Ridurre CO2 in produzione. Seco dispone già di metodi ben consolidati per l’analisi del ciclo di vita dei propri prodotti e per la mappatura dei processi di produzione nell’ambito dell’obiettivo di ridurre l’impatto dell’azienda sul cambiamento climatico. Il passo successivo è quello di offrire anche ai clienti l’opportunità di ridurre le proprie emissioni di anidride carbonica.
La sostenibilità è una delle aree di interesse strategico per Seco e l’azienda ha obiettivi ambiziosi e piani ben definiti per contribuire a fermare il cambiamento climatico in conformità con gli obiettivi globali dell’ONU.
L’azienda utilizza strumenti di calcolo stabiliti per segnalare le emissioni di gas serra dalla propria produzione. Come passo successivo, Seco sta sviluppando sistemi che consentiranno ai propri clienti di ottimizzare l’uso dei prodotti Seco e quindi di ridurre l’impatto sul clima.
“Quando le aziende analizzano il loro impatto sul clima, in genere si basano sulle analisi del ciclo di vita tradizionale dei propri prodotti e della fabbricazione. Tuttavia, il 70% dell’impatto dei nostri utensili sul clima avviene nella fase di utilizzo. È possibile ottenere risultati significativi aiutando i nostri clienti a ottimizzare l’uso dei nostri utensili”, afferma Ted Forslund, Global Sustainability Coordinator di Seco.
Seco e il suo reparto di ricerca e sviluppo stanno sviluppando modelli matematici che possono essere utilizzati per calcolare le emissioni di anidride carbonica dei clienti nella fase di utilizzo. Il modello prende in considerazione l’intero ciclo di vita di un utensile, incluso il consumo energetico e l’uso del refrigerante nei processi di produzione del cliente.
A sua volta, ciò aiuta i clienti a ottimizzare i loro processi e a ridurre l’impatto sul clima.
“Facendo le scelte giuste, utilizzando i parametri di taglio corretti ed evitando ottimizzazioni insufficienti nella produzione di singole parti, i clienti sono in grado di ridurre le emissioni di anidride carbonica di almeno il 20%. L’idea è trovare il modo ottimale per produrre un pezzo modificando diversi parametri”, ha affermato Sören Hägglund, PhD e R&D Expert Cutting Data di Seco.
A tale scopo, il reparto di ricerca e sviluppo di Seco ha sviluppato un software che può essere utilizzato per simulare vari processi di produzione e provare diverse alternative per la produzione di un componente, come la scelta di metodo di lavorazione, macchina, strategia e utensile.
“Ad esempio, è possibile vedere se si sta utilizzando una macchina o un utensile al suo pieno potenziale durante un particolare processo di produzione. Se si nota che non viene utilizzato il pieno potenziale di una macchina o di un utensile, potrebbe essere utile scegliere altre opzioni per ridurre al minimo le emissioni di anidride carbonica”, afferma Daniel Johansson, PhD e Senior R&D Professional presso Seco.
I clienti possono facilmente capire come ridurre le emissioni di anidride carbonica
Secondo Daniel Johansson, anche questo è un aspetto che molti clienti hanno richiesto. “La domanda di una produzione sostenibile è molto elevata, ma questa soluzione potrebbe non essere stata compresa da molti nel settore della lavorazione”, afferma. “Ciò che rende unica la nostra soluzione è che oltre a poter vedere i nostri prodotti, possiamo anche includere i processi dei clienti e offrire loro l’opportunità di ridurre al minimo le emissioni di anidride carbonica della loro produzione. Per utilizzare un termine preso in prestito dall’industria automobilistica, offriamo il cosiddetto pulsante Eco”.
Oltre alle questioni legate alla sostenibilità, questo lavoro è in linea con l’ambizione di Seco di restare all’avanguardia nelle soluzioni digitali.
“Nel reparto di ricerca e sviluppo ci concentriamo molto sullo sviluppo di tecnologie che possono essere utilizzate in futuro e che possono essere la base per altre soluzioni digitali. Al momento, la nostra soluzione non è disponibile per applicazioni pubbliche, ma a lungo termine potremmo prevedere di offrire un’interfaccia per uso esterno”, conclude Sören Hägglund.
Con sede a Fagersta, in Svezia, e presente in oltre 75 Paesi, Seco Tools è un fornitore globale di soluzioni per lavorazioni ad asportazione di truciolo di fresatura, tornitura, lavorazione fori, filettatura e sistemi di utensili.
Seco Tools aiuta i propri clienti a superare la più grande sfida dell’industria metalmeccanica, la crescente carenza di competenze, grazie corsi di formazione tecnica specifici e dedicati.
Lo scopo aziendale è rendere la produzione rapida, facile e sostenibile.
Il grafico a barre mostra il potenziale di riduzione delle emissioni di CO2 nelle operazioni di lavorazione. Il modello include le emissioni di anidride carbonica della macchina, degli utensili, del refrigerante e del consumo di elettricità.
Agevolazioni Aziende Energivore. Le aziende energivore possono usufruire di un risparmio fino a 40€/MWh sugli oneri di sistema applicati ai consumi di energia elettrica. Dal 30 Settembre affianchiamo le aziende a forte consumo di energia nella nuova finestra temporale per la presentazione alla CSEA delle dichiarazioni per l’ammissione alle agevolazioni per l’anno 2022.
Cachemire rigenerato, una nuova linea di filati etici e sostenibili: Endless | Lineapiù Cachemire. Lineapiù Italia, azienda toscana leader nella produzione di filati, presenta una nuova linea di filati in cachemire rigenerato certificati GRS e proveniente da una filiera responsabile. Una storia di rispetto del pianeta e di eleganza senza tempo, per restituire al mondo della moda una gamma di filati di alta qualità.
Un progetto per avviare le fibre di cachemire a una seconda vita, perché possano essere l’inizio di una nuova storia. Endless | Lineapiù Cachemire è la nuova linea di filati in cachemire rigenerato di Lineapiù Italia, azienda leader nella produzione di filati, che con la sua capacità creativa e manifatturiera ha cambiato il profilo stesso della maglieria, nata da un filiera responsabile. Per offrire uno sguardo nuovo sulla più nobile delle fibre e interpretare i bisogni di questa epoca con un tempo nuovo, circolare, etico, sostenibile e rispettoso del pianeta.
Un nuovo modello di produzione per un mercato importante, che consentirà di continuare a vestire il cachemire senza depauperare l’ambiente, visto che il cachemire vergine è un materiale nobile, ma ad alto impatto ambientale.
I filati in cachemire riciclato di Lineapiù Italia sono certificati GRS (Global Recycle Standard): il più importante standard internazionale per la produzione sostenibile di indumenti e prodotti tessili realizzati con materiali da riciclo.
Endless | Lineapiù Cachemire è la linea di continuità di un percorso senza fine – infinito – nel quale la materia si rigenera, dando vita a un prodotto nuovo. Lineapiù Italia attribuisce una dimensione etica alla qualità tecnica ed estetica del cachemire, restituendo al mondo della moda una gamma di filati di origine rigenerata, di alta qualità.
“È importante che le nostre scelte siano ogni giorno di più indirizzate verso uno sviluppo responsabile e consapevole” afferma Alessandro Bastagli, Presidente di Lineapiù Italia “Endless | Lineapiù Cachemire è una scelta di campo, una filosofia produttiva: quella della circolarità, pensata per preservare il pianeta e ridurre l’impronta ambientale dei processi tessili. Rendendo moderno il gesto più antico: recuperare, raccogliere, riutilizzare”.
Il cachemire è la più celebre delle fibre nobili
Frutto del millenario rapporto tra l’uomo e la Capra hircus, conserva il fascino delle terre di mezzo, della Mongolia, degli altipiani del Tibet, delle vie dei commerci che gli uomini attraversano dall’alba dei tempi. Una fibra dalla mano morbida, otto volte più calda della lana comune, antistatica e igroscopica: termoregolatrice per eccellenza, piacevole al tatto e bella allo sguardo.
I filati in cachemire riciclato GRS di Lineapiù Italia sono frutto della ricerca tecnica dei laboratori dell’azienda e dello sviluppo di una nuova filiera produttiva nella raccolta, selezione e trattamento della “materia seconda”: per un futuro migliore, nel rispetto dell’ambiente. Il recupero del cachemire può contribuire ad abbassare l’impatto ambientale generato dall’utilizzo della materia vergine. Inoltre, l’impiego di materiali già tinti, che in fase di riciclo vengono divisi e lavorati per nuances, permette un minor utilizzo di coloranti e, conseguentemente, un minor consumo di energia e acqua.
La nuova linea propone costruzioni classiche, con una palette di colori composta da 35 sfumature: con gli intramontabili e fondamentali toni naturali a dominare la gamma cromatica e una serie di proposte dal sapore contemporaneo rivolta a intercettare le tendenze moda. Per raccontare una storia di eleganza senza tempo, arricchita da preziose visioni di stile, caratteristiche dello spirito di Lineapiù Italia.
Cattura e uso CO2 acciaierie. Con FReSMe emissioni di CO2 delle acciaierie ridotte di oltre il 60%. Obiettivo del progetto, concluso dopo quattro anni di lavoro, era riciclare l’anidride carbonica e convertirla in metanolo
Produrre metanolo partendo da anidride carbonica e idrogeno contenuti nei gas residui della produzione di acciaio. È questo l’obiettivo del progetto FReSMe (From Residual Steel gases to Methanol), finanziato dal programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 e da poco conclusosi dopo quattro anni di lavoro. Secondo le stime dei ricercatori, grazie al sistema messo in atto dal progetto FReSMe le emissioni di anidride carbonica nelle acciaierie italiane potrebbero essere ridotte del 61% rispetto alla situazione attuale, valore molto più elevato se comparato a quello che si potrebbe ottenere con tecnologie di cattura della CO2 convenzionali.
Il processo messo in atto da FReSMe si basa sul sistema SEWGS (Sorption Enhanced Water-Gas Shift) che, partendo dai gas di acciaieria, produce due correnti ricche in anidride carbonica e idrogeno. L’idrogeno prodotto è in parte usato nell’acciaieria stessa come combustibile, in parte utilizzato per produrre energia elettrica e in parte trasformato in metanolo. L’anidride carbonica catturata è parzialmente utilizzata per la produzione di metanolo mentre l’eccesso è accumulato nel sottosuolo. Infine, un elettrolizzatore è stato integrato nel sistema per aumentare la produzione di metanolo.
Il ruolo del Politecnico di Milano è stato quello di identificare la configurazione ottimale di impianto, considerate le molteplici possibilità di utilizzo dell’idrogeno (utilizzo in acciaieria, produzione di energia elettrica o metanolo) tramite una dettagliata analisi tecnico-economica dell’intero sistema. Tale analisi si poneva come obiettivo quello di ottimizzare l’impianto dal punto di vista energetico, ambientale ed economico. Nello specifico sono state analizzate varie configurazioni impiantistiche caratterizzate da diversi volumi di metanolo prodotto e diverse soluzioni per il recupero del calore disponibile nel processo nonché diverse quantità di idrogeno prodotto dall’elettrolizzatore. I risultati hanno dimostrato che il processo può ridurre significativamente le emissioni di anidride carbonica correlate al processo di produzione dell’acciaio.
“Nel corso del progetto abbiamo anche svolto un’analisi tecnico-economica finalizzata a ottimizzare il processo FReSMe in termini di volume di produzione di metanolo e configurazione impiantistica considerando quattro capacità produttive di metanolo (300, 600, 900 e 1200 t/giorno)”, afferma il professor Giampaolo Manzolini, referente del Politecnico di Milano per il progetto. “I risultati hanno mostrato che la configurazione ottimale con una tassa sulle emissioni di anidride carbonica minore di 60 €/t e un prezzo di vendita del metanolo nel range 350-450 €/t, è caratterizzata da una produzione di 600 t/giorno: quindi utilizzando metà dei gas di acciaieria per produrre metanolo e metà per soddisfare i bisogni dell’acciaieria stessa. In generale, il costo della CO2 evitata è inferiore a 20 €/tCO2, che è competitivo dal punto di vista economico e il sistema FReSMe in tale configurazione permette una riduzione delle emissioni di anidride carbonica del 61%, valore molto più elevato rispetto a quello che si potrebbe ottenere con tecnologie di cattura della CO2 convenzionali (ad esempio con ammine si ottiene circa il 17%)”.
Slow Food Heroes. Il nuovo progetto di Slow Food, finanziato dalla Fondazione Culturale Europea, con il contributo della Fondazione CRC, è un inno alla solidarietà.
Slow Food Heroes racconta le storie di chi, da solo o in comunità, ha deciso di affrontare attivamente la pandemia aiutando i più bisognosi e lasciando una sorta di buon esempio che possa essere replicato.
La solidarietà è stata una dei protagonisti di questo difficile periodo che tutti ci siamo trovati ad affrontare.
Ancora una volta le persone, prima ancora delle istituzioni, si sono attivate per organizzare raccolte fondi volte ad acquistare attrezzature mediche o per mettere in piedi iniziative di mutuo soccorso per coloro che stavano affrontando con maggiore difficoltà una situazione senza precedenti.
“Ancora una volta il cibo ha avuto un ruolo chiave nel connettere le diverse realtà. Cuochi, produttori e artigiani, tra cui molti migranti e giovani, hanno lanciato nuove iniziative legate alla produzione, alla distribuzione e al consumo di cibo per affrontare la pandemia. Slow Food Heroes vuole quindi incoraggiare e celebrare le iniziative virtuose del mondo del cibo che stanno reagendo all’emergenza con idee che possano ispirare anche altri”, commenta Marta Messa, direttore di Slow Food Europe.
Tante le storie che Slow Food ha raccolto da tutto il mondo e che verranno pubblicate ogni settimana sui canali digitali fino a giugno 2022.
Tra queste, quella di Franco Pepe, pizzaiolo, che ha già` ricevuto più` volte il premio per la miglior pizza, il titolo di Ambasciatore del Gusto e addirittura un Cavalierato al Merito della Repubblica Italiana.
«All’improvvisa chiusura, ci siamo trovati con tanto impasto e materie prime inutilizzate. Non potevo sprecarle, mentre fuori c’era gente che non riusciva a mangiare nemmeno un pasto. È iniziato così, quasi per caso, il nostro progetto di solidarietà per la gente di Caiazzo e dei dintorni. Abbiamo iniziato a cuocere il pane, poi i biscotti, e ovviamente anche le pizze, che portavamo a chi aveva fame, non solo di cibo, ma anche di calore umano. Abbiamo panificato chili di pane da donare, e fin dai primi giorni abbiamo smaltito tutto nel giro di poche ore. Così, ho deciso di continuare a panificare, con un paio di ragazzi del mio staff e con le dovute precauzioni, sfornando pane e pizze per i meno fortunati. Poi ho capito che dovevo fare di più. Così ho lanciato la raccolta fondi per l’ospedale di Caserta. Volevo acquistare un respiratore e mascherine facciali filtranti. Vorrei che i miei colleghi, ristoratori e chef, facessero le stesse cose che ho fatto io nelle loro città, perché la situazione di emergenza che stiamo vivendo tutti, ma queste persone ancora più di noi, ce lo impone».
Queste iniziative legate al cibo, nuove o già esistenti in tutta Europa, contribuiscono a rafforzare il senso di solidarietà in tempi di crisi e danno speranza per il futuro, ispirando nuovi percorsi per combattere la crisi e agire per costruire una società più coesa e orientata verso una vita in comunità.
La crisi del Coronavirus, infatti, non è solo un momento di resistenza, ma anche un’opportunità per coltivare il cambiamento: Slow Food Heroes intende spronare un cambiamento nel modo con cui guardiamo al sistema alimentare e di conseguenza anche un cambiamento culturale, aiutando le comunità locali a guidare la trasformazione del sistema alimentare globale, riportandolo a una visione che abbia al centro l’umanità e il pianeta.
“Quello che abbiamo sopportato finora è un gentile promemoria del fatto che questo non è il momento di disperarsi, ritirarsi e avere paura della situazione, è piuttosto il momento di accellerare le nostre azioni, rinnovare il nostro impegno verso la filosofia di Slow Food e aumentare i nostri sforzi per cambiare il sistema che ci ha fatto arrivare in questa situazione. Condividere le nostre forze e restare uniti come rete in momenti come questo non solo è importante, ma è l’unica opzione possibile che abbiamo se vogliamo superare la crisi e continuare a lottare per il nostro pianeta e tutte le sue creature, grazie alle quali noi siamo qui”, conclude Edie Mukiibi, vicepresidente di Slow Food.
Il progetto Slow Food Heroes è finanziato dalla Fondazione Culturale Europea, con il contributo della Fondazione CRC.
Diffusione del 5 per mille. Banca Etica pubblica il suo quarto studio sull’utilizzo di questo strumento finanziario. Il Terzo Settore ha avuto e avrà un ruolo importante nella ricostruzione post-pandemia. Il 5 per mille è uno strumento di partecipazione diretta che permette ai contribuenti di destinare una quota dell’IRPEF scegliendo liberamente un’organizzazione impegnata in attività sociali cui devolvere, senza costi aggiuntivi, una parte delle tasse dovute.
Le scelte di destinazione del 5 per mille sono uno specchio degli orientamenti culturali e valoriali degli italiani:
– A quali cause vengono destinate queste risorse?
– Che tipo di organizzazioni vengono privilegiate?
-Quali le differenze tra i diversi territori?
Banca Etica – nata 22 anni fa dall’impegno di tante organizzazioni non profit – presenta oggi alle 16.30 con un webinar su Attiviamo Energie Positive la quarta edizione della ricerca sulle scelte degli italiani per il 5 per mille. Intervengono: Alessandro Messina (direttore generale di Banca Etica); Samanta Bernardini (coautrice della ricerca, Ufficio marketing di Banca Etica); Chiara Saraceno (sociologa); Alessandro Lombardi (Direttore Generale Terzo Settore e Responsabilità Sociale d’Impresa del Ministero del Lavoro). Modera Daniela Preziosi, redazione di Domani.
Un contribuente su tre mette la firma per il 5 per mille: c’è spazio per crescere
Sono circa 14 milioni i contribuenti che hanno scelto di destinare il 5 per milla a un’organizzazione non profit, pari a circa un terzo del totale dei contribuenti. Un dato incoraggiante, che mostra però anche gli ampi spazi di crescita dello strumento del 5 per mille che non ha ancora coinvolto due terzi dei contribuenti.
I fondi erogati dallo Stato grazie a tali scelte saranno pari a 518,5 milioni di euro per il 2021: si sfiora così il tetto fissato dal Governo che di 520 milioni per il 2020 che diventeranno 525 dal 2021, mentre le reti del terzo settore continuano a chiedere un ulteriore innalzamento del tetto che viene regolarmente superato dalle scelte dei contribuenti. La crescita dell’importo rispetto al 2019 è del 2,6%. Complessivamente tra 2006 (anno di introduzione del 5 per mille) e 2020 l’importo è cresciuto del 53,5%, mentre il numero di persone che ha scelto di devolvere il 5 per mille è cresciuto del 35,7%.
Al fine di sostenere il terzo settore nel corso della pandemia Covid-19, il contributo del 5 per mille relativo all’anno fiscale 2019 è stato erogato nel corso del 2020, con un anno di anticipo rispetto al solito. Nel 2021 verrà erogato, invece, il contributo del 5 per mille relativo all’anno 2020.
5 Regioni raccolgono il 74% dei fondi
Il 2020 conferma le tendenze sulla ripartizione del 5 per mille nelle Regioni italiane.
Le Regioni che raccolgono i contributi maggiori sono, infatti, quelle in cui storicamente si è sviluppato il non profit e in cui hanno sede le organizzazioni più grandi.
Le prime 5 Regioni italiane per importi nel 2020 sono state Lombardia (36,4%), Lazio (18,4%), Emilia Romagna (6,8%), Piemonte (6,4%) e Veneto (5,9%).
Le altre 16 Regioni hanno raccolto il restante 26,1%; 8 regioni hanno percentuali di raccolta inferiori all’1% rispetto al totale.
Se le Regioni che raccolgono di più sono sempre le stesse, ci sono comunque delle Regioni che registrano una crescita interessante tra 2019 e 2020, in particolare: Marche (+9,9%), Basilicata (+7,4%) e Campania (+7,2%).
Aumentano i beneficiari, calano gli importi medi, resta la concentrazione su poche organizzazioni
La platea delle organizzazioni beneficiarie è più che raddoppiata (+131,2%) tra il 2006 e il 2020 passando da 29.840 enti beneficiari a 68.976. Tale aumento ha comportato una diminuzione dell’importo medio erogato alle organizzazioni tra il 2006 e il 2020: si passa da 11.325 (nel 2006) a 7.518 (nel 2020), con una riduzione del 33,6%.
Ma lo studio evidenzia una forte concentrazione con poche organizzazioni che raccolgono la gran parte dei contributi, a fronte di una galassia polverizzata di piccole organizzazioni che riescono a raccogliere importi molto contenuti.
Le prime sono in grado di mettere in campo sostanziosi investimenti nel marketing (spot, mailing, ecc.), le seconde si basano preferibilmente sul radicamento territoriale, le relazioni con gli stakeholders, la fidelizzazione dei simpatizzanti.
Nel 2020 i primi 10 destinatari del 5 per mille raccolgono più di 138,976 milioni di euro, pari al 26,7% di tutte le somme destinate agli enti destinatari. Se prendiamo in considerazione le prime 50 organizzazioni la somma supera i 218,732 milioni di euro. Si tratta di una tendenza fisiologica che potrebbe essere corretta con meccanismi per calmierare e redistribuire, in modo da limitare divaricazioni eccessive.
Una soluzione potrebbe essere quella di prevedere – attraverso la modifica del regolamento per DPCM – la devoluzione di una quota parte dei cosiddetti fondi inoptati (oltre 24 milioni di di contribuenti, circa il 60% del totale) a questa finalità.
I fondi inoptati sono quelli derivanti dai contribuenti che firmano semplicemente nel riquadro corrispondente senza indicare l’organizzazione prescelta: tali fondi viene oggi distribuito tra tutti gli iscritti in misura proporzionale alle scelte dirette ricevute dalle organizzazioni, finendo con il favorire ancora una volta le organizzazioni più grandi.
Conclusioni
Alcune tendenze emerse negli scorsi anni restano valide anche per il 2020: la progressiva diminuzione dei contributi a fondo perduto degli enti pubblici a fronte della crescita significativa delle donazioni private. In questo contesto il 5 per mille rappresenta una componente di crescente importanza: quasi il 10% delle donazioni complessive e lo 0,7% delle entrate complessive. E in un anno (il 2020) quello della pandemia dove le raccolte di autofinanziamento e di raccolta delle donazioni (ad eccezione di quelle in ambito sanitario) hanno avuto delle evidenti e naturali difficoltà, il 5 per mille ha accresciuto la sua importanza.
“Dalla nostra ricerca emerge con forza l’importanza del 5 per 1000 per il sostegno e lo sviluppo del terzo settore. E’ uno strumento che va ulteriormente rafforzato e sviluppato, Negli ultimi anni sono stati introdotti importanti correttivi o miglioramenti alla misura, nella direzione della stabilizzazione, della trasparenza, dell’accountability. Si tratta di passi in avanti significativi” – dice Alessandro Messina, direttore generale di Banca Etica. “Un punto di riflessione non può non essere quello dell’introduzione di una qualche forma di correttivo e di stimolo nella raccolta a favore delle organizzazioni medio-piccole: queste sono il vero scheletro della partecipazione sociale e civile del nostro paese. Anche se meno importanti dal punto di vista dell’importo, queste raccolte modeste hanno un valore cruciale dal punto di vista della creazione di capitale fiduciario, di coesione sociale, di partecipazione civile. Democratizzare la raccolta fondi verso il non profit attraverso il 5 per 1000, allora, può significare anche questo: ampliare, rafforzare, rendere più equilibrati la diffusione e lo sviluppo del terzo settore nel nostro paese”.