Category: Operations

8 milioni di famiglie per riqualificare casa. Osservatorio Gabetti Lab e Nomisma: quale il lascito del Superbonus? Che futuro c’è per la necessaria riqualificazione del patrimonio edilizio del nostro Paese?
Quale via italiana per dare corso alle politiche green europee?

Con il coinvolgimento di attori della filiera, amministratori di condominio e operatori della finanza, attraverso la partecipazione a tavoli di lavoro e l’avvio di indagini quantitative, Gabetti Lab e Nomisma, coordinati da Ppan come content & communication partner, hanno formulato una proposta operativa per la ripartenza del settore nel post 110. I tavoli tematici hanno visto la partecipazione di una sessantina di interlocutori privilegiati, chiamati a discutere di soluzioni e indirizzi per il futuro.
Tra le priorità e le richieste, in un virtuoso dialogo tra pubblico e privato:
– La necessità di un piano strategico degli investimenti con modularità temporale a non meno di 3-5 anni
– L’adozione di un meccanismo redistributivo dell’aliquota
– L’introduzione di strumenti di tipo ESCO sul privato ed EPC sul pubblico
– La reintroduzione della cessione del credito
Le survey in particolare hanno consentito di rilevare l’opinione di tre target direttamente coinvolti nel processo di riqualificazione edilizia del patrimonio residenziale: le famiglie, gli amministratori in qualità di «antenne all’interno delle comunità condominiali”, la filiera delle costruzioni costituita da imprese e professionisti

LE FAMIGLIE
Secondo i dati del report redatto a valle di questa attività di studio e ricerca, lo sguardo delle famiglie ha messo in evidenza una consolidata consapevolezza riguardo alla necessità di riqualificare il proprio patrimonio abitativo. Sette famiglie su 10 dichiarano di conoscere la direttiva Case green e la metà percepisce una certa preoccupazione rispetto agli effetti che potrebbe avere sulla comunità, con particolare riguardo ai costi da sostenere per l’adeguamento energetico. Ancora, una su due ritiene che la propria abitazione necessiterebbe di interventi di manutenzione straordinaria, che nella metà dei casi finora non sono stati condotti per i costi. Infine, 7,9 milioni di famiglie esprimono l’intenzionalità di riqualificazione, a fronte di un Superbonus “riconfigurato”, con aliquote commisurate secondo differenti criteri.

GLI AMMINISTRATORI DI CONDOMINIO
In linea con queste aspettative, l’indagine agli amministratori di condominio, rivolta al network Gabetti Lab con una quarantina di interlocutori che complessivamente gestiscono 5000 condomini, riflette da un lato le difficoltà dei proprietari di casa, dall’altro le preoccupazioni del mondo della filiera. Tra le evidenze, si segnala che:
Il 90% degli amministratori intervistati ha fatto esperienza di 110% all’interno dei condomini amministrati.
Il 67% degli amministratori intervistati denuncia casi di cantieri bloccati nei condomini, nella metà dei casi anche per problematiche connesse alla cessione del credito.
Quasi la metà degli amministratori intervistati non esprime fiducia verso la possibilità di risoluzione di queste problematiche.

IMPRESE, STUDI PROFESSIONALI, GENERAL CONTRACTOR E ATTORI DEL MONDO DELLE COSTRUZIONI
Gli intervistati (85) testimoniano invece una strutturazione interna sostanziale, resasi necessaria per far fronte alle complessità procedurali del Superbonus. I risultati dell’indagine mostrano l’adozione di nuovi modelli organizzativi interni, l’acquisizione di nuove competenze professionali e la creazione di nuove partnership/collaborazioni con altre realtà imprenditoriali. A questo si aggiunge il considerevole impatto economico delle nuove progettualità, con una incidenza sul fatturato complessivo che in un terzo dei casi supera la soglia del 50% negli ultimi 3 anni. Non mancano tuttavia le criticità, legate in primis al blocco dei progetti in itinere – una casistica che ha coinvolto la maggioranza assoluta degli addetti ai lavori intervistati.

A fronte di questo quadro di riferimento, si intravedono alcune condizioni imprescindibili per una strategia di riqualificazione del patrimonio edilizio credibile e compatibile con le esigenze di finanza pubblica. Ci vorrà uno sforzo di riqualificazione di 1,8 milioni di immobili in 10 anni, non sarà semplice, visto che con questa ondata senza precedenti di riqualificazione è stato efficientato meno del 4% del parco residenziale italiano.

“Va sottolineato che senza il riconoscimento della casa come leva cruciale di politica ambientale ed ecologica, difficilmente le città italiane potranno raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica e di miglioramento energetico imposti dall’Europa”, spiega Alessandro De Biasio, amministratore delegato di Gabetti Lab, prima filiera integrata nell’ambito della sostenibilità in Italia e primo player nella riqualificazione per il benessere abitativo grazie alla gestione di reti di imprese. “Alla luce di questo, abbiamo ritenuto necessario attivare collaborazioni importanti con Centri di ricerca e Università per portare all’attenzione di tutti gli operatori, con la forza dei numeri e della ricerca, il fatto che questo grande lavoro di riqualificazione ha prodotto e potrebbe produrre vantaggi di lungo periodo per famiglie e Paese. È stato reso pubblico qualche giorno fa l’esito dell’indagine commissionata dal Gruppo Gabetti insieme al suo Ufficio Studi e condotta dal Politecnico di Milano e dal Politecnico di Torino, che ha dimostrato come l’efficientamento energetico degli immobili influisca sui prezzi di compravendita e il valore degli immobili”.

Gabetti Property Solutions, attraverso le diverse linee di business delle società controllate, eroga servizi per l’intero sistema immobiliare, offrendo consulenza integrata per soddisfare esigenze e aspettative di privati, aziende e operatori istituzionali.
Proprio dall’integrazione e dalla sinergia di tutti i servizi, emerge il valore aggiunto del gruppo: un modello unico rispetto ai competitor. Il sistema organizzativo di Gabetti Property Solutions consente l’integrazione e il coordinamento delle competenze specifiche di ciascuna società del Gruppo nell’ambito delle seguenti aree: Consulenza, Valorizzazione, Gestione, Intermediazione, Mediazione Creditizia e Assicurativa e Riqualificazione.

www.gabettigroup.com

Riforma agevolazioni Imprese Energivore. A decorrere dal 1 gennaio 2024, potranno accedere alle agevolazioni “energivori” le imprese che, nell’anno precedente alla presentazione dell’istanza di concessione delle agevolazioni, avranno realizzato un consumo annuo di energia elettrica non inferiore a 1 GWh e che rispettino almeno uno dei seguenti requisiti:
a). operano in uno dei settori ad ALTO rischio allegato 1;
b). operano in uno dei settori a rischio allegato 1;
c). pur non operando in alcuno dei settori di cui alle lettere a) e b), hanno beneficiato, nell’anno 2022 ovvero nell’anno 2023 energivori, precedente schema.
Non accedono alle agevolazioni le imprese che, seppur in possesso dei requisiti di cui al comma lettere a), b) e c), si trovano in stato di difficoltà.

Le imprese sono soggette ai seguenti contributi a copertura degli oneri generali afferenti al sistema elettrico al sostegno delle energie rinnovabili:
– le imprese lettera a), nella misura del minor valore tra il 15 %della componente degli oneri generali e lo 0,5 % del valore aggiunto lordo dell’impresa;
– le imprese lettera b), nella misura del minor valore tra il 25 % della componente degli oneri generali e l’1 % del valore aggiunto lordo dell’impresa;
– le imprese lettera c), nella misura del minor valore:
— per le annualità 2024, 2025 e 2026, tra il 35 %della componente degli oneri generali e l’1,5 %del valore lordo aggiunto dell’impresa;
— per l’anno 2027, tra il 55 %della componente degli oneri generali e il 2,5 %del valore lordo aggiunto dell’impresa;
— per l’anno 2028, tra l’80 %della componente degli oneri generali e il 3,5 %del valore lordo aggiunto dell’impresa.

Qualora l’impresa lettera b) e c) – quest’ultime fino al 31 dicembre 2028 – copra almeno il 50 % del proprio consumo di energia elettrica con energia da fonti che non emettono carbonio, di cui almeno il 10 % assicurato mediante un contratto di approvvigionamento a termine oppure almeno il 5 % garantito mediante energia prodotta in sito o in sua prossimità, allora il contributo a copertura degli oneri di sistema è pari al minor valore tra:
– il 15 %della componente degli oneri generali e lo 0,5 %del valore aggiunto lordo dell’impresa X le imprese b)
– il 35 %della componente degli oneri generali e lo 1,5 %del valore aggiunto lordo dell’impresa X le imprese c).

In ciascun anno, i contributi a copertura degli oneri di sistema per le imprese lettere a), b) e c), 5 e 6 non possono, in ogni caso, essere inferiori al prodotto tra 0,5 €/MWh e l’energia elettrica prelevata dalla rete pubblica.

Le imprese che accedono alle agevolazioni sono tenute a effettuare la diagnosi energetica.
Le imprese di cui al primo periodo sono altresì tenute a adottare almeno una delle seguenti misure:
a) attuare le raccomandazioni di cui al rapporto di diagnosi energetica, qualora il tempo di ammortamento degli investimenti a tal fine necessari non superi i tre anni e il relativo costo non ecceda l’importo dell’agevolazione percepita;
b) ridurre l’impronta di carbonio del consumo di energia elettrica fino a coprire almeno il 30 %del proprio fabbisogno da fonti che non emettono carbonio;
c) investire una quota pari almeno al 50 % dell’importo dell’agevolazione in progetti che comportano riduzioni sostanziali delle emissioni di gas a effetto serra al fine di determinare un livello di riduzioni al di sotto del parametro di riferimento utilizzato per l’assegnazione gratuita nel sistema di scambio di quote di emissione dell’Unione europea di cui al regolamento di esecuzione (UE) 2021/447 della Commissione europea, del 12 marzo 2021.

RIFERIMENTO NORMATIVO
DECRETO-LEGGE 29 settembre 2023, n. 131 – Misure urgenti in materia di energia, interventi per sostenere il potere di acquisto e a tutela del risparmio. (23G00141) (GU n.228 del 29-9-2023)

Considerata la complessità della tematica, i tecnici EnergyINlink provvederanno (gratuitamente) ad effettuare il calcolo per verificare se la vostra Azienda possiede i requisiti di cui sopra.
Contatto: energia@energyinlink.it
In caso affermativo, saremo a disposizione per supportarvi nello svolgimento della procedura di accreditamento su sistema telematico.

– BYinnovation è Media Partner EnergyINlink

www.energyinlink.it

normativa

Energy Efficiency in the Energy Mix: it is the first fuel for a clean energy future – but not yet visible in the energy mix!
The new Energy Efficiency Directive, adopted last July 2023, enforces the principle of “energy efficiency first” as a fundamental principle of the EU’s energy policy, reflecting the importance that the EU attaches to energy efficiency.

Energy efficiency is considered a core strategy for decarbonisation
A recent report by the IEA estimates that the energy efficiency sector will provide 40% of the necessary greenhouse gas cuts expected worldwide by 2040. A new study by IEECP, “Make Energy Efficiency Visible in the Energy Mix”, outlines the need for energy efficiency to be fully considered as an energy resource, starting with integrating it in the way to represent the energy mix.
Energy efficiency is a resource that we can use to meet our energy needs while consuming less energy. In doing so, we can reduce our energy bills, our dependency on imported fossil fuels, and our CO2 emissions. It has many benefits but is not yet at the forefront of the energy mix at the EU or national level. The energy efficiency share is not included in data representing the energy mix, and therefore, is not a visible component in the energy mix. Out of sight, out of mind: this is one of the reasons energy efficiency does not come first in planning, policymaking, and investment. The new Energy Efficiency Directive has now entered into force and the EU has a stronger legal framework to support energy savings. Looking forward to next year as new European institutions will take office: what should we do to ensure energy efficiency is prioritised and made more visible in the next EU cycle?

Making energy efficiency visible
The IEECP study, supported by Knauf Insulation and the European Climate Foundation, addresses the issue of visibility of energy efficiency in the main publications on energy data. The study highlights how the contribution of energy efficiency is essential to the European Union’s energy system but is not currently visible in the main energy mix figures. Researchers analysed possible ways to add energy savings to national and European Union energy mixes next to energy sources such as renewables, gas and coal in a structured way: 7 actions are listed in the report.
For energy efficiency to be considered on a level playing field with other energy resources, energy efficiency improvements need to be monitored, then energy efficiency data needs to be integrated in the overall energy picture.

“Energy efficiency is considered the first fuel because there is no cleaner and cheaper energy than one that has not been consumed. However, energy efficiency is consistently absent from energy balances which makes it difficult for energy savings to become part of energy strategies. This study redresses that balance by demonstrating the significant contribution that energy savings make to energy mixes along with renewables, gas and coal”, says Katarzyna Wardal-Szmit (Knauf Insulation’s EU Public Affairs Manager).

The fundamental goal of including energy efficiency data into the main energy figures is to keep energy efficiency at the forefront of the broader energy debate.
The study puts energy efficiency back into the energy mix equation.

The findings provide policymakers and market players with the insight they need to change the perspective on energy systems and give energy efficiency the prominence it deserves in cost-effective and sustainable energy strategies” adds Jean-Sébastien Broc (IEECP researcher and consultant).

More about the study
– The study demonstrates how energy savings can be calculated and better represented to show their critical role in the energy mixes of the European Union and Member States
– It examines how energy efficiency is represented in publications by organisations such as Eurostat, the European Environmental Agency and International Energy Agency and found that when it came to the headline figures of these publications “the quantitative contribution of energy efficiency to the energy mix was missing in the main pictures of the energy balance” while energy efficiency was often included in last chapters or separate reports.
– It integrates 2021 ‘energy savings’ data from the ODYSSEE-MURE project — which has been tracking energy efficiency indicators and strategies in Europe for over 30 years — with Eurostat data on ‘supply’ energy carriers like oil and gas for the EU’s 27 member states.
– It recommends a set of 7 actions to make energy-efficiency more visible, such as for organisations in charge of publications on energy data to charts showing the energy efficiency share next to the shares of the other energy carriers (see figures below). Public authorities and implementing agencies could ensure that results from energy efficiency policies are published on a regular basis as well as monitor and publish the achievements related to major objectives, such as the renovation of the building stock. Energy efficiency experts and stakeholders could complement the regular energy efficiency data with ad-hoc studies providing evidence and key figures about the multiple impacts of energy efficiency, to link the impacts of energy efficiency with what is in the top of the policy priorities (e.g. reducing energy imports).

IEECP is a non-for-profit, independent research foundation working, since 2015, on science-based climate change mitigation, energy efficiency and renewable energy policy, with an international interdisciplinary team of experts generating and disseminating scientific knowledge. We work closely with EU institutions, international organisations, national, regional and local governments, think-tanks, NGOs, academics and the business world to lead the transition to climate neutrality and to a sustainable energy future for various sectors. We build valued partnerships with renowned organisations from across Europe as we believe collaboration and creating a community helps carrying our ideas and results further, to shape, together, a low-emissions, resilient future.

– BYinnovation is Media Partner of IEECP

ieecp.org

report

Industria 5.0 opportunità e impatti sociali: una nuova era in cui la tecnologia e l’umanità si fondono in modo armonico, creando un equilibrio tra efficienza e valori umani, puntando a sviluppare strategie per costruire processi produttivi flessibili ed efficienti.

Vantaggi per le aziende, le possibili problematiche e il ruolo dell’Italia nella transizione 5.0
Come è possibile agire contemporaneamente su tutti i seguenti fronti?
Aumentare l’efficienza operativa, ottenere una maggiore flessibilità nella produzione, personalizzare in modo avanzato i prodotti e migliorarne la qualità, ridurre i costi di produzione e l’impatto ambientale, ottenere una maggiore competitività globale, migliorare la sicurezza sul lavoro, creare nuove opportunità di lavoro ad alta qualità e un’accelerazione dell’innovazione tecnologica.
La risposta è l’industria 5.0, un modello collaborativo che fa parte dell’evoluzione delle industrie manifatturiere e che si basa sull’integrazione di tecnologie avanzate come l’Internet of Things (IoT), l’intelligenza artificiale (IA) e la robotica collaborativa per creare ambienti di produzione altamente digitalizzati, flessibili ma anche attenti alla componente umana.

Cosa è Industria 5.0
“Industria 5.0” è il titolo del rapporto che la Commissione Europea ha pubblicato a gennaio 2021. Definita come un “completamento dell’industria 4.0”, è una rivoluzione culturale che ricolloca l’industria nella contemporaneità in cui agisce.

L’Industria 5.0 si caratterizza per un approccio centrato sull’uomo, in cui la tecnologia, compresi robot collaborativi avanzati, serve a migliorare la qualità della vita dei lavoratori e dei cittadini. La sostenibilità è un altro pilastro, con un forte impegno per ridurre gli sprechi e utilizzare le risorse in modo efficiente. Inoltre, l’Industria 5.0 si distingue per la sua resilienza, grazie alla capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti e garantire continuità operativa tramite l’analisi avanzata dei dati e l’apprendimento automatico.
Sono sei le categorie di tecnologie abilitanti per l’industria 5.0:
– integrazione uomo-macchina individualizzata;
– tecnologie bioispirate e materiali intelligenti;
– Digital Twins e simulazione;
– tecnologie di trasmissione, archiviazione e analisi dei dati;
– intelligenza artificiale;
– tecnologie per l’efficienza energetica, le energie rinnovabili, lo stoccaggio e l’autonomia.
Queste sono le tecnologie che l’Industria 5.0 sfrutterà per affrontare le nuove sfide dettate dalla società e dall’ambiente e per porsi come motore della prosperità in favore di tutti gli stakeholder coinvolti.

Opportunità e impatti sociali derivanti dall’Industria 5.0
L’Industria 5.0 apre una serie di opportunità significative. Queste includono l’innovazione continua nei prodotti e nei processi, la promozione della crescita economica, la creazione di nuovi posti di lavoro di alta qualità, una produzione più sostenibile, la possibilità di offrire prodotti personalizzati su vasta scala, un miglioramento della sicurezza sul lavoro, l’uso di tecnologie avanzate per la formazione dei lavoratori e una maggiore resilienza aziendale, in grado di affrontare meglio le perturbazioni di mercato e le situazioni di emergenza.
Di contro, vi sono anche paure comuni come la possibile perdita di posti di lavoro.
L’Industria 5.0 potrebbe automatizzare sì alcuni cosiddetti “lavori routine” ma, al contempo, creerebbe nuove opportunità lavorative che richiederanno un’interazione uomo-macchina.

Industria 5.0 è il paradigma europeo su cui anche l’Italia sta per avviare un grande programma di supporto per agevolare la «transizione 5.0» del sistema produttivo con investimenti per oltre 4 miliardi di euro.
La transizione 5.0 è il passaggio verso un modello industriale avanzato e centrato sulla tecnologia, dove l’adozione delle tecnologie digitali come l’IoT, l’IA e la robotica migliora l’efficienza, la sostenibilità e la personalizzazione dei processi produttivi. Questo cambiamento richiede anche una revisione delle pratiche aziendali e una maggiore attenzione alle esigenze umane. In sostanza, è il passo verso un’industria altamente digitalizzata e orientata al futuro.

“Come già avvenuto nel corso della quarta rivoluzione industriale il ruolo di TÜV Italia sarà quello di attestare, attraverso il rilascio di una perizia, che i beni, la loro installazione e interconnessione siano conformi a quanto previsto dai requisiti legislativi al fine di avere diritto al beneficio fiscale messo a disposizione”, afferma Alberto Macchi, Business Unit Manager Div. Industrie Service di TÜV Italia. “Ad oggi non è ancora possibile determinare quali saranno le modalità di incentivazione che verranno previste dal Governo per sostenere il Piano Transizione 5.0; sicuramente gli incentivi per le Imprese dovranno essere concretizzati da appositi decreti o, comunque, dalla Finanziaria 2024.”

L’Industria 5.0 vuole rappresentare un nuovo modello in cui la tecnologia e l’umanità si fondono in modo armonico, creando un equilibrio tra efficienza e valori umani. È una visione dell’industria che non solo mira alla produttività, ma anche al benessere degli individui e al rispetto dell’ambiente. A differenza dell’Industria 4.0, che si configurava come una vera e propria rivoluzione industriale e tecnologica, Industria 5.0 è soprattutto un nuovo paradigma culturale.

Fondato nel 1866 come associazione di controllo delle caldaie a vapore, il Gruppo TÜV SÜD è cresciuto diventando un’impresa globale. Opera con oltre 25.000 dipendenti dislocati in oltre 1.000 sedi in circa 50 paesi allo scopo di migliorare costantemente tecnologia, sistemi e competenze. TÜV SÜD contribuisce attivamente a rendere innovazioni tecniche come Industria 4.0, guida autonoma ed energie rinnovabili sicure e affidabili.

TÜV Italia fa parte del gruppo TÜV SÜD ed è presente in Italia dal 1987. TÜV Italia ha una struttura di oltre 700 dipendenti e 400 collaboratori, con diversi uffici operativi sul territorio nazionale, a cui si affiancano i laboratori TÜV Italia e Bytest a Volpiano (TO) e pH a Barberino Tavarnelle (FI), acquisite rispettivamente nel gennaio 2012 e nel gennaio 2013.
TÜV Italia organizza webinar e seminari gratuiti, in cui vengono affrontati i temi tecnici più attuali, oltre alla certificazione delle persone e ai numerosi corsi formativi professionali dedicati ad approfondire e sviluppare competenze in tutti i settori in cui l’ente opera.

www.tuv-sud.com

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Rapporto di sostenibilità CoRePla 2022. L’impegno del Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclo e il Recupero degli Imballaggi in Plastica ha fatto dell’Italia un’eccellenza europea nel campo della gestione sostenibile degli imballaggi in plastica.

Oggi il Consorzio, che da 25 anni contribuisce alla formazione di una cultura dell’economia circolare, è all’apice di una grande filiera di imprese consorziate e di un sistema che svolge un ruolo economico e sociale prezioso per il nostro Paese in un’ottica di responsabilità condivisa tra le aziende, le amministrazioni e i cittadini. È quanto emerge con evidenza dal Rapporto di Sostenibilità 2022 di COREPLA, presentato a Roma nel corso di un convegno dal titolo “Il ruolo di Corepla per la cultura della sostenibilità – Valore, prospettive e opportunità della filiera italiana”.

Le parole chiave di questo appuntamento: opportunità e impegno
COREPLA lavora per costruire una cultura della sostenibilità volta ad affrontare le sfide del futuro, riflettere sulle soluzioni, contrastare le false narrazioni, educare e informare per una corretta gestione responsabile dei rifiuti degli imballaggi in plastica. Favorire il riciclo della plastica, con soluzioni compatibili con la filiera produttiva italiana, rendere la pratica del riciclo un elemento quotidiano e importante nella vita dei cittadini, sono solo alcuni dei temi affrontati nel corso dell’incontro alla luce dei dati del Rapporto di Sostenibilità. Nella tavola rotonda promossa dal Consorzio alla presenza di esponenti del mondo politico, economico e scientifico, si è avviato un momento di confronto per discutere delle strategie e analizzare le diverse tipologie di rischio e difficoltà a cui il settore andrebbe incontro se fosse approvata la proposta di regolamento europeo sugli imballaggi. Un cambio di strategia che metterebbe in discussione un modello di riciclo consolidato e un sistema industriale efficace.

In 25 anni in Italia il materiale avviato al riciclo è passato da 228.000 tonnellate a oltre 1.050.000 tonnellate – un risultato brillante frutto di una rete capillare che vanta attualmente 31 impianti di selezione e 92 impianti di riciclo. Anche la copertura dei Comuni è aumentata considerevolmente, dal 77% del 2002 al 97% di oggi. Parallelamente, è raddoppiato il numero di imprese consorziate della filiera del packaging in plastica – produttori di materia prima, produttori di imballaggi, utilizzatori che autoproducono i propri imballaggi e riciclatori –, passato da 1.216 a circa 2.500.

Il settore plastica impiega 50.000 risorse per 4.000 imprese, con un moltiplicatore sul PIL di 3,2 (tradotto: 100 euro investiti ne generano 230). Di questo settore, il comparto degli imballaggi ne rappresenta il 40%*. La proposta di regolamento europeo PPWR rischia di innescare un effetto domino sulla filiera del riciclo che è un’eccellenza in Europa, con grandi rischi economici e sociali e con importanti conseguenze sulla sicurezza e sullo spreco alimentare, oltre alla considerevole perdita dei posti di lavoro.

“In questo periodo di transizione sostanziale, il Consorzio lavora per costruire una cultura della sostenibilità volta ad affrontare le sfide del futuro” – ha dichiarato Giovanni Cassuti, Presidente di COREPLA – “È necessario adottare una strategia integrata e condivisa per promuovere un reale sviluppo sociale, ambientale ed economico, poiché si tratta di una mission collettiva che deve coinvolgere tutti gli attori diretti e indiretti della filiera. Solo guardando al futuro nella stessa direzione sarà quindi possibile promuovere il valore della filiera italiana e dare nuovo impulso all’innovazione del Paese”.

I dati del Rapporto di sostenibilità COREPLA 2022
Nel 2022 la materia prima vergine risparmiata grazie al riciclo COREPLA è stimata in 523.789 t., l’equivalente necessario a produrre a 11 miliardi di flaconi per detersivi da 1 litro.

Il processo di riciclo della plastica richiede meno energia di quello per la produzione di plastica vergine, con un risparmio energetico che nel 2022 è stimato in 10.946 GWh, pari al 2,5% circa della produzione annua di energia primaria in Italia.

Il recupero di oltre 1 milione di t di rifiuti di imballaggi in plastica nel 2022 ha consentito un risparmio in volume, in termini di discarica evitata, pari 35.653.977 di m3, ossia a 37.5 volte il volume del Colosseo ed ha evitato 885.406 tonnellate di emissioni di CO₂ pari a 1.024 voli A/R Roma-Tokyo.

Inoltre, l’attività di Corepla nel 2022 ha avuto dirette e positive ripercussioni sui territori e le amministrazioni locali. Lo scorso anno sono stati erogati 382 milioni di euro di contributi ai Comuni o soggetti da loro delegati ed è stato generato un indotto economico di 334 milioni di euro derivante dalle attività connesse alla raccolta, al riciclo e al recupero degli imballaggi in plastica.

“Alla luce di questi risultati, ancora una volta positivi, procederemo con ancora più convinzione su questa strada,” conclude Giovanni Cassuti “una strada che porta alla costruzione di una casa sostenibile comune da lasciare alle future generazioni, che sia inclusiva, sicura e che rispetti l’ambiente e lo valorizzi. In questi anni COREPLA si è costantemente impegnato per una gestione sempre più sostenibile ed efficiente degli imballaggi facendo dell’Italia un modello di assoluta eccellenza. Ora è giunto il momento di dare ulteriore impulso all’innovazione, di contrastare i falsi pregiudizi e le false narrazioni che ancora gravano sulla plastica e le sue applicazioni. Il traguardo verso cui correre, che concilia crescita economica e sostenibilità ambientale, non è la demonizzazione del materiale, bensì la valorizzazione del suo grande potenziale per il bene della nostra amata futura casa comune.”

www.corepla.it

Energie rinnovabili non sostituiscono fossili nel mix energetico globale. L’Energy Transition Outlook di DNV segnala che, a livello globale, nel 2022 le vendite di veicoli elettrici e le installazioni di impianti solari e batterie hanno battuto ogni record.
Tuttavia, per il momento le rinnovabili si limitano a coprire in parte l’incremento nella domanda di energia, anziché sostituire nel mix energetico i combustibili fossili, che continuano a crescere in termini assoluti.

Negli ultimi cinque anni i combustibili fossili hanno continuato a soddisfare quasi la metà della nuova domanda di energia a livello globale, nonostante una rapida espansione nella capacità delle rinnovabili.
Questo uno dei principali riscontri del nuovo Energy Transition Outlook di DNV – uno dei principali enti di terza parte a livello globale. Secondo il rapporto, tra il 2017 e il 2022 le rinnovabili hanno soddisfatto il 51% delle nuove richieste, mentre il rimanente è stato coperto dai combustibili fossili.
Per il momento, dunque, anziché sostituire questi ultimi, le rinnovabili si limitano a coprire parte dell’incremento nella domanda: in termini assoluti, infatti, l’offerta di fonti fossili sta crescendo ancora.

In questo quadro, le probabilità di limitare il riscaldamento globale a +1,5°C sono più ridotte che mai
Per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sarebbe necessario dimezzare le emissioni di CO2 entro il 2030 mentre, secondo le stime di DNV, questo obiettivo non sarà raggiunto nemmeno entro il 2050.
Nel 2030, infatti, le emissioni saranno inferiori solo del 4% rispetto ad oggi, mentre entro la metà del secolo la riduzione sarà pari al 46%.
Le emissioni di CO2 legate all’energia continuano a raggiungere livelli record ed è probabile che raggiungano il picco nel 2024, anno che segnerà l’effettivo inizio della transizione energetica.

“A livello globale, la transizione energetica non è ancora nemmeno iniziata, se con ‘transizione’ intendiamo la sostituzione in termini assoluti dei combustibili fossili con energia pulita”, commenta Remi Eriksen, Presidente del Gruppo e CEO di DNV. “La transizione appare iniziata a livello di singoli settori, Paesi e comunità ma, nel mondo, le emissioni dovute all’energia fossile, già su livelli record, sono destinate ad aumentare ulteriormente l’anno prossimo”.

A causa dei cambiamenti nel panorama geopolitico, nelle politiche di approvvigionamento cresce il peso della sicurezza energetica: i governi sono disposti a pagare prezzi più elevati per l’energia di origine locale, con un impatto significativo che si riflette sui risultati dell’Outlook.
Si prevede, ad esempio, che nel Subcontinente indiano la transizione sarà più lenta, con una maggiore presenza di carbone nel mix energetico.

In Europa, invece, la transizione sta accelerando grazie all’allineamento tra obiettivi climatici, industriali e di sicurezza energetica.
Sebbene la transizione sia ancora ferma ai blocchi di partenza, una volta avviata, le energie rinnovabili sono destinate a superare i combustibili fossili. In futuro, la maggior parte delle nuove aggiunte al mix energetico consisterà in eolico e solare, che cresceranno rispettivamente di 9 e 13 volte tra il 2022 e il 2050.
Da qui al 2050 la produzione di elettricità verrà più che raddoppiata, in un processo che renderà anche più efficiente il sistema energetico: se oggi nel mix il rapporto è pari a 80 per le fonti fossili contro 20 per quelle non fossili, entro la metà del secolo diventerà 48 a 52 in favore delle rinnovabili. Nel 2022 le installazioni solari hanno raggiunto il record di 250 GW.
A sua volta, l’energia eolica fornirà il 7% dell’elettricità collegata alla rete globale e la capacità installata raddoppierà entro il 2030, nonostante le difficoltà legate all’inflazione e alla catena di approvvigionamento.

Nel breve termine, i limiti della rete in termini di trasmissione e distribuzione stanno rappresentando un significativo collo di bottiglia per l’espansione dell’elettricità rinnovabile e delle relative risorse energetiche distribuite, come lo stoccaggio collegato alla rete e, in molte regioni tra cui il Nord America e l’Europa, i punti di ricarica per veicoli elettrici.

“Nel breve termine si presentano difficoltà dovute all’aumento dei tassi di interesse, alle problematiche nella catena di approvvigionamento e ai trasferimenti degli scambi energetici a causa della guerra in Ucraina, ma a lungo termine la tendenza in tema di transizione energetica rimane chiara: nell’arco di una sola generazione, il sistema energetico mondiale passerà da un mix basato per l’80% sui combustibili fossili a uno fondato per circa il 50% su fonti non fossili. Un cambiamento rapido, ma non tanto da raggiungere gli obiettivi di Parigi. I dati del rapporto ‘Pathway to Net Zero, che DNV pubblicherà in vista della COP 28, dimostrano che la sfida principale non è la tecnologia, ma l’assenza di incentivi che stimolino una rapida diffusione delle rinnovabili e dello stoccaggio, e di disincentivi per ridurre le emissioni derivanti dai combustibili fossili”, conclude Eriksen.

DNV è un ente indipendente che fornisce servizi di assurance, certificazione, verifica e gestione del rischio a livello globale. Opera in più di 100 Paesi con l’obiettivo di salvaguardare la vita, la proprietà e l’ambiente. DNV lavora con i propri clienti per cogliere le opportunità, affrontare le sfide e i rischi che derivano dalle trasformazioni globali, è una voce fidata per molte tra le aziende più lungimiranti e di maggior successo nel mondo. DNV è impegnata nel mettere a frutto la propria esperienza e competenze specialistiche per lo sviluppo della sicurezza e sostenibilità delle performance, la definizione di benchmark di settore e la messa a punto di soluzioni innovative.

dnv.com

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Black Friday del Riciclo RAEE con Ecolamp! Sconto del 30% sui servizi ExtraLamp e ExtraPRO. Il Consorzio leader nel recupero e nel trattamento dei Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE), è lieta di annunciare una speciale promozione in occasione del Black Friday. Dal 24 al 27 novembre, i professionisti che necessitano di smaltire apparecchi elettrici o elettronici a fine vita possono beneficiare di uno sconto del 30% sui servizi ExtraLamp e ExtraPRO.

Per accedere a questa offerta, è sufficiente inserire il codice promozionale BLACK30 sul portale Ecolamp.

L’iniziativa rientra nell’impegno di Ecolamp per fornire soluzioni efficienti e sostenibili per la gestione dei RAEE
Oltre alla raccolta presso le Isole Ecologiche comunali, Ecolamp ha sviluppato una serie di canali volontari per l’utenza professionale.
Tra questi, il servizio ExtraLamp è rivolto agli installatori illuminotecnici e a realtà professionali che devono smaltire tubi neon, lampadine e altre sorgenti luminose esauste.
ExtraPRO, invece, è destinato agli installatori, imprese di ristrutturazione o manutenzione e a tutte le realtà professionali che necessitano di smaltire RAEE del raggruppamento R4, come piccoli elettrodomestici, elettronica di consumo, apparecchi di illuminazione.

Fabrizio D’Amico, rappresentante di Ecolamp, sottolinea l’importanza di questa iniziativa: “Con il Black Friday, vogliamo incentivare le pratiche di smaltimento responsabile tra i professionisti, offrendo loro un accesso facilitato ai nostri servizi. È essenziale ricordare che il corretto smaltimento dei RAEE non è solo un obbligo legale, ma una responsabilità verso l’ambiente. Attraverso servizi come ExtraLamp e ExtraPRO, Ecolamp si impegna a garantire un trattamento sicuro ed eco-sostenibile di questi rifiuti, contribuendo attivamente alla salvaguardia del nostro pianeta”.

Ecolamp è il consorzio senza scopo di lucro dedito alla raccolta e al trattamento delle Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche giunte a fine vita (RAEE). Nato nel 2004 per volontà delle principali aziende nazionali e internazionali del settore illuminotecnico del mercato italiano, oggi riunisce oltre 350 produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Dal 2015 Ecolamp è tra i soci fondatori di Eucolight, l’associazione europea nata per dare voce ai Sistemi Collettivi RAEE specializzati nei rifiuti di illuminazione. Ecolamp porta avanti con impegno numerose attività per sensibilizzare cittadini e operatori del settore, coinvolgendo l’unione pubblica sul tema del corretto riciclo dei RAEE. Oggi Ecolamp, in un’ottica di economia circolare, garantisce il recupero di oltre il 95% dei materiali di cui questi rifiuti sono composti e il corretto smaltimento delle sostanze inquinanti, evitando che vengano disperse nell’ambiente.

www.ecolamp.it

Tessile Buono Sano Pulito Giusto Durevole Slow Fiber per il Made in Italy sostenibile: la nuova rete di 19 aziende, nata dall’incontro con Slow Food Italia, rappresenta un esempio concreto di cambiamento positivo che passa da un processo produttivo sostenibile, volto alla creazione di prodotti belli, sani, puliti, giusti e durevoli, perché rispettosi della dignità della persona e della Natura nel suo delicato equilibrio.

Compriamo troppo e sprechiamo più che mai
Non solo in campo alimentare con il cibo che dovrebbe nutrirci e invece non arriva nemmeno sulle nostre tavole, ma anche nel settore dell’abbigliamento e dell’arredamento, nell’ambito di quella che ormai viene definita a ragione fast fashion.
È questa la presa di coscienza che sta dietro l’incontro tra Slow Food Italia e alcune note realtà del tessile del territorio nazionale che, con coraggio e spirito critico, hanno creato Slow Fiber, un movimento la cui voce, oggi più che mai, squarcia il panorama di un sistema di produzione nocivo e inarrestabile in cui da troppo tempo siamo intrappolati, come consumatori e come imprenditori.

Figlio dell’associazione Slow Food, che da anni è impegnata a promuovere un cibo buono, pulito e giusto per tutti, Slow Fiber propone lo stesso percorso e gli stessi valori nell’ambito del vestire e dell’arredamento, e quindi di rapporto con il corpo e con il bello, inteso anche come etico, giusto e misurato.

“Compriamo troppo e sprechiamo più che mai: non solo in campo alimentare, con il cibo che dovrebbe nutrirci e invece non arriva nemmeno sulle nostre tavole, ma anche nel settore dell’abbigliamento e dell’arredamento, nell’ambito di quella che ormai viene definita a ragione fast fashion. Il percorso intrapreso da Slow Fiber e Slow Food Italia permette a tutti noi di ripensare il nostro posto nel mondo, per abbandonare un pensiero e un linguaggio predatori, a favore di una consapevole umiltà: quella che si prova di fronte a maestosi spettacoli naturali, di fronte ad un’intensa percezione di bellezza che ci fa presagire un senso di giustezza” afferma Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia.
“È necessario un atto di volontà per ripensare il nostro posto nel mondo, per abbandonare un pensiero e un linguaggio predatori, a favore di una consapevole umiltà: quella che si prova di fronte a maestosi spettacoli naturali, di fronte ad un’intensa percezione di bellezza che ci fa presagire un senso di giustezza. Slow Fiber ha deciso di sostenere Slow Food abbracciandone i valori del buono, pulito e giusto: perché la bellezza senza etica è marketing. Quando invece la bellezza implica l’etica è “bene”, e si rifà all’ideale greco del “Kalos Kai Agathos” bello e buono perché, come sostiene il filosofo e saggista bulgaro Todorov, l’esigenza di assoluto si riflette nella scoperta della bellezza.”

La rete Slow Fiber cresce in Italia
Le ultime aziende che si sono unite al Network di Slow Fiber e ne condividono i valori fondativi sono: Albini GroupBotto GiuseppeFinissaggio e Tintoria Ferraris.
Esse rispettano i requisiti necessari per poter entrare a far parte del Network, che consistono in KPI qualitativi e quantitativi, oltre a rientrare a pieno titolo nella tassonomia propria a marchio Slow Fiber costruita sulla base degli indicatori globali di eticità, sostenibilità e responsabilità sociale (ESG, SDGs e GRI).
Questa autoregolamentazione da parte delle aziende, dichiarata nel Manifesto di Slow Fiber, ha il duplice scopo di allinearle nei processi di sostenibilità e di supportare i nuovi aderenti nella realizzazione di percorsi chiari, trasparenti, misurabili.

Albini Group è una delle aziende diventate sostenitori ufficiali di Slow Fiber. “Condividiamo i medesimi valori del progetto nel promuovere la sostenibilità e l’etica del settore tessile, per una filiera più responsabile” dichiarano.
L’obiettivo è dimostrare che è possibile creare tessuti che non siano solo belli, ma anche di alta qualità, durevoli e responsabili. Il tutto nel rispetto verso i dipendenti, i clienti e l’ambiente. Albini Group si impegna a mantenere elevati standard di produzione creando prodotti di altissima qualità che durano nel tempo, ma che promuovano anche la sostenibilità ambientale riducendo gli sprechi e il proprio impatto.

Per l’azienda Finissaggio e Tintoria Ferraris Slow Fiber rappresenta il futuro. “Gli investimenti che facciamo sono volti a continuare un cammino iniziato 60 anni fa che viene tramandato di padre in figlio per le prossime generazioni e che ha al centro i valori che sono racchiusi in Slow Fiber”. L’azienda nasce come nobilitazione di tessuti in lana e con gli anni si sviluppa su altre tipologie e fibre, ma mantenendo un’alta attenzione e cura per il dettaglio. L’etica che li muove nasce dal profondo rispetto verso il territorio che li ospita, verso le persone che contribuiscono tutti i giorni a perseguire i loro scopi: “l’esempio che tutti insieme possiamo dare può contribuire a migliorare il contesto nel quale operiamo” affermano.

Per Botto Giuseppe e Figli la scelta di aderire a Slowfiber è “coerente con la visione sulla moda sostenibile che l’azienda persegue con l’intento di instaurare un rapporto armonioso sia con l’ambiente che con le persone in un sistema di piena e assoluta trasparenza”.
L’azienda, fondata nel 1876 e oggi alla quarta generazione, lavora lana, seta e cashmere per produrre tessuti e filati destinati ai brand della moda e del lusso. L’alta qualità si coniuga ad un’economia incentrata sulla circolarità, sul riciclo e sull’ottimizzazione dei costi energetici. Tutto nell’ottica di promuovere l’uso dell’energia da fonti rinnovabili, come quella solare e idroelettrica. Botto Giuseppe e Figli si fa portavoce dei valori e della diffusione della cultura sostenibile, a favore anche delle generazioni future e rimane fedele alla centralità del suo ruolo come player importante del lusso Made in Italy per la comunità dei clienti e dei fornitori sia in Italia che all’estero.

Queste tre aziende virtuose del tessile si uniscono alle altre sedici che fin dall’inizio hanno costituito la rete consolidata di Slow Fiber:
Oscalitol’OpificioQuagliottiRemmertPettinatura Di VerroneTintoria 2000Angelo Vasino SpaOlcese FerrariTintoria FelliManifattura Tessile Di NoleHolding ModaLane CardateItalfilPatternMaglificio MaggiaVitale Barberis Canonico.
Aziende intergenerazionali che vantano una storia importante nel settore della produzione vestiaria e dell’arredamento, che a oggi impiegano più di 1000 persone e raggiungono un fatturato complessivo di oltre 500 milioni di euro.

L’obiettivo comune a tutte queste aziende sta nella volontà di creare prodotti belli, sani, puliti, giusti e durevoli, nel rispetto dell’ecosistema e della dignità dei lavoratori.
Inoltre, Slow Fiber si impegna attivamente nell’accompagnare le aziende che vogliono prendere parte al cambiamento nel percorso verso la sostenibilità dei loro sistemi di produzione.
Questo perché la forza di Slow Fiber risiede proprio nella rete delle imprese del tessile italiano che attraverso il proprio operare dimostrano che è possibile creare prodotti per il vestire e l’arredare che siano non solo belli e sani, ma anche puliti perché l’impatto ambientale dei processi produttivi è ridotto e giusti perché rispettano i diritti dei lavoratori.

Dario Casalini, fondatore di Slow Fiber, descrive le finalità dell’iniziativa: “Negli ultimi decenni il modello del fast fashion ha imposto una coincidenza tra nuovo e bello. Capi che vengono prodotti in grandi quantità e bassa qualità e creano rifiuti. L’idea è invece quella di recuperare un concetto di bellezza che abbia anche dei valori etici perché essere sostenibili significa avere un atteggiamento intellettualmente onesto e quindi prendere in considerazione tutto il sistema”.

La sostenibilità ambientale e sociale dei prodotti e dei modelli industriali di produzione si è trasformata in brevissimo tempo da opportunità di vero cambiamento a occasione di marketing e comunicazione (spesso semplice greenwashing) e oggi rischia di degenerare, attraverso un complesso florilegio di certificazioni ambientali e normative europee, in green-dumping.
Nel tentativo di correggere le deviazioni della globalizzazione e della delocalizzazione del tessile, si impongono costi sempre maggiori a realtà industriali virtuose che da sempre applicano i principi del buono, sano, pulito, giusto e durevole ma il cui valore distintivo rispetto al modello fast fashion sfugge alla misurazione e non è rispecchiato dalle certificazioni esistenti.
Inoltre è fondamentale e non più rinviabile elaborare un nuovo modello che ponga eguale importanza e attenzione al come vengono realizzati i prodotti rispetto alla loro estetica e funzionalità.
Il soddisfacimento di un bisogno espresso dalla collettività non richiede più una qualsiasi risposta, ma ammette solo risposte e soluzioni che siano buone, sane, pulite, giuste e durevoli lunga tutta la filiera di produzione e tali valori devono essere espressi e rappresentati nel prodotto tessile finale”.

È in questo contesto che è nata l’idea di costruire una rete di aziende che operano nella filiera del tessile con l’obiettivo di promuovere un cambiamento produttivo e culturale nel settore, rendendolo più sostenibile e promuovendo un consumo più consapevole e responsabile.

www.slowfood.it/slow-fiber

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