skills Partnership brings together stakeholders from the entire spectrum of the Renewable Energy value chain.
It gathers organisations involved in the identification and analysis of skills needs and solutions in the renewable energy sector; and in the development, implementation, promotion or financing of educational and training programmes, frameworks, and institutions.

SolarPower Europe is the award-winning link between policymakers and the solar PV value chain. Our mission is to ensure solar becomes Europe’s leading energy source by 2030. As the member-led association for the European solar PV sector, SolarPower Europe represents over 300 organisations across the entire solar sector.
With solar sitting on the horizon of unprecedented expansion, we work together with our members to create the necessary regulatory and business environment to take solar to the next level.

www.solarpowereurope.org

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I’m Steel Here circolarità acciaio. L’Italia è il secondo produttore di acciaio dell’Unione Europea e undicesimo a livello mondiale, per un settore fortemente orientato all’export.

Il materiale, celebrato durante l’evento “I’m Steel Here”, prima campagna di comunicazione italiana sulla sua sostenibilità, è componente fondamentale nella realizzazione di edifici e infrastrutture e viene finalmente riconosciuto come uno dei protagonisti della transizione ecologica, grazie alla sua natura circolare, versatile, resistente, durevole e riciclabile.
Da questo presupposto è partita la prima campagna di comunicazione su questo materiale e sulle soluzioni costruttive in carpenteria metallica organizzata da Fondazione Promozione Acciaio, con i patrocini di Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), Federacciai, del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e della Regione Lombardia.

«Gli investimenti nel settore delle costruzioni dovranno prediligere materiali circolari con un ciclo di vita più lungo e rinnovabile come l’acciaio. Parte da qui I’m Steel Here, la campagna di comunicazione che pone l’accento su tecnologie costruttive industrializzate e off-site», ha dichiarato Caterina Epis, Presidente di Fondazione Promozione Acciaio.

Un progetto volto a far maturare una cultura più edotta e porre le basi per un futuro in cui la riconosciuta circolarità dei prodotti in acciaio svolgerà un ruolo decisivo nelle scelte materiche in fase di progettazione.
Una campagna capace di stimolare il confronto tra gli attori della filiera e sensibilizzare opinione pubblica, investitori e istituzioni sulle specificità del settore delle costruzioni in acciaio.
Una campagna per diffondere la cultura di un’edilizia più responsabile, attraverso la promozione di un approccio circolare, con un occhio attento alla trasformazione, alla rigenerazione dei materiali e alle tecnologie costruttive off-site ed industrializzate.

Il panorama del patrimonio immobiliare in Italia conta circa 13,5 milioni di edifici
Il 50% ha più di 50 anni, percentuale che scende fino all’11% se si calcolano quelli costruiti dopo il 2000.
Se a livello mondiale il settore edilizio è responsabile del 40% circa del consumo energetico globale e della medesima percentuale di emissioni di CO2, appare evidente come il tema della neutralità carbonica degli edifici sia di primaria importanza.
Per questo, l’adeguamento degli edifici alle nuove normative consentirebbe la transizione verso gli obiettivi europei, diminuendo l’impatto sul pianeta e riducendo i consumi energetici a favore di un maggiore comfort abitativo.
In questo contesto, quello dell’acciaio rappresenta un settore capace di innovarsi continuamente e proiettarsi verso un futuro a impatto zero, visto che oltre il 35% degli investimenti del comparto è rivolto al miglioramento delle performance ambientali, della salute e sicurezza sul lavoro.

Riciclo dell’acciaio
Con un target dell’85%, l’Italia fa registrare il più alto tasso di riciclo dell’acciaio tra i paesi dell’Unione Europea, grazie alla preponderante diffusione del forno elettrico e importanti investimenti che i produttori siderurgici stanno compiendo nell’adozione delle migliori tecniche disponibili (BAT), oltre che con la certificazione ambientale dei loro prodotti, una fra tutte, l’EPD, la dichiarazione ambientale di prodotto.

Energia e produzione
Dal 2000 ad oggi si calcola una riduzione del 33% dei consumi energetici totali per tonnellata di acciaio, per un comparto che registra valori di efficienza energetica del 38% più positivi rispetto alla media europea.
Ancora, dal 2010 al 2020 si calcola una riduzione di circa 2,7 mc di acqua prelevata per tonnellata di acciaio prodotto.
Più del 90% delle acciaierie nazionali è dotato di un sistema di gestione ambientale certificato ISO 14001.
Numeri che dimostrano come l’innovazione dei processi produttivi che sta interessando il comparto siderurgico nazionale voglia portare l’Italia all’orizzonte del 2030, con un settore alimentato esclusivamente da corrente elettrica, per un materiale riciclabile al 100% che può essere utilizzato un’infinità di volte senza perdere le sue proprietà.

«L’uso sostenibile dell’acciaio si esprime con una nuova cultura del costruire e un nuovo linguaggio architettonico. Si tratta di pensare all’intero ciclo di vita degli edifici, alla qualità della vita delle persone che li abitano, e al rapporto etico con l’ambiente», ha dichiarato Patricia Viel, architetto ACPV ARCHITECTS e Ambassador I’m Steel Here.

Fondazione Promozione Acciaio è l’Ente culturale che promuove lo sviluppo delle costruzioni e delle infrastrutture in acciaio in Italia. È stata fondata nel 2005 per contribuire attivamente all’innovazione e alla competitività del comparto delle costruzioni.
Diffonde e valorizza gli aspetti progettuali e tecnologico-costruttivi che differenziano la carpenteria metallica dagli altri sistemi costruttivi e si pone come obiettivo il progressivo innalzamento della qualità del prodotto edilizio con evidenti benefici sulla sicurezza e nella razionalizzazione dei costi.
È punto di riferimento per le costruzioni e le infrastrutture in carpenteria metallica in Italia ed è riconosciuta quale Ente esperto dalle Istituzioni, dagli Enti preposti allo sviluppo edile ed infrastrutturale, dal comparto del Real Estate e dai progettisti.
È l’unico Ente che rappresenta la filiera delle costruzioni in acciaio in Italia, dalla produzione dei componenti alla messa in opera.
Dal 2007 la Fondazione è parte del circuito internazionale IPO – Independent Promotion Organization Steel Network (a sua volta in UESP – United European Steel Promotion – con WSA e ECCS) la rete che coordina le attività preposte ad un maggior impiego dell’acciaio nel settore delle costruzioni in tutti i Paesi della Comunità Europea.
Le azioni sinergiche sostenute in ambito europeo e sviluppate a livello nazionale comprendono gli aspetti legislativi comunitari (Direttive Regolamenti Europei), normativi (Eurocodici e Norme CEN), formativi e divulgativi.
Il piano di azione è sostenuto da un network di realtà associate, tra le quali figurano importanti protagonisti di rilievo nazionale ed internazionale: acciaierie italiane ed europee, Associazioni di categoria, aziende di trasformazione e distribuzione, costruttori metallici, produttori di impianti automatici per la lavorazione dell’acciaio e società di architettura e ingegneria.

www.promozioneacciaio.it