Blockchain riciclo plastica. Ogni operatore della filiera può contribuire a trascrivere in modo trasparente e immutabile ogni passaggio degli “ex rifiuti” verso il mercato.
La sostenibilità non ha più segreti: è nato il portale che con facilità e immediatezza “racconta” i flussi della plastica riciclata. Dopo l’etichetta parlante dotata di QR Code, arriva il sito che rende disponibile la storia della plastica, trascritta tramite il registro immutabile della blockchain.
www.certifiedrecycledplastic.com è online
Si tratta di un protocollo digitale abilitante al rispetto delle normative italiane ed europee che regolano la filiera del riciclo della plastica: finalmente è possibile tracciare l’intero percorso; dal rifiuto raccolto e selezionato, al prodotto ottenuto dalla plastica riciclata.
«Al momento sono state tracciate più di duemila tonnellate di plastica riciclata – racconta Riccardo Parrini, tra gli artefici, insieme a Stefano Chiaramondia, della nascita di questa tecnologia –. Ciò significa che questo materiale plastico che sta tornando sul mercato avrà una sorta di passaporto digitale, leggibile grazie a un codice QR, che ne garantirà per sempre la tracciabilità».
Perché è necessario farlo? Perché non è più pensabile lasciare ai singoli operatori, attraverso una vaga autodichiarazione ambientale, la possibilità di segnalare quanta percentuale di plastica riciclata sia presente nei propri prodotti. Troppe aziende comunicano infatti dati distorti per cucirsi addosso un’immagine di sostenibilità che nei fatti non esiste (il cosiddetto greenwashing). E tante altre, seppur in assoluta buonafede, spesso non hanno a disposizione dati certi e verificabili su cui poter contare per fornire un’informazione corretta.
Quante volte abbiamo avuto in mano una bottiglia di plastica con la scritta: «Realizzata con plastica riciclata al 50%».
Ma chi ce lo garantisce che quest’informazione sia vera?
È allora indispensabile una tecnologia che garantisca trasparenza, accesso libero e immutabilità dei dati trascritti.
Questo ruolo di “notaio virtuale” può essere svolto in modo straordinariamente efficace dalla blockchain, una tecnologia già esistente ma che richiedeva la presenza di un operatore che la abilitasse in questo campo.
Per questo motivo è nato Certified Recycled Plastic®, l’unico servizio in grado di garantire la tracciabilità fisica, contrattuale, logistica, finanziaria, ambientale e informatica della plastica riciclata. E ora questo servizio viene consolidato e rafforzato dalla presenza di un portale unico che si pone al centro dell’intero progetto di tracciabilità della plastica riciclata attraverso la blockchain di Amazon. Uno degli aspetti più rilevanti è la piena accessibilità: qualsiasi azienda, a qualsiasi livello della filiera plastica, in qualsiasi parte del mondo, può utilizzare il CRP® per contribuire a tracciare ogni singolo lotto di materiale plastico. Nessun vincolo, nessuna preclusione, nessun rischio.
«Queste prime duemila tonnellate tracciate sono relative a lotti acquistati su PlasticFinder, il marketplace internazionale di compravendita delle materie plastiche – prosegue Riccardo Parrini CEO di PlasticFinder– Una sorta di “prova generale” per essere certi che tutto funzionasse alla perfezione. E così è stato. Ora, dunque, grazie alla presenza di un sito di semplice accesso, qualsiasi altra azienda del pianeta può seguire fin da subito l’esempio di PlasticFinder. Certifiedrecycledplastic.com rappresenta infatti un punto d’incontro per tutte le realtà della filiera che desiderano avvicinarsi a questa soluzione per contribuire a rendere il mondo della plastica davvero più trasparente, pulito e sostenibile. A tutto vantaggio dei consumatori, che potranno sempre sapere se gli acquisti che stanno facendo sono davvero sostenibili come è stato loro comunicato. Grazie al “passaporto digitale”, dunque, la sostenibilità non ha più segreti».
«Quando abbiamo iniziato a effettuare i primi test con il protocollo Certified Recycled Plastic® – aggiunge Stefano Chiaramondia, che oltre ad aver contribuito a creare CRP® è Presidente di PlasticFinder – ci siamo subito resi conto, grazie anche ai pareri espressi dalle aziende con cui ci siamo interfacciati durante il periodo di implementazione del servizio, che la realizzazione di un portale dedicato a questo progetto si sarebbe rilevata determinante. Certifiedrecycledplastic.com, oltre a essere un punto d’accesso sul web che ospita le informazioni utili a comprendere il funzionamento del sistema, consente anche di leggere i QR Code che aprono le porte della blockchain, con tutto il suo patrimonio di informazioni e dati sul prodotto in questione. La parola d’ordine da oggi nel mondo della plastica può essere, e dev’essere, “trasparenza”».
Se si pensa anche a temi come la PlasticTax, in arrivo nel 2023, o ai crediti d’imposta concessi alle aziende che puntano sui prodotti ad alto tasso di riciclabilità, è facile capire che sarà quasi impossibile evitare le macchinazioni dei soliti “furbetti del riciclo” se non attraverso un sistema sicuro e aperto a tutti come Certified Recycled Plastic® che, poggiando sul sistema di trascrizione di Amazon Quantum Ledger Database, permette di registrare in modo univoco, immutabile e verificabile tutti i passaggi e le trasformazioni di questo straordinario materiale. «Siamo davanti a una grande occasione di crescita per tutte le aziende del comparto – conclude Chiaramondia –. Questo sito online rappresenta, anche simbolicamente, la nascita di un nuovo scenario per la plastica riciclata. Più aziende decideranno di utilizzarlo, maggiore sarà la trasparenza garantita ai consumatori e i benefici reali che riceverà l’ambiente».
Efficienza Energetica ESG nelle PMI: il progetto TranspArEEnS inizia la raccolta dati con il partner CRIF. Il progetto europeo TranspArEEnS entra nella fase 3, avviando una raccolta dati per valutare con trasparenza le performance delle piccole e medie imprese riguardo all’efficientamento energetico e agli ESG.
Questa iniziativa è stata sviluppata in collaborazione con il partner di progetto CRIF, società attiva in quattro continenti, specializzata in sistemi di informazioni creditizie e di business information, analytics, servizi di outsourcing e processing nonché avanzate soluzioni in ambito digitale per lo sviluppo del business e l’open banking.
TranspArEEns ha l’obiettivo di sviluppare un sistema quali-quantitativo per la raccolta e l’analisi standardizzata delle informazioni EE (efficienza energetica) ed ESG (Environmental Social Governance) nelle piccole e medie imprese e per poter definire e introdurre un rating EE-ESG standardizzato in conformità con le raccomandazioni e i benchmark forniti a livello europeo dal Technical Expert Group on Sustainable Finance (TEG) della UE.
Il progetto ha una rilevanza strategica considerando che il 99% di tutte le imprese europee sono PMI. Il tema ESG è di grande interesse per tutti con le piccole e medie imprese che vanno aiutate a comprendere e valorizzare il loro potenziale di sostenibilità, specialmente in termini di efficienza energetica.
“Nel primo anno di progetto – comunica Monica Billio, professoressa di Econometria all’Università Ca’ Foscari Venezia e coordinatrice di TranspArEEnS – abbiamo avviato un processo mirato ed estremamente attento sull’analisi dei fattori ESG a partire dai dati delle quotate che ben conosciamo occupandocene a Ca’ Foscari da diversi anni e anche avendo istituito il primo corso di laurea magistrale dedicato alla finanza sostenibile, vista la crescente necessità di dare al mercato professionisti e competenze sulle tematiche ESG. L’attività di disseminazione ha raccolto molto interesse e il grande lavoro svolto dal team del Leibniz Institute for Financial Research SAFE, coordinato dalla prof.ssa Loriana Pelizzon, ha permesso di arrivare a predisporre con CRIF un modulo avanzato e di riferimento dall’alto valore aggiunto per chi partecipa, che ha ora il suo debutto”.
L’approccio fortemente innovativo e legato a una vision che includa sia i forti cambiamenti in atto sia i rischi visibili all’orizzonte, compresi quelli potenziali, ha permesso lo sviluppo e la definizione di un questionario che rende possibile una raccolta standardizzata degli indicatori rilevanti per i criteri ESG.
“Dopo aver già collaborato nel 2017 al progetto Energy Efficient Mortages Initiatives promosso dalla Commissione Europea per la definizione del primo Sustainable Retail Loan Green Mortgage Europeo, siamo lieti di poter contribuire al progetto TranspArEEnS mettendo a disposizione del sistema economico i nostri asset e la nostra decennale expertise in ambito ESG. Siamo promotori su questo tema e consapevoli dell’importanza di dotare i diversi attori del mercato – aziende, player finanziari e istituzioni – di un modello valutativo standard a livello europeo che faciliti la condivisione e la diffusione di informazioni sull’efficienza energetica e i criteri ESG, e che comprenda non solo le società quotate ma anche le piccole e medie imprese – commenta Marco Colombo, Managing Director Finance Italy di CRIF -. Nel segmento PMI in particolare, la consapevolezza sui temi Environmental, Social e Governance è ancora in via di consolidamento, per cui è fondamentale poter acquisire e disporre di informazioni qualificate al fine di costruire un quadro quali-quantitativo completo.
In questo percorso, CRIF mette a disposizione la piattaforma globale SynESGy che, con al centro trasparenza e collaborazione, favorisce e stimola da una parte le imprese a muoversi verso una gestione aziendale ispirata a criteri etici e ad avviare percorsi di trasformazione in ottica di sostenibilità, dall’altra fornisce a player finanziari e aziende uno strumento fondamentale per comprendere il proprio livello di sostenibilità e quello dei propri clienti e fornitori”.
La piattaforma SynESGy si basa sugli standard internazionali di sostenibilità, tra cui la Global Reporting Initiative, il Global Compact delle Nazioni Unite, il Carbon Disclosure Project e le guidelines di Taxonomy ed è stata sviluppata secondo le ultime tecnologie di sicurezza.
Geotermia energia italiana pulita ed abbondante. “Il Consiglio Nazionale dei Geologi, attraverso il lavoro di coordinamento della Piattaforma Geotermia, sta operando da tempo al fine di promuovere la geotermia nelle sue diverse forme, con l’obiettivo di favorirne e sostenerne il valore nell’ambito della transizione ecologica, come richiesto nel Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (PNRR)”. Con queste parole il coordinatore della Piattaforma, Emanuele Emani, consigliere del CNG, ha aperto i lavori dell’importante convegno sugli STATI GENERALI DELLA GEOTERMIA, tenutosi a Roma il giorno 16 giugno presso la sala conferenze Capranichetta, un confronto tra politici, esperti in materia di energia e stakeholders, in un momento storico particolare per l’intero pianeta.
La necessità di allontanarsi sempre più dalle fonti fossili a favore delle rinnovabili, costituisce l’obiettivo principale rispetto a quelli fissati nell’agenda 2030 dell’ONU e fatti propri dalla Commissione Europea nel Green Deal, da cui poi sono derivate le iniziative del Next Generation UE.
Azioni condivise da tutti i componenti della Piattaforma, vale a dire Enti che a vario titolo si occupano di geotermia come: ENEA, CNR, ISPRA, GSE, RSE, ITACA e le Associazioni che operano in questo ambito (AICARR, ANIGhp, ANIM, ANIPA, ANISIG, IAH, AIRU, FINCO, UGI, COSVIG, Ass.ne Acque Sotterranee), che hanno partecipato agli Stati Generali della Geotermia con un comune obiettivo finale, quello della decarbonizzazione. All’evento è intervenuto, tra gli altri, il Ministro dell’Energia Roberto Cingolani, che si è soffermato a lungo sul fatto che “la decarbonizzazione costituisce un obiettivo facilmente raggiungibile entro il 2030 per il 55% rispetto al 1990”, precisando come “le richieste di nuovi allacci da energie rinnovabili pervenute al 31 maggio 2022 siano state pari a circa 5.6 Gigawatt/ora”. “È necessario – ha proseguito Cingolani – operare su due diverse direzioni, quella di diversificare il più possibile l’approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili e quello di accelerare maggiormente le procedure; non è pensabile concentrarsi solo ed esclusivamente su una delle risorse trascurandone altre, anche perché l’Italia è un Paese geologicamente, morfologicamente e geograficamente assai vario, che offre diverse opportunità di approvvigionamento energetico in maniera non omogenea”.
Il calore interno della terra quindi si candida come importante fonte di energia del futuro che concorrerà entro 2030 al raggiungimento della soglia dei 230 Terawatt/ora da rinnovabili che, secondo il Ministro Cingolani, costituisce la soglia oltre la quale “è possibile iniziare a parlare di mobilità elettrica e di elettrificazione industriale”. Nel suo intervento il Ministro sottolinea inoltre come “un’auspicabile crescita del PIL porterà inevitabilmente ad un’ulteriore richiesta di energia, con un impiego in 6-7 anni di rinnovabili a spettro largo con la massima laicità, cercando di sfruttare il meglio del nostro Paese nei diversi posti”.
Il programma passa ovviamente per un importante impegno economico pari complessivi 360 miliardi di euro, suddivisi in 230 miliardi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e del Piano Complementare, da impiegare entro il 2026, e 130 miliardi di euro per i fondi strutturali europei della programmazione 2021-2027 ed il Fondo Sviluppo e Coesione (FSC), utilizzabili anche oltre la scadenza del 2026 fissata per il PNRR.
Sullo stesso concetto si sofferma il prof. Bruno della Vedova, presidente dell’Unione Geotermica Italiana, che specifica come “il territorio nazionale offra eccellenti opportunità per la produzione di energia elettrica”, citando il caso della Toscana che copre oggi il 30% dei consumi elettrici della Regione, pari a 6.0 TWh (pari al 2% dei consumi elettrici nazionali).
Geotermia legata quindi ad alte temperature (alta e media entalpia) per il teleriscaldamento di quartieri, città ed industria, e produzione di energia elettrica mediante impianti innovativi di abbattimento degli inquinanti gassosi ad alta efficienza, ma anche geotermia per piccoli impianti domestici per il riscaldamento ed il raffrescamento mediante pompe di calore (geoscambio a bassa entalpia), una nuova tecnologia che secondo il Prof. Della Vedova “può dare un’accelerazione significativa alla transizione energetica strategica del Paese”.
Sull’importanza dell’argomento trattato è intervenuto anche il Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi Arcangelo Francesco Violo, che ha evidenziato come questo appuntamento costituisca “un’importante occasione di rilancio del Paese e delle politiche di sostenibilità ambientale e sociale, un confronto su una tematica che è da ritenersi un’imprescindibile condizione per tutti gli interventi che impattano sul territorio, come espressamente previsto dagli obiettivi principali del Piano, che pongono un’attenzione massima proprio nei confronti di due termini ormai utilizzati quotidianamente: resilienza e sostenibilità”.
Il territorio, difatti – conclude Violo – costituisce l’ossatura portante, e la “Geologia” – al suo interno – assume un ruolo fondamentale nella pianificazione infrastrutturale, nella gestione delle risorse idriche, nella rigenerazione urbana, nella riqualificazione ambientale e nella mitigazione dei rischi geologici ed ambientali, sia di carattere nazionale che planetario”.
Recupero polietilene di qualità. Rifiuti: progetto di Ecopolietilene per migliorare la raccolta della plastica e recuperare i beni in polietilene.
Il consorzio per la gestione dei beni in polietilene, in collaborazione con Nappi Sud ed Ecolight Servizi, ha dato vita in provincia di Salerno al progetto di identificazione dei rifiuti di beni in polietilene in ambito urbano. «Una gestione virtuosa dei rifiuti inizia da una raccolta di qualità», spiega il direttore Dezio
Aumentare il recupero dei beni in polietilene migliorando la selezione dei rifiuti in plastica
Ecocopolietilene, consorzio per la gestione dei rifiuti dei beni in polietilene, insieme con Ecolight Servizi e Nappi Sud, azienda specializzata nel trattamento dei rifiuti, ha dato vita a un progetto pilota che ha permesso di monitorare la presenza di beni in polietilene nella raccolta della plastica dura in provincia Salerno. Su 10 kg raccolti, più di 5 sono riconducibili a questa specifica tipologia di rifiuto che è interamente riciclabile.
«Dopo la sperimentazione fatta nella provincia di Cuneo e quella in corso in provincia di Treviso, continuiamo a monitorare i conferimenti di rifiuti plastici che vengono fatti nelle isole ecologiche per capire l’incidenza dei beni in polietilene e individuare delle possibili nuove modalità di raccolta differenziata», premette Giancarlo Dezio, direttore generale del consorzio Ecopolietilene. «L’obiettivo è favorire il processo di recupero e riciclo, potenziando la filiera circolare dei beni in polietilene per una tipologia di rifiuto che è riciclabile al 100% e può dare vita a materie prime seconde da impiegare in nuovi processi industriali». Il problema è riuscire a intercettare questi rifiuti all’interno delle raccolte di plastica: i prodotti che rientrano nella “famiglia” dei beni in polietilene sono molti e molto diversi tra loro. Possono infatti essere arredi e contenitori, teli usati in agricoltura e tubi, imbarcazioni e attrezzi per cucina”.
Il progetto di “identificazione di rifiuti di beni in polietilene in ambito urbano” che si è svolto nello scorso mese di maggio, ha coinvolto due differenti isole ecologiche posizionate rispettivamente nei comuni di Ceraso e Campagna, in provincia di Salerno. Prendendo in considerazione le sole unità di carico destinate alla raccolta delle frazioni con codice CER 20 01 39 (plastica), sono state analizzate complessivamente oltre 3 tonnellate di rifiuti plastici, delle quali 2.260 kg provenienti da Ceraso e 780 da Campagna.
Nelle unità di carico dedicate alla plastica sono stati trovati imballi rigidi leggeri come secchi e flaconi, cassette per l’ortofrutta, PVC (infissi e tapparelle) e beni in polietilene, ma anche rifiuti che ben poco avevano a che fare con la plastica come carta, vetro, metalli, legno, gomma e RAEE.
Oltre il 22% di quanto conferito è risultato un bene in polietilene, individuato in bins, tubi, reti ombreggianti, cassette edilizia, casalinghi con marchio PE, arredamento da esterno e giocattoli non elettronici.
Considerando i soli rifiuti plastici conferiti, la percentuale dei beni in polietilene sale a oltre il 50%.
Prossimo passaggio del progetto potrebbe essere il posizionamento di un cassonetto dedicato alla raccolta dei soli rifiuti di beni in polietilene.
«La qualità della raccolta è il punto di partenza per dare origine una gestione virtuosa dei rifiuti», prosegue Dezio. «Ecopolietilene proseguirà con monitoraggi sulla raccolta urbana per incrementare le quantità dei beni in polietilene raccolti e avviati a recupero, ma anche per far conoscere sempre più questa tipologia di rifiuto: essendo interamente riciclabile, è una risorsa che può essere reimmessa nei cicli di produzione di moltissimi oggetti, con risparmi in termini energetici di consumo di materie prime, nonché minor inquinamento».
Ecopolietilene – consorzio per la gestione dei rifiuti di beni in polietilene, Ecopolietilene è un sistema autonomo, senza fini di lucro e riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare. È composto dalle aziende produttrici, dai distributori e dai riciclatori dei beni in polietilene e nasce dalla professionalità e dal know-how nella gestione dei rifiuti maturata dal Sistema Ecolight, al quale fanno riferimento il consorzio Ecolight ed Ecolight Servizi, società che si occupa della gestione integrata dei rifiuti professionali generati dalle aziende.
Italia ricicla di più a meno costi. A dirlo è uno studio della Bocconi e del Wuppertal Institut, presentato a Bruxelles. Da noi riciclare gli imballaggi è meno costoso che in Stati come Germania, Spagna e Francia.
L’Italia è uno dei Paesi europei in cui il riciclo degli imballaggi ha i risultati migliori e risulta meno costoso.
A svelarlo è uno studio condotto da GREEN (Centre for Geography, Resources, Environment, Energy and Networks) dell’Università Bocconi e dal Wuppertal Institut: Screening the efficiency of packaging waste in Europe, appena presentato a Bruxelles presso la sede del Parlamento Europeo.
Dal 2005 l’Europa ha introdotto per i suoi Stati l’obbligo di istituire un regime di responsabilità estesa del produttore per gestire gli imballaggi quando diventano rifiuti: chi produce imballaggi è responsabile anche del loro fine vita.
I Paesi hanno costruito diversi modelli di gestione dei rifiuti di imballaggio, ognuno con specificità proprie. Quello Italiano, rappresentato da CONAI, è uno dei più efficienti e meno costosi.
Lo studio ha ricevuto risposte da 28 Producer Responsibility Organizations (PRO), ossia le organizzazioni (finanziate dai produttori e/o utilizzatori di imballaggi) che si assumono la responsabilità della gestione dei rifiuti di imballaggio.
«Confrontate in base a efficienza economica e a efficacia di riciclo, le organizzazioni sono state rappresentate in un grafico a quattro quadranti» spiega il presidente CONAI Luca Ruini. «L’Italia, con il Consorzio Nazionale Imballaggi, è uno degli Stati in cui si ricicla di più e a prezzi più bassi. I dati dello studio smentiscono la credenza per cui a risultati di riciclo migliori corrispondono costi più alti per il tessuto imprenditoriale: e infatti abbiamo appena abbassato la maggior parte dei contributi ambientali CONAI, ponendoci tra i Paesi europei che hanno apportato le riduzioni più consistenti. Ma dalla ricerca emerge un altro dato di grande importanza: insieme a Francia, Estonia e Repubblica Ceca, siamo il Paese che nella gestione dei rifiuti vanta il maggior livello di trasparenza».
Dal grafico emerge che CONAI, se messo a confronto con le PRO delle Nazioni con più di 10 milioni di abitanti serviti, risulta il sistema più efficiente: è meno costoso rispetto alle PRO di Spagna, Repubblica Ceca, Paesi Bassi, Belgio, Francia e Germania.
«Un esempio concreto dell’eccellenza dell’Italia nel sistema di gestione degli imballaggi» commenta il commissario europeo per l’economia Paolo Gentiloni. «Sui temi dell’economia circolare l’Italia spicca nel confronto europeo. La necessità di accelerare il passaggio verso l’economia circolare, del resto, non è mai stata così chiara e urgente: l’estrazione e la lavorazione delle risorse materiali è responsabile della metà delle emissioni di gas effetto serra e del 90% della perdita di biodiversità».
«Ancora una volta il ruolo delle organizzazioni di responsabilità estesa del produttore si rivela fondamentale per un’efficace transizione verso l´economia circolare» dichiara Simona Bonafè, deputata al Parlamento Europeo. «I dati riportati dalla ricerca condotta dall’Università Bocconi evidenziano il contributo di queste organizzazioni per raggiungere gli obiettivi di riciclo presenti nella Direttiva Imballaggi. In questo settore l´Italia è all´avanguardia e l’esperienza del CONAI rappresenta una best practice nella gestione dei rifiuti da cui trarre esempio a livello europeo».
A rivelarsi più efficienti sono le PRO singole, ossia le uniche nel loro Paese, che operano in un regime non competitivo.
Dallo studio emerge con chiarezza come le PRO multiple in regimi competitivi realizzino tassi di riciclo decisamente inferiori.
Le PRO singole coniugano costi inferiori e risultati migliori.
Nella gestione dei rifiuti di imballaggio, i sistemi no profit di contesti non competitivi ottengono in Europa tassi di riciclo superiori di 8 punti percentuali rispetto a sistemi profit che operano in ambienti competitivi.
«L’Italia è un campione europeo nel riciclo» osserva l’onorevole Chiara Braga. «Nello sviluppo dell’economia circolare, nel sistema del riciclo, la questione della dotazione impiantistica resta però la questione principale. La dotazione di impianti, ma anche la loro diffusione e presenza sul territorio, sono fondamentali per il nostro Paese. In questo credo che anche il sistema del CONAI, il sistema dei Consorzi, possa aiutare molto. Il valore aggiunto di questo sistema, in questi anni, è stato quello di costruire un rapporto con i territori che via via si è consolidato, attraverso il ruolo anche di alleanza con le amministrazioni locali. Abbiamo poi da accelerare moltissimo su tutta la parte di autorizzazione dei decreti “End of waste” e dell’utilizzo delle materie prime, anche in vista dell’aggiornamento dell’assetto normativo europeo in determinati ambiti».
«Dalle crisi legate alla pandemia e alla guerra in Ucraina arriva un nuovo impulso a ridurre la dipendenza dell’Europa dall’utilizzo di risorse naturali, combustibili fossili e fornitori esteri» conclude Paolo Gentiloni. «Dobbiamo puntare in modo ancor più deciso su transizione energetica e sviluppo dell’economia circolare. Significa anche ripensare il modo in cui produciamo e consumiamo, e promuovere il riutilizzo di risorse e materiali già in fase di progettazione e produzione, come stiamo facendo con gli imballaggi».