Partner 2021 It’s All Energy Efficiency rappresenta un’esclusiva opportunità di incontro e confronto per gli Energy Manager che puntano alla sostenibilità, al contenimento dei costi energetici e alla propria crescita personale e professionale.
BYinnovation, Media Partner dell’evento, parteciperà con Enrico Rainero in veste di chairman nelle tavole della mattinata.
Bioedilizia accessibile e familiare. Nella piccola cittadina di Noventa, ultimo paese della Riviera del Brenta, sorge un piccolo gioiello di bioedilizia, una casa dalla personalità complessa che coniuga modernità della visione architettonica con la bellezza e la storia del luogo adorno di meravigliose ville cinque, sei e settecentesche e percorso dell’antico alveo naturale dell’omonimo fiume dove i nobili del posto, nel ‘700, per raggiungere le loro dimore sulla terraferma, utilizzavano i cd. burchielli, eleganti imbarcazioni veneziane in legno.
I diversi volumi dell’edificio richiamano gli antichi cascinali veneti, nell’alto arco sopra l’ingresso per esempio, che serviva a favorire l’ingresso del carro per scaricare il fieno nella parte della struttura destinata a contenere gli ambienti di lavoro, o nella barchessa, deposito di grano e fieno, che divideva il corpo centrale dell’abitazione occupata dai proprietari, da quello riservato ai contadini e che qui invece è collocata all’estremità opposta, rivisitata ribassandone la forma rispetto alla struttura principale con una modanatura di sottogronda più importante e preservando i tradizionali mattoni a vista.
Anche nell’organizzazione degli spazi interni è stata conservata la logica delle case rurali tradizionali, con gli ambienti più vissuti della casa che si affacciano a sud e sull’ampio giardino e, alle loro spalle, i locali destinati ai servizi, con aperture più piccole per non fare entrare il freddo. Tutti gli ambienti abitabili sono stati pensati perché si affacciassero sul verde, qui rigoglioso e fertile.
Il piano superiore della casa raccoglie gli spazi personali dei singoli componenti della famiglia – Elisa e Stefano con le loro due bambine e una ragazza au pair – in ambienti dove il legno fa da padrone con tonalità più calde e morbide e nodosità che tessono disegni imprevedibili rispetto allo sbiancato del piano terra.
La combinazione tra contemporaneità e tradizione è evidente anche nell’utilizzo da parte di Rubner Haus di un antico metodo di costruzione in legno stratificato che prevede l’utilizzo di legno massiccio senza colle né parti metalliche e che già nel XII secolo veniva impiegato nell’architettura di certe chiese nei paesi scandinavi. Ne deriva un capolavoro di bioedilizia, in grado di garantire uno straordinario livello di salubrità e un’elevatissima qualità abitativa.
Le strutture in legno Rubner Haus infatti sono indeformabili, in caso di sollecitazioni sismiche, sono caratterizzate da resistenza meccanica, stabilità, ritenzione del calore, e per le loro proprietà termo-equilibranti sono particolarmente indicate in zone umide come questa.
Rubner Haus è la società del Gruppo Rubner specializzata in case mono e bifamiliari. La sostenibilità e la responsabilità ambientale sono una caratteristica del brand, intimamente connessa alla sua materia prima: il legno, materiale naturale ed ecosostenibile al 100%. Il legno è un incredibile immagazzinatore di carbonio e consente un’economia circolare che non produce rifiuti. Inoltre, è un materiale organico che non rilascia sostanze dannose alla salute umana nell’ambiente indoor. Ogni metro cubo di legno impiegato in edilizia, corrisponde a quasi una tonnellata di CO2 stoccata per tutto il ciclo di vita del manufatto. Questo dato è di fondamentale importanza se si pensa che un’auto di medie dimensioni rilascia circa 3,2 tonnellate di CO2 in un anno; 2.000 litri di olio combustibile, bruciando, ne emettono circa 5,2 tonnellate mentre il riscaldamento a metano di un appartamento medio emette ben 2 tonnellate di CO2 in un anno. Il legno Rubner, in particolare, proviene da zone alpine a deforestazione controllata che si estendono per 150km nei dintorni della segheria del gruppo in Austria. A ora, Rubner Haus ha realizzato più di 25.000 edifici.
Gruppo Rubner, nato a Chienes, in provincia di Bolzano, da una segheria ad acqua, oggi impiega circa 1300 persone, conta oltre 20 società, ha stabilimenti in Italia, Austria, Germania e Francia e il 55% dei ricavi lo sviluppa oltre i confini nazionali. I prodotti spaziano da case e porte sino alla progettazione e realizzazione di grandi opere strutturali realizzate in legno lamellare come edifici multipiano, scuole, capannoni, stabilimenti industriali e uffici, centri commerciali, centri congressi, palestre, stadi, depositi e magazzini, hotel. Le aziende del Gruppo Rubner coprono tutta la filiera produttiva: dall’industria del legno in cui sono attive RHI (Rubner Holzindustrie RHI), realtà specializzata nella produzione di segati e semilavorati in abete; NORDPAN che produce e commercializza pannelli in legno massiccio di elevata qualità, monostrato e multistrato e nelle più vaste dimensioni e qualità; alle strutture in legno dove RUBNER HOLZBAU rappresenta il settore più dinamico e tecnologicamente avanzato del gruppo dedicato alla realizzazione di grandi costruzioni in legno lamellare dalle caratteristiche innovative o particolarmente sofisticate; dai grandi progetti ‘chiavi in mano’ in cui RUBNER OBJEKTBAU è il General Contractor del Gruppo a cui viene affidata la progettazione e la costruzione di commesse complesse; alle case in legno dove RUBNER HAUS ha realizzato più di 25.000 edifici e oggi è l’unica azienda europea capace di offrire 3 differenti soluzioni costruttive: Blockhaus per case in legno massiccio, Telaio, sistema costruttivo ad intelaiatura di legno, Casablanca per case in legno massiccio intonacato; e alle case in puro legno grazie alla tecnica brevettata da holzius che consente di realizzare pareti e solai in legno senza l’impiego di colla e parti metalliche. Infine, le porte in legno in cui RUBNER PORTE si è guadagnata la fama di specialista nella produzione di porte di grande pregio per interni ed esterni ‘su misura’ e le finestre di RUBNER FENSTER, specializzata nella progettazione e costruzione di serramenti in legno massiccio e legno-alluminio.
WC pulizia a risparmio idrico. Villeroy & Boch presenta il nuovo sistema di scarico effetto vortice TwistFlush, che garantisce massima pulizia e risparmio idrico, ed è disponibile per il wc della nuovissima collezione Subway 3.0. L’efficacia della tecnologia TwistFlush – consiste in un potente vortice d’acqua a flusso controllato in grado di pulire a fondo l’interno del wc, risparmiando acqua preziosa ad ogni azionamento.
Efficace e rispettoso dell’ambiente
Condurre uno stile di vita sostenibile significa anche utilizzare le risorse in modo consapevole. Basta anche solo un piccolo gesto, come risparmiare acqua ogni volta che si utilizza un wc con una tecnologia evoluta come TwistFlush. Grazie al suo scarico di soli 3 / 4.5 lt. e alla potenza dello sciacquo (che nella maggior parte dei casi rende necessario premere lo sciacquone una sola volta), si possono risparmiare fino a 19.700* litri d’acqua all’anno. Inoltre, la tecnologia di Villeroy & Boch supera di gran lunga i requisiti standard previsti dalla norme**: questo perché all’interno del vaso a forma conica si crea un risucchio fortissimo capace di raggiungere qualsiasi punto in modo efficace e portare con sé lo sporco e i residui.
Potente contro sporco e germi e facile da pulire
Sulle pareti estremamente verticali ed extra lisce del wc a forma conica è alquanto difficile che aderisca lo sporco. E al resto ci pensa la potenza dello sciacquo! Senza contare che il design a brida aperta, abbinato alle smaltature optional CeramicPlus e AntiBac, agevola la pulizia e riduce la proliferazione batterica.
Silenzioso e praticamente senza schizzi
Con TwistFlush ogni singola goccia viene utilizzata nello sciacquo, senza schizzare fuori dal WC**. Questo perché grazie al flusso controllato, la potenza dello sciacquo si genera solo dove serve, garantendo tra l’altro uno sciacquo particolarmente silenzioso rispetto ai normali wc.
Dibattito sui veicoli elettrici: 8 falsi miti sfatati da Geotab. Dalla sicurezza all’efficienza della batteria, dalla manutenzione allo stile di guida, tutto quello che c’è da sapere per sfruttare al meglio i veicoli elettrici
Il recente piano “Fit for 55” studiato dalla Commissione Europea in tema di sostenibilità, che prevede lo stop della vendita di auto a benzina e diesel entro il 2035, ha portato nuovamente alla ribalta il tema dell’adozione dei veicoli elettrici. Se l’Italia, come dimostrato dagli ultimi dati Acea, risulta tra i Paesi dove veicoli ibridi ed elettrici si stanno diffondendo più velocemente, talvolta gli utenti nutrono ancora alcune incertezze in merito all’utilizzo dei mezzi green.
“Le opportunità offerte da veicoli elettrici e ibridi sono molteplici, sia per le aziende sia per i singoli consumatori. Per abbracciare questo cambiamento di paradigma, tuttavia, è necessario ripensare il tradizionale approccio alla mobilità e all’infrastruttura, e imparare un modo nuovo di gestire i propri mezzi”, spiega Fabio Saiu, Director Geotab Italia e Leasing and Renting European Director di Geotab. “Per favorire davvero la diffusione di un nuovo modello sostenibile, riteniamo importante supportare organizzazioni e consumatori nella transizione all’elettrico, offrendo loro tutte le informazioni necessarie a prendere decisioni consapevoli dal punto di vista sia ambientale, sia economico”.
Per fugare i dubbi più comuni e aprire la strada all’elettrificazione delle flotte aziendali e privati, Geotab – leader globale in ambito IoT, veicoli connessi ed elettrici, ha quindi stilato una lista degli 8 falsi miti sui veicoli elettrici che possono generare confusione tra gli utenti meno esperti.
1. È difficile prevedere i consumi dei veicoli elettrici e gestire l’ansia da autonomia
Come per ogni altro aspetto, la conoscenza è la migliore soluzione per gestire sprechi e preoccupazioni.
Spesso, infatti, i conducenti di veicoli elettrici tendono a essere eccessivamente cauti nell’esaurimento dell’autonomia. Imparare a leggere le stime e a pianificare i percorsi consente di avere sempre una visione chiara su come gestire l’energia rimasta, mentre evitare di ritardare le ricariche rappresenta un valido aiuto per la gestione della cosiddetta “ansia da autonomia”. Si tratta di poche ma semplici abitudini da far entrare nel quotidiano, per sfruttare al meglio le opportunità offerte dalla mobilità elettrica.
2. Le batterie dei veicoli elettrici contengono livelli di energia e sostanze chimiche che li rendono più pericolosi di quelli con motore a combustione interna
I veicoli elettrici non sono semplicemente sicuri, ma possono esserlo anche più di quelli tradizionali.
Oltre a standard di sicurezza elevati volti a evitare la fuoriuscita di sostanze chimiche dalle batterie, i veicoli elettrici offrono importanti vantaggi anche dal punto di vista strutturale. Si pensi, ad esempio, allo spazio solitamente occupato da un motore a combustione: si tratta di un’area che offre una zona di deformazione più ampia, in grado di assorbire energia durante eventuali collisioni e dare quindi maggiore protezione a conducente e passeggeri. Inoltre, il posizionamento del pacco batterie consente di abbassare il baricentro del veicolo e distribuire il peso in modo più uniforme, prevenendo il rischio di ribaltamento del veicolo.
3. Lo stile di guida non influisce sulle performance dei veicoli elettrici
I veicoli elettrici si configurano da tre a quattro volte più efficienti degli equivalenti con motore benzina o diesel nel convertire l’energia in movimento, ma anche in questo caso le abitudini di guida si rivelano determinanti per le performance dell’auto. Analogamente a quanto accade con i veicoli tradizionali, dunque, è fondamentale evitare uno stile di guida aggressivo, riducendo il più possibile accelerazioni e frenate non necessarie, così come l’eccessiva velocità, per contenere i consumi. Anche il carico del veicolo influisce sulle prestazioni della batteria: i carichi più pesanti implicano infatti un maggiore utilizzo di energia da parte del veicolo.
4. Le batterie dei veicoli elettrici devono essere completamente cariche per dare la resa migliore
I veicoli elettrici utilizzano batterie agli ioni di litio di varie forme, con un’elevata densità energetica e, rispetto ad altri tipi di batterie, hanno meno probabilità di perdere la carica quando non utilizzate. Tuttavia, sono naturalmente soggette a un processo di deterioramento nel tempo e la loro capacità di stoccare energia ed erogare potenza diminuisce.
Esistono però alcune accortezze che possono prolungarne la durata: tra queste, il monitoraggio dello Stato di Carica. Contrariamente a quanto comunemente si possa pensare, una carica molto elevata per lunghi periodi di tempo non contribuisce a una vita più lunga della batteria, ma ne aumenta i livelli di stress al pari di uno stato di carica eccessivamente ridotto. È dunque buona norma, soprattutto nei periodi di inutilizzo, evitare di mantenere la batteria completamente carica o scarica.
5. Le condizioni climatiche non influiscono sulla durata della batteria
I sistemi di riscaldamento e raffreddamento sono mantenuti in funzione dalla stessa batteria che alimenta il veicolo: di conseguenza, la distanza percorribile con una sola carica varia considerevolmente in base alla temperatura.
I dati di Geotab hanno dimostrato che la temperatura ideale per il funzionamento di un veicolo elettrico si attesta intorno ai 21,5° C. Se non esiste il modo di controllare il clima, ci sono però alcune accortezze in grado di migliorare l’autonomia: in inverno, ad esempio, sedili e volante riscaldati utilizzano meno energia rispetto al sistema di riscaldamento tradizionale, mentre in estate si può pensare preferibilmente di azionare la sola ventola o di abbassare i finestrini qualora le temperature lo consentano.
6. I veicoli elettrici non possono autoricaricarsi
Al contrario, sono dotati della cosiddetta “frenata rigenerativa”, che invia energia cinetica alla batteria ogni volta che il conducente frena. Decelerando gradualmente, è possibile recuperare la maggior parte dell’energia utilizzata dall’auto per frenare, ottimizzando in questo modo l’efficienza. Un sapiente utilizzo di questa caratteristica permette quindi di non ricaricare subito i veicoli elettrici fino al massimo livello di carica poiché, a differenza di quelli a combustione interna, sono in grado di recuperare energia durante la guida.
7. La manutenzione dei veicoli elettrici è costosa
In realtà, il minor numero di parti mobili e l’assenza di accumulo di particolato riduce i costi di manutenzione dei veicoli elettrici.
Se i veicoli a combustione interna presentano rischi comuni come candele difettose o cinghie dentate danneggiate, infatti, quelli elettrici non dispongono di tali componenti e non vanno quindi incontro ai relativi costi di manutenzione. Anche i freni sono soggetti a minore usura: i sistemi di frenata rigenerativa, che catturano e recuperano l’energia altrimenti persa nell’attrito, sottopongo a uno sforzo notevolmente inferiore le pastiglie.
8. Guidare veicoli elettrici è noioso
Se la rumorosità ridotta può inizialmente disorientare gli appassionati delle quattro ruote, è l’accelerazione veloce e fluida dei veicoli elettrici a conquistarli.
Le auto a combustione interna necessitano infatti di molti giri per raggiungere la coppia massima, mentre le elettriche hanno accesso a gran parte della coppia fin da subito e offrono quindi un’accelerazione più rapida che, oltre a essere fondamentale in casi specifici come l’ingresso in autostrada, rende la guida più divertente. Lo confermano quasi 8 europei su 10, che secondo una recente indagine Nissan, si dichiarano soddisfatti della loro esperienza con l’elettrico e la trovano addirittura migliore delle aspettative.
“I veicoli elettrici rappresentano il futuro della mobilità, ma è necessario conoscerne e comprenderne i punti di forza per rendere la transizione davvero efficace. Per questo, Geotab mette a disposizione soluzioni come EVSA (Electric Vehicle Suitability Assessment), che sfrutta i dati raccolti dalla telematica per analizzare i profili e gli schemi di guida delle flotte, offrendo insight preziosi per valutare e identificare i mezzi più adatti alla sostituzione”, conclude Saiu.
Geotab supporta i clienti nella gestione ottimale delle flotte aziendali fornendo soluzioni per i veicoli connessi, servizi IoT e di big data analytics. Grazie alla piattaforma aperta e al Marketplace di Geotab, che include centinaia di soluzioni di terze parti, le aziende – indipendentemente dalle loro dimensioni – possono automatizzare i propri processi di business integrando i dati dei veicoli con i dati degli altri asset aziendali. Inoltre, come hub IoT, il dispositivo integrato all’interno del veicolo assicura funzionalità aggiuntive attraverso i moduli IOX.
Grazie all’elaborazione di miliardi di data point al giorno Geotab utilizza l’analisi dei dati e machine learning per incrementare la produttività, ottimizzare l’efficienza delle flotte, garantendo la sicurezza dei veicoli e dei conducenti in conformità alle normative. Le soluzioni Geotab sono vendute in tutto il mondo tramite la sua rete di rivenditori autorizzati.
EU Gov. keep fueling dirty heating. Ahead of ‘Fit for 55’, a new analysis shows that 16 out of 27 member states are still financing fossil fuel heating, despite calls to phase out gas boilers by 2025 to achieve EU climate neutrality goals.
These dirty subsidies cripple the deployment of clean heating technologies such as heat pumps and solar thermal devices.
This year, only 7 countries, Croatia, Estonia, Ireland, Lithuania, Luxembourg, Malta and the Netherlands, have cut off public funding to gas, coal and oil heating, as the latest analysis by the European Environmental Bureau (EEB) on behalf of Coolproducts campaign shows.
Findings reveal that 16 EU governments still incentivise the purchase and/or installation of new gas boilers through various tax reductions, loans and grants, which range between €200 and €2,500 and are supposedly aimed at greening our homes. Moreover, 9 are still promoting oil heating and there are still 2 of them where coal heating can still be subsidised.
Time is running out for the European Union to decarbonise the heating sector, which is the easiest and the most urgent to decarbonise as it is responsible for half of the EU’s annual energy consumption and a third of its CO2 emissions.
A month ago, the International Energy Agency endorsed one of the main claims of Coolproducts: we will not reach climate neutrality by 2050 if we do not ban fossil fuel boilers by 2025. The European Parliament just voted for pushing EU member states to end fossil fuel subsidies by 2025.
A recent report of ECOS for the coolproducts campaign showed fossil heating technologies face bans only in a few member states and concludes that this process can only gain momentum if the European institutions speed up the decarbonisation process.
Even major EU energy groups recently called on the European Union to favour decarbonisation through electrification of heating over fossil fuel solutions, arguing that heat pumps can be deployed on a large scale in Europe without jeopardising electric grid stability, a false argument that the gas lobby has been spreading.
Despite these winds of change over the sector, boosted by the launch of the ‘Fit for 55’ package, EU governments are not doing their part in the decarbonisation of heating. The slow uptake of clean heating at national level, namely the huge amounts of fossil fuel subsidies reducing the cost of gas heating, and the slow insulation rates in some countries are hindering the huge potential of renewables.
Coolproducts campaigners call on EU to:
– Urgently rescale energy label of heating technologies to only promote renewable, non-emitting heating and phase out fossil technologies by 2025.
– Strengthen the provisions in the RED III on renewable heating, requiring a high share of renewable to promote the least emitting sources.
and remarkably, in the Fit For 55 package:
– Strengthen the provisions in the RED II on renewable heating, requiring a high share of renewable to promote the least emitting sources
– Improve measures on the public support for the phase out of fossil fuel in the Energy Efficiency Directive
Facts and figures
– 16 out 27 member states today still finance gas boilers, 8 oil boilers and 2 still fund coal boilers.14 EU governments finance hybrid solutions that combine both fossil and renewable heating.
– In all member states, analyses show ground-source heat pumps working on electricity from the grid largely decrease CO2 emissions.
– At EU level, a standard family switching from a gas boiler to a heat pump or to solar thermal heating can save more than 60% of the CO2 emissions
– The final purchase cost of fossil technology is still lower than renewable heating technology due to fossil incentives and poor subsidy schemes for renewables in all EU countries.
– Germany, Ireland, Spain and Finland are the countries where heat pump installation is more affordable but still more than twice as expensive as fossil boilers.
– Renewable schemes are very different from country to country and often difficult to get or time-limited, thus creating disproportionate gaps in treatments of households willing to embrace renewables
– Heat pumps with low Global Warming Potential refrigerants perform better on CO2 emissions and are to be preferred over those working on climate-harming refrigerants
Davide Sabbadin, a Policy Officer at the European Environmental Bureau (EEB), said: “At the eve of ‘For 55’, it’s scandalous that Member States continue to pour public money into fossil fuels in the sector that should be the first to decarbonise, as it is the one where technology has been there for years and the market is more than ready. The uneven landscape of renewable energy subsidies creates a broken EU, where families least positioned, generally in coal-dependent countries, are left behind in the transition to clean heating.”
Nerea Ruiz Fuente, Policy Director at ECOS – Environmental Coalition on Standards, said: “Boilers are long-lasting devices, often in service for 25 years or more. The maths is simple: to be climate neutral by 2050, we need to stop installing fossil fuel boilers by 2025. Alternatives such as heat pumps are already available and cost-effective, so it is unacceptable that public money is channelled into keeping us locked in polluting technologies. The Commission has powerful tools, such as ecodesign, at its disposal. We cannot afford for ‘Fit For 55’ to be a missed opportunity.”
CONAI ridurrà quattro contributi ambientali: quelli per acciaio, alluminio, plastica e vetro. Dal 1° gennaio 2022 il Consiglio di amministrazione CONAI ha deliberato una diminuzione del contributo ambientale (o CAC) per quattro materiali di imballaggio: dopo carta e cartone – il cui CAC è stato ridotto lo scorso maggio con decorrenza dal 1° luglio, data in cui è entrato in vigore anche il nuovo CAC per la plastica biodegradabile e compostabile, arriva ora la decisione di abbassare il contributo per gli imballaggi in acciaio, alluminio, plastica e vetro.
Quattro nuove variazioni, legate a valutazioni sullo scenario attuale della filiera del recupero e del riciclo degli imballaggi, in vigore a partire dal 1° gennaio 2022. Il contesto favorevole, con listini dei materiali a riciclo in forte ascesa, si traduce così in una riduzione dei contributi ambientali: diretta conseguenza dell’introduzione del criterio economico come elemento di valutazione dei contributi stessi. Il sistema CONAI, infatti, si caratterizza proprio come modello capace di modulare interventi e costi in base alla capacità del mercato di far fronte alle esigenze ambientali. Le riduzioni fin qui approvate, carta compresa, porteranno per le aziende risparmi da CAC stimabili in circa 163 milioni di euro.
Riduzione di 6 €/tonnellata per gli imballaggi in acciaio
Il valore del CAC per l’acciaio scenderà da 18 €/tonnellata a 12 €/tonnellata. Una variazione legata a un nuovo scenario economico che vede crescere il valore di mercato dei rottami: i suoi effetti sui ricavi da vendita dei materiali a riciclo sono decisamente positivi e rendono oggi possibile una diminuzione del contributo ambientale per i pack in questo materiale. Nel 2022, il risparmio previsto per gli utilizzatori di questo tipo di imballaggi dovrebbe risultare pari a quasi 3 milioni di €, su 500.000 tonnellate di immesso al consumo.
Riduzione di 5 €/tonnellata per gli imballaggi in alluminio
Il valore del CAC per l’alluminio si ridurrà da 15 €/tonnellata a 10 €/tonnellata.
L’alluminio è un materiale che ha sempre mantenuto alti i suoi valori di mercato: l’attuale contesto economico, che ha impatti straordinariamente positivi sull’andamento del materiale da riciclo, rende possibile la nuova revisione al ribasso del contributo ambientale per gli imballaggi in questo materiale. Nel 2022, il risparmio previsto per gli utilizzatori di questo tipo di pack dovrebbe risultare pari a oltre 350.000 €, su oltre 70.000 tonnellate di immesso al consumo.
Riduzione di 4 €/tonnellata per gli imballaggi in vetro
Il valore del CAC per il vetro scenderà da 37 €/tonnellata a 33 €/tonnellata. La nuova situazione economica, infatti, autorizza a prevedere miglioramenti sia sul fronte dell’immesso al consumo di imballaggi in questo materiale sia su quello dei valori della materia da riciclo. Previsioni che rendono possibile una diminuzione del contributo ambientale. Nel 2022, il risparmio previsto per gli utilizzatori di questo tipo di pack dovrebbe risultare pari a oltre 11,5 milioni di €, su circa 2 milioni e 900.000 tonnellate di immesso al consumo.
Le riduzioni per gli imballaggi in plastica e la nuova diversificazione contributiva
Si passa da quattro a cinque fasce contributive: per quattro il CAC si riduce, per una resta invariato.
Già a settembre 2020 il Consiglio d’amministrazione CONAI si era impegnato a rivedere criteri e logiche della diversificazione contributiva per gli imballaggi in plastica per l’anno 2022, ossia la suddivisione di questi pack in diverse fasce a cui vengono applicati CAC differenti.
Un impegno preso sia alla luce di quanto in atto a livello europeo, sia con l’obiettivo di legare sempre più i valori del contributo ambientale plastica alla loro riciclabilità e al circuito di destinazione ma anche al deficit di catena, ossia ai costi/ricavi delle attività di raccolta, selezione e riciclo.
L’evoluzione 2022 del CAC diversificato per gli imballaggi in plastica prende le mosse dall’aggiunta di una nuova fascia contributiva.
Dal 1° gennaio 2022 i pack in polimeri plastici saranno infatti divisi in cinque fasce.
La fascia A si sdoppierà, dividendosi in A1 e A2.
Nella prima voce rimarranno tutti gli imballaggi ricompresi in precedenza nella fascia A, al netto dei pack flessibili in polietilene che passeranno in fascia A2; questi ultimi sono imballaggi flessibili con una filiera industriale di selezione e riciclo efficace e consolidata, in prevalenza da circuito commercio&industria ma sempre più presenti anche nella raccolta differenziata urbana, e di conseguenza con un deficit di catena maggiore. In questa fascia saranno inoltre tollerati gli imballaggi flessibili in polietilene espanso con spessori uguali o inferiori ai 2 millimetri (attualmente in fascia B2). Per i pack in fascia A1, il CAC scenderà dagli attuali 150 €/tonnellata a 134 €/tonnellata.
Il CAC per gli imballaggi di fascia A2, nonostante il deficit di catena in crescita, rimarrà, ma solo in questa prima fase di prima applicazione, invariato rispetto a quello dell’attuale fascia A: 150 €/tonnellata.
La fascia B1 rimarrà dedicata agli imballaggi in prevalenza da circuito domestico con una filiera industriale di selezione e riciclo efficace e consolidata.
L’introduzione, in prima applicazione, del criterio economico porterà alla riduzione del CAC per i pack di questa fascia da 208 €/tonnellata a 192 €/tonnellata.
La fascia B2 raggrupperà tutti gli altri imballaggi selezionabili/riciclabili da circuito domestico e/o commercio&industria.
Ossia quelli con diversi livelli di selezionabilità e riciclabilità; quelli riciclabili di recente introduzione sul mercato; quelli a riciclo oneroso e/o dai quali si ottengono rifiuti selezionati di minore qualità; quelli con filiere di riciclo in fase di consolidamento e sviluppo.
In questa fascia saranno tollerati anche gli imballaggi in polietilene espanso con spessori superiori ai 2 millimetri (attualmente in fascia C) e gli strati barriera realizzati in EVOH, ma con limite al 5% del peso totale dell’imballaggio.
Il passaggio dalla fascia B2 alla fascia B1 dei tappi in plastica conformi alla direttiva SUP, quindi progettati per rimanere solidali con il contenitore per bevande in plastica fino a 3 litri, sarà subordinato all’entrata in vigore della norma tecnica EN (in fase di definizione).
Anche la fascia B2 vedrà il CAC ridursi: dagli attuali 560 €/tonnellata si scenderà a 533 €/tonnellata.
Rimarranno in fascia C quei pack con attività sperimentali di selezione o riciclo in corso, e quelli non selezionabili/riciclabili allo stato delle tecnologie attuali.
Nonostante si tratti della fascia di imballaggi in plastica con maggiore impatto ambientale ed economico, anche questa fascia sarà interessata da una riduzione del contributo ambientale da 660 €/tonnellata a 644 €/tonnellata, grazie all’introduzione in prima applicazione del deficit di catena e quale effetto dell’ottimizzazione dei costi messa in atto dal consorzio Corepla.
Dopo la pausa estiva è previsto un momento di verifica del deficit di catena che potrebbe determinare ulteriori interventi sul contributo ambientale, dal momento che il mercato della vendita all’asta degli imballaggi post consumo è in continua evoluzione.
Il Consiglio di amministrazione, infine, ha comunque deciso di proseguire il percorso di analisi per rafforzare ulteriormente la diversificazione contributiva, in particolare per legare in misura sempre più rilevante i valori del CAC di ogni fascia agli effettivi deficit di catena e prevedendo eventuali ulteriori segmentazioni e rivalutazioni.
Nel 2022, il risparmio previsto per gli utilizzatori di imballaggi in plastica dovrebbe risultare pari a quasi 13 milioni di €, su oltre 1 milione e 850.000 tonnellate di immesso al consumo.
Procedure semplificate per l’import
Le riduzioni avranno effetti anche sulle procedure forfettarie/semplificate per importazione di imballaggi pieni, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2022.
Le aliquote da applicare sul valore complessivo delle importazioni (in €) diminuiranno conseguentemente da 0,20 a 0,19% per i prodotti alimentari imballati e da 0,10 a 0,09% per i prodotti non alimentari imballati. Il contributo mediante il calcolo forfettario sul peso dei soli imballaggi (tara) delle merci importate (peso complessivo senza distinzione per materiale) scenderà dagli attuali 101 a 99 €/tonnellata.
I nuovi valori delle altre procedure semplificate saranno a breve disponibili sul sito CONAI.
ANAS traffico luglio 2021. Aumento del +10% rispetto al mese precedente. Continua l’incremento del traffico sull’intera rete Anas trainato dagli spostamenti per le vacanze estive, in particolare verso le località dell’Italia Meridionale.
L’indice di Mobilità Rilevata registra a luglio 2021 un aumento del +10% rispetto al mese precedente e del +7% nei confronti dello stesso periodo dell’anno scorso.
I dati sono forniti dall’Osservatorio del Traffico di Anas (Gruppo Fs Italiane) che rileva come le migliori performance rispetto a giugno 2021 risultino sulle reti stradali del Sud (+14,5%) e Sicilia (+14%). In particolare queste due macroaree evidenziano un trend di crescita doppio delle altre: Nord (+7%), Centro (+8%) e Sardegna (+6,5%).
In merito alla distribuzione dell’Indice di Mobilità rilevata, a luglio 2021, venerdì 23 è risultato il giorno di maggior traffico veicolare, mentre il 29 ha segnato la punta del traffico pesante. Entrambi i picchi, rispettivamente oltre 135mila transiti e diecimila passaggi, si sono registrati sul Grande Raccordo Anulare.
Le arterie più trafficate per macroarea sono risultate: a Nord la SS 36 “del Lago di Como e dello Spluga”che ha rilevato il 5 luglio il passaggio di 97mila veicoli a Carate Brianza, nel Centro il Grande Raccordo Anulare con oltre 135mila transiti il 23 luglio; al Sud, l’A2 “Autostrada del Mediterraneo” con 116milapassaggi a Salerno il 31 luglio. In merito alle isole: per la Sicilia l’A19 “Palermo – Catania” con 85mila passaggi sul ramo A19 Dir presso Palermo il 30 luglio e per la Sardegna la SS 131 “Carlo Felice” con 62mila transiti sulla diramazione in ingresso a Cagliari il 9 luglio.
Per quanto riguarda il comparto dei veicoli pesanti, anche in relazione ai blocchi previsti nei weekend di mobilità estiva, si rileva una crescita più contenuta sia rispetto al mese precedente (+2%), che nei confronti di luglio 2020 (+4%), con una punta in Sicilia rispettivamente del +4% e del +9%. Nel dettaglio l’unica macroarea ad evidenziare un calo del traffico pesante è il Sud con una flessione del -1,5% rispetto a giugno scorso.
Shared mobility report. Landmark report finds shared mobility is smashing previous records in Europe. Activity in the shared mobility sector has soared past its previous highs, according to a new study from mobility data experts, fluctuo.
In the July edition of the European Shared Mobility Index, fluctuo found that providers of shared mobility services have shaken off months of rolling COVID restrictions to achieve unprecedented levels of growth in many markets.
The European Shared Mobility Index is a quarterly report benchmarking 16 key cities on four shared transport modes: shared bikes, shared scooters, shared mopeds/motor scooters and shared cars.
The Q2 edition of the Index shows net growth across all 16 markets with particularly strong results among scooter-sharing operators.
Among the key findings:
– there were almost 40 million trips using shared mobility in Q2 2021 in these 16 cities, around 70% more than in Q1 2021
– bike-sharing is still the most popular form of shared mobility, but shared scooters are catching up
– Paris and Berlin have the largest total fleets of shared vehicles but it is Oslo that has the most shared vehicles per person (mostly scooters)
fluctuo’s CEO, Julien Chamussy says the numbers show renewed optimism among service providers. “The start of 2021 was still a difficult period for most operators so it’s really encouraging to see confidence building up again with levels of activity that we haven’t seen before. We’re seeing a lot of dynamism in some of the larger European markets, not just as operators expand into new cities but also as they expand across transport modes (e.g scooter operators launching bike and moped services). I think we’ll see more and more operators collaborating and diversifying in the months ahead”.
For the first time, the Index also takes a closer look at the different regulations shared mobility operators face across Europe and finds that the rules city authorities make substantially impact the development of local shared mobility. Of the 16 cities surveyed, 13 impose some kind of fleet limit on providers with most restrictions aimed squarely at scooter-sharing operators.
The famous “free-floating” model is progressively turning into “semi-floating”, as more and more cities mandate specific parking zones for shared vehicles.
About fluctuo
fluctuo is Europe’s leading aggregator of data on shared mobility services (bikes, scooters, mopeds, cars). We combine innovative data collection methods, sophisticated algorithms, and a team of mobility experts to produce the most exhaustive, accurate data possible. We help our clients to monitor and understand market trends and to improve the performance of their services, by providing daily data on more than 200 shared mobility providers in 85 European cities.
We have developed an API that displays real-time information on shared vehicles and enables users to book them through third party apps and websites (e.g. from cities, public transport companies and tourism operators).
The European Shared Mobility Index is just one of the analytical reports fluctuo publishes. We are always looking to partner with operators, transport companies and city authorities to develop new business intelligence products that leverage our comprehensive data analytics.