Green Lab evento Mobilità Sostenibile: tecnologie, incentivi e partnership per l’elettrificazione urbana. La prima edizione dell’evento IKN pensato per ridefinire i confini della mobilità.
IKN Italy annuncia la prima edizione di Green Lab, l’evento dove scoprire la roadmap per la transizione di aziende pubbliche e private alla mobilità elettrica, sostenibile, connessa e smart. In programma a Milano il prossimo 24 febbraio, l’appuntamento avrà come focus:
“Mobilità Sostenibile: tecnologie, incentivi e partnership per l’elettrificazione urbana”.
All’interno del PNRR rilasciato dal Governo Italiano sono indirizzati 18,71 miliardi di euro al settore, con la finalità di arrivare al 2026 con la creazione di infrastrutture per liberare le città metropolitane italiane dalla soffocante congestione del traffico automobilistico e portare il Paese ad essere più competitivo per energie rinnovabili, elettrificazione ed economica circolare.
Spostarsi in bicicletta o in monopattino, preferire l’auto ibrida o elettrica a quella a benzina, utilizzare il trasporto pubblico, ricorrere allo sharing o pooling di veicoli: sono alcuni dei comportamenti che caratterizzano la mobilità sostenibile nelle città metropolitane.
Green Lab si rivolge ai manager che guidano le imprese nello sviluppo di strategie e soluzioni alternative in tema di mobilità connessa, autonoma, smart ed elettrica, di sostenibilità e di rigenerazione urbana che avranno l’opportunità di confrontarsi con i massimi esperti del settore in merito ad agevolazioni, Bonus e Incentivi previsti dal PNRR in tema di mobilità sostenibile. Avranno anche modo di venire a conoscenza dei modelli urbanistici delle grandi metropoli – per scoprire come la PA e gli enti locali si stanno attivando per l’elettrificazione della mobilità cittadina trasformandosi in grandi reti di scambio fra mezzi e infrastrutture, produttori di energia per ridurre l’inquinamento atmosferico e acustico. Sarà, inoltre, un’occasione per confrontare le diverse soluzioni messe in atto da Fleet e Mobility Manager delle aziende italiane e internazionali per comprendere come la tecnologia digitale possa essere impiegata al servizio dell’uomo per promuovere una mobilità accessibile a tutti, attraverso la riduzione dell’inquinamento e la creazione di flussi di mobilità smart.
Sarà inoltre possibile scoprire la vision di oltre 15 case study provenienti dalle più influenti realtà del mercato italiano per comprendere come cambia la mobilità grazie alle nuove tecnologie digitali, alle nuove esigenze del cittadino moderno e a seguito delle conseguenze della pandemia.
I partecipanti potranno trarre ispirazione da 1 case study internazionale per conoscere soluzioni, progetti di design urbano e di viabilità cittadina sempre più green life.
Green Lab è rivolto alle seguenti figure aziendali:
Responsabile E-mobility, Future Mobility, Smart Cars, Responsabile IT, Responsabile Commerciale e Marketing di Case Auto, Direzione Mobilità/Direzione Ambiente di Enti Locali, Direzione di aziende di Trasporto Pubblico, Responsabile Marketing e Commerciale di Servizi di Sharing, Responsabile Flotte Aziendali , Progettisti Urbani , Responsabile Marketing e Commerciale di Dealer.
PROGETTI DELLA COMMISSIONE EUROPEA PER INCENTIVARE UNA MOBILITÀ SOSTENIBILE
Le auto elettriche raggiungerebbero una quota di mercato dell’85% entro il 2035, con la restante quota di mercato presidiata ancora dai veicoli a combustione, impedendo così all’Unione Europea di centrare l’obiettivo di zero emissioni che si è posta per il 2050.
A differenza dei 5 miliardi assegnati ai piani di elettrificazione della Germania, il nostro PNRR prevede solo 750 milioni stanziati per la realizzazione delle infrastrutture di ricarica.
Inspirational Speech dedicato alle politiche attive europee per la mobilità sostenibile: intervento di Eleonora Evi, Eurodeputata di Europa Verde al Parlamento Europeo:
– STABILIRE un obiettivo legalmente vincolante affinché tutti i nuovi veicoli siano a zero emissioni entro il 2030
– PUNTARE sui veicolo a zero emissioni
– NON CONCEDERE alcun incentivo per l’acquisto di veicoli a combustibili sintetici e avanzati che rallentano fortemente il raggiungimento dell’obiettivo zero emissioni
IKN Italy è l’acronimo di:
“I” come INSTITUTE: IKN Italy nasce da Istituto Internazionale di Ricerca. Grazie all’esperienza maturata in più di 30 anni di attività, si posiziona all’interno di una rete internazionale in grado di proporre sia tematiche di grande attualità e interesse, sia relatori di alto livello. La reale fotografia di IKN la “scattano” i numeri di questi 30 anni: oltre 70.000 partecipanti, 20.000 aziende e 10.000 tra relatori e docenti; numeri che posizionano IKN leader indiscusso nel suo settore.
“K” come KNOWLEDGE: ricerca continua e ascolto del mercato garantiscono a IKN Italy lo sviluppo di una formazione e informazione uniche, esclusive e non “googlabili”, fruibili in modalità sia fisica sia online, per ispirare il cambiamento e promuovere l’innovazione nelle aziende.
I settori nei quali IKN è presente sono: Farmaceutico e Dispositivi Medici, Energy & Utilities, Sanità, Banca e Assicurazioni, Retail e GDO, Industrial, Logistica, Green & Sostenibilità, Marketing e Vendite, Project Management.
“N” come NETWORKING: La rete di IKN Italy permette di organizzare eventi e iniziative formative che diventano occasioni di incontro per condividere esperienze uniche e sviluppare nuove partnership. Le iniziative di IKN Italy generano relazioni ad alto valore aggiunto, attraverso incontri B2B qualificati.
L’Azienda è certificata UNI EN ISO 9001 : 2008 e qualificata per la presentazione di piani formativi finanziati da organi istituzionali e fondi interprofessionali.
24 febbraio – Milano – UNA Hotel Expo Fiera
– BYinnovation è Media Partner di Green Lab
Trattamento rottame ferroso. Come all’inizio del 2021, anche in chiusura d’anno è stata la contrazione delle forniture di materie prime a segnare lo scenario del mercato globale.
Tutte le imprese manifatturiere italiane segnalano, oltre alla già nota battuta d’arresto del ferro, ulteriori notevoli difficoltà anche nell’approvvigionamento di materie plastiche, acciaio, gomma, e altri materiali. E quanto sia difficile reperirli a prezzi competitivi.
Nuova Oleodinamica Bonvicini, industria meccanica d’eccellenza a livello mondiale per la realizzazione di cilindri oleodinamici, sta continuando a fronteggiare la difficoltà di reperimento di materie prime, comune a tutte le imprese, ponendosi quale player strategico nelle dinamiche industriali connesse all’economia circolare.
L’azienda ha deciso di perseguire sulla strada della razionalizzazione del comparto produttivo per cogliere da un clima generale di difficoltà, nuove sfide e nuove opportunità. Prima fra tutte, quelle legate al settore del Recycling: il forte aumento dei prezzi del rottame ha portato gli end users del settore a nuovi investimenti sui macchinari per il trattamento del rottame.
Questa tipologia di impianti molto spesso lavora 365 giorni all’anno su 3 turni, e il cilindro oleodinamico ne è il cuore pulsante. I cilindri prodotti da Nuova Oleodinamica Bonvicini sono in grado di assicurare efficienza e durabilità in queste applicazioni critiche.
In questo senso l’azione strategica di Nuova Oleodinamica Bonvicini si inserisce nelle dinamiche di stretta attualità legate alle logiche di transizione da un’economia lineare ad una di tipo circolare, diminuendo la dipendenza di molte industrie dalle complesse necessità di approvvigionamento delle materie prime.
“Anche nel 2022 il nostro intento è di promuovere l’innovazione e gli investimenti attraverso il potenziamento di tutti i settori progettazione, programmazione e qualità. La formazione del personale e la presenza di ingegneri altamente qualificati hanno permesso all’azienda in questo anno di inserirsi nelle fasce di mercato con maggiori opportunità di lavoro”, afferma Marco Maccagni, Direttore Commerciale di Nuova Oleodinamica Bonvicini. “Intendiamo quindi procedere sulla strada della promozione dell’innovazione, degli investimenti strategici sulla produzione industriale attraverso catene di valore specifiche”.
Una produzione completamente tailor made è ciò che continua dunque a caratterizzare l’azienda cremonese, ampliando i settori di riferimento che spaziano dal Navale – in particolare per quanto riguarda le navi da crociera – al Siderurgico e all’Idroelettrico – per la movimentazione delle paratoie delle dighe – ed ora anche il Recycling, con la possibilità di ottenere materie prime e materiali critici che diversamente si dovrebbero importare.
Nuova Oleodinamica Bonvicini sorge nel 1985 quando Mariangela Capellini acquisisce il marchio e il complesso industriale di Grumello Cremonese della ex Oleodinamica Cremonese, un’area di 36.000 metri quadri.
Una scelta coraggiosa che, per merito del grande impegno e degli sforzi dei nuovi soci, consente di rilanciare la società sul mercato e farla diventare punto di riferimento internazionale per la produzione di grossa cilindristica customizzata. Nuova Oleodinamica Bonvicini è altamente specializzata nello studio, progettazione e realizzazione completa di cilindri oleodinamici e pneumatici di medie e grandi dimensioni.
Le soluzioni tecniche applicate, la qualità dei materiali utilizzati e la cura per i dettagli hanno caratterizzato negli anni l’operato dell’azienda alle porte di Cremona, ormai divenuta sinonimo di precisione e affidabilità.
La Nuova Oleodinamica Bonvicini è un esempio di intraprendenza e dinamismo imprenditoriale, una delle poche aziende in Italia con le professionalità e le tecnologie idonee per la produzione di cilindri di notevoli dimensioni.
La presenza di ingegneri qualificati nei settori progettazione, programmazione e qualità ha messo l’impresa in condizione di potersi inserire e competere nei mercati mondiali imponendo la sua presenza a livello mondo. L’azienda progetta e produce interamente in Italia.
Il know how è orgogliosamente made in Italy perché l’obiettivo della Società è sempre stato quello di portare l’imprenditoria cremonese e l’artigianalità italiana al di fuori dei confini nazionali.
Parco veicoli industriali: rinnovare il circolante fra i più vetusti d’Europa. Le proposte dell’UNRAE per la transizione ecologica e la ripresa economica.
In Italia circolano quasi 430.000 veicoli industriali ante Euro V, contando solo quelli con targa italiana, di cui il 92% con oltre 15 anni di anzianità.
La loro sostituzione, con un piano di rinnovo di durata non superiore al decennio, consentirebbe un abbattimento delle emissioni di CO2 di 87 miliardi di kg, una riduzione dei consumi di carburante del 10%, un risparmio di spesa di 49 miliardi di euro, e una riduzione degli incidenti stradali del 48% (210.000 in meno).
Questi, alcuni dati di uno studio commissionato da UNRAE a GiPA, presentato in occasione della Conferenza Stampa della Sezione Veicoli Industriali, un settore cardine della filiera industriale e commerciale in Italia che, nel complesso, occupa 1,25 milioni di addetti per un fatturato di 344 miliardi, commisurabile al 20% del Pil, contribuendo ogni anno con un gettito fiscale di 76,3 miliardi di euro.
Nel nostro Paese il peso del trasporto su gomma è del 66% sul totale, contro una media dell’80% dei paesi direttamente paragonabili come Germania e Francia, tuttavia l’Italia ha il parco circolante tra i più vetusti e inquinanti, con un’età media di 14 anni.
“Il PNRR apre nuove sfide e nuove opportunità per il rinnovo del sistema logistico e in particolare per il trasporto merci su gomma”, ha affermato Marc Aguettaz, Country Manager Italia di GiPA, nel corso della presentazione dello studio, che indica come con un piano di rinnovo del parco di durata superiore a dieci anni, l’età media dei veicoli non migliorerebbe.
“Per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione del settore trasporto merci a lunga distanza e per la logistica urbana, sarà fondamentale il contributo di tutte le tecnologie”, ha aggiunto Paolo A. Starace, Presidente della Sezione Veicoli Industriali.
Già oggi, grazie all’evoluzione tecnologica, i veicoli sono sempre meno inquinanti e più sicuri, ma deve essere fatto di più per accelerare il rinnovo del parco. Tra i veicoli industriali circolanti solo il 21,6% è dotato di dispositivi obbligatori come la frenata autonoma d’emergenza e il mantenimento di corsia, il 51,8% è dotato di tachigrafo elettronico e il 6% di tachigrafo intelligente.
Per accompagnare la transizione ecologica, oltre a un “vigoroso piano” al massimo decennale per il rinnovo dei mezzi, l’UNRAE indica una serie di proposte, a partire dalla creazione di un tavolo tecnico con le Istituzioni competenti per l’adeguamento delle norme del Codice della Strada allo sviluppo tecnologico e di business del settore, dando inoltre attuazione alle disposizioni riguardanti la lunghezza massima degli autoarticolati a 18,75 metri, alla revisione dei mezzi ai privati, alla normativa sui trasporti eccezionali.
Sul Codice della Strada è intervenuto il Direttore Generale per la Motorizzazione, Pasquale D’Anzi per ribadire il ruolo della Direzione generale nel recepire le domande e fornire risposte certe al settore dell’autotrasporto in direzione dei cambiamenti auspicati: “Un esempio è la Legge 156/2021 che, tra altre norme di natura tecnica, permette di effettuare le revisioni anche per i mezzi pesanti e rimorchi in officine private autorizzate. Il Decreto attuativo, emanato a novembre, prevede l’istituzione di un registro unico degli ispettori che sarà regolato con decreto dirigenziale atteso entro la fine dell’anno o inizio del prossimo. Con il registro unico si prevede il completo abbattimento dei tempi d’attesa per la revisione e si punta all’obiettivo del 100% dei mezzi revisionati per massimizzare la sicurezza del sistema”.
Per quanto riguarda la categoria degli autisti (in Italia ne mancano attualmente 20 mila e oltre il 45% ha più di 50 anni), il presidente Paolo A. Starace chiede il rilancio del Progetto giovani conducenti e un piano di sostegno alla formazione professionale da sviluppare in collaborazione con il Comitato Centrale dell’Albo Nazionale degli Autotrasportatori.
Enrico Finocchi, Presidente del Comitato Centrale, ha messo l’accento sulla sfida ecologica, che impone al settore impegni concreti per la soluzione dei vincoli ambientali, e sulle sfide riguardanti direttamente i professionisti dell’autotrasporto: “Mancano oggi almeno 20 mila autisti in Italia e occorre trovare soluzioni per riportare i giovani a intraprendere questa professione. Con questo obiettivo sarà convocato a breve un tavolo tecnico con Autoscuole, Case produttrici, Associazioni del mondo del trasporto e Istituzioni, per trovare soluzioni efficaci e sostenibili per colmare questo gap di risorse umane, che non è solo italiano ma globale”.
In tema di transizione ecologica, Starace propone tra l’altro il blocco programmato alla circolazione dei veicoli più inquinanti e meno sicuri, la rimodulazione del bollo e il rimborso di pedaggi e accise in base al criterio ‘chi inquina paga’, la defiscalizzazione dei biocarburanti, oltre allo sviluppo della rete di ricarica dei mezzi elettrici e a idrogeno.
“Infine – conclude Paolo A. Starace – è necessario proseguire e rafforzare le politiche di sostegno al rinnovo del parco circolante, incentivando la rottamazione anche per i rimorchiati, mentre a favore delle imprese è necessario prorogare e ampliare il credito d’imposta estendendolo a tutto il 2024, e rifinanziando senza soluzione di continuità la Legge Nuova Sabatini”.
UNRAE – Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri, è l’Associazione che rappresenta le Case estere operanti sul mercato italiano delle autovetture, dei veicoli commerciali, industriali, autobus, dei rimorchi e semirimorchi. L’UNRAE è divenuta uno dei più validi interlocutori delle Istituzioni ed è oggi la principale fonte di informazioni ed analisi del mercato, costituendo un punto di riferimento per tutti gli operatori del settore. Oggi le 41 Aziende associate – e i loro 58 marchi – fanno parte della filiera della distribuzione e dell’assistenza autorizzata che nel suo complesso fattura oltre 50 miliardi di euro, con un numero di occupati pari a circa 160.000 unità.
ph. © Enrico Rainero
Fotovoltaico: se non ora, quando? SmartEfficiency da anni progetta ed installa con i propri fornitori impianti fotovoltaici di alta qualità che generano profitto per molte aziende che hanno creduto nella nostra proposta di energia solare ed hanno ridotto drasticamente i costi dell’energia nel ciclo produttivo.
Sana Slow Wine Fair: in pochi giorni confermate oltre 600 cantine da 12 Paesi al primo meeting della Slow Wine Coalition, in programma a Bologna dal 26 febbraio al 1° marzo 2022.
Quattro giorni di dibattiti, riflessioni, incontri con operatori del settore e masterclass, oltre 600 produttori che hanno già confermato la propria presenza nei padiglioni espositivi, per 12 Paesi complessivamente rappresentati. Con questi numeri si presenta Sana Slow Wine Fair che si terrà a Bologna dal 26 febbraio al 1° marzo 2022.
La manifestazione internazionale dedicata al vino buono, pulito e giusto, organizzata da BolognaFiere, con la direzione artistica di Slow Food, la collaborazione di Società Excellence e la partecipazione di FederBio, ospiterà mille delegati della Slow Wine Coalition ed è già stata ribattezzata la Terra Madre del vino.
Dall’Italia e dal mondo: i numeri dei produttori già confermati
Chi e che cosa ci sarà nella quattro giorni bolognese?
Tante idee, saperi, tradizioni, innovazione e le storie di centinaia di produttori.
Le aziende vitivinicole ad aver già confermato, a pochi giorni dall’apertura delle iscrizioni e in un momento di grandi incertezze, specialmente per chi deve raggiungere Bologna, sono oltre 600, di cui le italiane hanno già superato quota 480, espressione di tutte le regioni del nostro Paese, da nord a sud.
Le più rappresentate?
Il Piemonte e la Toscana, rispettivamente con quasi 100 e 90 aziende, seguiti da Veneto (51), Emilia-Romagna (39), Lombardia (32) e Sicilia (24). Ventiquattro, invece, quelle provenienti dal Friuli Venezia Giulia, due in più della Campania.
Già certe di partecipare circa 130 realtà estere provenienti da Armenia, Austria, Francia, Germania, Olanda, Portogallo, Regno Unito, Slovenia, Spagna, Stati Uniti e Sudafrica, tra cui cinque cantine che lavorano i distillati.
I numeri sono aggiornati al 13 dicembre ma sono in continua evoluzione: per scoprire tutte le cantine che hanno già aderito basta cliccare sul sito della Slow Wine Fair.
Numeri importanti, con la consapevolezza che alle aziende già confermate nei prossimi mesi se ne aggiungeranno molte altre:
«I numeri attuali sono un ottimo biglietto, segno che il mondo vinicolo ha capito l’importanza di questa iniziativa e ha preso consapevolezza del ruolo che può giocare sugli scenari economici, ambientali e paesaggistici, sociali. Per questo confidiamo che le presenze a Bologna siano numerose e qualificate, sempre che gli scenari mondiali legati al Covid non mutino in peggio» ammette il coordinatore della Slow Wine Coalition, Giancarlo Gariglio. Merito anche al lavoro di Società Excellence, che raggruppa 18 realtà italiane attive nel campo della distribuzione vitivinicola di massima qualità, che insieme a Slow Wine si sta occupando di selezionare le realtà vinicole più interessanti e meritevoli sul panorama internazionale per portarle a Bologna nei giorni della Slow Wine Fair.
«L’interesse che registriamo attorno all’evento e il trend nelle adesioni – dichiara Antonio Bruzzone, Direttore Generale di BolognaFiere – ci conferma l’importanza del progetto e la sua strategicità per i produttori che si riconoscono in un percorso declinato alla sostenibilità».
Il programma della fiera
Il calendario di Sana Slow Wine Fair – in programma da sabato 26 febbraio a martedì 1° marzo 2022 – offre momenti diversi dedicati a tutti i soggetti coinvolti nella filiera del
vino.
Il 26 e il 27 febbraio, il Centro Congressi di BolognaFiere ospiterà il meeting della Slow Wine Coalition
Due giorni di convegni, incontri e dibattiti su temi centrali per il futuro del vino, dalle buone pratiche agricole realmente sostenibili al compito che ogni azienda agricola ha nella tutela del paesaggio e nella salvaguardia delle risorse naturali e della biodiversità, passando per il ruolo sociale e culturale del vignaiolo, motore di crescita economica per il territorio.
Domenica 27 febbraio sarà la giornata dedicata ai consumatori: gli appassionati di vino possono degustare le migliaia di etichette esposte, dialogare direttamente con i produttori e partecipare alle masterclass durante le quali, guidati da produttori ed esperti, potranno approfondire le filosofie di produzione che stanno dietro a questi grandi vini.
Quelli tra il 27 febbraio e il 1° marzo saranno i giorni dedicati ai professionisti del settore: il momento ideale per ristoratori, enotecari, importatori, distributori, cuochi e sommelier per incontrare, conoscere, confrontarsi e stringere affari con una selezione delle migliori cantine internazionali, accomunate dal metodo produttivo virtuoso.
Che cosa sono Sana Slow Wine Fair e Slow Wine Coalition
La prima edizione di Sana Slow Wine Fair è organizzata da BolognaFiere con la direzione artistica di Slow Food, la collaborazione di Società Excellence e la partecipazione di FederBio, e rappresenta la prima occasione di incontro tra i membri della Slow Wine Coalition, la rete mondiale di Slow Food nata lo scorso luglio.
Della Coalition fanno parte tutti i protagonisti della filiera del vino – dai vignaioli agli appassionati, passando per i professionisti che lavorano nel settore, come importatori, distributori, ristoratori, sommelier, comunicatori – che si riconoscono nei princìpi espressi dall’associazione della Chiocciola.
L’obiettivo della rete è quello di avviare una rivoluzione del vino all’insegna di sostenibilità ambientale, tutela del paesaggio e crescita sociale e culturale delle campagne. Un vino buono, pulito e giusto che sia frutto (e di conseguenza parli) di questi valori che da sempre, per Slow Food, sono imprescindibili.
La comunità di produttori, professionisti e appassionati che fa parte della Slow Wine Coalition si riconosce nel Manifesto Slow Food per il vino buono, pulito e giusto, il decalogo presentato a ottobre 2020 a Bologna nel corso di Sana Restart.
The best form of recycling: Hemp. Khemp or hemp… An annual, dicotyledonous and herbaceous plant genus belonging to the family Cannabaceae. Hemp: As a crop, it has incredible industrial implications, used to make textiles, oil, food, building material and much more.
Although its homeland is Central Asia and the Indian subcontinent, the fibers found in the stems of this plant, which grows in most of the temperate and tropical regions today, are used in yarn, weaving and fabric production; Did you know that the pulp part is used in paper making? If you don’t know, let’s take you like this, because the benefits of hemp fabric used in the textile industry are endless.
Hemp, unlike cotton, needs very little water to grow
As it grows and multiplies as a plant, it also nourishes the soil it is in without the use of care or pesticides.
With its sustainable structure, the cannabis plant also inspires many products of Bego Jeans. As Bego Jeans, we use hemp in 20% of our products, believing that a sustainable life is possible by using materials and methods that respect nature and human health. As a first in Turkey, we produce jeans that combine hemp with jeans.
Hemp fabric is efficient, long-lasting and durable. Also very comfortable and soft. Although it mainly focuses on clothing, it is possible to come across hemp fabric in every field from clothing to home textile products, from upholstery fabric to curtain making.
So why is the use of cannabis important?
To find the answer to this question, let’s look at the benefits of hemp fabric together.
Helps the environment by reducing carbon
Today, I think we all agree that all industries have to consider their carbon footprint and its effects on global warming, especially considering the environmental events we have been living in recently. Unfortunately, the fashion industry has a huge share in the increasing global warming and environmental problems. The rapidly changing fashion sense brings with it the culture of producing and disposing of clothes that are not good for the world. Hemp clothing can help with this problem because as a product it absorbs carbon dioxide from the atmosphere. It uses 80 percent less energy to grow than traditional cotton and absorbs four times more CO2 than trees. 2.5 acres of industrial hempIt can absorb 22 tons of carbon dioxide. For every ton of hemp produced, 1.63 tons of carbon is cleaned from the air, giving this environmental superfibre the lowest ecological footprint of all textiles.
Uses less water
Crops like cotton that we use in our clothes need a lot of irrigation. This puts a strain on our resources, such as fresh water. Since hemp is a plant species that can develop well without the need for intensive irrigation, its water consumption requirement is much less than other crops. That’s why switching to hemp clothing and helping with planting is an excellent way to conserve water. Since the minimum use of chemicals in the environment where hemp grows reduces tree cutting, hemp prevents soil erosion that occurs in the regions where it grows. It should also be noted that most of Bego Jeans products are made of organic cotton.consists of cotton; It is one of the healthiest and most recyclable materials. However, we like to push our limits on the best of the best. That’s why we use 20 percent hemp in our jeans at the highest level possible for now. Due to the properties we have mentioned, we aim to increase the hemp rate in our hemp jeans products, which is a first in Turkey, with the increase in the production, use and legal cultivation – planting – processing areas of hemp . We hope to accelerate this process with the increasing preferences of conscious consumers who care about both environmental conditions and personal health.
Improves soil health
As we mentioned at the beginning of the topic, hemp is a plant that can grow in almost any soil. It does not deprive the soil of its nutrients or other properties. In fact, it helps restore some vital nutrients that may have been lost before. Cannabis, which is resistant to pests by its nature, also does not need fertilizer, because the shedding of the leaves provides sufficient fertilization to the soil. Isn’t it a great recycling?
Breathable clothing
Hemp is one of the strongest, most durable natural fibers and is 60 percent stronger than cotton. Hemp as a fabric is skin friendly. Thanks to its breathable structure, hemp jeans absorb sweat well. It is fade resistant and does not corrode easily. It retains its shape and color for a long time. It does not wear out for a long time even after multiple washes. Hemp clothing is resistant to UV rays and mildew.
Hemp has antimicrobial properties
In addition to being incredibly durable, hemp fabric also fights against germs. If you have a bad odor, hemp clothes can help. It inhibits the growth of odor-causing bacteria. Cotton has excellent antimicrobial properties that make it last longer than other textile fibers such as polyester.
Hemp is UV resistant
The high thread count in hemp garments means that the fabric is tightly woven. For this reason, the sun’s rays cannot pass through the material, thus protecting you from the harmful effects of UV rays. If you want to be protected from all kinds of skin problems, including cancer, you can choose hemp clothes with peace of mind.
Bego Jeans produced the first hemp jeans in Turkey
As a brand devoted to sustainable textile products, we hope that what you have read so far explains why Bego Jeans is a pioneer in the use of hemp and why we started the production of hemp jeans, which is a first in Turkey.
Clean fashion is possible!
You can also be a part of the Clean Fashion Movement with Bego Jeans’ Clean Jeans hemp collection, consisting of hemp skirts and hemp shorts, which we produce with all the principles we defend .
Pratiche Circolari industriali potrebbero generare 100 miliardi di euro annui al 2030. Invece, stando all’indagine dell’Energy&Strategy Group – School of Management Politecnico di Milano, solo il 44% delle imprese ha fatto propria questa prospettiva, percentuale che però per il primo anno è ben superiore a quella degli irriducibili (34%). Chiaroni: “L’economia circolare è altra cosa rispetto allo sviluppo sostenibile e alla rispondenza ai criteri ESG, e non si limita nemmeno al ciclo dei rifiuti: nel PNRR purtroppo tutto si riduce di nuovo al tema del riciclo, e non è certo la direzione verso la quale auspicavamo ci si muovesse. È il momento di affrontare la sfida con una più decisa volontà di azione da parte delle imprese e dei policy maker”
Se venissero adottate pratiche manageriali per l’economia circolare nell’industria italiana si genererebbero al 2030 circa 100 miliardi di euro annui, quasi il 4,5% del PIL nazionale al 2019, stando all’impatto su sei macrosettori chiave. Invece, meno di 1 impresa italiana su 2 ha fatto propria la sfida della circular economy, e ancora non è nemmeno a metà del percorso di trasformazione. Un dato positivo però c’è: per il primo anno, il 44% di aziende virtuose e pioniere supera chiaramente la percentuale degli scettici, che non hanno adottato questi criteri e non intendono farlo in futuro, fermi al 34%.
A dirlo è il Circular Economy Report 2021 dell’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano, giunto alla sua seconda edizione e presentato questa mattina, che riporta i dati di una survey condotta su operatori di sei macrosettori rilevanti per l’economia italiana – costruzioni, automotive, impiantistica, food&beverage, elettronica di consumo, mobili e arredo – insieme ad approfondimenti sui temi normativi e su aspetti più tecnici che oggi rappresentano la nuova frontiera del dibattito, come i metodi di misurazione dell’economia circolare e i ruolo delle piattaforme digitali negli ecosistemi di business.
“L’economia circolare è altra cosa rispetto allo sviluppo sostenibile e alla rispondenza ai criteri ESG, anche se spesso li si confonde – spiega Davide Chiaroni, direttore dell’Osservatorio sulla Circular Economy dell’E&S Group – È un approccio che prevede la rigenerazione del capitale naturale, non la ‘semplice’ limitazione del danno ambientale: si minimizzano le risorse usate, ma senza diminuire la crescita economica e sociale, il progresso tecnico e l’innovazione. È una prospettiva complessa perché richiede un ripensamento dell’intero ecosistema di filiera, ma rappresenta una grande opportunità per realizzare nuovi investimenti, perché include una serie di comportamenti che limitano i rischi: di mercato, operativi, di business e legali. Per sintetizzare, non tutto ciò che è sostenibile è circolare, ma tutto ciò che è circolare ha un impatto positivo sulla sostenibilità”.
Spesso si riduce il concetto di economia circolare alle pratiche di riciclo e di gestione dei rifiuti
Come nella voce specifica all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilenza: 5,27 miliardi di euro di investimenti (che scendono a 2,47 se si tolgono i 2,8 destinati alla sostenibilità della filiera alimentare) che andranno a realizzare nuovi impianti di trattamento dei rifiuti e ad ammodernare quelli esistenti (1,5 miliardi) per raggiungere i nuovi obiettivi previsti dalla normativa europea e nazionale.
“Non è certo la direzione verso la quale auspicavamo ci si muovesse, perché di nuovo riduce tutto al tema del riciclo – conferma Chiaroni -. Ci sono però alcuni aspetti positivi, almeno nelle previsioni di riforma prevista entro giugno 2022 che dovrebbero integrare concetti quali ecodesign, ecoprodotti, blue economy, bioeconomia, materie prime critiche. È il momento di affrontare la sfida con una più decisa e coraggiosa volontà di azione da parte delle imprese e dei policy maker. L’esempio da seguire ce lo danno ancora una volta le imprese partner del Rapporto, che sono scese in campo affinché l’economia circolare rappresenti la soluzione per contemperare transizione energetica, sostenibilità di prodotti, processi e servizi, sviluppo economico e sociale”.
La diffusione dell’Economia Circolare in Italia: la survey
Il cuore del Rapporto sono i risultati dell’indagine sull’economia circolare in Italia relativa alle imprese di sei importanti macrosettori, con l’obiettivo di valutare lo stato di adozione delle pratiche manageriali circolari, i loro impatti, le principali iniziative implementate e ciò che le favorisce o le ostacola. In testa troviamo le costruzioni, con il 60% del campione che ha introdotto almeno una pratica di economia circolare, seguite da food&beverage (50%), automotive (43%), impiantistica (41%), elettronica di consumo (36%), mobili e arredo (23%): in media, il 44% degli intervistati, poco meno di 1 azienda su 2, mentre il 40% di chi non l’ha ancora fatto ha intenzione di porvi rimedio in futuro.
In sostanza, gli irriducibili rappresentano il 34%, quindi molto meno del 44% degli adopters, che sono in genere imprese di dimensioni maggiori, sia per fatturato che per dipendenti, e partecipano (in misura di un terzo) a gruppi di lavoro, tavoli istituzionali, associazioni di categoria ed ecosistemi di simbiosi industriale che rinforzano le attività sull’economia circolare, dimostrando l’importanza del commitment dell’azienda. Se si chiede tuttavia alle imprese di valutare il livello raggiunto nella transizione verso l’economia circolare, il punteggio medio è pari a 2,02 su una scala da 1 a 5, dunque una fase ancora iniziale.
Tra le pratiche maggiormente adottate risultano Design for Environment (35% dei casi) e Design for Recycle (28%), poi Take Back System (27%) e Design for Remanufacturing/Reuse (22%), mentre le pratiche di Design for Disassembly, Design out waste e Product Service System non sono ancora molto diffuse: le aziende si stanno quindi concentrando sulle fasi di progettazione dei prodotti per ridurre l’impatto ambientale e riutilizzare i materiali all’interno dei propri sistemi produttivi.
Solamente il 23% del campione partecipa a un ecosistema di simbiosi industriale (interazione tra diversi stabilimenti, anche appartenenti a filiere differenti, per massimizzare il riutilizzo di risorse normalmente considerate rifiuti) e ottiene benefici in termini di risparmio di materiali di scarto (83% dei casi) e di CO2 prodotta (50%).
Il 29% effettua campagne di comunicazione o promozione delle proprie attività di circular economy e altrettante dicono pensarci per il futuro.
Nel periodo 2016-2019, per gli adopters la crescita media del fatturato è stata del 6%, di poco inferiore a quella dei non adopters (7%); di contro, i primi hanno registrato una crescita media più mercata dell’EBITDA, 8% contro 5%: ciò dimostra che l’introduzione di pratiche manageriali per l’economia circolare, pur caratterizzate da alti costi di investimento, ha generato un beneficio anche economico per le imprese.
Normalmente i vantaggi riconosciuti sono legati al tasso di innovazione, al rafforzamento dell’immagine del brand e alla riduzione dell’uso di risorse, mentre ancora non sono apprezzabili i benefici che derivano dalla riduzione dei costi di produzione. Al contrario, le barriere principali all’adozione sono rappresentate dall’incertezza normativa, dagli elevati investimenti e dalla relativa variabilità dei flussi di risorse (ridotta quantità di prodotti che ritornano all’impresa tramite Reverse Supply Chain), mentre le soluzioni tecnologiche sono ritenute adeguate, benché costose.
Il potenziale dell’Economia Circolare in Italia
Ipotizzando di mantenere la stessa dimensione del mercato del 2019, si è calcolato – attraverso l’analisi di report e studi di settore – che l’adozione di pratiche manageriali per l’economia circolare nei sei macrosettori presi in esame potrebbe, agendo sui costi, liberare al 2030 un potenziale economico di 98,9 miliardi di euro annui, in particolare 37 nelle costruzioni, 20,2 nel food&beverage e 18,2 nell’automotive.
Rispetto all’adozione di ciascuna pratica manageriale, il contributo maggiore può derivare dal Take Back System (circa 24,7 miliardi di euro di risparmio), dal Design for Remanufacturing/Reuse e dal Design for Disassembly (circa 19,8 miliardi di euro ciascuno).
Le piattaforme per l’Economia Circolare
Nell’ecosistema di player che favoriscono la transizione verso un’economia circolare stanno giocando un ruolo di primo piano le piattaforme digitali, per massimizzare lo scambio di domanda e offerta di prodotti, materiali o risorse, e ridurne il consumo nei cicli produttivi. L’utilizzo di queste piattaforme può aiutare in modo concreto a estendere il ciclo di vita dei prodotti e delle risorse, ridurre l’utilizzo delle materie prime e la produzione di rifiuti, permettere risparmi economici e sviluppare la consapevolezza degli utenti, assolvendo a tre specifiche funzioni: scambio, condivisione, raccolta e condivisione.
L’Osservatorio ha condotto una mappatura delle piattaforme a livello italiano, europeo ed extra-EU, individuandone 51
Circa metà (26) sono della tipologia “scambio” e si concentrano sul riutilizzo di beni e materiali ancora nel pieno del loro ciclo di vita: 11 in ambito B2B (in particolare materiali edili e cespiti aziendali, 7) e 15 in ambito B2C (vestiti ed accessori, 9; generi vari, 4; alimentari, 2), con livelli di servizio mediamente alti e su più Paesi, notevoli volumi di utenti e di beni movimentati.
La tipologia “condivisione” rappresenta invece il campione più piccolo (11), mettendo in evidenza come il percorso per la diffusione di soluzioni di reimpiego di risorse e materiali che necessitano di interventi specifici sia ancora in fase di sviluppo: infatti, 9 piattaforme si dedicano al B2B e hanno dimensione nazionale.
Infine, un quarto circa delle piattaforme mappate appartiene alla tipologia “raccolta e condivisione”: sono 14, operano solo in ambito B2C e trattano quasi tutte (11) beni di vario genere, in particolare telefonia mobile ed elettrodomestici, oppure (3) vestiti ed accessori, con un’offerta di servizio di modello base. Nel primo caso, invece, si tratta di piattaforme attive in più Paesi, con dimensioni ragguardevoli e caratterizzate da servizi di livello medium (8) e premium (2), come il trasporto e il ritiro dei beni, la valutazione dell’impatto economico e ambientale, la garanzia (annuale) per gli interventi manutentivi o di rigenerazione effettuati e la possibilità di accedere a servizi consulenziali ad hoc.
Lampade al mercurio pericolose: i vapori di mercurio “vanno in pensione”. Dopo aver illuminato il lavoro di milioni di lavoratori nei capannoni industriali e di logistica, sono state definitivamente classificate come pericolose a causa della tossicità del mercurio. Sono state già messe in realtà fuori mercato, soppiantate dalle lampade a LED che, a parità di lux erogati, consumano il 70% di energia in meno e non hanno i tempi di attesa di riscaldamento per arrivare a piena luce e durano 10 volte di più, eliminando anche i costi di manutenzione, spesso ad altezze considerevoli.
SmartEfficiency.eu propone soluzioni personalizzate con progetto illuminotecnico per la sostituzione efficiente, di qualità ed economica. Le lampade al mercurio sono classificate dalla Direttiva ROHS (Restriction of Hazardous Substances)
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The EEB and CLASP applaud the European Commission for adopting proposals that will phase-out all general purpose compact and linear fluorescent lamps (CFL and LFL) containing mercury in the coming two years.
Currently, the EU regulates mercury in light bulbs through the Restriction of Hazardous Substances (RoHS) Directive, by allowing mercury use in lighting via an exemption list. CFLs and LFLs have been tolerated so far because of the once limited availability of mercury-free alternatives.
For years the EEB, CLASP, Member States and experts have tirelessly campaigned to end mercury lamps as there are more efficient, mercury free Light Emitting Diodes (LEDs) widely available on European markets, making fluorescent lamps redundant. Already by end 2019, a study by CLASP and the Swedish Energy Council proved that “91-93% of fluorescent light fixtures in Europe can accept LED retrofits”.
Mercury is a well-documented neurotoxin that causes adverse effects to the developing brain, cardiovascular system, kidneys and thyroid glands. The World Health Organisation puts mercury in the top ten most problematic chemicals for public health.
The European Commission could have by law removed inefficient and toxic fluorescent lamps from sale as far back as 2018, when its own experts confirmed the legal criteria for a market ban under RoHS were fulfilled. Their availability until the end 2023 will still cost bill-payers an estimated over €16.8 million per day in lost efficiency savings for the next 2 years, according to recent NGO estimates.
Michael Scholand, Senior Advisor with CLASP Europe said: “While the Commission’s decision has been delayed several years, the savings from this measure are still significant and will benefit EU citizens and businesses. Between 2023 and 2035, we calculate a net savings to the EU of €18.2 billion Euros, as well as avoiding 1.8 metric tonnes of mercury from the fluorescent lamps. Furthermore, over 190 TWh of electricity will be saved, avoiding 55 million metric tonnes of CO2 andcontributing to the EU’s COP26 CO2 reduction targets.”
Elena Lymberidi-Settimo, Policy Manager at the EEB for ‘Zero Mercury’ Campaign said: “The European Parliament must now follow through this big step forward and allow rapid final adoption of a ban on these mercury inefficient lamps. At the same time, the EU should follow its commitments set out in the European Green Deal, Chemicals Strategy for Sustainability and Zero Pollution Action Plan and support the African region’s proposal at the next session of the Minamata Convention’s Conference of the Parties in March 2022, to prohibit the manufacture and export of most fluorescent lights by 2025.”
To the regret of NGOs, progress towards phasing out other mercury added lamps, such as high-pressure sodium (orange streetlights) and metal halide lamps, has not yet been made. The amendments to the RoHS Directive will still allow these mercury-containing lamps to remain on the market for the next 3-5 years at a minimum.
– Adopted delegated acts – https://webgate.ec.europa.eu/regdel/#/delegatedActs
– Electrical equipment – Revoking exemptions for mercury in single capped (compact) fluorescent lamps for general purposes – Environment – Delegated Directive
– Electrical equipment (hazardous substances) – revoking exemptions for mercury in double-capped linear fluorescent lamps – Environment – Delegated Directive
Delegated acts are now under scrutiny under the European Parliament for two months.
The original exemption for certain fluorescent lamps was granted in?September 2010?up to July 2016, allowing the lighting industry ample time to adapt its processes.
When a review process was launched in 2015, evidence presented by?the Commission’s own consultants (Öko Institut), as well as?the EEB, showed the ready availability of low-energy mercury-free LED alternatives and provided the justification for an early phase-out of the larger categories of mercury-containing fluorescent lamps.
The Commission ignored this evidence and wasted more than two years commissioning a socioeconomic analysis based on data that was already well out of date when it was eventually published in 2019 and was, therefore, completely misleading, indicating that the phase-out would have a net cost of €250 billion.
It took a further year and further evidence submitted by the EEB and others for the Commission to correct its mistake and issue in July 2020 a revised analysis showing that a 2021 phase-out would actually bring a net benefit of €29.9 billion.
More in the annex of our last letter to the Commission
– 16 November 2021 – https://eeb.org/library/eeb-contribution-to-the-public-consultation-amending-eu-regulation-649-2012/
– Podcast- 14 September 2021 – https://www.thelightreviewonline.com/the-real-dangers-of-greenwash/
– PR 27 July 2021- https://eeb.org/european-environmental-bureau-challenge-signifys-contradictory-claims/
– 26 July 2021 – https://eeb.org/library/environmental-ngos-feedback-on-draft-delegated-directive-for-rohs-exemption-categories-4b-4bi-iii-high-pressure-sodium-lamps-with-a-high-colour-rendering-index-80-for-general-lighting-purposes/
– 21 July 2021 – https://eeb.org/library/environmental-ngos-feedback-on-draft-delegated-directive-for-rohs-exemption-categories-1a-1e-single-capped-compact-fluorescent-lamps-for-general-lighting-purposes/
– 16 July 2021 – https://eeb.org/library/environmental-ngos-feedback-on-draft-delegated-directive-for-rohs-exemption-categories-2a1-5-double-capped-linear-fluorescent-lamps/
– https://eeb.org/library/environmental-ngos-feedback-on-draft-delegated-directive-for-rohs-exemption-category-1g/
– 12 July 2021 – https://eeb.org/library/environmental-ngos-feedback-on-draft-delegated-directives-for-rohs-exemption-categories-2b3-3-4c-4e-as-well-as-uv-light-related-1fi-2b4ii-4a-4fiv/
– PR 9 July 2021- https://eeb.org/higher-bills-for-millions-as-eu-lets-lighting-firms-milk-old-technology/
– PR 4 May 2021- https://eeb.org/africa-lights-a-path-for-europe-to-ban-toxic-mercury-in-fluorescent-bulbs/
– Feb 2021- https://eeb.org/library/why-hasnt-the-european-commission-banned-wasteful-lamps/
– Feb 2020 – https://eeb.org/library/mercury-containing-lamp-exemptions-to-rohs-directive/
– Jan 2020 – https://eeb.org/library/making-the-case-for-a-ban-on-mercury-lamps/
CLASP Europe is a non-profit, non-governmental organisation established in 1999 that focuses on appliance & equipment energy performance and quality. CLASP works to mitigate and adapt to climate change and expand access to clean energy.
Working in Europe since 2009, CLASP supports the European Commission and Member States in establishing ambitious ecodesign and energy labelling regulations.
CLASP has conducted pioneering work on quantifying the CO2 savings potential of applying circular economy principles to ecodesign and have been involved in various projects related to market surveillance and market verification and enforcement in Europe.
The European Environmental Bureau (EEB) is Europe’s largest network of environmental citizens’ organisations, standing for environmental justice, sustainable development and participatory democracy. Our experts work on climate change, biodiversity, circular economy, air, water, soil, chemical pollution, as well as policies on industry, energy, agriculture, product design and waste prevention.
We are also active on overarching issues as sustainable development, good governance, participatory democracy and the rule of law in Europe and beyond. We have over 160 members in over 35 countries.
ph. © Enrico Rainero