Luglio 2022

Soffitto di cristallo: a che punto siamo? La IV edizione della survey Wyser. Per metà del campione è una cultura aziendale a fare la differenza nel superamento del soffitto di cristallo, non basta la presenza di donne in ruoli strategici. Per il 60% la flessibilità oraria è tra gli strumenti più utili a conciliare sfera lavorativa e familiare, ma le donne puntano sempre più su un equo congedo parentale. Il PNRR un’opportunità: investire più sui piani asilo nido (40%) che sulle certificazioni di genere (7%).

Sono passati 44 anni da quando l’espressione “soffitto di cristallo”, usata per la prima volta da Marilyn Loden, è entrata nel vocabolario comune per esprimere l’insieme delle barriere culturali che limitano opportunità, ambizioni e carriere delle donne. In questo arco di tempo sono state tante le azioni politiche, istituzionali e aziendali per colmare queste disparità, ma la situazione appare ancora lontana da un’effettiva gender equity.
Anche quest’anno Wyser, brand globale di Gi Group Holding specializzato in ricerca e selezione di profili di middle e senior management, ha lanciato una survey sul tema del soffitto di cristallo per indagarne gli effetti concreti sulla sfera professionale delle donne e contribuire a individuare delle soluzioni.

A cosa viene associato il soffitto di cristallo?
Per il 37% (43% delle donne vs 30% degli uomini) è un fenomeno legato a stereotipi e pregiudizi presenti ancora oggi nei luoghi di lavoro e per il 22% all’assenza di donne in posizioni decisionali.
Tuttavia, e come hanno dimostrato anche recenti fatti di cronaca, tra le caratteristiche a livello organizzativo aziendale che favoriscono l’abbattimento del soffitto di cristallo, la presenza di un management in prevalenza femminile (15%) sembra essere meno importante rispetto allo sviluppo di una più ampia cultura aziendale che ponga il focus su welfare e wellbeing (46%).
Infine, il 21% riassumerebbe il soffitto di cristallo come scarsa meritocrazia e l’11% come un bivio ancora attuale tra figli e carriera.

Conciliazione famiglia-lavoro: quali misure per supportarla?
Larga parte del campione intervistato sottolinea l’importanza della possibilità di gestire con relativa autonomia tempi e luoghi di lavoro. Per il 60%, infatti, la misura principale resta la flessibilità oraria, seguita dalla possibilità di lavorare da remoto (38%).
Meno rilevanza viene data al lavoro part-time (10%).

La necessità di coniugare vita familiare e professionale per poter superare gli ostacoli alla carriera passa però anche attraverso la possibilità di usufruire di asili nido (30% dei rispondenti) e da una più equa distribuzione del congedo parentale, coinvolgendo anche i padri (22%). Riguardo quest’ultima misura, sono le donne a esprimere una maggiore preferenza (27%) rispetto agli uomini (15%). Dato che può essere giustificato dai dati Istat 2020 che hanno visto il 79% delle donne con figli, otto su dieci circa, far richiesta per i congedi parentali, contro un ben più modesto 21% dei padri.

“I dati sul soffitto di cristallo, che proviamo a monitorare con cadenza regolare, suggeriscono ancora una volta che si tratta di un problema legato anche al tessuto culturale della società e non solo a una mera disparità sul mercato del lavoro” – dichiara Carlo Caporale, AD Wyser Italia – “Se proviamo a fare una comparazione, l’utilizzo del remote working come misura a supporto delle donne ha perso 5 punti percentuali nel corso degli ultimi due anni, proprio quelli in cui l’utilizzo è stato maggiore (43% del 2020 vs 38% oggi). Anche la richiesta di maggiore elasticità oraria, seppur molto alta (60%) è nettamente inferiore all’84% espresso nel 2020. Il dato più eclatante a mio avviso resta quello di un equo congedo parentale che dal 7% è balzato al 22% a prova inequivocabile, soprattutto dopo l’esperienza della pandemia, che il supporto alle donne che hanno necessità di conciliare vita familiare e carriera non può essere espresso solo attraverso una riduzione del tempo lavorativo o il trasferimento da una scrivania in ufficio ad una in casa, ma necessita di un sostegno pratico e una sensibilizzazione culturale sia della società sia della singola organizzazione”.

Quale apporto potrebbe avere il PNRR sull’equità di genere?
Il PNRR prevede di raggiungere, entro il 2026, un incremento del 5% nella classifica dell’Indice sull’uguaglianza di genere elaborato dall’omonimo Istituto europeo (EIGE) che oggi vede l’Italia classificata al quattordicesimo posto tra i Paesi UE (il nostro Paese ha infatti raggiunto un punteggio di 63,5 su 100, cioè 4,4 punti sotto la media europea).
Delle diverse misure previste, vengono preferite quelle che hanno un impatto diretto e concreto sulla vita professionale: più di 1/3 (36%) utilizzerebbe le risorse stanziate per la creazione di un fondo per il sostegno della parità salariale di genere e ben il 40% investirebbe sullo sviluppo di piani asilo e potenziamento dei servizi dedicati alla fascia 0-6. Meno incisive o prioritarie la proposta di “Gender Procurement” (7%) e il supporto all’imprenditorialità femminile (5%).

Continua Carlo Caporale: “Il PNRR deve essere un’opportunità per pensare sul lungo periodo ed investire sulla cultura aziendale e formazione delle donne per un accesso più lineare a quelle posizioni, ma anche a quelle professioni, che ad oggi sono ad appannaggio principalmente maschile. Istituzioni ed aziende non possono far a meno di collaborare ed allinearsi. All’interno del nostro Gruppo abbiamo aderito al progetto Women4 proprio per sostenere e promuovere la carriera delle donne in settori che sono prevalentemente appannaggio maschile, come logistica, mechanics e ICT”.

Gender Pay Gap: a chi spetta il compito di cambiare le regole del gioco?
Un tema collegato al soffitto di cristallo è quello del gender pay gap, che – anche come rivela la survey – necessita di un’azione combinata di diversi attori. Per il 45% spetta in primis alle istituzioni, con incentivi e sgravi fiscali o una normativa ad hoc. Per il 42%, invece, la riduzione del divario passa attraverso politiche aziendali di trasparenza retributiva.
“Ritengo che il ruolo che ricopre una realtà come Wyser, e più in generale Gi Group Holding, e la consapevolezza che la nostra attività ha un impatto sulla vita e sulla carriera delle persone, ci richiamino alla responsabilità di dare un contributo concreto nel rendere il mercato del lavoro più sostenibile quindi più inclusivo” conclude Caporale.

Wyser è il brand globale di Gi Group Holding che si occupa di ricerca e selezione di profili di middle e senior management. Nata in Italia nel 2013, nel corso degli anni si sviluppa in modo capillare sul territorio nazionale con le seguenti sedi: Milano, Torino, Padova, Bologna, Roma.
Nel mondo è presente in 13 paesi, oltre che in Italia, è attiva in Brasile, Bulgaria, Cina, Francia, Ungheria, Polonia, Portogallo, Romania, Russia, Serbia, Spagna e Turchia.

www.wyser-search.com

Nuove produzioni cibo e sostenibili. AquaFarm, NovelFarm e AlgaeFarm si sono concluse alla Fiera di Pordenone con lo Special Conference Day del 27 maggio, giornata in cui si sono tenuti due convegni per celebrare l’Anno Mondiale della Pesca Artigianale e dell’Acquacoltura delle Nazioni Unite.

“L’acquacoltura che vogliamo: guardare al futuro e unire le generazioni” è stato il tema principale del seminario al quale sono intervenuti rappresentanti di MIPAAF (Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali), FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations), GFCM (General Fisheries Commission for the Mediterranean) e API (Associazione Piscicoltori Italiani) e tanti giovani operatori della filiera dell’acquacoltura e della pesca artigianale .

Con la crescente domanda di produzione alimentare sostenibile, le associazioni di agricoltori e i produttori sono ora chiamati a svolgere un ruolo fondamentale non solo nella produzione alimentare, ma per la società in generale. Il workshop ha fatto il punto sui progressi compiuti dal settore dell’acquacoltura, focalizzandosi sulle migliori pratiche provenienti dall’esperienza e dalle tradizioni per garantire che le attività in acquacoltura siano sempre più responsabili e contribuiscano ancora più attivamente allo sforzo per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. Diverse generazioni di coltivatori di blu food, ma anche personalità nell’ambito della ricerca e dell’amministrazione, si sono scambiati conoscenze ed esperienze e hanno discusso delle future sfide del settore.

Nella giornata è stato fatto anche il punto sulle manifestazioni appena concluse, AquaFarm, la mostra-convegno internazionale dedicata ad acquacoltura e industria della pesca, NovelFarm è il più importante evento italiano interamente dedicato alle nuove tecniche di coltivazione, fuori suolo e vertical farming e AlgaeFarm, appuntamento dedicato a tecnologie e applicazioni in alghicoltura, che hanno fatto registrare un numero di visitatori in linea con l’ottimo risultato dell’edizione 2020, anno nel quale c’era stato un +15% di ingressi. Confermata anche l’alta percentuale di partecipanti esteri e il carattere internazionale di queste manifestazioni.

Le mostre-convegno hanno visto la presenza di 120 espositori (35% proveniente dall’estero) che sono stati ospitati nei Padiglioni 4 e 5 del quartiere fieristico, per 6.900 mq di spazio espositivo. Componente fondamentale dell’appuntamento come sempre è stato il programma delle conferenze sulle più importanti tendenze del settore (es. programmi europei, costi energetici, sostenibilità, innovazione, digitalizzazione). Proprio per l’approfondimento degli argomenti trattati e per il livello delle presenze le manifestazioni sono supportate da importanti collaborazioni: main sponsor è il Gruppo Del Pesce, mentre partner sono API (Associazione Piscicoltori Italiani) e AMA (Associazione Mediterranea Acquacoltori), le due associazioni italiane di riferimento del settore acquacoltura per Aquafarm, e Vertical Farm Italia per NovelFarm. Collaborano alle manifestazioni anche Camera di Commercio di Pordenone e Udine e ITA ICE (Italia Trade Agency), Electrolux è partner tecnico. Gli eventi sono organizzati in collaborazione con MIPAAF (Ministero per le Politiche Agricole Alimentarie e Forestali nell’ambito del FEAMP (Fondo europeo per la politica marittima, la pesca e l’acquacoltura) e Unioncamere Nazionale.

“Anche il risultato di questa edizione ha dimostrato la bontà del progetto su cui abbiamo puntato 5 anni fa insieme alla squadra di partner e collaboratori che lavora con noi: AquaFarm, NovelFarm e la neonata AlgaeFarm stanno crescendo a livello nazionale e internazionale, un chiaro segno di come i temi trattati rappresentino questioni davvero strategiche per l’alimentazione del futuro” dichiara il Presidente di Pordenone Fiere, Renato Pujatti.Il format che affianca stand espositivi e un programma di conferenze specializzate è vincente perché queste fiere guardano verso l’innovazione e la ricerca: due aspetti fondamentali per i settori protagonisti, fortemente proiettati al futuro, e sulle quali vogliamo investire ulteriormente”. I progetti su cui puntare nel futuro sono numerosi, come spiega ancora Pujatti: “NovelFarm, diventata ormai manifestazione di riferimento in Italia e nel Sud-Europa per le coltivazioni agricole di nuova generazione, in ambiente protetto, vertical farm e idroponica, dopo tre edizioni in cui si è tenuta in contemporanea con AquaFarm, dal 2023 avrà una collocazione temporale diversa e si svolgerà come manifestazione autonoma nei giorni 23 e 24 marzo sempre a Pordenone. A dimostrazione di quanto il settore sia strategico per Pordenone Fiere si è tenuta a margine di NovelFarm una importante riunione delle aziende di vertical farming, e colture fuori suolo propedeutica alla nascita della prima associazione di categoria per le aziende del settore. Il progetto si chiama ANIFUS, Associazione Nazionale Imprese Fuori Suolo, e già dalla sua presentazione ha trovato un’ottima accoglienza tra gli addetti ai lavori che finalmente vedono riconosciuto anche a livello di rappresentanza un settore che sta diventando sempre più di riferimento per il futuro dell’agricoltura. Pordenone Fiere è al loro fianco”.

“E’ stato bello ritrovarsi dopo tanto tempo tutti in presenza! – il commento di Pier Antonio Salvador presidente di API, Associazione Piscicoltori Italiani – Ad AquaFarm c’era veramente tutto il comparto: le aziende di produzione, le istituzioni, i fornitori, le autorità di controllo, la ricerca. Dal confronto di tutti è emerso che l’obiettivo verso il quale dobbiamo puntare è quello della sostenibilità declinata nei suoi tre pilastri: ambientale, economico e sociale. In questo processo è fondamentale il contributo dell’innovazione tecnologica e della ricerca ma anche la comunicazione può fare molto diffondendo sempre più i vantaggi dell’acquacoltura. In questo AquaFarm ha dato un grandissimo contributo grazie all’approfondimento scientifico ma anche a tutte le iniziative dedicate ai bambini e al grande pubblico”.

AquaFarm è la mostra-convegno internazionale dedicata ad acquacoltura e industria della pesca sostenibile
La 6^ edizione è in programma il 15 e 16 febbraio 2023.
NovelFarm è il più importante evento italiano interamente dedicato alle nuove tecniche di coltivazione, fuori suolo e vertical farming.
La 4^ edizione si terrà il 23 e 24 marzo 2023.

– BYinnovation è Media Partner di AquaFarm, NovelFarm e AlgaeFarm

www.aquafarmexpo.it

www.novelfarmexpo.it

www.aquafarm.show/algaefarm-convegno-algocoltura/

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Plastic Revolution: Ridurre. Decofilm racconta la verità e solo la verità su pro e contro di ogni soluzione oggi tecnologicamente disponibile, perché i produttori possano scegliere consapevolmente il film per packaging adatto alle loro esigenze, e a quelle dell’ambiente.

Ridurre gli spessori
Le strade finora intraprese si basano innanzitutto sulla riduzione degli spessori.
Lo spessore è misurato in micron e influisce sulla trasparenza, consistenza ed effetto barriera del film.
Ridurre lo spessore del film significa diminuire l’utilizzo di materie prime ed alleggerire il prodotto finale, incidendo meno, a causa del peso inferiore, sulla produzione di C02 prodotta dal trasporto su ruota.

È necessario trovare il giusto equilibrio tra la riduzione dello spessore ed il mantenimento delle caratteristiche tecniche del materiale, considerando in maniera primaria anche – naturalmente – la tipologia dei polimeri coinvolti. Tutto questo per assicurare una riciclabilità REALE.

La produzione tradizionale propone spesso prodotti trattati con termoindurenti (crosslinked), e che risultano per questo poi effettivamente non riciclabili.

Anche l’uso di polimeri di densità superiore a 1 g x cm3 crea lo stesso problema di impossibilità, per il film, ad essere reinserito nei cicli produttivi dopo il primo uso (oltre a non permettere al materiale, in caso di smaltimento scorretto in mare, di galleggiare e quindi essere recuperato).

Naturalmente, per le aziende, è più conveniente utilizzare soluzioni conosciute e rodate, la ricerca e la sperimentazione sono sempre rischiose ed economicamente impegnative, ma sono anche gli unici atteggiamenti che permettono un progresso.

Attenzione!
Spesso, in commercio, vengono venduti film per packaging dallo spessore ridotto che, però, perdono acune caratteristiche termiche e costringono ad usare un eccesso di energia per la saldatura o la retrazione
L’onestà nei confronti dei clienti ci obbliga a tenere conto dei difetti nascosti. Non accontentatevi di analisi e informazioni parziali!

La soluzione Decofilm
La nostra gamma DECOFILM DECOLINE risponde in maniera completa ed efficiente all’esigenza di riduzione degli spessori. In particolare DECOFILM DCLP Performance è il nostro film per packaging dallo spessore ridotto (solo 9 micron) in grado di soddisfare i clienti che vogliano agire in maniera significativa a favore del business e della natura.
Adatto per applicazione nei settori industriali e alimentari, conserva immutate le caratteristiche necessarie per obbedire alle regole dell’economia circolare.

Restiamo ancora una volta nella “R” di “RIDURRE” per capire cosa DAVVERO comporta per i produttori e gli utilizzatori di film per #packaging.
Per ottenere un film per packaging davvero green e sostenibile, RIDURRE significa:

RIDURRE IL PESO SPECIFICO AL DI SOTTO DELLA SOGLIA DI 1 GR X CM3
Perché? 1 grammo per cm3 è la densità dell’acqua. Produrre un film con densità più bassa significa permettergli di galleggiare e quindi poter separare, in bagno d’acqua, i prodotti di scarto più pesanti da quelli che invece galleggiano.

Ad oggi, in sostanza, tutti prodotti di densità superiore vengono eliminati ed non riciclati (PA, PET, PLA…), mentre i prodotti “leggeri” vengono riciclati (PP, PE, POF…).

RIDURRE LO SPESSORE DEI FILM PLASTICI
Produrre un film con spessori intorno ai 9 micron significa utilizzare meno materia prima per produrlo e quindi anche ridurre le tasse legate al peso venduto (Conai).

È necessario adeguare lo spessore del film plastico all’applicazione cui è destinato, per evitare di sovra-dimensionarlo alle necessità (chiedeteci consiglio, siamo qui anche per questo).

RIDURRE L’EMISSIONE DI C02
La produzione di 1 kg di POF fossile genera 3 kg di C02, contro i 2 kg consumati dalla produzione di 1 kg di POF Bio based. Una differenza di circa 5 kg di CO2 ben evidenzia la necessità di utilizzare dei green. Noi lo facciamo con Decogreen, prodotto dalla canna da Zucchero, che si è meritato la certificazione “I’m Green” (Braskem).

RIDURRE L’USO DI TRATTAMENTI NON IDONEI AL RICICLAGGIO
L’irradiamento delle strutture PE, spesso fatto per rendere il film più trattabile dal punto di vista meccanico, lo rende però termo-indurente e quindi non più trasformabile in granulo (e dunque riutilizzato). Inoltre lo stesso irradiamento aumenta le temperature necessarie di retrazione e di saldatura causando una maggiore richiesta di energia (+30% in confronto a un film non irradiato).

www.decofilmgroup.com

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Rinnovabili 2021 vanificato. Energy&Strategy – School of Management Politecnico di Milano ha presentato il Renewable Energy Report 2022. La ripresa è lenta mentre gli obiettivi al 2030 sono sempre più sfidanti.

Il 2021 è stato un altro anno sprecato: il mercato delle rinnovabili in Italia è cresciuto rispetto all’annus horribilis 2020, ma non quanto avrebbe potuto e dovuto, e a ogni anno che passa questo “spreco” diviene sempre più impattante, allontanando decisamente il raggiungimento degli obiettivi al 2030 (72% di fonti rinnovabili nella generazione elettrica secondo le ultime indicazioni del Piano per la transizione ecologica) e ancora di più quelli al 2050. Le installazioni sono in effetti ripartite con la ripresa post-pandemica, ma la quantità di nuovi impianti fotovoltaici ed eolici è solo di poco superiore a quella del 2019. A differenza dell’Europa, che procede a passi molto più spediti ed è ormai prossima al traguardo complessivo dei 700 GW.

La capacità di rinnovabili installata in Italia durante il 2021 è stata complessivamente di 1.351 MW (+70% di potenza rispetto ai 790 MW del 2020, quando era diminuita del 35%) e questo ha portato il Paese a superare la soglia dei 60 GW: l’aumento è stato trainato dalla nuova capacità di fotovoltaico (+935 MW, +30% rispetto al 2020), seguito dall’eolico, che ha registrato la crescita più marcata (+404 MW, +30%) e, ben distanziato, dall’idroelettrico (+11 MW), mentre le bioenergie sono addirittura in diminuzione (-14 MW).

Sono alcuni dei risultati contenuti nel Rapporto sulle energie rinnovabili (RER) realizzato dall’Energy & Strategy della School of Management del Politecnico di Milano e presentato questa mattina in un convegno che ha visto protagoniste anche le molte aziende del settore partner della ricerca.

“Il 2021 è stato un anno complesso, con i colpi di coda della pandemia a cui si sono aggiunte tensioni per certi versi inattese sul mercato dell’energia – ammette Davide Chiaroni, vicedirettore di Energy & Strategy – ma è davvero urgente riprendere a intensificare l’installazione di nuovi impianti alimentati da energie rinnovabili, così come gestire correttamente le strutture esistenti, per evitare di allontanarci ancora di più dal percorso verso la decarbonizzazione”.

Il ritmo di crescita è ancora troppo lento
Di questo passo, al 2030 avremmo un parco eolico e fotovoltaico di poco superiore ai 50 GW, rendendo impossibile l’obiettivo (aumentato con il PTE, il Piano per la transizione ecologica) di un installato totale di rinnovabili tra i 125 e i 130 GW. Queste cifre si possono raggiungere solo se il tasso di installazione sarà quattro volte maggiore dell’attuale per l’eolico (circa 1,75 GW/anno contro gli 0,38 GW/anno di oggi) e sette volte maggiore per il fotovoltaico (circa 5,6 GW/anno contro 0,73 GW/anno). E rimandando si peggiora solo la situazione. La buona notizia è che soluzioni concrete da mettere in atto ce ne sono, così come sono a disposizione di policy maker e operatori del settore studi e analisi, ad esempio sul ruolo che le energie rinnovabili potrebbero avere nel mitigare il prezzo dell’energia.

“Per centrare gli obiettivi europei al 2030 si dovrebbero installare in Italia almeno 60-65 GW di nuova capacità produttiva da fonti rinnovabili non programmabili, ma non è possibile senza una semplificazione normativa, in particolare nelle autorizzazioni, e un più facile accesso agli incentivi: qualcosa è stato fatto, ma la strada è lunga – continua Chiaroni – nonostante le rinnovabili rappresentino una grande opportunità per la competitività del nostro Paese, che vedrebbe non solo una drastica riduzione della propria dipendenza energetica, ma potrebbe anche raggiungere livelli molto competitivi del costo dell’energia grazie alla disponibilità di risorse come sole e vento. È indispensabile una programmazione integrata e coerente, perché le azioni previste per i prossimi anni determineranno il nostro posizionamento strategico nel futuro sistema economico globale. Saranno necessari anche ingenti investimenti (tra i 40 e 50 miliardi di euro al 2030, senza considerare quelli per gli accumuli e il potenziamento delle infrastrutture di rete) quindi vanno create le condizioni perché il mercato finanziario e gli investitori internazionali giochino un ruolo attivo nello sviluppo del settore”.

Se guardiamo alle aste per i grandi impianti, i sette bandi predisposti dal Decreto FER1 sono giunti a conclusione, ma con risultati non soddisfacenti: la partecipazione durante il 2021 è rimasta bassa, in larga misura a causa dell’andamento intermittente del rilascio delle autorizzazioni, e questo ha lasciato per tutti i gruppi un contingente non assegnato che andrà colmato con due ulteriori bandi previsti per il 2022.

Quanto al PNRR, come è noto, sono poco meno di 6 i miliardi di euro dedicati alle energie rinnovabili (1,1 per lo sviluppo dell’agro-voltaico; 2,2 per le Comunità energetiche nei piccoli Comuni; 0,68 per la promozione di impianti innovativi; 1,92 per lo sviluppo del biometano) all’interno dei 25,36 miliardi destinati a “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, in cui rientrano anche l’idrogeno e la mobilità sostenibile.
Si tratta però ancora una volta di singoli progetti specifici che non costituiscono un piano strutturato.

Gli interventi necessari riguardano anche il repowering e revamping (ricostruzioni, rifacimenti, riattivazioni e potenziamenti) dei numerosi impianti fotovoltaici ed eolici che in Italia hanno 10 o più anni di vita, e per i quali è indispensabile incrementare (o almeno mantenere) la produzione.
Un altro comparto da sostenere è quello dell’agri-voltaico, che permette la coesistenza di attività agricole o di allevamento con il fotovoltaico: da agosto 2021 sono state presentate più di 50 domande al Ministero dell’Ambiente. Infine, vanno ricordate le Comunità energetiche, che quest’anno sono salite a 26 (tutte basate su impianti fotovoltaici di 40 kW di potenza media a progetto) e che grazie al recepimento della direttiva europea RED II possono finalmente ora espandere i loro confini anche ad attori industriali e commerciali.
L’andamento del prezzo dell’energia e il ruolo delle fonti di energia rinnovabile (FER)
Il prezzo dell’energia elettrica (PUN) è stato soggetto a un aumento continuo da giugno 2021, con un picco a dicembre e una seconda risalita da febbraio 2022, quando è cominciata la guerra in Ucraina: a marzo, il PUN medio registrava un +411% rispetto a un anno prima, a causa dell’incremento del prezzo del gas (cresciuto di 5 volte tra dicembre 2019 e dicembre 2021) e successivamente con l’accendersi del conflitto.

Le rinnovabili potrebbero avere un effetto calmierante?
“Le offerte di impianti rinnovabili sono in grado di influenzare i prezzi in alcune ore della giornata – spiega Chiaroni – ma i volumi non sono sufficienti a stabilire frequentemente il prezzo marginale sul mercato dell’energia elettrica, mentre gli impianti a gas costituiscono la tecnologia marginale che predomina nella maggior parte dei casi, di fatto determinando l’andamento del prezzo dell’elettricità. Nonostante questo, il potenziale effetto ‘calmierante’ delle rinnovabili è stato dimostrato nella primavera del 2020, quando a causa delle restrizioni da lockdown il fabbisogno di energia elettrica è calato e i volumi offerti dalle rinnovabili sono stati più spesso sufficienti a coprire la domanda, portando gli impianti a gas a essere ammessi sul MGP solo in corrispondenza di prezzi molto bassi”.

Life Cycle Assessment: gli impianti alimentati da rinnovabili sono sempre la scelta migliore?
Gli impianti alimentati da energie rinnovabili sono sempre meglio delle fonti fossili, se si considera la CO2eq prodotta durante l’intero ciclo di vita di queste tecnologie?
Decisamente sì, anche se impianti prodotti in Cina hanno un impatto in termini di CO2eq emessa ben superiore a quelli realizzati in Europa: dal confronto tra le fonti per la generazione di energia elettrica risulta infatti evidente come alle tecnologie rinnovabili sia associata in ogni caso una quota inferiore di emissioni al kWh di elettricità prodotta rispetto alle fonti fossili.
Le emissioni minori riguardano l’energia nucleare, ma bisogna considerarne tutte le ricadute ambientali e sociali, oltre al fatto che non rappresenta una soluzione utile al raggiungimento degli obiettivi al 2030 laddove non via siano già impianti in funzionamento.
Per la gestione del fine vita di questi dispositivi si stanno poi sviluppando diverse possibilità, supportate dalla normativa dell’Unione Europea secondo cui prevenzione e riutilizzo sono le alternative preferibili, seguite da repurpose e riciclaggio: grazie alle tecnologie attuali, quest’ultima opzione risulta applicabile almeno all’80% degli impianti fotovoltaici ed eolici e si punta ad aumentarne ancora la quota.

www.som.polimi.it