Arca Fondi con PlusValue per gli investimenti nelle imprese più redditive e più attente alle tematiche sociali. In concomitanza con il 40° anniversario, Arca Fondi SGR lancia Arca Social Leaders 30, un Fondo bilanciato obbligazionario globale che investe almeno il 60% in strumenti finanziari di natura obbligazionaria e nella misura massima del 40% in strumenti di natura azionaria.
È una soluzione adatta ad investitori che mirano ad una crescita del capitale nel medio/lungo periodo tramite un investimento diversificato e sostenibile.
Arca Social Leaders 30 privilegia gli investimenti in azioni ed obbligazioni di emittenti societari che presentino caratteristiche distintive nell’ambito Sociale (che afferiscono alla “S” dell’acronimo ESG), offrendo nel contempo le migliori caratteristiche in quanto a profilo di rischio-rendimento.
Il Fondo Arca Social Leaders 30 adotta un rigoroso processo di investimento, volto ad individuare le migliori opportunità di crescita del capitale, che si integra con un approccio ESG che mira a valorizzare 4 tematiche sociali:
– condizioni di lavoro eque,
– pari opportunità,
– formazione ed educazione del personale
– sanità e sicurezza sul lavoro.
La definizione della strategia ESG è stata realizzata con la collaborazione di PlusValue, società di consulenza strategica operante in ambito europeo che si pone lo scopo di guidare attori pubblici e privati verso l’adozione di modelli di crescita sostenibili.
L’obiettivo del framework ESG sviluppato da Arca e PlusValue è l’identificazione di un universo investibile che includa solo gli emittenti più attenti ai temi sociali.
Al collocamento di Arca Social Leaders 30, sarà associata un’iniziativa volta a promuovere le pari opportunità, in collaborazione con la Fondazione Laureus.
Tale iniziativa prevede un contributo diretto a favore del team Social OSA Overlimits, che propone di avviare alla pallacanestro ragazzi affetti da disabilità mentale, ritardi cognitivi e sindrome di Down.
Arca Social Leaders 30 va ad arricchire la gamma ESG Leaders, che si caratterizza per l’approccio innovativo e rigoroso ai temi della sostenibilità e per il supporto concreto ad iniziative ambientali (piantumazioni, pulizia delle spiagge, etc.) e, da oggi, anche sociali sui territori.
L’attenzione alle tematiche ambientali sociali e di governance rappresenta un elemento essenziale del DNA di ARCA Fondi.
Nata nel 1983 come società consortile di 12 Banche Popolari, strettamente legate ai territori di appartenenza, la SGR ha operato fin da subito nel segno dell’innovazione e della trasparenza per offrire ai propri clienti una gamma prodotti completa e di elevata qualità in grado di cogliere le migliori opportunità di investimento.
Tra le tappe principali della storia di Arca Fondi il lancio dei primi OICR nel 1984, l’ingresso nel mondo della previdenza con il Fondo Pensione Aperto Arca Previdenza nel 1998 e l’introduzione dei Fondi target date nel 2009.
Arca Fondi è stata, inoltre, tra le prime SGR a sostenere l’economia reale e il sistema Italia lanciando nel 2015 Arca Economia Reale Equity Italia, che nel 2017 è poi confluito nel segmento dei PIR.
Negli ultimi 40 anni, l’attenzione ai bisogni della clientela, la professionalità e la capacità di anticipare le tendenze hanno consentito ad Arca di crescere e consolidare i legami di fiducia con tutti gli stakeholders.
Arca Fondi è oggi tra le più longeve Società di Gestione del Risparmio italiana, un leader proiettato verso il futuro, con dei valori fortemente radicati nel suo passato.
Ugo Loeser, Amministratore Delegato di Arca Fondi SGR, ha affermato: “Sono felice di annunciare il lancio del Fondo Arca Social Leaders 30 in occasione di un traguardo importante come quello dei nostri primi 40 anni. Arca Social Leaders 30 risponde ad un contesto in cui la dimensione sociale sta assumendo un ruolo centrale per i risparmiatori, per i legislatori, per i mercati e per le imprese.
Arricchiamo così la nostra gamma di prodotti ESG con un Fondo in grado di coniugare rendimento e sostenibilità sociale in modo serio e concreto. Fin dalla fondazione nel 1983, l’obiettivo di Arca è stato soddisfare i bisogni dei clienti con prodotti eccellenti e con un servizio a 5 stelle. Oggi guardiamo al futuro, forti di una esperienza lunga 40 anni, certi che la nostra passione e la nostra professionalità continueranno a rendere Arca il partner ideale per la gestione del risparmio e degli investimenti, anche per i prossimi 40 anni”.
Filippo Addarii, co-fondatore e managing partner di PlusValue Advisory ha dichiarato: “Siamo orgogliosi della collaborazione con Arca Fondi SGR. Insieme abbiamo sviluppato un prodotto di finanza sostenibile innovativo che risponde al piano dell’Unione Europea per una transizione sostenibile e giusta e, allo stesso tempo, al desiderio dei cittadini di investire anche per migliorare la società. Lo abbiamo fatto con rigore metodologico, integrità rispetto alla missione e soprattutto trasparenza.
Questa è una delle più significative tra le partnership che ci vedono coinvolti su grandi progetti di trasformazione dei maggiori settori industriali”.
Arca Fondi SGR nasce dalla storia e dall’esperienza di Arca SGR S.p.A., fondata nell’ottobre del 1983, subito dopo l’introduzione della legge n. 77 del 1983 che ha istituito e disciplinato i fondi comuni d’investimento mobiliare, grazie all’unione di 12 Banche Popolari azioniste, alle quali, nel corso degli anni, si sono aggiunti, come soggetti collocatori, numerosi altri istituti di credito e società finanziarie.
Dal luglio 2019 fa parte del Gruppo Bancario BPER Banca.
Una delle caratteristiche che fa di Arca Fondi SGR una delle principali realtà nel campo del risparmio gestito in Italia è la capillarità sul territorio: 100 enti collocatori operano infatti con oltre 8 mila sportelli e con una rete di promotori finanziari e canali online per garantire il massimo livello di servizio e di assistenza alla propria clientela.
Nel segmento dei Fondi Pensione Aperti, Arca Fondi SGR gestisce Arca Previdenza, nato nel 1998 come uno dei primi Fondi Pensione Aperti, il numero uno per patrimonio gestito (Fonte IAMA).
PlusValue, fondata nel 2015, con sedi a Londra e Milano, è una società di advisory che da anni supporta istituzioni ed aziende leader di settore ad adottare nuovi modelli di crescita sostenibile. Operando al crocevia dei temi di innovazione e sostenibilità, PlusValue è leader nello sviluppo di importanti progetti di trasformazione urbana, affiancando aziende di real estate nella valorizzazione di asset esistenti, come nel caso di MIND – Milano Innovation District, partnership pubblico-privata per lo sviluppo del più grande distretto dell’innovazione in Italia sulle Scienze della vita e lo sviluppo urbano sostenbile.
Da anni inoltre lavora sui temi della finanza ad impatto con Banca Europea degli Investimenti, Nazioni Unite e investitori privati.
Plus Reti d’Impresa. Per le imprese in rete, crescita superiore rispetto alla media dello scorso quadriennio. Il 65% delle realtà analizzate registra anche un incremento dei ricavi.
A 14 anni dalla sua introduzione, il contratto di rete continua il suo percorso di crescita e diffusione
Nello scorso quadriennio, 2019-2022, le reti sono cresciute del 40,5%. Solo nell’ultimo anno i contratti di rete sono aumentati del 10% (+751 rispetto al 2021) e le imprese in rete del 6,7% (+2.846 rispetto al 2021), nonostante la turbolenza del quadro economico e internazionale.
Dai dati elaborati da InfoCamere sulla base del Registro delle Imprese delle Camere di commercio, al 1° marzo 2023 emerge che il numero totale di imprese coinvolte in progetti di collaborazione è di 45.288 per 8.382 contratti registrati.
Le evidenze dell’Osservatorio Nazionale sulle Reti d’Impresa 2022 – curato da InfoCamere, RetImpresa e dal Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia – confermano la crescita delle imprese in rete e delle reti sul piano dei risultati economico-finanziari e del potenziamento delle capacità organizzative e gestionali delle aziende coinvolte, facendo emergere caratteristiche, punti di forza e opportunità derivanti dall’evoluzione dell’esperienza collaborativa in Italia.
La forza delle Micro-reti
Anche per il 2022 si conferma il consolidamento delle micro-reti con 2-3 imprese, che rappresentano il 52% del totale, e il prevalere delle reti regionali (71,6%) e uniprovinciali (50,9%) con un leggero incremento delle reti interregionali (+4%).
Le microimprese in rete (fino a 9 addetti) occupano oltre 69mila lavoratori (5%), mentre le piccole imprese (10-49 addetti) concentrano quasi 189mila lavoratori (13,7%). Il maggior volume occupazionale è assorbito dalle medie e grandi imprese, che pur essendo un numero minore (quasi 3.240) danno lavoro a 1,1 milioni di lavoratori (81% del totale).
È il Nord ovest ad assorbire il maggior numero di addetti (quasi un terzo), in ragione della più elevata diffusione di medie e grandi imprese, seguito dal Centro, dove si concentrano quasi il 31% degli addetti. Un quinto dell’occupazione lavora nelle regioni del Nord est, mentre il restante 13% trova lavoro nel Mezzogiorno.
La geografia delle reti
A registrare la concentrazione più elevata di imprese retiste sono le regioni del Centro (35%). Nelle regioni del Sud operano quasi il 26% delle imprese retiste, mentre il 21% si colloca nelle regioni del Nord est. Il restante 18% si concentra nel Nord ovest.
I dati mostrano inoltre una spiccata vocazione per l’agroalimentare sia tra le realtà imprenditoriali in rete del Mezzogiorno (28,5%) che del Nord est (24,8%), mentre nelle regioni del Centro è il commercio a prevalere su tutti gli altri settori (19,8%). L’edilizia raggiunge un’incidenza piuttosto marcata tra le imprese del Nord (15,6%), mentre le aziende del Centro e del Mezzogiorno propendono maggiormente per i servizi turistici (12,8% e 10,2% rispettivamente).
I numeri dei bilanci
Analizzando i bilanci relativi al 2021 (gli ultimi disponibili) depositati dalle imprese in reti, l ’Osservatorio ha riscontrato una crescita dei risultati economico-finanziari delle imprese in rete superiori rispetto alla media del quadriennio precedente (2017-2020). Complessivamente, oltre il 65% delle imprese analizzate ha registrato un incremento dei ricavi, del valore aggiunto e del valore delle immobilizzazioni.
Distinguendo per macroaree, il Nord ovest registra la maggior percentuale di imprese che hanno realizzato un miglioramento di ricavi (69%) e valore aggiunto (72%), mentre Sud e Isole si nota la percentuale più alta di imprese che hanno migliorato la misura delle immobilizzazioni rispetto al passato (64%).
Analizzando gli indici di redditività (ROI, ROS, ROA, ROE) negli stessi anni Il 56% delle imprese retiste ha sperimentato un miglioramento dei quattro indicatori. La macroarea Sud e Isole è quella con le percentuali più alte di imprese che hanno registrato un miglioramento di tutti e quattro gli indicatori.
L’innovazione si fa strada in rete
Le reti rappresentano una forma di collaborazione efficace anche per l’innovazione. Rispetto alla performance legata alla capacità della rete di sviluppare nuovi prodotti e servizi, il focus di questa edizione dell’Osservatorio ha esplorato l’adozione di logiche di open innovation nelle reti.
Il primo risultato che emerge dall’analisi è che più aumenta il numero e l’importanza delle relazioni per l’open innovation che si instaurano tra la rete e i suoi partner esterni (fornitori, concorrenti, università, centri di ricerca pubblici e privati, ecc.) più cresce il numero di innovazioni introdotte dalla rete.
Le reti possono inoltre essere strumento di coordinamento e governance
Come noto, la storica frammentazione delle catene del valore nazionali costituisce un limite strutturale e strategico soprattutto quando aumentano turbolenza e incertezza dell’ambiente competitivo. Per questa ragione, l’Osservatorio 2022 ha approfondito il ruolo dei contratti di rete per il coordinamento delle filiere, evidenziando come le reti che nascono e danno forma alle relazioni tra imprese nell’ambito delle filiere produttive nazionali siano idonee a creare sviluppo e valore per PMI e territori, ad attivare dinamiche volte a rendere il network più solido e organizzato, a migliorare le performance singole e aggregate, consentendo di mettere a fattor comune investimenti e risorse complementari.
Questi aspetti peculiari del contratto di rete portano a considerare le reti come strumento idoneo ad affrontare il tema dell’evoluzione e della crescita delle filiere sotto molteplici profili (organizzativo e di governance, finanziario/fiscale, lavoristico, tecnologico, economico/valoriale, ecc.).
Reti e lavoro: cresce l’attenzione alla co-datorialità
Nella direzione di un’ottimizzazione delle risorse condivise nonché di un rafforzamento organizzativo va anche l’introduzione dell’istituto della co-datorialità, che l’Osservatorio analizza per sensibilizzare imprenditori e policy maker sulle potenzialità di questo nuovo strumento lavoristico, operativo da poco più di un anno. Infatti, la co-datorialità mette a disposizione delle imprese in rete la possibilità di assumere insieme personale qualificato, dotato delle competenze tecniche e manageriali necessarie ad affrontare le sfide della transizione verde e digitale e, quindi, a raggiungere obiettivi di maggiore competitività ed efficienza nella gestione dei network collaborativi, anche in periodi di incertezza e recessione. I primi dati disponibili sui rapporti di lavoro attivati in regime di co-datorialità evidenziano la presenza di 1.416 imprese in posizione di co-datori all’interno di 264 contratti di rete.
La Direttiva CSRD: il Rendiconto di Sostenibilità comporta nuove regole per le imprese. Come possono gli imprenditori orientarsi di fronte ai nuovi scenari?
Innanzitutto, devono tutelare la loro attività con strumenti efficaci e predittivi per intercettare preventivamente minacce e opportunità.
La piattaforma Bussola d’Impresa® si propone come la soluzione ideale per tutti gli imprenditori, rispondendo all’esigenza di adeguarsi alle nuove normative.
Dal 2024, il bilancio di sostenibilità sarà obbligatorio per tutte le aziende
Indipendentemente dall’essere quotate in borsa, se hanno più di 250 dipendenti, un bilancio annuo superiore ai 43 milioni di euro e un fatturato superiore ai 50 milioni.
Renato Zanichelli risponde a questi nuovi assetti facendo chiarezza proprio sulla Direttiva n. 2022/2464 riguardante la rendicontazione societaria di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD), modificativa della Direttiva 2013/34/UE, concernente l’obbligo di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario per imprese di grandi dimensioni e pubblicata il 16 dicembre scorso in Gazzetta Ufficiale dell’UE.
Gli imprenditori che ne valutano l’efficacia possono adeguarsi adottando uno strumento digitale ideato dal Dott. Zanichelli: Bussola d’Impresa®, un sistema integrato composto da tre indispensabili strumenti che costituiscono l’equipaggiamento principale a bordo di ogni buon “navigante”: due soluzioni incloud (il radar e il gps) e un manuale di navigazione (Il Portolano).
Cosa prevede la CSRD e perché è così importante oggi?
Lo spiega il Dott. Zanichelli: “la CSRD introduce il nuovo concetto di “doppia rilevanza” (o “doppia materialità”) in virtù del quale le imprese dovranno fornire informazioni sia in merito all’impatto delle proprie attività sulle persone e sull’ambiente (approccio inside-out), sia riguardo al modo in cui le questioni di sostenibilità incidono su di esse, sui loro risultati e sulla loro situazione (approccio outside-in).
In merito alla tipologia di informazioni da fornire, la Direttiva è intervenuta con modifiche sostanziali, sostituendo anzitutto il termine “informazioni di carattere non finanziario” con l’espressione “informazioni sulla sostenibilità”, al fine accentuare il legame tra le politiche adottate in ambito ambientale, sociale e di governance e l’andamento economico-finanziario della società.”
Nel dettaglio, il nuovo rendiconto di sostenibilità
Sarà parte integrante della relazione sulla gestione nel fascicolo di bilancio della singola azienda, dovrà contenere la descrizione del modello e della strategia aziendale che indichi:
– la gestione dei rischi e delle opportunità connessi alle questioni di sostenibilità;
– i piani dell’impresa, incluse le azioni attuative e i relativi piani finanziari e di investimento volti a garantire la compatibilità del modello e della strategia con la transizione verso un’economia sostenibile;
– le modalità con cui il modello e la strategia tengono conto degli interessi degli stakeholders rilevanti;
– le modalità di attuazione della strategia, nell’ambito della sostenibilità;
– la descrizione degli obiettivi ESG individuati dall’impresa e dei progressi nel loro raggiungimento;
– la descrizione del ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo in relazione alle questioni ESG e informazioni sull’esistenza di sistemi di incentivi connessi alle questioni di sostenibilità;
– la descrizione delle politiche di sostenibilità dell’impresa;
– la descrizione delle procedure di due diligence di sostenibilità;
– la descrizione dei principali impatti negativi, legati alle attività dell’impresa e alla sua catena del valore e delle azioni intraprese per identificare e monitorare tali impatti, nonché per prevenire e mitigarne gli effetti;
– la descrizione dei principali rischi connessi alle questioni di sostenibilità e le modalità di gestione adottate;
– indicatori e KPI per tutte le precedenti informazioni.
Occorre segnalare che per le PMI saranno introdotti degli standard di rendicontazione specifici, in modo da tener conto delle loro esigenze e caratteristiche.
La CSRD, nell’evidenziare la necessità di adottare un quadro coordinato di riferimento per la rendicontazione, ha attribuito all’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group) il mandato per la definizione dei nuovi principi di rendicontazione.
Quanto agli ESRS (European Sustainability Reporting Standards), essi dovranno indicare le linee guida per la predisposizione del cosiddetto Report di sostenibilità.
Ad oggi, l’EFRAG ha già trasmesso una prima serie di bozze di Standards alla Commissione Europea, la quale, al termine del processo di consultazione, procederà con la loro adozione in versione definitiva, come atti delegati, entro il 30 giugno 2023.
Da ultimo, tra le novità, si segnala che, al fine di poter assicurare la credibilità delle informazioni fornite, la CSRD ha previsto l’introduzione dell’obbligo di attestazione della rendicontazione di sostenibilità da parte del revisore legale o della società di revisione contabile, che dovrà fornire il proprio parere circa la conformità del Report di sostenibilità alle prescrizioni della Direttiva.
Il calendario di entrata in vigore dei nuovi obblighi
– per gli esercizi aventi inizio dal 1° gennaio 2024: grandi imprese di interesse pubblico , con più di 500 dipendenti;
– per gli esercizi aventi inizio dal 1° gennaio 2025: a tutte le altre grandi imprese (sono tali quelle che, alla data di chiusura dell’esercizio, superino 2 dei seguenti 3 criteri: € 20 milioni di totale dell’attivo, € 40 milioni di ricavi netti, 250 dipendenti medi annui);
– per gli esercizi aventi inizio dal 1° gennaio 2026: alle PMI quotate (escluse le microimprese);
– per gli esercizi aventi inizio dal 1° gennaio 2028: alle società non UE che realizzano un fatturato annuo superiore a € 150 milioni nella UE e che hanno un’impresa figlia o una succursale nella UE, che si qualifica come grande impresa o PMI quotata e/o presenta un fatturato netto superiore a € 40 milioni nell’esercizio precedente.
Il rischio principale se l’imprenditore non si adegua è quello di andare fuori mercato
Le aziende non saranno più valutate, infatti, in base solo alla loro performance economico-finanziaria ma anche a quelle di sostenibilità. E fra i valutatori ci sono i clienti e lo stesso sistema creditizio, due stakholder fondamentali che stanno già privilegiando, nelle loro relazioni, le aziende più virtuose.
La radicazione dei fattori ESG Environmental, Social e Governance all’interno del pensiero economico-aziendale è una realtà concreta. I modelli di business influenzano e sono influenzati da scelte strategiche sempre più orientate alla sostenibilità, e dalle regole di accounting, chiamate a rendicontarne la realizzazione.
Renato Zanichelli è Dottore Commercialista e Trainer in Programmazione Neuro Linguistica. Ideatore della piattaforma digitale Bussola d’Impresa®, utilizzata dalla Scuola di Alta Formazione del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, come “piattaforma-scuola” per la gestione degli Adeguati Assetti.
Laureatosi in Economia a 23 anni con 110/110 e lode presso l’Università Luigi Bocconi di Milano, dopo esperienze di studi negli USA e in Inghilterra, come componente della Commissione Informatica del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, in collaborazione con il Ministero delle Finanze, ha contribuito negli anni ’90 al varo del progetto “Entratel” (Fisco Telematico), oggi utilizzato da milioni di contribuenti. Abituato a schematizzare e semplificare i processi, è stato fra i primi in Italia, insieme al collega Andrea Canavesi, a introdurre un sistema di gestione della qualità, uniformato alle norme UNI EN ISO 9001, che permettesse di recepire le best practice operative dell’attività nell’ambito degli studi professionali e tradurle in processi codificati, controllati e misurabili.
Con 30 anni di vasta ed articolata esperienza nel campo del business counselling e del diritto societario e tributario, esercita la libera professione in stretto collegamento con professionisti e reti nazionali e internazionali (fra cui STEP – Advising families across generations), sempre attingendo alla fertilità innovativa del mondo accademico. Dai legami con l’università ne è derivata l’implementazione di un approccio metodologico innovativo alla strategia aziendale imperniato sul “Business Visual Design”. Elemento distintivo della sua carriera professionale: la conoscenza e la pratica della Programmazione Neuro Linguistica e del Business Mind Coaching. Professionista Digitale dell’Anno (Politecnico di Milano – 2018), appassionato di neuroeconomics e di nuove tecnologie, è consulente di aziende e di gruppi societari appartenenti ai più disparati settori dell’economia. Aiutando, da sempre, le persone e le organizzazioni a performare al loro meglio, il suo principale impegno è, oggi, quello di contribuire ad un nuovo Rinascimento italiano, attraverso il rilancio di quegli straordinari valori, qualità ed eccellenze insiti nel DNA degli imprenditori e dei professionisti del nostro Paese.
Climate risk financial reporting. Assirevi sugli impatti del rischio climatico sui bilanci societari e sulle attività di revisione.
Con il documento di sintesi “Climate risk & financial reporting”, Assirevi – Associazione Italiana delle Società di Revisione Legale – fornisce il proprio contributo all’approfondimento dei potenziali impatti sul bilancio degli aspetti legati ai rischi correlati al cambiamento climatico e delle possibili conseguenti implicazioni sulle attività di revisione.
Ad oggi, il framework contabile IAS/IFRS, comunemente adottato nel contesto nazionale per la preparazione dei bilanci d’esercizio delle società che si qualificano come enti di interesse pubblico, non fornisce elementi espliciti per la presentazione e la valutazione degli impatti derivanti dai rischi correlati al cambiamento climatico. Tuttavia, in determinate circostanze, potrebbe sussistere la necessità di fornire specifiche informazioni al riguardo, in applicazione dei principi contenuti nello stesso framework, anche al fine di rispondere ai numerosi richiami in tal senso effettuati negli ultimi anni da standard setters e authorities nazionali e internazionali. Particolarmente significativo a tale proposito, da ultimo, è quanto indicato dall’ESMA nelle sue “European common enforcement priorities for 2022 annual financial reports”.
Il Position Paper di Assirevi offre elementi esemplificativi sul processo di valutazione del rischio che è opportuno sia condotto dal management rispetto al business e all’operatività dell’azienda per poi passare a illustrare, coerentemente con i principi di revisione di riferimento (ISA Italia), le implicazioni sul processo di revisione del bilancio in risposta ai rischi identificati dal management.
“Si tratta di un contributo allo sviluppo di un percorso di crescita, sia per il management sia per il revisore, volto a un migliore svolgimento dei reciproci ruoli, con il fine di perseguire il comune obiettivo di rafforzare l’aspettativa dei mercati rispetto ad un’informativa corretta e trasparente, nell’interesse e a tutela di tutti gli stakeholders”, spiega Gianmario Crescentino, presidente di Assirevi.
In particolare, per identificare le informazioni rilevanti, il Position Paper di Assirevi raccomanda il punto di vista della materialità finanziaria con focus sull’impatto finanziario dei rischi e delle opportunità legate al cambiamento climatico.
Un utile punto di riferimento per lo sviluppo del processo di valutazione del rischio da parte delle società è individuato nelle raccomandazioni della Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD): queste si riferiscono alla Governance, alla Strategia aziendale, al Risk Management e al tema dei Metrics and targets. I rischi da prendere in considerazione sono divisi in macrocategorie: la prima è legata ai rischi di transizione, che includono le tipologie di rischi legati alla transizione verso un’economia low-carbon attraverso, principalmente, l’incremento dei costi e il cambiamento delle preferenze del mercato; la seconda è legata ai rischi fisici, cioè quelli che possono avere un impatto finanziario rilevante per le aziende in termini diretti (danneggiamento di assets aziendali) o indiretti attraverso la supply chain.
La TCFD ha poi sviluppato una serie di esempi per supportare le aziende nell’identificazione dei rischi climatici e nella valutazione del relativo impatto finanziario. Le principali casistiche identificate riguardano i rischi regolatori e legali, i rischi legati alle tecnologie (es. sostituzione dei prodotti e servizi esistenti con alternative a più basse emissioni con conseguente ritiro precoce dal mercato o riduzione della domanda), i rischi di mercato (legati ad esempio ai cambiamenti nei gusti e nelle scelte dei consumatori o all’aumento del costo delle materie prime), i rischi reputazionali e i rischi fisici, a loro volta suddivisi in acuti (es. aumento di eventi climatici estremi) o cronici (cambiamenti nelle precipitazioni, aumento delle temperature medie, aumento dei livelli del mare).
È evidente che i rischi climatici a cui le aziende sono esposte e la loro entità dipendono significativamente dal settore, dall’industria, dal posizionamento geografico e dalle specificità dell’azienda stessa. Data la pervasività di questi temi in tutte le aree aziendali, il management risulta coinvolto secondo tre modalità principali, ovvero: l’assegnazione di responsabilità formali al management team; la formazione di gruppi di lavoro inter-funzionali e lo sviluppo di programmi di lavoro tematici; la formazione di comitati di lavoro ad hoc, con il top management e l’executive management, per svolgere attività di supporto al Consiglio di Amministrazione.
Il revisore ha, dal canto suo, la responsabilità di acquisire una ragionevole sicurezza che il bilancio nel suo complesso non contenga errori significativi dovuti a frodi o a errori. Conseguentemente, il revisore è chiamato a ottenere una comprensione degli impatti derivanti dal cambiamento climatico sull’impresa, considerando se tali impatti determinino un rischio di errore significativo nel bilancio, e sviluppare adeguate risposte di revisione per indirizzare/gestire il rischio valutato. In particolare, il revisore dovrebbe opportunamente
(1) considerare se il bilancio rifletta in modo appropriato gli impatti del cambiamento climatico in conformità al framework contabile sull’informazione finanziaria applicabile
(2) comprendere la relazione tra il rischio di cambiamento climatico e le proprie responsabilità in base agli standard professionali e alle leggi e ai regolamenti applicabili.
“La qualità e profondità dell’informativa finanziaria ha assunto di recente ancora maggiore rilevanza, anche in seguito all’emergere di nuovi e rilevanti profili di rischio per le società, quali quelli derivanti dal cambiamento climatico. Gli operatori del mercato, nei loro diversi ruoli, sono perciò chiamati a interrogarsi sugli eventuali impatti che queste tematiche possono determinare nella misurazione di attività, passività, ricavi, costi e flussi di cassa rilevati nel bilancio e, più in generale, sull’esistenza di rischi “emergenti” di importanza crescente, che possono influenzare la stessa continuità aziendale dell’impresa”, conclude Crescentino.
Assirevi è un’associazione privata senza scopo di lucro fondata nel 1980 e legalmente riconosciuta.
Riunisce oggi 15 società di revisione italiane di grandi, medie e piccole dimensioni, che rappresentano la quasi totalità delle società che svolgono la revisione sugli Enti di Interesse Pubblico in Italia (vale a dire società quotate, banche e assicurazioni) e che sono quindi soggette alla vigilanza di Consob. Al momento, i professionisti che operano nell’ambito delle Associate di Assirevi sono circa 7.000 (che salgono a oltre 25.000 ove si considerino i network cui le Associate aderiscono), con una presenza distribuita su tutto il territorio nazionale.
Le Associate di Assirevi si caratterizzano per una vocazione professionale europea e internazionale, nonché per una visione spiccatamente multidisciplinare della loro attività.
Tra gli scopi principali di Assirevi vi è quello di promuovere, sostenere e fornire contributi alla valorizzazione dell’attività di revisione legale e delle altre attività di assurance (al cui genere appartiene anche la revisione legale dei conti), alla loro evoluzione, nonché alla cultura ad esse relativa.
Inoltre, Assirevi promuove e realizza l’analisi scientifica di supporto all’adozione o modifica dei principi e delle norme tecniche e operative per lo svolgimento della revisione legale e delle altre attività di assurance.
Infine, Assirevi si occupa di promuovere nei confronti delle Associate e del mercato la diffusione della conoscenza tecnico-scientifica in materia di audit e assurance, nonché delle altre tematiche a queste strettamente connesse, anche attraverso la predisposizione di Quaderni, Monografie, Documenti di Ricerca e Position Paper.
Il 2023 di Slow Food: dalla Slow Wine Fair a Cheese, passando per Slow Fish: gli eventi Slow Food all’insegna del cibo (e del vino) buono, pulito e giusto.
In principio sarà il vino. Poi il pesce; infine il formaggio. Detta così pare riduttiva, ma è per dare un’idea immediata del 2023 che attende la rete mondiale di Slow Food. I principali eventi internazionali che si terranno in Italia nei prossimi mesi sono tre, e scandiranno l’agenda di coltivatori, vignaioli, pescatori, pastori, affinatori, produttori e appassionati di tutto il mondo. Saranno la vetrina del lavoro che l’associazione svolge ogni giorno nei 160 Paesi in cui opera in difesa della biodiversità, per la promozione delle tradizioni enogastronomiche e diretto alla tutela di produzioni alimentari buone, pulite e giuste. Ma andiamo con ordine.
Slow Wine Fair
Dove: BolognaFiere, Bologna
Quando: 26-28 febbraio 2023
Si parte tra meno di un mese con la seconda edizione della Slow Wine Fair, la manifestazione dedicata al vino così come piace a Slow Food. Buono da bere, quindi, ma non solo: un vino frutto di processi produttivi rispettosi dell’ambiente, della biodiversità e delle risorse naturali, in grado di esprimere le caratteristiche di un territorio e di promuoverlo grazie al lavoro in vigna e in cantina. Bottiglie rispettose anche di chi in vigna e in cantina ci lavora: un ingrediente da sempre, secondo Slow Food, irrinunciabile. Anche per questo, gli espositori sono passati al vaglio di una commissione di assaggio.
Negli spazi di BolognaFiere – che organizza l’evento insieme a SANA, Salone Internazionale del Biologico e del Naturale, e con la direzione artistica di Slow Food – si alterneranno conferenze, masterclass e ovviamente la degustazione di migliaia di vini dei produttori italiani e stranieri presenti sul banco di assaggio. Tra le novità, l’allargamento della partecipazione ai produttori di spirits e amari, e la presenza, in un settore della fiera, di aziende che producono soluzioni tecnologiche innovative, impianti, attrezzature e servizi connessi alla filiera del vino.
La manifestazione fieristica, dalla forte connotazione B2B, si rivolge principalmente a un pubblico professionale Horeca e della Gdo, ma la domenica pomeriggio è dedicata agli appassionati.
Slow Fish
Dove: Porto Antico – Piazza Caricamento – Piazza De Ferrari, Genova
Quando: 1-4 giugno 2023
L’inizio di giugno ci porterà a Genova per l’undicesima edizione di Slow Fish, la manifestazione organizzata da Slow Food e Regione Liguria, con il patrocinio del Comune di Genova, dedicata a tutti gli ecosistemi legati all’acqua e ai loro abitanti. Il claim scelto per la quattro giorni genovese, quest’anno, è Coast to Coast, un modo per sottolineare che mari, oceani e acque interne non sono ecosistemi a sé stanti rispetto a quelli dove si svolge la vita umana: gli ambienti acquatici e la terraferma sono strettamente correlati e interconnessi, influenzandosi vicendevolmente. Parlare di coast to coast significa quindi ragionare su buone pratiche, diffuse in giro per il mondo, che riguardano la pesca sostenibile ma anche tutta una serie di attività costiere, a partite dal ruolo di primo piano che svolgono le città, in quanto luoghi di scambio per eccellenza fra popolazioni, culture, merci.
Mercato, conferenze, Laboratori del Gusto, Appuntamenti a tavola, attività educative per le famiglie … elencare tutto ciò che ci sarà a Genova è impossibile. Ma quel che è certo è che, per quattro giorni, Genova sarà la casa di Slow Fish, delle sue attività e dei suoi progetti, dai Presìdi all’Arca del Gusto, dall’Alleanza dei cuochi a Slow Food Travel.
Ci sarà tanto spazio per divertirsi, mangiare e bere bene: l’area show cooking, l’enoteca, i food truck e i birrifici artigianali accoglieranno i visitatori per una pausa ristoratrice.
Cheese
Dove: Bra (Cuneo)
Quando: 15-18 settembre 2023
È il più grande evento mondiale dedicato ai formaggi a latte crudo, da sempre organizzato da Slow Food e dalla Città di Bra, ed è arrivato all’edizione numero quattordici. Quattro giorni con protagonisti caci, tome e tutte le altre forme del latte possibili, con una sola regola… che siano naturali, ottenuti con latte che non ha subito trattamenti termici come la pastorizzazione, che li priva dei fermenti naturali! Nella cittadina piemontese, che da sempre è la casa di Slow Food, si riunisce un popolo di pastori, casari, affinatori e appassionati che vedono nei latti e nei formaggi molto più di un alimento: un modo di intendere la natura, i prati e i pascoli, l’allevamento, la vita stessa.
Protagonista assoluto di Cheese è il mercato: centinaia di espositori provenienti da ogni angolo d’Italia e da decine di paesi propongono al pubblico delizie straordinarie che evidenziano come da tre ingredienti – latte, caglio e sale – si possono ottenere migliaia di prodotti unici. Per uno spuntino veloce tra una conferenza e l’altra, oppure per la sera, ci sono food truck che propongono le specialità italiane del cibo da strada e i birrifici artigianali. E poi i Laboratori del Gusto, per avventurarsi tra sapori e abbinamenti più o meno noti, e gli Appuntamenti a tavola: ogni momento è buono per conoscere qualcosa di nuovo sul mondo dei formaggi!
Stay tuned per saperne di più sui grandi eventi di Slow Food e per seguire tutti gli altri progetti, campagne, iniziative e appuntamenti dell’associazione in Italia e nel mondo!
Clima Loss and Damage. Greenpeace accoglie con favore l’accordo della COP27 per l’istituzione di un Fondo per il finanziamento delle perdite e dei danni (Loss and Damage), una base importante verso la giustizia climatica. Ma resta da capire se i governi riusciranno a svincolarsi dalla morsa dell’industria dei combustibili fossili, la cui presenza si è fatta sentire anche al vertice di Sharm el-Sheik.
Yeb Saño, direttore esecutivo di Greenpeace Sud-Est asiatico e capo della delegazione di Greenpeace presente alla COP27 dichiara: “L’accordo per un Fondo di finanziamento delle perdite e dei danni segna una svolta per la giustizia climatica. I governi hanno posto la prima pietra di un nuovo fondo, atteso da tempo, per fornire un sostegno vitale ai Paesi e alle comunità vulnerabili, già devastati dall’accelerazione della crisi climatica. I negoziati sono stati inficiati dai tentativi di scambiare l’adattamento e la mitigazione con le perdite e i danni. Alla fine si è evitato il fallimento grazie allo sforzo concertato dei Paesi in via di sviluppo e alle richieste degli attivisti per il clima, che hanno chiesto agli oppositori di desistere”.
“Per quanto riguarda la discussione sui dettagli del Fondo, dobbiamo fare in modo che i Paesi e le imprese maggiormente responsabili della crisi climatica diano il massimo contributo. Ciò significa finanziamenti nuovi e aggiuntivi per i Paesi in via di sviluppo e le comunità vulnerabili al clima, non solo per le perdite e i danni, ma anche per l’adattamento e la mitigazione. I Paesi sviluppati devono mantenere l’attuale impegno di 100 miliardi di dollari all’anno per sostenere i Paesi a basso reddito nell’attuazione di politiche di riduzione delle emissioni di carbonio e nell’aumento della resilienza agli impatti climatici. Devono inoltre rispettare l’impegno di raddoppiare almeno i finanziamenti per l’adattamento”.
È incoraggiante che un gran numero di Paesi del nord e del sud abbia espresso alla COP27 il proprio forte sostegno all’eliminazione graduale di tutti i combustibili fossili – carbone, petrolio e gas – che è ciò che richiede l’attuazione dell’Accordo di Parigi. Ma sono stati ignorati dalla presidenza egiziana della COP27.
Gli Stati petroliferi e un piccolo esercito di lobbisti dei combustibili fossili erano presenti in forze a Sharm el-Sheikh per assicurarsi che ciò non avvenisse. Alla fine, se non si eliminano rapidamente tutti i combustibili fossili, nessuna somma di denaro sarà in grado di coprire il costo delle perdite e dei danni che ne deriveranno.
“La decarbonizzazione rimane l’azione principale per poter rispettare l’accordo di Parigi ed evitare, come ci ha più volte ricordato la comunità scientifica, un inferno climatico. Questo in Italia non sta accadendo, nonostante le “belle parole” della premier Italiana all’apertura della conferenza: le scelte politiche del nostro governo vanno nella direzione opposta a quelle della decarbonizzazione”, dichiara Simona Abbate, campagna Clima di Greenpeace Italia.
“Affrontare il cambiamento climatico e promuovere la giustizia climatica non è un gioco a somma zero. Non si tratta di vincitori e vinti. O facciamo progressi su tutti i fronti o perdiamo tutti. Bisogna ricordare che la natura non negozia, la natura non scende a compromessi. La vittoria odierna del potere popolare sulle perdite e i danni deve tradursi in una rinnovata azione per smascherare chi blocca l’azione per il clima, spingere per politiche più coraggiose per porre fine alla nostra dipendenza dai combustibili fossili, incrementare le energie rinnovabili e sostenere una giusta transizione. Solo così si potranno fare maggiori passi avanti verso la giustizia climatica, grazie alla solidarietà tra la società civile, le comunità più esposte agli impatti e i Paesi in via di sviluppo più colpiti dalla crisi climatica”, conclude Yeb Saño.
EY Macroeconomia Italia. Quello che sta per concludersi è stato un anno a dir poco complesso. Dopo la crisi pandemica eravamo convinti di essere sulla via della ripresa, ma la crisi geopolitica e le conseguenze economiche hanno ulteriormente complicato la situazione internazionale e del nostro Paese.
Partendo da questo scenario, EY ha deciso di creare una nuova analisi proprietaria, l’EY Italian Macroeconomic Bulletin, che avrà cadenza trimestrale, e approfondirà lo scenario macroeconomico globale, europeo e italiano, tenendo conto delle numerose variabili del contesto attuale (l’evoluzione della guerra in Ucraina, l’andamento dei prezzi dell’energia, l’efficacia della politica monetaria, l’andamento dell’economia cinese e di quella statunitense).
L’analisi includerà anche le previsioni sull’economia italiana per i trimestri successivi in relazione a PIL, inflazione, consumi e alle più importanti variabili macroeconomiche, realizzate per mezzo di un modello macroeconometrico proprietario costruito in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Economiche (DSE) dell’Università di Bologna.
Lo scenario globale
L’economia globale sta affrontando nuove sfide sul fronte geopolitico: in un mondo in cui la crisi economica legata alla pandemia di COVID-19 lascia ancora le sue tracce, le conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina e la relativa incertezza impattano ulteriormente sull’attività economica. Questo contribuirà ad un rallentamento della crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) reale mondiale nel 2023, attesa dell’1,3% nel 2023 , a fronte di una crescita media del 2,7% negli ultimi 10 anni e del 3,1% nel 2022. In particolare, uno dei fattori principali di attenzione nello scenario macroeconomico mondiale è il tasso di crescita dei prezzi, mai così alto nei paesi avanzati da decenni a questa parte. Si pensi che la media dell’inflazione nei paesi OCSE attesa per il 2022 è del 9,4%, quasi sei volte la media dell’1,6% del periodo 2013-2019. L’inflazione pesa sulle prospettive economiche perché corrisponde a costi di produzione più elevati per le imprese, ad una riduzione del reddito reale per le famiglie, e perché costringe le banche centrali a politiche monetarie restrittive, con conseguente rallentamento dell’attività economica, al fine di perseguire i loro obiettivi statutari (generalmente identificato in un tasso di inflazione al 2% nel medio periodo).
La sfida principale per l’economia europea e globale negli ultimi mesi è rappresentata dalle tensioni sul mercato energetico. Abbiamo infatti assistito ad un forte aumento dei prezzi dell’energia, principalmente legato alle contromisure portate avanti dalla Federazione Russa come risposta alle sanzioni economiche dei Paesi occidentali in seguito all’invasione dell’Ucraina, e legato al cambiamento delle politiche di approvvigionamento di materie prime energetiche da parte dei paesi europei. I prezzi del petrolio e del gas naturale possono essere presi come riferimento per osservare le variazioni dei prezzi dell’energia: dall’inizio del 2019 a fine novembre 2022 si è registrato un aumento dei prezzi rispettivamente del 54% e del 392%, nonostante i recenti ribassi. La flessione registrata negli ultimi mesi è legata principalmente alla diminuzione della domanda e al clima mite di questo autunno, che hanno permesso di riempire gli stoccaggi in numerosi paesi europei e di calmierare le aspettative di possibili squilibri tra domanda e offerta.
Il ruolo della politica monetaria e le problematiche lungo le catene di fornitura
L’aumento dei tassi di interesse di riferimento, l’incertezza economica ed il termine di alcuni programmi di acquisto di titoli da parte della Banca Centrale Europea (quali il PEPP ), hanno comportato un aumento dei tassi di interesse pagati sul debito pubblico, evidenziato dall’analisi dei rendimenti dei titoli di stato italiani a 10 anni. L’aumento registrato avrà un impatto sulle future emissioni di debito pubblico, con un conseguente aumento di pressione sulle finanze dello stato e sulla sostenibilità del debito stesso, che si attesta a valori intorno al 150% del PIL. Nello specifico, si stima che per ogni aumento di un punto percentuale dei tassi di interesse sui titoli di Stato, persistente e uniforme lungo la curva per scadenze, la spesa per interessi crescerebbe di 3 miliardi nei successivi 12 mesi (e di 39,4 miliardi nei successivi 5 anni) . Oltre ad un rialzo dei prezzi dell’energia, l’aumento del livello generale dei prezzi è anche legato alle problematiche lungo le catene del valore che hanno caratterizzato l’economia mondiale sin dalla fase acuta della pandemia nel 2020.
Lo scenario europeo ed italiano
Passando da una prospettiva globale ad un focus europeo e italiano, è interessante analizzare i contributi delle singole componenti dell’indice dei prezzi al consumo. Scomponendo l’aumento dell’IPC in Italia, si nota come l’aumento del prezzo dell’energia contribuisca a circa la metà dell’inflazione totale (pari al 11,8% a novembre 2022 rispetto a novembre 2021).
Tassi di inflazione così alti si riscontrano anche nel resto delle economie europee, con Francia, Germania e Spagna che registrano aumenti rispettivamente del 6,2%, 10,0%, e del 6,8% confrontando novembre 2022 con lo stesso mese dell’anno precedente. In riferimento all’indice dei prezzi alla produzione (IPP), negli ultimi mesi si è registrata una significativa inversione di tendenza, che è attesa riflettersi in un calo nei prossimi mesi dell’inflazione al consumo. Guardando al contributo delle singole componenti all’andamento dell’IPC, occorre considerare le caratteristiche di tali componenti in riferimento al peso relativo e alla loro persistenza. Se da un lato la componente che ha subito la maggiore variazione è la componente energetica, si nota come questa abbia un peso complessivo sul totale dell’IPC in Italia pari a circa il 10%, motivo per cui le dinamiche registrate nella componente energetica si riflettono solo in parte nell’IPC.
Commenta Mario Rocco, Partner EY, Valuation, Modelling and Economics Leader: “L’economia italiana ha mostrato una forte dinamicità nei primi tre trimestri del 2022, trainata soprattutto dalla domanda interna dei consumi delle famiglie e degli investimenti, proseguendo lungo il sentiero della ripresa dalla crisi pandemica già iniziato nel 2021. Gli indicatori delineano però una prospettiva incerta per il trimestre in corso e per quelli successivi, come conseguenza dell’elevata inflazione e del suo effetto sul reddito disponibile reale delle famiglie e sui costi delle imprese. In questo contesto, le previsioni di EY indicano per l’Italia una crescita del PIL reale del 3,8% nel 2022 e dello 0,6% nel 2023, mentre si stima che l’inflazione passerà dall’8,2% del 2022 al 7,1% del 2023. I consumi sono attesi rimanere stabili nel corso del 2023 e le esportazioni, anche se in rallentamento, torneranno ad apportare un contributo netto positivo alla crescita. Per quanto riguarda gli investimenti, saranno in crescita ma stimiamo un rallentamento a causa di un quadro economico più debole e incerto e a tassi d’interesse più elevati; il PNRR giocherà un ruolo fondamentale perché il PIL si mantenga su un sentiero di crescita”.
Le previsioni EY sull’economia italiana
Nel terzo trimestre del 2022 si è registrata una crescita del PIL dello 0,5% rispetto al trimestre precedente, e del 2,6% in termini tendenziali (cioè rispetto allo stesso trimestre del 2021). Questo segna il settimo trimestre consecutivo di crescita per l’economia italiana, ma in rallentamento rispetto al secondo trimestre dell’anno. È da notarsi come la forte crescita sperimentata nel 2021 e nei primi tre trimestri del 2022 sia attribuibile a un forte contributo della domanda interna, cioè dei consumi delle famiglie e degli investimenti. La crescita delle esportazioni è stata infatti spesso più che compensata da quella delle importazioni, che ne ha spesso vanificato il contributo netto. Gli investimenti sono stati la componente del PIL più dinamica dall’inizio della ripresa, portandosi ad un livello del 20% superiore rispetto al terzo trimestre del 2019. I consumi delle famiglie hanno mostrato una ripresa vigorosa nonostante viaggino ancora intorno ai livelli pre-pandemia.
Anche sulla base delle informazioni riportate nelle sezioni precedenti e sugli ultimi dati disponibili, è possibile delineare le prospettive per l’economia italiana per i prossimi trimestri.
Il modello econometrico di EY stima che il rallentamento della crescita economica sperimentato nel terzo trimestre 2022 sarà seguito da una leggera contrazione nel quarto trimestre, principalmente a causa della significativa riduzione dei consumi delle famiglie, su cui pesa la riduzione del reddito disponibile in termini reali.
I consumi sono attesi contrarsi anche nel primo trimestre del 2023, per poi rimanere stabili nel corso del 2023. Queste dinamiche si riflettono inoltre nell’andamento della domanda di beni esteri (importazioni), attesa anch’essa rallentare nel 2023.
La crescita delle esportazioni italiane sarà attutita a causa del rallentamento dell’economia globale, ma tornerà ad apportare un contributo netto positivo alla crescita.
In riferimento all’indice dei prezzi al consumo, un alleggerimento delle pressioni lungo le catene di fornitura e la riduzione delle pressioni sui prezzi dell’energia porterà ad una riduzione del tasso di inflazione, che rimarrà tuttavia significativamente maggiore rispetto all’obiettivo di stabilità dei prezzi della BCE (2%) e lontano dai livelli pre-pandemia.
Tenendo quindi conto delle precedenti considerazioni, le previsioni di EY indicano per l’Italia una crescita del PIL reale del 3,8% nel 2022 e dello 0,6% nel 2023, mentre si stima che il tasso di inflazione passerà dall’ 8,2% del 2022 al 7,1% del 2023.
La crescita economica sarà accompagnata da un mercato del lavoro in leggera espansione, con una riduzione del tasso di disoccupazione nel prossimo anno appena sotto la soglia dell’8%. Il deficit pubblico è atteso attestarsi al 5% nel 2022 e 4,1% nel 2023, e il debito pubblico proseguire la sua discesa dai picchi della crisi legata alla pandemia, scendendo verso il 145% del PIL, valori comunque ancora molto alti.
La crescita economica e quella dei prezzi giocheranno un ruolo fondamentale nella riduzione del rapporto debito pubblico/PIL, anche per l’attivarsi di fattori “nominali” (per esempio, un aumento del valore delle entrate tributarie).
Le previsioni rimangono soggette ad uno scenario di forte incertezza e presentano quindi importanti rischi, principalmente legati al contesto macroeconomico globale di riferimento, sia al ribasso sia al rialzo.
Metodologia
Le stime presentate si basano sul modello macroeconometrico proprietario di EY in Italia, fondato su relazioni economiche che trovano ampio riscontro nella letteratura. Partendo da un’analisi delle principali variabili macroeconomiche, delle dinamiche internazionali e degli indicatori congiunturali, e sulla base di assunzioni su variabili relative a strumenti di politica fiscale e monetaria, l’analisi fornisce delle previsioni a medio termine per l’economia italiana. Il modello, sviluppato in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Economiche (DSE) dell’Università di Bologna, si basa sulle relazioni fondamentali macroeconomiche stimate su dati italiani dal 1960 sia dal lato della domanda sia dell’offerta aggregata. Modelli della stessa tipologia sono utilizzati da importanti istituzioni economiche quali la FED (si veda il modello FRB US), l’ISTAT e l’Ufficio Parlamentare di Bilancio (MeMo-It), il MEF (ITEM, Italian Treasury Econometric Model), la Banca d’Italia. Il modello proprietario di EY Italia è denominato HEY-MOM (Hybrid EY MOdel for the Macroeconomy) ed è composto da 74 equazioni, delle quali 29 stocastiche e 45 identità contabili. Le previsioni sono condizionali alla delineazione di scenari per 65 variabili esogene. I dati dell’analisi sono aggiornati al 16 dicembre 2022.
EY è leader mondiale nei servizi professionali di revisione e organizzazione contabile, assistenza fiscale e legale, transaction e consulenza. La nostra conoscenza e la qualità dei nostri servizi contribuiscono a costruire la fiducia nei mercati finanziari e nelle economie di tutto il mondo. I nostri professionisti si distinguono per la loro capacità di lavorare insieme per assistere i nostri stakeholder al raggiungimento dei loro obiettivi. Così facendo, svolgiamo un ruolo fondamentale nel costruire un mondo professionale migliore per le nostre persone, i nostri clienti e la comunità in cui operiamo.
“EY” indica l’organizzazione globale di cui fanno parte le Member Firm di Ernst & Young Global Limited, ciascuna delle quali è un’entità legale autonoma. Ernst & Young Global Limited, una “Private Company Limited by Guarantee” di diritto inglese, non presta servizi ai clienti.
Comuni Sostenibili On The Road. Parte la prima edizione del viaggio nei Comuni e nelle Città d’Italia per raccontare le buone pratiche di sostenibilità locali promossa dalla Rete dei Comuni Sostenibili e ALI Autonomie Locali Italiane.
La puntata su Rovigo è stata presentata in anteprima nel corso di un incontro dedicato al primo Rapporto di Sostenibilità del Comune.
Un viaggio nei Comuni italiani che hanno avviato la transizione ecologica. Undici tappe in undici Comuni per raccontare le esperienze e le buone pratiche realizzate dalle amministrazioni sui temi della sostenibilità ambientale, economica, sociale e istituzionale, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. È la prima edizione di Comuni Sostenibili On The Road, l’iniziativa promossa dalla Rete dei Comuni Sostenibili, ALI Autonomie Locali Italiane e Leganet srl, realizzata con il sostegno di Enel, il patrocinio di ASviS l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile e le media partnership di Rai Radio 2, Caterpillar M’illumino di Meno e The Post Internazionale (TPI).
La puntata su Rovigo è stata presentata in anteprima in occasione di un incontro della Rete con l’amministrazione, in cui si sono approfonditi i contenuti del primo Rapporto di Sostenibilità del Comune. Aumentano il verde urbano dedicato ai bambini e alle bambine, l’estensione dei parchi attrezzati e le colonnine di ricarica per auto elettriche, crescono le piste ciclabili e l’illuminazione pubblica convertita a LED, migliorano i tempi di pagamento delle fatture da parte del Comune, che adesso vengono pagate con oltre 5 giorni di anticipo rispetto alla scadenza, cresce le raccolta differenziata e diminuisce il consumo di nuovo suolo.
Cresce anche l’utilizzo dei Criteri Ambientali Minimi negli acquisti di beni e servizi e prosegue la conversione del parco mezzo comunali con auto a basso impatto o a impatto zero. Sul versante della sicurezza, aumentano le telecamere di videosorveglianza e l’organico della polizia municipale.
“Sono questi alcuni dei dati più significativi che emergono dal primo Rapporto annuale sulla sostenibilità del Comune di Rovigo – spiega Maurizio Gazzarri, responsabile sviluppo e analisi del monitoraggio della Rete dei Comuni Sostenibili. “Da questo primo monitoraggio ne emerge una realtà dinamica e di eccellenza, considerato che ben l’82% degli indicatori relativi a materie di competenza comunale ha avuto una tendenza positiva negli ultimi 5 anni. Non solo, limitando all’ultimo biennio, la percentuale di indicatori con tendenza positiva sale all’88%: malgrado la situazione complessa e difficile, il Comune di Rovigo ha ottenuto risultati in controtendenza. Un dato che lo pone tra i Comuni italiani maggiormente sensibili e attenti ai temi della sostenibilità ambientale, economica e sociale. Il monitoraggio della Rete dei Comuni Sostenibili include anche una valutazione di tipo qualitativo su alcuni aspetti della vita amministrativa. Da sottolineare il fatto che Rovigo si sia dotato da molti anni del Piano di Azioni per l’Energia Sostenibile, attualmente in fase di aggiornamento e che sia in corso la redazione del Master Plan del Verde Urbano: due tra gli strumenti di pianificazione di livello locale più importanti.”
La puntata della tappa di Rovigo, sarà online da venerdì 9 dicembre e disponibile sui siti internet, social network e Canali YouTube dei promotori dell’iniziativa, Rete dei Comuni Sostenibili e ALI Autonomie Locali Italiane, ma anche sui canali di comunicazione del Comune.
“La Rete dei Comuni Sostenibili è un’associazione d’avanguardia sui temi della sostenibilità con un progetto innovativo unico in Italia e tra le esperienze più avanzate in Europa. L’iniziativa di Comuni Sostenibili On The Road – dichiara il direttore della Rete Giovanni Gostoli – si colloca all’interno di un’intensa attività progettuale con l’obiettivo, da un lato, di far crescere la consapevolezza dell’importanza dei Comuni nel raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 e, dall’altro, dalla volontà di dare protagonismo a chi è impegnato nelle comunità locali, a partire dai sindaci e degli amministratori locali, per realizzare la transizione ecologica raccontando esperienze concrete e progetti realizzati”.
L’assessore Dina Merlo ricorda che l’amministrazione comunale di Rovigo ha deciso di aderire alla Rete dei Comuni Sostenibili, con l’intenzione di partecipare attivamente alla sua costituzione, condividendone in pieno gli obiettivi e le modalità organizzative a supporto delle politiche di sostenibilità dei comuni.
Il Comune di Rovigo ha formalizzato la sua adesione alla Rete dei Comuni Sostenibili nell’intento di coordinare le iniziative e le progettazioni di sostenibilità che intende attuare in una visione economica sociale e ambientale, integrandole nella programmazione comunale in un percorso virtuoso di prospettiva nel breve, medio e lungo periodo.
Insieme al sindaco di Rovigo, Edoardo Gaffeo, i protagonisti della puntata sono: Eddi Boschetti, Presidente WWF provinciale di Rovigo; Dina Merlo, assessore allo sviluppo sostenibile; Alessandro Gasparetto, presidente IQT Consulting spa; Elena Trivari, specialista sostenibilità Gruppo IRSAP; Erika Alberghini, assessore alle politiche giovanili e sport; Elisa Tosoni, responsabile e-mobility Triveneto per Enel X Way; Giuseppe Favaretto, assessore alle opere pubbliche e cura del territorio; Denis Maragno, presidente FIAB Rovigo; Luisa Cattozzo, assessore all’innovazione e transizione digitale.
L’iniziativa rientra all’interno di un progetto innovativo già avviato dall’associazione Rete dei Comuni Sostenibili che ha l’ambizione di accompagnare i Comuni nella “messa a terra” e nel raggiungimento dei 17 Goal dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Ciò attraverso azioni concrete dei governi locali e un monitoraggio unico in Italia con un “set” di 101 indicatori per misurare l’efficacia delle politiche locali di sostenibilità, realizzato in collaborazione con l’ASviS Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile. Strumenti e servizi utili alla pianificazione strategica. Le città e i comuni, infatti, sono fondamentali per raggiungere più di 100 dei 169 target dell’Agenda 2030. Comuni e Città, oltre ad essere l’architrave istituzionale dell’Italia, sono da sempre protagonisti dei grandi cambiamenti del Paese.
La Rete dei Comuni Sostenibili è un’associazione nazionale senza scopo di lucro aperta all’adesione di tutti i Comuni italiani e Unioni di Comuni, a prescindere dalla dimensione, collocazione geografica e colore politico dell’amministrazione comunale. È possibile seguire la sua attività tramite il sito web e i canali social, incluso Telegram.
Greenwashing e finanza sostenibile: impegno per contrastarlo. Un nuovo paper del Forum per la Finanza Sostenibile fa luce su un fenomeno insidioso, che rappresenta un ostacolo allo sviluppo sostenibile del mercato. Trasparenza, dialogo, verifica dei dati ESG: sono questi i punti chiave da tenere in considerazione, e tutti gli attori coinvolti (istituzioni, aziende e investitori) devono fare la loro parte
Con la crescita dell’interesse nei confronti della sostenibilità ambientale, sociale e di governance (ESG, dall’inglese Environmental, Social and Governance) è aumentato anche il rischio di greenwashing. Con questo termine si fa riferimento a un particolare comportamento che consiste nel presentare i prodotti, gli obiettivi e/o le politiche di un’azienda come rispettosi dell’ambiente (e, più in generale, dei temi ESG), a fronte di azioni in contraddizione con tale immagine.
Il fenomeno può però essere evitato e prevenuto, attraverso una serie di strumenti e comportamenti improntati alla trasparenza.
Sul greenwashing e sugli strumenti per contrastarlo e prevenirlo si concentra il nuovo paper realizzato dal Forum per la Finanza Sostenibile. Il paper è frutto di un gruppo di lavoro, avviato dall’Associazione all’inizio del 2022 con i propri Soci, che ha approfondito il tema del greenwashing e individuato risorse e strategie comuni per prevenire e contrastare il fenomeno.
“Uno degli elementi sostanziali per dispiegare gli effetti della finanza sostenibile è senza dubbio la trasparenza”, commenta Francesco Bicciato, Direttore Generale del Forum per la Finanza Sostenibile. “Per questo motivo abbiamo coinvolto diversi stakeholder, con l’obiettivo di mettere a disposizione gli strumenti idonei per prevenire e contrastare il greenwashing. Un altro aspetto centrale per il Forum è l’engagement: il dialogo trasparente tra investitori e aziende investite è la precondizione per combattere il greenwashing”.
I danni del greenwashing
Come rileva anche l’ESMA, l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, il greenwashing danneggia gli investitori che vogliono allocare le proprie risorse in attività economiche sostenibili. In più, si configura come una vera e propria pratica di concorrenza sleale, penalizzando le aziende impegnate in un reale percorso di sostenibilità. Più in generale, a rimetterci è la credibilità del mercato. Sia le società che incorrono nel fenomeno di greenwashing sia gli operatori finanziari che le supportano si espongono a tre categorie di rischio: reputazionale, legale e finanziario.
Come combattere il greenwashing
L’Unione Europea è in prima fila nella lotta contro il greenwashing e sono numerosi gli interventi normativi che vanno nella direzione di incrementare il grado di trasparenza delle aziende, dall’introduzione della tassonomia delle attività economiche ecosostenibili, al regolamento relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (SFDR). Un’importante risorsa a disposizione di imprese, investitori e consumatori per prevenire e contrastare il greenwashing è rappresentata poi dalle certificazioni, come EU Ecolabel.
Le linee guida per ridurre il rischio di greenwashing
Il paper individua una serie di linee guida generali a cui attenersi per ridurre il più possibile il rischio di greenwashing. Per sviluppare politiche di sostenibilità efficaci e una comunicazione trasparente, occorre innanzitutto identificare gli obiettivi di sostenibilità e dettagliare il percorso con cui si intende raggiungerli, specificando le metodologie di misurazione dei Key Performance Indicator scelti per monitorarli. Un elemento cruciale è costituito dalla definizione delle modalità di reperimento dei dati ESG e dalla verifica delle informazioni raccolte e dei progressi realizzati. Importante è poi dialogare con gli stakeholder (incluse le aziende investite, tramite l’engagement) e pubblicare rendicontazioni dettagliate sui soggetti coinvolti, sulle modalità di svolgimento del processo di dialogo e sui risultati raggiunti.
Il ruolo degli investitori
Nell’azione di contrasto al greenwashing è essenziale l’impegno sia degli asset owner sia degli asset manager. I primi definiscono le politiche di investimento sostenibile e hanno il compito di guidare e monitorare l’operato dei gestori, che devono garantire la presenza di procedure e controlli sugli aspetti ESG. Gli asset manager sono anche tenuti a progettare, classificare e commercializzare i prodotti finanziari in modo da riflettere fedelmente gli investimenti sottostanti.
Il Forum per la Finanza Sostenibile
Il Forum per la Finanza Sostenibile è un’associazione non profit nata nel 2001. La base associativa è multi-stakeholder: ne fanno parte operatori finanziari e altre organizzazioni interessate all’impatto ambientale e sociale degli investimenti. La missione del Forum è promuovere la conoscenza e la pratica dell’investimento sostenibile, con l’obiettivo di diffondere l’integrazione dei criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) nei prodotti e nei processi finanziari. Il Forum per la Finanza Sostenibile è membro di Eurosif, lo European Sustainable Investment Forum.
Consumatore sostenibile, un aiuto al pianeta con un occhio al portafoglio: l’inchiesta di Altroconsumo sulle abitudini sostenibili dei cittadini. L’indagine rientra tra le iniziative del progetto RESSS, finanziato dal MiSE, con l’obiettivo di guidare i consumatori nella transizione verso un’economia circolare.
Il 51% del campione crede che il prezzo dei prodotti più sostenibili sia troppo alto. Il 42% reputa l’offerta di prodotti green limitata o inadeguata
Quante volte ci siamo chiesti come poter aiutare il nostro pianeta, soprattutto in questo delicato momento storico di crisi degli approvvigionamenti, in cui si sente il bisogno di tagliare le spese non necessarie e ridurre gli sprechi. Sono molti i comportamenti che possono aiutare a limitare l’impatto ambientale e il consumo energetico: dal dare una seconda vita agli indumenti, al preferire la riparazione e il ricorso al mercato di seconda mano rispetto all’acquisto di nuovi beni, fino alla condivisione di prodotti e servizi che non servono quotidianamente.
A tal proposito, Altroconsumo ha condotto un’inchiesta sul grado di sostenibilità nella quotidianità degli italiani, misurando i dati che riguardano dagli acquisti ai comportamenti domestici su un campione di oltre 1.200 cittadini durante il mese di giugno 2022.
L’indagine fa parte delle iniziative legate al progetto RESSS (Rendiamo semplici le scelte più sostenibili), finanziato dal MiSE, Legge 388/2000 – ANNO 2021, finalizzato ad accompagnare i consumatori nella transizione verso un’economia circolare. L’obiettivo è rendere sempre più facile compiere azioni ecologiche e rispettose dell’ambiente, informando anche sulle possibilità offerte da bonus e incentivi messi a disposizione dal Governo. Da maggio sono state ricevute oltre 5814 richieste di contatto da parte di consumatori interessati ad avere informazioni su bonus, ecobonus e incentivi.
I risultati dell’inchiesta saranno presentati durante il webinar online “Rendere semplici le scelte sostenibili: mettiamoci in gioco”, in programma il 24 novembre alle ore 15. L’incontro, indirizzato a divulgatori scientifici e giornalisti, sarà moderato da Mercato Circolare e si terrà in modalità interattiva a distanza, grazie a strumenti che renderanno i contenuti più fruibili, accattivanti e facilmente ricordabili.
UNA PERSONA SU 2 È CONVINTA CHE FARE SCELTE SOSTENIBILI SIA PIÚ COSTOSO
Molte persone credono che fare scelte green sia un lusso per pochi, ma in realtà così non è: ciascuno può adottare un’ottica sostenibile e di risparmio nel proprio piccolo. Dai risultati emerge che le donne hanno maggior sensibilità ambientale, ma i fattori che influenzano le abitudini green si differenziano in base alla categoria di prodotto. Ad esempio, l’82% degli intervistati valuta il consumo di energia come criterio sostenibile prima di acquistare un importante elettrodomestico. Al contrario, quando si tratta di scegliere un prodotto hi-tech o un capo d’abbigliamento, rispettivamente il 53% e il 64% dei rispondenti è condizionato dalle promozioni del momento, mentre i mobili sono scelti soprattutto per il loro design (63%).
Dall’inchiesta emerge che una persona su due considera il prezzo degli articoli più sostenibili troppo elevato. Il denaro rappresenta certamente una possibile barriera al vivere sostenibile, ma non è detto che debba essere necessariamente così vincolante. Per molti cittadini c’è ancora una barriera culturale da superare, per cui parole come condivisione, riparato o ricondizionato suonano stonate, e questo pregiudizio porta a stare alla larga da un’ampia offerta di servizi consolidati che il mercato offre da tempo.
IL 70% DEGLI INTERVISTATI DICHIARA DI AVER ACQUISTATO O VENDUTO ARTICOLI DI SECONDA MANO
In questo contesto, la modalità alternativa all’acquisto più diffusa risulta il prestito, al contrario del noleggio, ancora poco diffuso: solo il 24% degli intervistati afferma di aver noleggiato un articolo almeno una volta al posto di comprarlo. Il 16% ha fatto ricorso, almeno una volta, al noleggio di un veicolo per trasportare un mobile o un grande elettrodomestico. Una percentuale minore (3%), dichiara di aver noleggiato altre categorie di prodotti, quali abiti, accessori, attrezzi e utensili.
Più diffuso, invece, l’utilizzo dell’usato: il 70% dei rispondenti afferma di aver venduto o acquistato almeno un prodotto di seconda mano tra quelli delle categorie considerate dall’indagine (grandi elettrodomestici, prodotti hi-tech, abbigliamento, mobili). Più nel dettaglio, la percentuale di coloro che hanno acquistato (tralasciando chi ha venduto) si aggira attorno al 56%. Sono soprattutto l’abbigliamento e il mobilio, a registrare le percentuali più elevate, rispettivamente il 38% e il 31%, acquisti fatti perlopiù nei mercatini dell’usato. I canali di acquisto dell’usato dipendono in parte dalla categoria di prodotto, ad esempio, oltre un terzo di coloro con esperienza di acquisti di seconda mano compra articoli hi-tech su siti e app specializzati in vendite di seconda mano, mentre il 30% si serve di distributori di prodotti ricondizionati, ma in tanti si rivolgono anche ad amici e parenti.
RIPARARE E NON ACQUISTARE: COME ALLUNGARE IL CICLO DI VITA DEL PRODOTTO
Un’altra strategia per risparmiare e allungare la vita di un bene è la riparazione. La maggior parte dei rispondenti risulta informato su questo: il 70% sa che le istruzioni per manutenzione e riparazione devono essere messe a disposizione, il 60% sa di avere diritto di poter acquistare eventuali pezzi di ricambio. Nonostante ciò, quasi la metà del campione dichiara di non essere al corrente dei propri diritti a riguardo. Sulla garanzia di conformità pare esserci ancora confusione, infatti il 46% pensa che garantisca la durata minima di vita dei prodotti oltre a tutelare il consumatore in caso di acquisto di prodotti difettosi o che non rispondono all’uso dichiarato.
È necessario quindi un cambio delle abitudini nel quotidiano, anche solo agendo su piccole cose come: smettere di bere l’acqua minerale in bottiglia che, oltre ad offrire un risparmio economico di almeno 150 euro/anno, riduce l’impatto ambientale. Inoltre, possedere un’automobile tutto l’anno conviene solo se davvero la si utilizza spesso. Con azioni e iniziative pro-ambiente, quindi, è possibile costruire un futuro più sostenibile per tutti, evitando parallelamente inutili voci di spesa.
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