Dicembre 2022

Comuni Sostenibili On The Road. Parte la prima edizione del viaggio nei Comuni e nelle Città d’Italia per raccontare le buone pratiche di sostenibilità locali promossa dalla Rete dei Comuni Sostenibili e ALI Autonomie Locali Italiane.

La puntata su Rovigo è stata presentata in anteprima nel corso di un incontro dedicato al primo Rapporto di Sostenibilità del Comune.
Un viaggio nei Comuni italiani che hanno avviato la transizione ecologica. Undici tappe in undici Comuni per raccontare le esperienze e le buone pratiche realizzate dalle amministrazioni sui temi della sostenibilità ambientale, economica, sociale e istituzionale, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. È la prima edizione di Comuni Sostenibili On The Road, l’iniziativa promossa dalla Rete dei Comuni Sostenibili, ALI Autonomie Locali Italiane e Leganet srl, realizzata con il sostegno di Enel, il patrocinio di ASviS l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile e le media partnership di Rai Radio 2, Caterpillar M’illumino di Meno e The Post Internazionale (TPI).

La puntata su Rovigo è stata presentata in anteprima in occasione di un incontro della Rete con l’amministrazione, in cui si sono approfonditi i contenuti del primo Rapporto di Sostenibilità del Comune. Aumentano il verde urbano dedicato ai bambini e alle bambine, l’estensione dei parchi attrezzati e le colonnine di ricarica per auto elettriche, crescono le piste ciclabili e l’illuminazione pubblica convertita a LED, migliorano i tempi di pagamento delle fatture da parte del Comune, che adesso vengono pagate con oltre 5 giorni di anticipo rispetto alla scadenza, cresce le raccolta differenziata e diminuisce il consumo di nuovo suolo.

Cresce anche l’utilizzo dei Criteri Ambientali Minimi negli acquisti di beni e servizi e prosegue la conversione del parco mezzo comunali con auto a basso impatto o a impatto zero. Sul versante della sicurezza, aumentano le telecamere di videosorveglianza e l’organico della polizia municipale.

“Sono questi alcuni dei dati più significativi che emergono dal primo Rapporto annuale sulla sostenibilità del Comune di Rovigo – spiega Maurizio Gazzarri, responsabile sviluppo e analisi del monitoraggio della Rete dei Comuni Sostenibili. “Da questo primo monitoraggio ne emerge una realtà dinamica e di eccellenza, considerato che ben l’82% degli indicatori relativi a materie di competenza comunale ha avuto una tendenza positiva negli ultimi 5 anni. Non solo, limitando all’ultimo biennio, la percentuale di indicatori con tendenza positiva sale all’88%: malgrado la situazione complessa e difficile, il Comune di Rovigo ha ottenuto risultati in controtendenza. Un dato che lo pone tra i Comuni italiani maggiormente sensibili e attenti ai temi della sostenibilità ambientale, economica e sociale. Il monitoraggio della Rete dei Comuni Sostenibili include anche una valutazione di tipo qualitativo su alcuni aspetti della vita amministrativa. Da sottolineare il fatto che Rovigo si sia dotato da molti anni del Piano di Azioni per l’Energia Sostenibile, attualmente in fase di aggiornamento e che sia in corso la redazione del Master Plan del Verde Urbano: due tra gli strumenti di pianificazione di livello locale più importanti.”

La puntata della tappa di Rovigo, sarà online da venerdì 9 dicembre e disponibile sui siti internet, social network e Canali YouTube dei promotori dell’iniziativa, Rete dei Comuni Sostenibili e ALI Autonomie Locali Italiane, ma anche sui canali di comunicazione del Comune.

“La Rete dei Comuni Sostenibili è un’associazione d’avanguardia sui temi della sostenibilità con un progetto innovativo unico in Italia e tra le esperienze più avanzate in Europa. L’iniziativa di Comuni Sostenibili On The Road – dichiara il direttore della Rete Giovanni Gostolisi colloca all’interno di un’intensa attività progettuale con l’obiettivo, da un lato, di far crescere la consapevolezza dell’importanza dei Comuni nel raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 e, dall’altro, dalla volontà di dare protagonismo a chi è impegnato nelle comunità locali, a partire dai sindaci e degli amministratori locali, per realizzare la transizione ecologica raccontando esperienze concrete e progetti realizzati”.

L’assessore Dina Merlo ricorda che l’amministrazione comunale di Rovigo ha deciso di aderire alla Rete dei Comuni Sostenibili, con l’intenzione di partecipare attivamente alla sua costituzione, condividendone in pieno gli obiettivi e le modalità organizzative a supporto delle politiche di sostenibilità dei comuni.
Il Comune di Rovigo ha formalizzato la sua adesione alla Rete dei Comuni Sostenibili nell’intento di coordinare le iniziative e le progettazioni di sostenibilità che intende attuare in una visione economica sociale e ambientale, integrandole nella programmazione comunale in un percorso virtuoso di prospettiva nel breve, medio e lungo periodo.

Insieme al sindaco di Rovigo, Edoardo Gaffeo, i protagonisti della puntata sono: Eddi Boschetti, Presidente WWF provinciale di Rovigo; Dina Merlo, assessore allo sviluppo sostenibile; Alessandro Gasparetto, presidente IQT Consulting spa; Elena Trivari, specialista sostenibilità Gruppo IRSAP; Erika Alberghini, assessore alle politiche giovanili e sport; Elisa Tosoni, responsabile e-mobility Triveneto per Enel X Way; Giuseppe Favaretto, assessore alle opere pubbliche e cura del territorio; Denis Maragno, presidente FIAB Rovigo; Luisa Cattozzo, assessore all’innovazione e transizione digitale.

L’iniziativa rientra all’interno di un progetto innovativo già avviato dall’associazione Rete dei Comuni Sostenibili che ha l’ambizione di accompagnare i Comuni nella “messa a terra” e nel raggiungimento dei 17 Goal dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Ciò attraverso azioni concrete dei governi locali e un monitoraggio unico in Italia con un “set” di 101 indicatori per misurare l’efficacia delle politiche locali di sostenibilità, realizzato in collaborazione con l’ASviS Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile. Strumenti e servizi utili alla pianificazione strategica. Le città e i comuni, infatti, sono fondamentali per raggiungere più di 100 dei 169 target dell’Agenda 2030. Comuni e Città, oltre ad essere l’architrave istituzionale dell’Italia, sono da sempre protagonisti dei grandi cambiamenti del Paese.

La Rete dei Comuni Sostenibili è un’associazione nazionale senza scopo di lucro aperta all’adesione di tutti i Comuni italiani e Unioni di Comuni, a prescindere dalla dimensione, collocazione geografica e colore politico dell’amministrazione comunale. È possibile seguire la sua attività tramite il sito web e i canali social, incluso Telegram.

www.comunisostenibili.eu

www.aliautonomie.it

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Scarti prodotti plastici. Nuovo passo in avanti per il settore della plastica, dopo Certified Recycled Plastic® arriva il servizio che permette di tracciare i sottoprodotti in modo trasparente e univoco. Riccardo Parrini e Stefano Chiaramondia: in Europa si generano più di un milione di tonnellate di materiale di scarto all’anno, rimetterle in circolo è fondamentale in ottica di economia circolare

Quando si parla di economia circolare, si pensa subito alla parola “riciclo”
Un’attività senz’altro fondamentale alla base della quale c’è la creazione di rifiuti, che vengono poi reimmessi nel ciclo produttivo per essere trasformati in nuovi prodotti. La stessa Commissione europea, attraverso un programma quadro relativo alla sostenibilità, identifica però quelle di prevenzione dei rifiuti come attività da incoraggiare rispetto al riciclo.
Cosa significa? Semplice, che oggi la sfida dell’economia circolare si gioca anche lungo tutta la filiera della catena del valore. E, per la precisione, nell’ambito degli industrial byproduct. I classici “scarti di lavorazione”, per dirla in modo semplice. Quei residui, insomma, che numerose aziende, almeno fino a oggi, hanno preferito spesso smaltire come rifiuti tout court anziché provare a riutilizzare, con conseguenze gravi per l’ambiente.

A contribuire a velocizzare il cambio di scenario anche in Italia è l’entrata in vigore di una normativa sugli acquisti della Pubblica Amministrazione (e non solo) che mette ora sullo stesso piano sottoprodotti e plastica riciclata. Tutto questo riguarda i materiali che, in campo edilizio, rispondono ai criteri ambientali minimi relativi al cosiddetto “green public procurement”, ovvero i requisiti definiti per le varie fasi del processo di acquisto al fine di individuare la soluzione migliore sotto il profilo ambientale lungo tutto il ciclo di vita del prodotto. Ricorrere ai sottoprodotti si trasforma così a tutti gli effetti, sostanziali e burocratici, in una scelta che contribuisce a salvaguardare l’ambiente in modo efficace.

Diventa quantomai centrale riuscire a valorizzare al massimo l’enorme quantità di residui che si generano durante le diverse attività di produzione, in particolare proprio nel mondo dell’industria dei materiali plastici. Per farsi un’idea dei numeri in gioco, si consideri che in Europa vengono trasformate circa 50 milioni di tonnellate di plastica all’anno (fonte Plasticseurope) e che la quantità di sottoprodotti generati è compresa in un range che va dal 2 al 10 per cento (in funzione della tipologia di processo industriale). Si parla dunque, come minimo, di almeno un milione di tonnellate di potenziali sottoprodotti.

L’obiettivo delle aziende è ora quello di qualificare formalmente questi residui di produzione come sottoprodotti, in modo che dopo un processo di macinatura, siano nuovamente utilizzabili per la realizzazione di semilavorati o prodotti finiti in plastica. Ed è esattamente questo lo scopo di Certified Plastic Byproduct®, il nuovo servizio tecnologico che garantisce l’identificazione e la corretta gestione dei sottoprodotti in plastica. Grazie alla tecnologia blockchain è possibile registrare in modo univoco, immutabile e verificabile (sempre, da chiunque e in ogni parte del mondo) le dichiarazioni che qualificano gli scarti di produzione come sottoprodotti, incoraggiando così le aziende a riutilizzare questi materiali.

«Dopo Certified Recycled Plastic®, che permette di tracciare la plastica riciclata attraverso un semplice QR Code – sottolinea Riccardo Parrini, ceo di PlasticFinder, il marketplace della plastica attivo dal 2017 – mettiamo a disposizione della filiera un nuovo strumento, con un funzionamento del tutto simile, che consente di identificare e tracciare i sottoprodotti nel rispetto della normativa comunitaria e italiana. Si tratta di uno straordinario passo in avanti per l’intero settore, che in questo modo può diventare ancora più trasparente, efficiente e sostenibile. Certified Plastic Byproduct® è online con un portale dedicato e navigabile da tutti».

I vantaggi per le imprese sono evidenti: «Con il servizio Certified Plastic Byproduct® di PlasticFinder si evitano i problemi pratici e burocratici che la gestione dei sottoprodotti comporta – aggiunge Stefano Chiaramondia, presidente di PlasticFinder –. Difficoltà e disagi che spesso portano le aziende alla decisione di considerarli alla stregua di rifiuti e, dunque, a disfarsene, anziché a riutilizzarli come materiali per nuove produzioni.
Rimettere in circolo materiale di scarto è strategico e consente di abbracciare l’economia circolare e promuovere il business sostenibile. Questo nuovo servizio è totalmente svincolato dal portale marketplace e può essere utilizzato da qualsiasi azienda generi scarti di materiali plastici.
Abbiamo presentato questa nuova tecnologia in anteprima a K2022, la più grande fiera delle materie plastiche, e stipulato un primo accordo di collaborazione con una importante multinazionale, il principale produttore internazionale di resine in poliammide 66. L’interesse del mercato è grande, perché è sulla sostenibilità che si gioca la sfida di tutte le nostre aziende per la costruzione di un mondo migliore».

www.PlasticFinder.eu

www.certifiedplasticbyproduct.com

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Nuovo ruolo Utilities di fronte ai nuovi bisogni del consumatore. L’energia non è più solo una commodity ma un servizio a 360° per soddisfare un mercato sempre più consapevole ed esigente.

Ognuno può fare la sua parte nella produzione e nell’adozione di politiche comportamentali di risparmio energetico: l’informazione per formare il cittadino, la tecnologia per sviluppare l’omnicanalità, bollette più comprensibili, investimenti sugli installatori tra i pillars emersi nel dibattito, del quale sono stati protagonisti:
– Massimo Bello – AIGET Presidente
– Michele Governatori – Energy Programme Lead ECCO think tank
– Aurora Viola – Head of Market Italy ENEL
– Giorgio Tomassetti – CEO Octopus Energy Italia
– Stefano Fumi – Progetto Energia PostePay
– Isabella Malagoli – Direttore Generale Hera Comm
– Valerio Marra – Chief of Commercial and Trading Acea
– Massimo Brizi – CEO NeN

Durante l’ottava edizione di Utility Day, l’evento di IKN Italy che rappresenta il punto di incontro della community italiana del settore Gas & Power, gli argomenti si sono focalizzati sulle conseguenze – sia lato consumatori che utilities – del caro bollette e sulle strategie che stanno mettendo in atto le aziende per venire incontro alle esigenze dei propri clienti.
In Italia sono già stati fiscalizzati circa 60 miliardi di euro di costi bollette, solo in piccola parte compensati dalle norme per il recupero degli extraprofitti: questa cifra rappresenta più dell’intero capitolo 2 del PNRR (quello della transizione ecologica). Secondo i piani del Green Deal europeo, che prima il Presidente Draghi e successivamente il Presidente Meloni – in occasione di COP27 – hanno confermato, in Italia nel 2030 quasi ¾ dell’elettricità saranno prodotti da rinnovabili, per lo più con costi solo fissi. Lo “shock bollette” sta avendo effettivi negativi anche sullo strumento delle garanzie in origine, in quanto i clienti con forniture verdi faticano a comprendere come mai anche a loro si applichi l’effetto gas.

Numerose le realtà che si stanno trasformando in auto-produttori: si stima che nel 2022 siano state installate il triplo di FER (Fonti Energia Rinnovabile) rispetto al ‘21, malgrado le norme sugli extraprofitti.

Come evolverà il modello di business?
Ovviamente le rinnovabili rappresentano il mezzo per uscire da questa situazione e dalle conseguenze dei rincari su imprese e famiglie: attualmente registriamo il 40% di produzione da fonti rinnovabili, solo quando si arriverà al 70% si potrà abbattere il costo in bolletta. L’obiettivo sarà raggiunto però solo nel 2030. Come velocizzare i tempi?
Tutti sono coinvolti in questo percorso: la diversificazione degli approvvigionamenti, già attuata dal Governo, la semplificazione della burocrazia e l’investimento sugli installatori. Quest’ultimo rappresenta un tema cruciale emerso più volte nel dibattito, in quanto la domanda supera in modo considerevole l’offerta. Anche i cittadini possono contribuire: basti pensare che in Italia ci sono 2 milioni di tetti disponibili e adatti per ospitare gli impianti. Nel fare ognuno la propria parte nel produrre energia, il sistema Italia diventerebbe più libero e competitivo.

La tecnologia sarà il principale driver non solo per informare il cittadino, ma anche per formarlo
Il volume dei consumi deve essere ridotto: il 30% dell’energia utilizzata dai clienti viene sprecata per un uso non corretto. Bisogna quindi intervenire sulla cultura dell’utente, modificandone le abitudini, rendendolo consapevole degli sprechi conseguenti ad abitudini errate. Ma anche le bollette devono diventare più comprensibili: l’autorità richiede trasparenza, ma quest’ultima non corrisponde alla semplicità.
Le utilities sono chiamate a uno sforzo comunicativo, valutando anche l’inserimento di nuove professionalità. L’omnicanalità gioca un ruolo strategico, in quanto il cliente deve essere libero di scegliere il canale e di cambiarlo durante il suo percorso. Inoltre, la comprensione del consumo e del controllo diventa il vero valore per l’utente, possibile solo attraverso la digitalizzazione dei servizi volta a migliorare la Customer Experience.

IKN Italy, leader nella creazione e sviluppo di contenuti, eventi e corsi di formazione BtoB, ha raggiunto nel 2022 il traguardo dei 35 anni. Credibilità, specificità, indipendenza e ricerca continua con i responsabili, C-Level d’azienda, sono gli elementi che distinguono e caratterizzano IKN nel mercato.

IKN Italy, Leader nella creazione e sviluppo di eventi e progetti di formazione rivolti ai professionisti d’azienda, festeggia nel 2022 il 35° anniversario. Credibilità, esperienza, indipendenza, know-how, innovazione e networking sono le parole chiave che caratterizzano l’azienda. Sin dalla sua nascita, IKN Italy è stata in grado di rispondere in modo tempestivo alle esigenze di un mercato in costante trasformazione. Il suo obiettivo principale: assicurare contenuti aggiornati e concreti per accompagnare il middle management nella sua crescita professionale.

Il nome racconta la mission e i valori di un’azienda che ha nel suo DNA la capacità di innovarsi e reagire in maniera tempestiva per affiancare le aziende nell’approfondimento e nella scoperta delle competenze e delle metodologie per essere competitive nel loro mercato di riferimento.
IKN è, infatti, l’acronimo di:

“I” come INSTITUTE: IKN Italy nasce da Istituto Internazionale di Ricerca, filiale italiana di IIR Holding. Grazie all’esperienza maturata dal 1987 ad oggi, è in grado di proporre sia tematiche di grande attualità e interesse che relatori di alto livello. La reale fotografia di IKN Italy la “scattano” i numeri di questi 35 anni: oltre 90.000 partecipanti, 25.000 aziende e 15.000 tra relatori e docenti; cifre che posizionano IKN Italy leader indiscusso nel suo settore.

“K” come KNOWLEDGE: ricerca continua e ascolto delle esigenze degli attori dei diversi mercati di riferimento garantiscono lo sviluppo di contenuti non standardizzati ma specifici, unici ed esclusivi.
I settori sui quali IKN Italy concentra la sua attenzione sono: Farmaceutico e Dispositivi Medici, Energy & Utilities, Sanità, Banca e Assicurazioni, Retail e GDO, Industrial, Logistica, Green & Sostenibilità, Marketing e Vendite, Project Management.

“N” come NETWORKING: gli eventi e le iniziative formative di IKN Italy sono delle occasioni di confronto per interagire in maniera dinamica, condividere esperienze concrete e sviluppare nuove opportunità di business.

– BYinnovation è Media Partner di Utility Day

https://www.utilityday.it

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Fotovoltaico regole semplici, complete e stabili; non necessita di incentivi! ITALIA SOLARE, in una lettera aperta indirizzata al Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, al Ministro delle Imprese e del Made in Italy e per conoscenza al Presidente del Consiglio, chiede che per contrastare il caro energia si cessi con interventi a pioggia finalizzati solo a ridurre la spesa energetica.

“Sarebbe invece più utile – spiega Italia Solare – abbattere la spesa energetica solo ai più bisognosi, utilizzando le risorse così liberate per favorire soluzioni strutturali contro il caro-energia, come l’installazione di impianti fotovoltaici e la fornitura di energia da fotovoltaico”.

Tre le priorità per gli operatori del settore
1. agevolare la realizzazione di nuovi impianti fotovoltaici, in particolare in autoconsumo, e le comunità energetiche, sia completando il quadro normativo, sia valutando misure di sostegno alle imprese produttive che si dotano degli impianti;
2. facilitare il trasferimento ai consumatori dell’energia prodotta da impianti fotovoltaici (e più in generale rinnovabili) già in esercizio poiché risulta essere la più economica;
3. applicare in modo equo e non discriminatorio il regolamento (UE) 2022/1854 del Consiglio del 6 ottobre 2022 relativo a un intervento di emergenza per far fronte ai prezzi elevati dell’energia, correggendo le storture generate da alcune disposizioni introdotte dal precedente governo. In particolare, i ricavi di mercato dei produttori ottenuti dalla produzione di energia elettrica siano limitati a un tetto massimo di 180 €/MWh nel periodo 1° dicembre 2022 – 30 giugno 2023.

A tal proposito ITALIA SOLARE manifesta forte preoccupazione sul provvedimento, inserito nella legge di bilancio, appena annunciato, che esclude dall’applicazione del cap gli impianti fotovoltaici incentivati. Si continua a non capire che gli impianti incentivati con il Conto Energia sono costati da 4 a 7 volte di più degli impianti attuali, mentre per la maggior parte degli impianti la somma incentivo + cessione energia, a causa del price cap a circa 60 euro/MWh, è compresa tra i 210 e i 310 euro/MWh, neanche 2 volte il price cap attualmente previsto nella legge di bilancio.

Non ultimo, ITALIA SOLARE sottolinea l’urgenza di una adeguata soluzione alla problematica della cessione del credito associata ai bonus edilizi che coinvolge numerosissime imprese del fotovoltaico.

ITALIA SOLARE è un’associazione di promozione sociale che sostiene la difesa dell’ambiente e della salute umana supportando modalità intelligenti e sostenibili di produzione, stoccaggio, gestione e distribuzione dell’energia attraverso la generazione distribuita da fonti rinnovabili, in particolare fotovoltaico. Promuove inoltre la loro integrazione con le smart grid, la mobilità elettrica e con le tecnologie per l’efficienza energetica per l’incremento delle prestazioni energetiche degli edifici.
“ITALIA SOLARE è l’unica associazione in Italia dedicata esclusivamente al fotovoltaico e alle integrazioni tecnologiche per la gestione intelligente dell’energia”.

www.italiasolare.eu

lettera aperta

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CONAI riduce i CAC. Scendono ancora i contributi ambientali per acciaio, legno, plastica, bioplastica e vetro. CONAI, valutati lo scenario attuale della filiera del riciclo degli imballaggi e i pareri dei Consorzi RICREA, RILEGNO, COREPLA, BIOREPACK e COREVE, ha stabilito nuove riduzioni del contributo ambientale (o CAC) per gli imballaggi in acciaio, legno, plastica, plastica biodegradabile e compostabile e vetro.

Tutti i Consorzi di filiera che hanno la responsabilità sui materiali oggetto delle riduzioni si trovano oggi nella condizione di poter attingere alle loro riserve economiche.
Inoltre, i valori dei materiali riciclati sul mercato, pur presentando in alcuni casi una prima significativa flessione, si mantengono ancora alti, e continuano a generare effetti positivi per il Sistema consortile, in particolare per acciaio, plastica e vetro.

Una situazione che permette così a CONAI di approvare nuove diminuzioni dei CAC per cinque materiali di imballaggio.
Le riduzioni saranno in vigore dal 1° gennaio 2023.

Si stima che le riduzioni appena approvate porteranno alle aziende risparmi da CAC per quasi 170 milioni di euro nel corso del 2023.

«Il contesto economico vede ovunque aumenti generalizzati, e i costi di produzione continuano a crescere per tutte le aziende del Paese» commenta il presidente CONAI Luca Ruini. «Pur in una congiuntura di mercato così delicata, un Consorzio di natura privata che persegue obiettivi pubblici riesce a ridurre i contributi ambientali per cinque materiali di imballaggio su sette. CONAI è garante del raggiungimento degli obiettivi di riciclo nazionali imposti dall’Europa, ed è un Consorzio sussidiario al mercato: interviene quando il mercato non ha interesse o non riesce ad avviare gli imballaggi a riciclo. Le variazioni dei contributi ambientali, quindi, sono fortemente influenzate dal mercato. Ma, quando il mercato lo consente, CONAI fa la sua parte insieme ai Consorzi di filiera per andare incontro alle aziende: è quello che stiamo facendo oggi con queste riduzioni dei CAC».

I nuovi valori del CAC dal 1° gennaio

Gli imballaggi in acciaio
Il valore del CAC per l’acciaio si abbassa da 8 a 5 euro/tonnellata.
Pur in presenza di un raffreddamento dei valori del rottame rispetto ai valori molto sostenuti del primo semestre, la politica di valorizzazione del prezzo di vendita da un lato e il ricorso al mercato da parte dei soggetti convenzionati dall’altro, per i primi mesi del 2022, hanno consentito un’ulteriore riduzione del contributo per l’anno prossimo.
Dal 1° gennaio 2023 il risparmio previsto per gli utilizzatori di imballaggi in acciaio si stima in circa un milione e 600mila euro.

Gli imballaggi in legno
Il valore del CAC per il legno si riduce da 9 a 8 euro/tonnellata.
Una variazione legata alla positiva situazione patrimoniale del Consorzio RILEGNO.
Dal 1° gennaio 2023 il risparmio previsto per gli utilizzatori di imballaggi in legno si stima in 2 milioni e 700mila euro.

Gli imballaggi in plastica
Entra in vigore dal 1° gennaio 2023 la classificazione degli imballaggi in plastica in nove fasce con differenti valori contributivi, come annunciato lo scorso giugno.
Prosegue così il duplice impegno di CONAI per legare sempre più i valori del contributo ambientale sia all’effettiva riciclabilità e al circuito di destinazione sia al deficit di catena, ossia al rapporto fra costi e ricavi delle attività di raccolta, selezione e riciclo degli imballaggi.

La vecchia fascia A1, il cui CAC era pari a 60 euro/tonnellata, sarà divisa in due: A1.1 e A1.2, per separare gli articoli sui quali COREPLA riconosce un corrispettivo per le attività di rigenerazione e riciclo (fusti e cisternette IBC, che saranno in fascia A1.2).
Per la A1.2 il CAC resta invariato. Per la A1.1, invece, scende a 20 euro/tonnellata.
Invariata la fascia A2, e invariato anche il suo CAC (150 euro/tonnellata).

Segmentata in due fasce anche la B1: si divide in B1.1 e B1.2, con l’obiettivo di separare gli articoli in PET (in B1.2) dagli articoli in HDPE (che saranno in B1.1).
Per entrambe le fasce il CAC rimane pari a 20 euro/tonnellata.
Si scompone in tre fasce la vecchia fascia B2.
I contenitori rigidi in polipropilene rientreranno in B2.1, per cui il CAC passa da 410 a 350 euro/tonnellata.
Gli articoli riciclabili a base poliolefinica passano nella fascia B2.2, il cui CAC resta pari a 410 euro/tonnellata.
Nasce invece la fascia B2.3 per accogliere quegli imballaggi con filiere di riciclo sperimentali e in consolidamento, che escono dalla fascia C. Per loro, un passaggio dai 560 euro/tonnellata della fascia C a 555 euro/tonnellata.

La fascia C, pur assottigliata, resta in vigore per gli imballaggi non ancora selezionabili o riciclabili allo stato delle tecnologie attuali. Per loro il CAC non varia: 560 euro/tonnellata.

Un percorso complesso, ma che vuole allinearsi ai criteri di modulazione del contributo ambientale indicati dalla legge, in particolare durevolezza, riparabilità, selezionabilità, riutilizzabilità, riciclabilità e presenza di eventuali sostanze pericolose.

Dal 1° luglio 2023 sono previsti aumenti per tre fasce del CAC plastica al fine di correlarne i valori sempre di più ai costi necessari per avviare a riciclo le tipologie di imballaggi in plastica incluse in quelle fasce.
Il CAC della fascia A1.2 passerà da 60 a 90 euro/tonnellata. Il CAC della A2 da 150 a 220 euro/tonnellata. E il CAC della B2.2 da 410 a 477 euro/tonnellata.
Nonostante questi aumenti il contributo medio per gli imballaggi in plastica nel 2023 si conferma in diminuzione rispetto al 2022.

«Tre aumenti che abbiamo deciso di far entrare in vigore solo nel secondo semestre» spiega il presidente Ruini. «Sono costi già necessari per avviare correttamente a riciclo quei polimeri plastici, ma abbiamo voluto questa dilazione per dare alle aziende un piccolo aiuto in vista dell’inverno complicato che ci aspetta».

Gli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile
Il valore del CAC per la bioplastica compostabile si riduce da 294 a 170 euro/tonnellata.
Il Consorzio BIOREPACK, riconosciuto nel novembre 2020, alla luce del primo biennio di attività, è entrato nel pieno dell’operatività; ciò consente una riduzione del contributo ambientale per le bioplastiche.
Dal 1° gennaio 2023 il risparmio previsto per gli utilizzatori di imballaggi in bioplastica compostabile si stima in circa 9 milioni e 400mila euro.

Gli imballaggi in vetro
Il valore del CAC per il vetro passa da 29 a 23 euro/tonnellata.
Continua la forte richiesta di rottame di vetro, i cui valori di mercato rimangono molto alti. E, come per gli altri Consorzi coinvolti nelle nuove riduzioni dei contributi ambientali, anche per COREVE le riserve patrimoniali sono sufficienti a permettere una rimodulazione al ribasso del CAC per gli imballaggi in vetro.
Dal 1° gennaio 2023 il risparmio previsto per gli utilizzatori di imballaggi in vetro si stima in circa 16 milioni di euro.

Entra nel vivo il nuovo progetto di semplificazione
Come annunciato durante i mesi estivi, parte con il 2023 il progetto di semplificazione che consentirà, dopo una prima fase sperimentale, l’abolizione delle dichiarazioni periodiche del contributo ambientale, qualora si mettano a disposizione di CONAI alcuni dati contenuti nelle fatture elettroniche emesse dai produttori e dai commercianti di imballaggi.
Saranno preventivamente divulgate le modalità tecniche e operative per accedere, su base volontaria dei consorziati, al nuovo modello dichiarativo.

Le procedure semplificate per l’import
Le riduzioni avranno effetti anche sulle procedure forfettarie/semplificate per importazione di imballaggi pieni, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2023.
L’aliquota da applicare sul valore complessivo delle importazioni (in euro) diminuirà da 0,13 a 0,12% per i prodotti alimentari imballati; resterà invece invariata quella relativa ai prodotti non alimentari imballati (0,06%).
Il contributo mediante il calcolo forfettario sul peso dei soli imballaggi (tara) delle merci importate (peso complessivo senza distinzione per materiale) scenderà dagli attuali 61 a 59 euro/tonnellata.

I nuovi valori delle altre procedure semplificate saranno a breve disponibili sul sito CONAI.

www.conai.org

MIND logistica lastmile. Federated Innovation @MIND avvia il progetto di sperimentazione per identificare soluzioni di guida autonoma nella logistica di ultimo miglio.

L’iniziativa è frutto della collaborazione di due delle aree tematiche di Federated Innovation @MIND: Mobility & Logistics e Retail Tech, dedicate a progetti di mobilità sostenibile e nuove tecnologie per la vendita al dettaglio.

Droni terrestri in grado di garantire la mobilità delle merci e le necessarie operazioni di logistica – anche in termini di economia circolare e logistica condivisa – senza l’ausilio dell’autista.
Va in questa direzione l’iniziativa d’innovazione organizzata dalle aree tematiche Mobility & Logistics e Retail Tech di Federated Innovation @MIND, volta a individuare le opportunità derivanti dall’utilizzo della guida autonoma nell’ambito della logistica di ultimo miglio.
Sono stati presentati i sistemi delle più promettenti startup mondiali del settore che metteranno a disposizione di Federated Innovation @MIND gli ultimissimi modelli prodotti, in modo da poter identificare un progetto pilota per la sperimentazione che prenderà il via nel 2023 all’interno del distretto di MIND.

L’iniziativa è nata nei primi mesi del 2022 dalla sinergia tra due aree tematiche del consorzio Federated Innovation @MIND (che riunisce le aziende che intendono collaborare in un ambiente virtuoso per accelerare la traduzione di idee in nuovi prodotti, processi e servizi innovativi): l’area Mobility & Logistics (di cui fa parte Poste Italiane), volta a creare soluzioni di mobilità urbana sostenibile e de-carbonizzata, e quella Retail Tech (con Esselunga, Signify e VSBLTY), che si pone l’obiettivo di individuare servizi a valore aggiunto per i consumatori, nuove esperienze di customer journey, soluzioni per rendere la supply chain più resiliente e sostenibile.

Il fine è quello di vagliare le opportunità offerte dall’ecosistema tecnologico digitale per sviluppare un nuovo modello di guida autonoma con il minimo impatto ambientale e che possa consegnare merci e prodotti, facendo leva sul distretto MIND come banco di prova. L’iniziativa d’innovazione si pone infatti l’obiettivo di testare e validare all’interno di MIND la fattibilità tecnica del modello di servizio di mobilità a guida autonoma entro il 2023.

Il modello di mobilità interna prevede pedonalità, ciclabilità, un’offerta multimodale di servizi di trasporto pubblico e in condivisione, una logistica delle merci sostenibile (nello specifico elettrica) e innovativa, driverless e ad alto contenuto tecnologico anche per quel che riguarda i sistemi di gestione, controllo e di informazione.

L’iniziativa è uno dei risultati del modello su cui si basa Federated Innovation @MIND: “collaborate to compete”. Un modello che supera l’open innovation classica, volto a generare iniziative di ricerca e innovazione, favorire il trasferimento tecnologico e la contaminazione di idee su una piattaforma aperta alla collaborazione di tutte le aziende, università ed enti coinvolti, e con una struttura legale a tutela della proprietà intellettuale.

La giornata, oltre alla presentazione dei sistemi driverless, ha previsto un Workshop volto a identificare i principali trend tecnologici in atto nel settore della guida autonoma e le opportunità di utilizzo nel last mile delivery. Proprio in quest’ottica è stato presentato un White Paper sullo stato dell’arte della guida autonoma nel panorama nazionale, che traccia come le tecnologie influenzano il settore dei trasporti e l’evoluzione che il comparto avrà entro il 2030, evidenziando punti di forza e rischi, impegno degli attori pubblici e privati, la normativa e le soluzioni presenti sul mercato italiano ed europeo.

“Ognuna delle 11 aree tematiche in cui è divisa Federated Innovation @MINd sta dando i suoi frutti e creando dei progetti concreti, che rappresentano l’eccellenza dell’innovazione in Italia – sostiene Tommaso Boralevi, Presidente di Federated Innovation @MIND. – L’iniziativa delle aree Mobility & Logistics e Retail Tech è la prova dell’efficacia del modello di collaborazione su cui si basa Federated Innovation @MIND: un modello che, come in questo caso, ha permesso alle aziende coinvolte di individuare i migliori progetti tecnologici e alle startup di sviluppare soluzioni che possano atterrare con successo sul mercato e fare la differenza.”

“I droni terrestri e più in generale la guida autonoma non sono altro che il paradigma necessario alla realizzazione di un sistema di circular economy basato sostanzialmente sulla sharing economy. Infatti, la condivisione intelligente di spazi (magazzini, piazzole di carico/scarico, banchine, terminali), veicoli e carichi può avere sul nostro sistema logistico un effetto paragonabile a quello del passaggio dei sistemi di telefonia dall’analogico al digitale. L’avvento della guida autonoma renderà più naturale il salto verso l’utilizzo del veicolo, senza necessariamente averne un possesso esclusivo. In questo scenario la condivisione di piattaforme logistiche, di magazzini di prossimità in città e dei veicoli – come avverrà nel distretto di MIND – sono driver molto interessanti, già presenti oggi nel settore, che debbono essere analizzati e studiati nel dettaglio per fornire alle aziende e ai decision maker gli elementi necessari per uno sviluppo mirato che riporti l’uomo centrale nel modello di sviluppo” conclude Massimo Marciani, Ambassador dell’area Mobility & Logistics.

Federated Innovation @MIND, nata all’interno di MIND Milano Innovation District a febbraio 2021, è un progetto innovativo che riunisce le aziende che intendono collaborare in un ambiente virtuoso per accelerare la traduzione di idee in nuovi prodotti, processi e servizi che contribuiscano al rilancio economico del Paese. Promosso da Lendlease in qualità di responsabile della progettazione e dello sviluppo privato di MIND, con il contributo di Cariplo Factory come facilitatore dei processi di innovazione, il modello, nel rispetto delle normative antitrust, intende andare oltre l’open innovation e l’innovazione proprietaria, e si basa su un framework legale unico che consente di raccogliere nuove idee, progetti e visioni, di svilupparle in maniera rapida e lineare con modalità operative e procedure predefinite, al fine di metterle a disposizione di tutti, agendo in questo modo da “sviluppatore dell’innovazione”. Federated Innovation @MIND è il punto di compimento dello sviluppo dell’ecosistema MIND che ha portato alla creazione di una nuova entità legale per guidare e coordinare il processo di creazione di innovazione in MIND.

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Carbonizzazione Italia. «Mentre l’attenzione di chi segue le tematiche ambientali ed energetiche è focalizzata sul famigerato articolo 4, il cosiddetto “Sbloccatrivelle” contenuto nel decreto Aiuti Quater e pubblicato nelle scorse ore in Gazzetta Ufficiale, rischia di passare in secondo piano una piccola, rivelatrice, modifica che compare nel comma 1 all’articolo 6 dello stesso decreto, che tratta di “qualcosa” che ha a che fare con il Ministero della Difesa. La parola “decarbonizzazione” viene infatti sostituita dal termine “ottimizzazione”.
Che cosa comporta questo cambio?
E quale ricaduta pratica potrebbe avere questa scelta lessicale sul PNRR?
La Commissione Europea è al corrente del fatto che in Italia il sistema energetico non dovrà più essere decarbonizzato ma “ottimizzato”
?». È quanto chiede Alessandro Giannì, Direttore delle Campagne di Greenpeace Italia, commentando il provvedimento dl governo Meloni.

Non è infatti ancora chiaro come ciò possa impattare sul piano presentato all’Unione Europea, in cui termini come “decarbonizzare” e simili sono citati 24 volte.
Almeno due delle Missioni del Piano (M2, Rivoluzione verde e transizione ecologica, e M3, Infrastrutture per una mobilità sostenibile) per un totale complessivo di 101,39 miliardi di euro (fondi PNRR, React EU e Fondo complementare) si basano palesemente su obiettivi di decarbonizzazione.

Ad esempio, la componente M2C2 (Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile, finanziata con 23,78 miliardi di euro si basa su questa premessa, dove a pagina 133 si legge: “L’obiettivo di questa componente è di contribuire al raggiungimento degli obiettivi strategici di decarbonizzazione attraverso cinque linee di riforme e investimenti, concentrate nei primi tre settori.”.

«Intervenendo solo pochi giorni fa al vertice sui cambiamenti climatici di Sharm El-Sheik (COP27), Meloni ha dichiarato al mondo intero che l’Italia farà la sua parte per il clima. Ma in che modo? Aggravando la crisi climatica in corso?», continua Giannì. «Puntare su trivelle, rigassificatori e depositi di gas vuol dire ignorare gli urgenti appelli della comunità scientifica, che ci invita ad abbandonare al più presto i combustibili fossili, per continuare a favorire le solite compagnie fossili, che stanno macinando extraprofitti miliardari, mentre le persone subiscono gli impatti dei cambiamenti climatici e faticano ormai anche a pagare le bollette».

Nell’immagine: una soluzione alternativa ed accessibile di produzione pulita di energia generata con impianti da vapore geotermico (sito in Larderello, Toscana).

www.greenpeace.org/it

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Osservatorio H2IT. I numeri sul comparto idrogeno italiano: crescono gli investimenti delle aziende, che ora aspettano nuovi strumenti incentivanti dalla politica. Nonostante caro materiali e crisi energetica la filiera continua a svilupparsi. La collaborazione batte la competizione: le innovazioni nascono dalle partnership tra le imprese

La filiera dell’idrogeno svolge un ruolo da protagonista nel percorso per far diventare l’Europa il primo continente a zero emissioni entro il 2050, l’obiettivo della strategia energetica messa a punto dall’UE e supportata in Italia anche dai finanziamenti del PNRR.

Qual è lo stato dell’arte del settore?
Per rispondere a questa domanda, H2IT – Associazione italiana idrogeno e celle a combustibile, in collaborazione con la Direzione Studi e Ricerche e l’Innovation Center di Intesa Sanpaolo, ha presentato oggi a Key Energy, la fiera di riferimento per il mercato delle energie rinnovabili, l’Osservatorio H2IT: I numeri sul comparto idrogeno italiano.
L’analisi rappresenta un’anteprima dei risultati dell’Osservatorio sulle imprese associate ad H2IT (grandi, medie e piccole imprese, start-up) che rappresentano tutta la catena del valore dell’idrogeno dalla produzione fino agli usi finali.
Dall’inchiesta condotta nel mese di ottobre dalla Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo, emerge la fotografia di un settore in crescita ma ancora poco sviluppato (l’incidenza dell’idrogeno sul fatturato totale è stata pari in media al 6% nel 2021) ed unico nel panorama manifatturiero nazionale per la forte presenza di alleanze di tipo industriale: per oltre il 70% delle aziende del campione, l’innovazione in ambito idrogeno nasce dalla collaborazione con altre aziende, fattore che lo rende quindi terreno fertile per l’open innovation.

Dall’indagine svolta emerge chiaramente il ruolo centrale degli investimenti per le imprese della filiera dell’idrogeno, che si trovano ad affrontare le importanti sfide, tecnologiche e non, poste dalla transizione energetica. In generale, più del 70% delle imprese ha al suo interno un’area R&D dedicata esclusivamente all’idrogeno ed il 7% ha comunque intenzione di strutturarsi in tal senso.
Andando a vedere le aspettative per fine anno, più della metà degli intervistati (67%) chiuderà il 2022 con un aumento degli investimenti rispetto al 2021. L’innovazione tecnologica dell’idrogeno avviene ancora in modo prevalente con mezzi propri (in media il 67% del totale finanziato).
È ancora marginale, invece, il peso dei fondi pubblici, sia europei (13%) che nazionali e regionali (10%), utilizzati maggiormente dalle aziende più piccole che hanno un minore accesso al capitale privato (banche e fondi).
Ciononostante, la partecipazione a bandi pubblici è elevata, sia nel caso di bandi europei (60% delle imprese) sia nel caso di bandi nazionali (72%). In termini di fatturato, il 62 % delle aziende si aspetta una crescita a fine 2022 rispetto al 2021.

Che impatto stanno avendo crisi energetica, aumento dei prezzi delle materie prime e scenario geopolitico incerto?
Nonostante le difficoltà macroeconomiche del momento, lo sviluppo del comparto idrogeno non si è arrestato. Per la metà del campione, il loro coinvolgimento nel mercato dell’idrogeno non è pregiudicato dal contesto attuale.
Per alcune imprese ci sono addirittura dei risvolti positivi: il 38% scorge in questa situazione nuove opportunità di business e sta quindi accelerando gli investimenti.
L’accelerazione che l’attuale contesto economico e geopolitico sta dando alla transizione energetica può quindi beneficiare la crescita del settore.

Riguardo all’occupazione
Nel suo studio “Pianeta Idrogeno” del 2021, l’Enea afferma che il mercato dell’idrogeno solo per l’Italia potrebbe generare da 300 a 500 mila posti di lavoro in più entro il 2050. Un’ottima notizia, che però si scontra con la realtà attuale.
Secondo le imprese, il settore dell’idrogeno subisce le difficoltà nel trovare figure specializzate sia a livello tecnico operativo che progettuale: il 66% dei profili ricercati sarebbe di difficile reperimento, con punte del 77 % per i tecnici specializzati. Le imprese hanno, inoltre, una significativa esigenza di inserire project manager, a testimonianza dell’importanza che le attività progettuali e prototipali hanno in questa fase iniziale di sviluppo industriale del settore.

Quali sono le altre criticità che bloccano lo sviluppo del comparto?
Le aziende soffrono soprattutto la mancanza di un quadro normativo chiaro (79%) insieme all’incertezza di una domanda di mercato non ancora definita (69%). Circa la metà teme, inoltre, che la generazione da rinnovabili sarà insufficiente per la produzione dell’idrogeno verde, ed è ancora elevata la quota di aziende (50%) che ritiene troppo elevati i costi delle tecnologie. A questo si aggiunge che gli obiettivi di Repower EU di produzione a livello europeo di 10 milioni di tonnellate di idrogeno verde nel 2030 vengono ritenuti raggiungibili solo con forti interventi di policy (secondo l’83%).

Non sorprende, quindi, che le misure indicate dalle aziende come prioritarie per lo sviluppo del settore siano tutte riferite all’intervento pubblico: come, ad esempio, la definizione di normative e regolamenti a livello nazionale, seguita da maggiori investimenti per la creazione della domanda e dalla definizione di piani strategici a livello nazionale.

“La sensibilità dei legislatori europei ed italiani e dell’opinione pubblica nei confronti dell’idrogeno non è mai stata così alta – ha dichiarato Alberto Dossi, Presidente di H2IT. – La crisi energetica sta spingendo i Paesi del Vecchio Continente, Italia compresa, a cercare alternative all’approvvigionamento classico, e si iniziano a vedere i primi risultati. La filiera, costituita sia da realtà affermate che giovani, è molto consapevole: nel nostro mercato si creano sempre nuove collaborazioni e alleanze finalizzate alla creazione di tecnologia e innovazione. Se sostenuto nella maniera adeguata, da qui al 2030 l’idrogeno darà un contributo fondamentale per decarbonizzare molti settori, come i trasporti e quelli hard-to-abate, sui quali si è concentrata la maggior parte dei fondi per l’idrogeno del PNRR.
Per realizzare il sogno di un’Italia e un’Europa a emissioni zero, serve puntare anche su un vettore unico come l’idrogeno, specialmente su quello verde, prodotto da energie rinnovabili e sicuro protagonista del mix energetico del futuro. Dalla sua nascita, H2IT cerca di stimolare la collaborazione e dare una voce unica alla filiera anche in sede politica, per questo chiediamo alle istituzioni un ulteriore sforzo su strumenti incentivanti e interventi legislativi semplificativi, specialmente a fronte degli investimenti privati degli ultimi anni.”

“In uno scenario altamente complesso e incerto, soprattutto sul versante energetico, è necessario accelerare sul piano della transizione energetica – hanno dichiarato Letizia Borgomeo e Anna Maria Moressa, economiste della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, che hanno curato l’analisi. – “L’idrogeno avrà un ruolo importante in questo senso, e non a caso, quasi il 40% delle imprese intervistate segnala come nell’attuale contesto si stiano creando nuove opportunità di business, ampliando i propri investimenti. La presenza in Italia di una filiera completa e competitiva come quella che emerge da questa prima analisi è un punto di partenza importante: sarà cruciale nei prossimi anni affiancare gli investimenti delle imprese con adeguati interventi normativi e di policy che rendano più chiare le strategie nazionali di sviluppo del settore e, soprattutto, formino quelle figure professionali che le imprese stentano a trovare: oltre due terzi delle imprese dichiara di faticare a trovare tecnici specializzati.
L’idrogeno, insieme a tutte le altre tecnologie necessarie alla decarbonizzazione e alla transizione energetica, può offrire significative opportunità di crescita al tessuto manifatturiero italiano; è importante esserne consapevoli ed agire di conseguenza come sistema paese per evitare di sprecare questa occasione”.

L’Osservatorio è nato nell’ambito del progetto INNOVAHY, sviluppato nel 2021 in collaborazione da H2IT e Intesa Sanpaolo Innovation Center. L’iniziativa è volta a favorire il percorso di crescita di PMI innovative e start-up del settore idrogeno e per incoraggiare la nascita di nuove realtà.

Nota metodologica
L’indagine è stata svolta nel mese di ottobre 2022 dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, in collaborazione con H2IT, sui soci dell’Associazione. Il campione di imprese dell’analisi preliminare conta 42 rispondenti sui 68 contattati, distribuiti uniformemente tra le varie classi di fatturato: micro, piccole, medie, grandi e grandissime imprese.

H2IT – Associazione italiana idrogeno e celle a combustibile aggrega grandi, medie e piccole imprese, centri di ricerca e università che lavorano nel settore dell’idrogeno.
Conta attualmente 116 soci che rappresentano tutta la catena del valore dell’idrogeno dalla produzione fino agli usi finali, comprendendo aziende che si occupano della logistica dell’idrogeno per il suo trasporto, distribuzione e stoccaggio, imprese che sviluppano le tecnologie quali elettrolizzatori e celle a combustibile, aziende della componentistica, imprese che sviluppano sistemi per l’utilizzo dell’idrogeno nei settori della mobilità, del residenziale della produzione di energia e dell’industria.
Costituita nel 2005, H2IT si è posta di raggiungere gli obiettivi di stimolare la creazione dell’infrastruttura per l’uso dell’idrogeno, essere portavoce degli attori del settore e assicurare un ruolo di leadership per l’Italia nel mercato mondiale.

Intesa Sanpaolo Innovation Center è la società del Gruppo Intesa Sanpaolo dedicata alla frontiera dell’innovazione: esplora scenari e tendenze future, sviluppa progetti di ricerca applicata, supporta startup ad alto potenziale e accelera la trasformazione delle imprese secondo i criteri dell’open innovation e dell’economia circolare, per fare di Intesa Sanpaolo la forza trainante di un’economia più consapevole, inclusiva e sostenibile. Con sede nel grattacielo di Torino progettato da Renzo Piano e un network nazionale e internazionale di hub e laboratori, l’Innovation Center è un abilitatore di relazioni con gli altri stakeholder dell’ecosistema dell’innovazione – come imprese tech, startup, incubatori, centri di ricerca e università – e un promotore di nuove forme d’imprenditorialità nell’accesso ai capitali di rischio. Le attività principali su cui si concentra il lavoro di Intesa Sanpaolo Innovation Center sono la circular economy, lo sviluppo delle startup più promettenti, il corporate venture capital –attraverso la controllata Neva Sgr – e la ricerca applicata.

Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo è uno dei principali centri di ricerca economica e finanziaria del Paese. La sua mission è quella di produrre analisi indipendenti e imparziali e contribuire al dibattito economico sui principali problemi strutturali del Paese e sui temi di economia internazionale più rilevanti per il Gruppo. In particolare, l’Ufficio Industry Research, che ha curato quest’indagine, produce analisi congiunturali, analisi strutturali e scenari previsivi sui settori produttivi dell’economia italiana, sui distretti industriali e sulle economie locali.

H2IT

www.intesasanpaolo.com

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Modifica mercato elettrico. La crisi energetica che stiamo attraversando si accompagna all’attesa di una forte crescita delle fonti rinnovabili, mentre le fossili andranno verso un progressivo ridimensionamento per ridurre i rischi geopolitici e rafforzare l’indipendenza energetica. Efficienza energetica e più rinnovabili potranno ridurre i prezzi in futuro, ma occorrerà comunque ridisegnare il mercato elettrico per adeguarlo all’evoluzione della struttura industriale della generazione e delle infrastrutture in vista degli obiettivi di decarbonizzazione del sistema elettrico.

Lo ha detto Alessandro Marangoni, ceo di Althesys, intervenendo a Key Energy all’incontro “Il settore elettrico del futuro. Rinnovabili, crisi energetica e innovazione disegnano il mercato al 2030”. “Entro una decina d’anni – ha sottolineato l’economista – grazie all’elettrificazione si ridurrà la domanda complessiva di combustibili fossili. Rimarranno comunque elementi di criticità, che dovranno essere affrontati per poter avere un mercato elettrico più efficiente”.

Per elettricità e gas in due anni tutto è cambiato
Cos’è successo nel mercato dell’energia dal 2020 a oggi?
Nel giro di due anni si è passati da prezzi del gas che erano ai minimi storici a causa della pandemia (8 €/MWh a fronte di una domanda elettrica al suo minimo da inizio secolo) ai record verso l’alto del 2021 e 2022, con quotazioni oltre i 100 €/MWh già prima della guerra in Ucraina, per triplicare ad agosto. Nei primi otto mesi di quest’anno, la domanda di energia elettrica è poi tornata ai livelli pre-Covid, con prezzi superiori a 100 €/MWh da luglio 2021 e oltre 200 €/MWh da ottobre e un picco di 540 €/MWh nell’agosto scorso. E oggi, fortunatamente, grazie anche al clima mite e al riempimento degli stoccaggi, si assiste a un nuovo drastico calo dei prezzi del gas, mentre il PUN giornaliero è tornato sotto i 200 €/MWh dopo quattro mesi.

Tre ipotesi per una riforma del mercato
Dopo anni di dibattito si torna a parlare di come deve essere riformato il mercato elettrico, contemperando l’esigenza di contenere i costi delle bollette con quella di favorire la transizione energetica spingendo lo sviluppo delle fonti rinnovabili.
Althesys ha analizzato tre diverse opzioni teoriche di funzionamento del mercato elettrico: quello attuale di System Marginal Price (SMP), quello del Pay as Bid (PAB) e un terzo, che prevede la scissione in due diversi segmenti di mercato: uno spot con l’attuale meccanismo del SMP per la generazione termoelettrica e uno forward per le rinnovabili, con prezzo fisso nel lungo periodo.
SMP sarebbe il meccanismo più costoso in tutti gli scenari di prezzo del gas, il PAB il più economico. Il modello di due mercati darebbe risultati intermedi e simili al SMP sono nel caso di bassi prezzi del gas.

Le simulazioni forniscono indicazioni piuttosto chiare circa gli effetti sui prezzi
Dovranno poi essere esaminati gli aspetti regolatori ed attuativi, anche alla luce del quadro normativo europeo.
Se queste sono le ipotesi per il medio e lungo periodo, come affrontare l’emergenza oggi?
Le misure messe finora in campo dall’Italia per fronteggiare il “caro bollette” sono state adeguate?
Si sarebbe potuto fare qualcosa di diverso e di migliore?

Una risposta potrebbe arrivare dalle misure adottate in Spagna
Althesys ha analizzato anche cosa sarebbe successo se l’Italia avesse introdotto il Tetto al prezzo del gas per la generazione elettrica del tipo “TOPE” di Spagna-Portogallo.
Secondo le stime svolte dal team diretto da Marangoni, il tetto al prezzo del gas avrebbe permesso di risparmiare il 21%-23% del costo di approvvigionamento elettrico, cioè tra i 15,7 e i 17,5 miliardi di euro. L’applicazione di questa misura non sarebbe, tuttavia, così semplice, comportando, tra l’altro, la necessità di non favorire le esportazioni a spese dei consumatori italiani, oltre alla compatibilità con le normative europee sugli aiuti di Stato.

Althesys è una società professionale indipendente specializzata nella consulenza strategica e nello sviluppo di conoscenza. Opera con competenze di eccellenza nei settori chiave di ambiente, energia, infrastrutture e utility, nei quali assiste imprese e istituzioni.

NET – New Electricity Trends è il modello di sistema elettrico sviluppato da Althesys per la simulazione e il forecast di lungo termine. Supporta operatori di mercato e istituzioni nel disegnare le politiche e le strategie aziendali, nella pianificazione energetica e finanziaria degli investimenti.
La sua flessibilità consente di confrontarsi con le complessità del mercato elettrico, dando più valore agli utenti in diverse applicazioni.

www.althesys.com

NET