Prepared for change: 2019 index measures 140 countries’ ability to respond to change and climate challenges.

The 2019 KPMG Change Readiness Index ranks 140 countries1 on how effectively they prepare for, and respond to, major change events. From geopolitics to technology to climate, the world is changing at a rapid pace. Which countries seem prepared for the opportunities? And which appear ill equipped to manage the risks? This edition of the report focuses squarely on the capabilities countries need to successfully address climate change and mitigate associated risks. The Index measures a country’s capacity for general change, but KPMG’s methodology shows that those same capabilities also dictate a country’s preparedness for climate change.

The Change Readiness Index, now in its fourth year of bi-annual publication, answers these questions by measuring each country across three key pillars of capability: enterprise, government and people & civil society.

Timothy Stiles, Global Chair of KPMG’s International Development Assistance Services, commented on the analysis: “Climate change is among the most pressing issues we face as a global society. Those countries failing to recognize the impact of climate change are likely to be unprepared for its growing costs, which will be levied on citizens, businesses and economies around the world. Our 2019 report aims to demonstrate that there isn’t a one-size-fits-all approach to responding to major change. Our research highlights that too many nations can be reliant on either business, government or civil society to shoulder the responsibility for change readiness, but in our experience this doesn’t yield the best long term results. True preparedness is when each segment of society – enterprise, government, and people and civil society – works in harmony toward a shared outcome.”

Europe continues to dominate top 10, but falls behind in financial sector
The top ten performing countries of the CRI remain largely unchanged from the 2017 report, with the exception of Norway, which has climbed from 11th to 8th place to replace Finland in the top ten. The UK remained in the top 10 and climbed to 8th place (from 10th), despite mounting political uncertainty surrounding Britain’s decision to leave the European Union.

The EU performs above the global average in environmental sustainability compared to other regions. The 2019 Index, however, has found that Europe’s financial sector is falling behind the global average and North America, and is performing marginally better than Developing Markets.

North America is the global leader in technology use
The US now ranks 13th (down from 12th) overall while Canada rose to 16th overall (up from 18th). Despite falling behind Europe on environmental sustainability, the US leads the globe in financial sector preparedness for change. North America is the clear global leader in the adoption of new technologies.

The CRI top 20 countries and jurisdictions (with change in ranking from 2017):
Switzerland
Singapore (+2)
Denmark (+2)
Sweden (-2)
United Arab Emirates (-2)
Norway (+5)
Germany (+2)
United Kingdom (+2)
New Zealand (-3)
Netherlands (-3)
Finland (-3)
Qatar (+7)
United States (-1)
Australia
Hong Kong (SAR) (-2)
Canada (+1)
Taiwan (+18)
Japan (+3)
Austria (-3)
Belgium (-2)

Europe’s private sector leads Enterprise Sustainability, ahead of naturally resource rich countries
European countries are leading the way for Enterprise Sustainability, which looks at the private sector’s role in rising to the challenge of national preparedness and response to climate change and environmental degradation. Measures for Enterprise Sustainability include CO2 emissions per unit of GDP, and the share of renewable energy in use by a country.

By contrast, naturally resource rich countries have performed poorly in Enterprise Sustainability. The best performing naturally resource rich country is Norway (#32) and the poorest performing is Russia (#135). This could mean that the private sector in resource rich countries is not taking steps to diversify their economies away from resources like oil and gas to mitigate climate change and environmental degradation.

Double jeopardy for less mature economies
The 2019 Index also revealed that countries most susceptible to climate risks are mostly low income and lower-middle income countries. Less mature economies like Chad, South Sudan and Afghanistan are the worst performing in climate resilience, as are countries in Sub-Saharan Africa and South Asia. The majority of higher income economies are considered low risk, high readiness countries.
This year’s report reveals that poorer countries face double jeopardy when it comes to climate change: a higher risk from the negative impacts of climate change and a lower capacity to implement climate-ready policies and institutions.
Cambiamento climatico: i Paesi sono pronti alle nuove sfide?

Il ‘Change Readiness Index 2019’ di KPMG misura la capacità degli stati di rispondere ai principali cambiamenti e ai relativi rischi e stila la classifica globale dei 140 Paesi analizzati.

Dalla geopolitica alla tecnologia ai cambiamenti climatici, il mondo sta mutando a una velocità mai vista prima.
Quali sono i Paesi più preparati a cogliere le nuove opportunità? E quali sono invece quelli meno pronti a gestire i rischi?

L’edizione 2019 della ricerca si concentra principalmente sulla capacità dei Paesi analizzati di affrontare i cambiamenti climatici e limitarne i pericoli correlati. I parametri sono stati misurati tendendo in considerazione tre principali macro-aree: il contesto imprenditoriale, le istituzioni governative e la società civile.

L’Europa domina la Top Ten: ottime performance nella sostenibilità ambientale, scende la reattività del settore finanziario
In cima alla classifica la situazione resta invariata rispetto al report del 2017, con la Svizzera sempre in testa. La stabilità caratterizza anche le posizioni successive, visto che ben 6 nazioni tra le prime 10 si confermano ai vertici dal 2015. L’unica variazione nella top 10 rispetto alla scorsa edizione è rappresentata dalla Norvegia, risalita dall’11° al 6° posto della classifica scalzando la Finlandia. Il Regno Unito passa dal 10° all’8° posto, nonostante il clima di incertezza politica dopo la Brexit. Il Vecchio Continente occupa ben 7 dei primi 10 posti e 9 dei primi 20. L’Italia si attesta al 36° posto, soprattutto per le deludenti performance delle istituzioni governative.
L’Unione Europea in generale registra performance superiori alla media globale sui temi di sostenibilità ambientale. Il Change Readiness Index 2019 rivela, tuttavia, anche zone d’ombra per l’Europa: il settore finanziario scende al di sotto della media globale e dell’America del Nord, e registra performance solo marginalmente migliori rispetto alle economie emergenti.

America del Nord leader in finanza e utilizzo della tecnologia
Nonostante l’America del Nord sia indietro rispetto all’Europa sul tema della sostenibilità ambientale, gli Stati Uniti guidano il ranking per quanto concerne la capacità di reazione di fronte al cambiamento nel settore finanziario.
Il Nord America, inoltre, risulta nettamente il leader globale per quanto riguarda l’adozione di tecnologie innovative.

In classifica generale gli Stati Uniti scendono dal 12° al 13° posto, mentre il Canada guadagna una posizione salendo al 16° posto.

La top 20 del Change Readiness Index 2019 (con le variazioni rispetto al 2017)
Svizzera
Singapore (+2)
Danimarca (+2)
Svezia (-2)
Emirati Arabi Uniti (-2)
Norvegia (+5)
Germania (+2)
Regno Unito (+2)
Nuova Zelanda (-3)
Paesi Bassi (-3)
Finlandia (-3)
Qatar (+7)
Stati Uniti (-1)
Australia
Hong Kong (SAR) (-2)
Canada (+1)
Taiwan (+18)
Giappone (+3)
Austria (-3)
Belgio (-2)

Il settore privato porta l’Europa al top nella Sostenibilità d’Impresa
I Paesi europei guidano la classifica sulle tematiche di sostenibilità d’impresa. Questo anche grazie alla crescita della capacità del settore privato di rispondere ai rischi legati al cambiamento climatico e all’inquinamento ambientale. Le misurazioni includono anche le emissioni di CO2 in rapporto al PIL e la quota di energia rinnovabile utilizzata nel paese.
Di contro, molti Paesi che possono contare su un territorio ricco di risorse naturali hanno avuto risultati negativi nella sostenibilità d’impresa: si va dalla Norvegia (32° posto, la migliore del gruppo) fino alla Russia (135° posto). Questo dimostra come nei Paesi ricchi di risorse naturali il settore privato stia compiendo azioni ancora poco significative per limitare l’utilizzo massivo di gas e petrolio al fine di contenere i cambiamenti climatici e l’inquinamento ambientale.

Doppio pericolo per le economie più povere
Il ‘Change Readiness Index 2019’ mostra che rivelato che i Paesi più sensibili ai rischi climatici sono quelli reddito basso e medio-basso. Economie meno mature come il Ciad, il Sud Sudan e l’Afghanistan sono risultate le peggiori come capacità di risposta ai cambiamenti climatici, così come i Paesi dell’Africa subsahariana e quelli dell’Asia meridionale.
I Paesi più poveri devono, quindi, fronteggiare un doppio rischio: a fronte di una più alta esposizione ai rischi del cambiamento climatico, presentano una minore capacità di rispondere in modo pronto ed efficace mediante politiche e istituzioni adeguate.

Al contrario, la maggior parte delle economie a più alto reddito è considerata a basso rischio e ad alta resilienza e capacità di reazione rispetto ai cambiamenti climatici.

www.kpmg.com

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