Soffitto di cristallo: a che punto siamo? La IV edizione della survey Wyser. Per metà del campione è una cultura aziendale a fare la differenza nel superamento del soffitto di cristallo, non basta la presenza di donne in ruoli strategici. Per il 60% la flessibilità oraria è tra gli strumenti più utili a conciliare sfera lavorativa e familiare, ma le donne puntano sempre più su un equo congedo parentale. Il PNRR un’opportunità: investire più sui piani asilo nido (40%) che sulle certificazioni di genere (7%).

Sono passati 44 anni da quando l’espressione “soffitto di cristallo”, usata per la prima volta da Marilyn Loden, è entrata nel vocabolario comune per esprimere l’insieme delle barriere culturali che limitano opportunità, ambizioni e carriere delle donne. In questo arco di tempo sono state tante le azioni politiche, istituzionali e aziendali per colmare queste disparità, ma la situazione appare ancora lontana da un’effettiva gender equity.
Anche quest’anno Wyser, brand globale di Gi Group Holding specializzato in ricerca e selezione di profili di middle e senior management, ha lanciato una survey sul tema del soffitto di cristallo per indagarne gli effetti concreti sulla sfera professionale delle donne e contribuire a individuare delle soluzioni.

A cosa viene associato il soffitto di cristallo?
Per il 37% (43% delle donne vs 30% degli uomini) è un fenomeno legato a stereotipi e pregiudizi presenti ancora oggi nei luoghi di lavoro e per il 22% all’assenza di donne in posizioni decisionali.
Tuttavia, e come hanno dimostrato anche recenti fatti di cronaca, tra le caratteristiche a livello organizzativo aziendale che favoriscono l’abbattimento del soffitto di cristallo, la presenza di un management in prevalenza femminile (15%) sembra essere meno importante rispetto allo sviluppo di una più ampia cultura aziendale che ponga il focus su welfare e wellbeing (46%).
Infine, il 21% riassumerebbe il soffitto di cristallo come scarsa meritocrazia e l’11% come un bivio ancora attuale tra figli e carriera.

Conciliazione famiglia-lavoro: quali misure per supportarla?
Larga parte del campione intervistato sottolinea l’importanza della possibilità di gestire con relativa autonomia tempi e luoghi di lavoro. Per il 60%, infatti, la misura principale resta la flessibilità oraria, seguita dalla possibilità di lavorare da remoto (38%).
Meno rilevanza viene data al lavoro part-time (10%).

La necessità di coniugare vita familiare e professionale per poter superare gli ostacoli alla carriera passa però anche attraverso la possibilità di usufruire di asili nido (30% dei rispondenti) e da una più equa distribuzione del congedo parentale, coinvolgendo anche i padri (22%). Riguardo quest’ultima misura, sono le donne a esprimere una maggiore preferenza (27%) rispetto agli uomini (15%). Dato che può essere giustificato dai dati Istat 2020 che hanno visto il 79% delle donne con figli, otto su dieci circa, far richiesta per i congedi parentali, contro un ben più modesto 21% dei padri.

“I dati sul soffitto di cristallo, che proviamo a monitorare con cadenza regolare, suggeriscono ancora una volta che si tratta di un problema legato anche al tessuto culturale della società e non solo a una mera disparità sul mercato del lavoro” – dichiara Carlo Caporale, AD Wyser Italia – “Se proviamo a fare una comparazione, l’utilizzo del remote working come misura a supporto delle donne ha perso 5 punti percentuali nel corso degli ultimi due anni, proprio quelli in cui l’utilizzo è stato maggiore (43% del 2020 vs 38% oggi). Anche la richiesta di maggiore elasticità oraria, seppur molto alta (60%) è nettamente inferiore all’84% espresso nel 2020. Il dato più eclatante a mio avviso resta quello di un equo congedo parentale che dal 7% è balzato al 22% a prova inequivocabile, soprattutto dopo l’esperienza della pandemia, che il supporto alle donne che hanno necessità di conciliare vita familiare e carriera non può essere espresso solo attraverso una riduzione del tempo lavorativo o il trasferimento da una scrivania in ufficio ad una in casa, ma necessita di un sostegno pratico e una sensibilizzazione culturale sia della società sia della singola organizzazione”.

Quale apporto potrebbe avere il PNRR sull’equità di genere?
Il PNRR prevede di raggiungere, entro il 2026, un incremento del 5% nella classifica dell’Indice sull’uguaglianza di genere elaborato dall’omonimo Istituto europeo (EIGE) che oggi vede l’Italia classificata al quattordicesimo posto tra i Paesi UE (il nostro Paese ha infatti raggiunto un punteggio di 63,5 su 100, cioè 4,4 punti sotto la media europea).
Delle diverse misure previste, vengono preferite quelle che hanno un impatto diretto e concreto sulla vita professionale: più di 1/3 (36%) utilizzerebbe le risorse stanziate per la creazione di un fondo per il sostegno della parità salariale di genere e ben il 40% investirebbe sullo sviluppo di piani asilo e potenziamento dei servizi dedicati alla fascia 0-6. Meno incisive o prioritarie la proposta di “Gender Procurement” (7%) e il supporto all’imprenditorialità femminile (5%).

Continua Carlo Caporale: “Il PNRR deve essere un’opportunità per pensare sul lungo periodo ed investire sulla cultura aziendale e formazione delle donne per un accesso più lineare a quelle posizioni, ma anche a quelle professioni, che ad oggi sono ad appannaggio principalmente maschile. Istituzioni ed aziende non possono far a meno di collaborare ed allinearsi. All’interno del nostro Gruppo abbiamo aderito al progetto Women4 proprio per sostenere e promuovere la carriera delle donne in settori che sono prevalentemente appannaggio maschile, come logistica, mechanics e ICT”.

Gender Pay Gap: a chi spetta il compito di cambiare le regole del gioco?
Un tema collegato al soffitto di cristallo è quello del gender pay gap, che – anche come rivela la survey – necessita di un’azione combinata di diversi attori. Per il 45% spetta in primis alle istituzioni, con incentivi e sgravi fiscali o una normativa ad hoc. Per il 42%, invece, la riduzione del divario passa attraverso politiche aziendali di trasparenza retributiva.
“Ritengo che il ruolo che ricopre una realtà come Wyser, e più in generale Gi Group Holding, e la consapevolezza che la nostra attività ha un impatto sulla vita e sulla carriera delle persone, ci richiamino alla responsabilità di dare un contributo concreto nel rendere il mercato del lavoro più sostenibile quindi più inclusivo” conclude Caporale.

Wyser è il brand globale di Gi Group Holding che si occupa di ricerca e selezione di profili di middle e senior management. Nata in Italia nel 2013, nel corso degli anni si sviluppa in modo capillare sul territorio nazionale con le seguenti sedi: Milano, Torino, Padova, Bologna, Roma.
Nel mondo è presente in 13 paesi, oltre che in Italia, è attiva in Brasile, Bulgaria, Cina, Francia, Ungheria, Polonia, Portogallo, Romania, Russia, Serbia, Spagna e Turchia.

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