Deforestazione: agroalimentare, legno. UE importa ingenti quantità di prodotti che causano deforestazione: la produzione di olio di palma, soia, cacao, caffè, legno e derivati determina ogni anno la distruzione di circa 190.000 ettari di foreste a livello globale.
Per arginare questo fenomeno, la Commissione propone un radicale ripensamento dell’EUTR, attuale norma vigente in materia di contrasto al legno illegale.
“Elaborare strumenti e procedure necessari all’effettuazione della rinnovata due diligence anti-deforestazione costituirà un impegno quotidiano per Conlegno che continuerà a supportare le imprese italiane”, afferma Angelo Mariano, Responsabile Area Operativa Legnok.
Nel 2003 l’Unione europea pubblicò il suo Piano d’azione FLEGT, stabilendo specifiche misure di contrasto al cosiddetto illegal logging (prelievo legnoso non autorizzato) che affliggeva, e continua tuttora a danneggiare, il patrimonio forestale di diversi Paesi del mondo.
Di fatto, la necessità di frenare tale fenomeno distruttivo era già stata riconosciuta come un’azione prioritaria ai fini della gestione forestale sostenibile in occasione del 24° summit G8 di Birmingham del 1988.
Nell’ambito del citato piano d’azione comunitario, l’UE approvò alcuni regolamenti volti a promuovere la legalità dei tagli boschivi effettuati nei vari Paesi esportatori di legno e derivati, nonché quella degli analoghi prodotti commercializzati in territorio comunitario.
I regolamenti fondamentali del pacchetto legislativo comunitario sono ben noti agli operatori dei settori del legno con gli acronimi FLEGT (Forest Law Enforcement Governance and Trade del 2005) ed EUTR (European Union Timber Regulation del 2010).
Quest’ultimo è conosciuto anche come regolamento sulla due diligence in quanto si basa su tale procedura chiave per determinare e contenere al massimo il rischio che legno e derivati commercializzati nell’UE possano essere illegali, ossia essere stati raccolti o prodotti contravvenendo alle leggi vigenti nei paesi d’origine.
Per gli Operatori EUTR, dimostrare che le merci di cui approvvigionarsi sono compatibili con le prescrizioni introdotte dal regolamento è spesso cosa ardua quando non problematica, soprattutto nel caso di prodotti caratterizzati da processi industriali complessi, ripetute intermediazioni commerciali o provenienti dai cosiddetti “Paesi a rischio” in cui coesistono condizioni di scarsa governance del settore forestale ed alti tassi di corruzione.
Non meno gravoso è il compito delle Autorità competenti dei vari Stati membri deputate ai controlli degli operatori ed in particolare, della congruità delle procedure di due diligence da essi messe in pratica.
Il FLEGT – che si basa su accordi bilaterali di partenariato tra l’UE ed i Paesi terzi che ne fanno richiesta e che dimostrano di essere in grado di assicurare la legalità del legno e dei derivati da esportare in territorio comunitario – non ha avuto particolare fortuna in quanto, ad ormai 16 anni dalla promulgazione, risulta completamente attuato soltanto per l’Indonesia.
Di fatto i processi propedeutici al varo delle cosiddette “licenze FLEGT”, attestanti la piena legalità dei prodotti esportati, si sono dimostrati troppo spesso complessi e farraginosi, anche a causa dell’instabilità socio-politica che contraddistingue una buona parte dei Paesi con cui l’UE ha intrapreso i necessari negoziati preliminari.
Le suddette criticità hanno portato le Istituzioni europee ad interrogare sé stesse, gli Stati membri e la Società civile riguardo all’efficacia dei due suddetti regolamenti; ciò anche a mezzo di specifiche consultazioni pubbliche.
In linea di massima, l’utilità del piano d’azione FLEGT e delle relative norme comunitarie di riferimento viene abbastanza riconosciuta anche dall’opinione pubblica che ne condivide sempre più gli obiettivi generali di contrasto alla deforestazione ed alla degradazione delle risorse forestali globali: oggi, come non mai, oggetto di importanti dibattiti ed accordi internazionali, quale la recente COP 26 dell’ONU sul cambiamento climatico.
Il 17 novembre, la Commissione ha presentato la nuova proposta di regolamento (Regulation on deforestation-free products) mirante a sostenere la protezione del patrimonio forestale del pianeta ed in particolare a porre un sostanziale freno alla deforestazione.
L’approccio di tale regolamento è a dir poco innovativo, ma forse è più giusto definirlo “rivoluzionario” in quanto la Commissione non si limita più a voler accertare che legno e derivati commercializzati negli Stati membri siano legali (e quindi a contrastare l’illegal logging), ma intende prevenire l’importazione di derrate alimentari (olio di palma, soia, carne bovina, caffè e cacao) e legno prodotti in aree deforestate di qualsiasi parte del mondo.
Così facendo, entro il 2030, l’UE dovrebbe contenere di oltre 70.000 ettari all’anno la deforestazione indotta dall’importazione di tali prodotti in territorio comunitario. Di pari passo, questo comporterebbe la mancata immissione di circa 32 milioni di tonnellate di carbonio in atmosfera (valutabile anche in un risparmio annuale di almeno 3 miliardi di euro) con ovvie ripercussioni positive in termini di prevenzione del cambiamento climatico e protezione della biodiversità.
In sostanza, l’attenzione del legislatore si estende dal concetto della legalità a quello più ampio della sostenibilità. Sarà possibile importare soltanto prodotti che non hanno causato deforestazione e danneggiato irrimediabilmente ecosistemi preziosi e delicati quali quelli boschivi.
Questo è effettivamente realizzabile? La stessa domanda, chi lavora in ambito EUTR se la pone da anni e le risposte possibili sono molte e spesso contraddittorie.
Di fatto il nuovo regolamento anti-deforestazione beneficerà proprio delle esperienze maturate attuando l’EUTR. Fermo restando per gli operatori l’obbligo della due diligence da effettuare prima dell’acquisizione e della seguente commercializzazione dei prodotti oggetto del regolamento, le procedure collaterali che essi dovranno attuare saranno abbastanza diverse da quelle ora imposte dall’EUTR.
Tra i cambiamenti più significativi, si segnalano: l’obbligo di depositare una dichiarazione preliminare che i prodotti da importare ed esportare non abbiano causato deforestazione e degradazione forestale, la geolocalizzazione delle superfici agro-forestali di provenienza, il coinvolgimento diretto delle Agenzie delle dogane degli Stati membri nelle fasi di controllo, la pubblicazione da parte della CE del livello di rischio legato ai vari Paesi esportatori (cosiddetto benchmarking).
In proposito, Angelo Mariano – responsabile della due diligence Legnok di Conlegno (la prima Monitoring organisation EUTR riconosciuta dalla Commissione europea, nel 2013) afferma: “Quello che abbiamo appreso lavorando assiduamente per la migliore attuazione dell’EUTR – norma destinata a restare vigente fino alla promulgazione del nuovo regolamento – costituirà una solida base conoscitiva ed operativa a disposizione degli addetti ai settori del legno e della carta, nonché nel prossimo futuro, di quello agroalimentare.
Elaborare e rendere disponibili strumenti e procedure necessari all’effettuazione della rinnovata due diligence anti-deforestazione, costituirà, non solo un obbligo morale, ma anche un impegno quotidiano per Conlegno che continuerà a supportare le imprese italiane ed a camminare al loro fianco. Ciò, con l’intento di coniugare al meglio le legittime attività economiche e produttive delle aziende ed il pieno rispetto degli obblighi previsti dalla legislazione comunitaria”.
Per il momento, è possibile soltanto aggiungere che l’appena avviato iter della “Regulation on deforestation-free products”, per quanto complesso e travagliato, dovrà necessariamente tradursi in azioni concrete; anche in considerazione del fatto che l’approvvigionamento responsabile di materie prime rappresenta oggi una delle soluzioni più verosimilmente attuabili per limitare l’impatto antropico sugli ecosistemi naturali e sulle foreste in particolare.
ph. © Enrico Rainero