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Scarto acido fosforico a fertilizzante agricolo, grazie all’innovativo sistema ideato dalla sede bolognese del Gruppo Argos ST.

Argos Lualma, con la collaborazione di fornitori agricoli, ha introdotto una serie di procedure che permettono di trasformare l’acido fosforico, derivante dal trattamento di ossidazione anodica, da prodotto di scarto a fertilizzante ideale per l’agricoltura

Gruppo Argos ST riduce impatto ambientale delle proprie attività industriali
Presso lo stabilimento di Imola è stato messo a punto un procedimento che consente il riutilizzo degli scarti provenienti da uno specifico processo, ossia l’anodizzazione colorata.
Il trattamento di anodizzazione colorata, che protegge le superfici metalliche dalla corrosione, migliorando le proprietà di numerosi oggetti, determina però la produzione di rifiuti chimici, che possono essere nocivi per l’ecosistema.
Per ridurre l’impatto ambientale a favore di una maggiore sostenibilità Argos ST ha investito in ricerca e sviluppo e messo a punto un innovativo sistema in ambito industriale.

Argos Lualma sceglie di trasformare l’acido fosforico in fertilizzante per l’ambito agricolo
L’anodizzazione colorata è resa possibile dall’utilizzo di una combinazione di acidi, tra cui l’acido fosforico. Attraverso procedure specifiche, messe a punto grazie alla collaborazione di fornitori, Argos Lualma riesce a separare l’acido fosforico dalla miscela complessiva utilizzata per la lavorazione dei metalli anodizzati.
In questo modo, l’acido fosforico viene opportunamente trattato e trasformato in fertilizzante ricco di fosforo, dunque in prodotto finito utilizzabile e commercializzabile nel settore agricolo.

“Da anni ci rivolgiamo a fornitori che siano capaci di portare avanti questa soluzione innovativa – commenta Alberto Lelli, Amministratore Delegato di Argos Lualma – Indubbiamente i processi industriali comportano inquinamento e, nel nostro caso, l’ossidazione anodica determina la produzione di rifiuti chimici che possono avere un impatto negativo sull’ambiente. Essere riusciti a adottare questo sistema è davvero una grande soddisfazione: in questo modo riduciamo l’impatto ambientale delle nostre attività e favoriamo il riutilizzo di prodotti di scarto”.

Il riutilizzo dell’acido fosforico in agricoltura: alcuni vantaggi
Riutilizzare l’acido fosforico proveniente dagli scarti delle attività industriali per impiegarlo in agricoltura come fertilizzante offre diversi vantaggi: il fosforo, infatti, è un nutriente essenziale per le piante, poiché contribuisce allo sviluppo delle radici, alla fioritura e alla fruttificazione.
Inoltre, l’uso di questa tipologia di fertilizzante consente agli agricoltori di garantire alle colture un nutrimento adeguato, riducendo la dipendenza da fornitori esterni.

La pratica del recupero e riutilizzo del fosforo è un ulteriore progresso nella gestione degli scarti di produzione: permette di ridurre gli sprechi e trasformafli in un sottoprodotto utile.

“Come Gruppo siamo orgogliosi di aver sviluppato una soluzione che combina innovazione tecnologica, sostenibilità e processi agricoli. Il nostro obiettivo è continuare a investire nella ricerca e a studiare soluzioni che consentano il riutilizzo degli scarti di produzione, all’interno di ogni stabilimento parte di Argos ST. La tutela della sostenibilità ambientale ad oggi è una dimensione imprescindibile per ogni azienda e noi non possiamo che sentire la responsabilità di offrire anche il nostro contributo”. – conclude Alberto Lelli.

Argos Surface Technologies, nato nel 2020 con il fondo di private equity Gradiente II, gestito da Gradiente SGR. Prende vita dall’unione di importanti realtà nel panorama dei trattamenti e dei rivestimenti superficiali, con l’ambizioso intento di creare una leadership nel settore.
Nel 2020 il Gruppo prende avvio con le acquisizioni di Argos, Impreglon Italia e Aalberts ST. Nel 2021 il gruppo acquisisce le emiliane TSM (oggi Argos TSM) e Lualma Anodica (oggi Argos Lualma) e nel 2022 la bergamasca TEC.RI.MET, la mantovana Foresi e la torinese Rotostatic.
Il Gruppo vanta oggi nove stabilimenti: Borgaro Torinese (TO), Origgio (VA), Opera (MI), Cambiago (MI), Calcio (BG), Gonzaga (MN), Monteveglio (BO), Minerbio (BO) e Imola (BO), con oltre 350 dipendenti e un fatturato che supera i 50 milioni di euro.

www.argos-st.com

Da pannelli solari a barattoli. Sogliano Ambiente Spa, azienda leader nel settore del riciclo dei rifiuti, ha trovato una soluzione innovativa per il vetro derivato dai pannelli fotovoltaici grazie alla collaborazione con Cyrkl, la piattaforma globale dedicata alla compravendita di rifiuti industriali e all’approvvigionamento sostenibile.

L’azienda, da anni impegnata nel riciclo a 360 gradi dei rifiuti, ha recentemente ampliato le sue attività per includere il riciclo dei pannelli fotovoltaici.
Grazie a metodi di lavorazione avanzati, Sogliano Ambiente è in grado di estrarre una percentuale molto elevata dei materiali contenuti nei pannelli fotovoltaici, ottenendo risultati di efficienza senza precedenti.
Infatti, il 99% dei materiali in ingresso viene avviato al riciclo, mentre solo l’1% viene destinato allo smaltimento finale.

Attraverso il loro sistema di trattamento meccanico su linea, Sogliano Ambiente Spa ha raggiunto un importante traguardo: l’End-of-Waste sul vetro dei pannelli fotovoltaici, in conformità con il regolamento (UE) N. 1179 del 10/12/2012.
Questo significa che il vetro recuperato perde la qualifica di rifiuto e diventa una preziosa materia prima seconda, pronta per essere reintrodotta nel ciclo produttivo.

Per valorizzare il vetro derivato dai pannelli fotovoltaici, Sogliano Ambiente Spa ha collaborato con Cyrkl
Attraverso la piattaforma di Cyrkl, l’azienda ha trovato un partner specializzato nella produzione di vasetti e bottiglie per il settore alimentare, ad esempio per sughi. La connessione facilitata da Cyrkl ha creato un mercato per il vetro dei pannelli fotovoltaici, precedentemente considerato un sottoprodotto di poco valore.

Simone Grasso, country manager italiano di Cyrkl, ha commentato: “Siamo entusiasti di supportare Sogliano Ambiente Spa nel loro impegno per il riciclo dei pannelli fotovoltaici. Questa connessione dimostra come la circolarità possa creare opportunità di business sostenibili, riducendo al contempo l’impatto ambientale delle attività industriali. Siamo orgogliosi di facilitare tali connessioni e di fornire alle aziende gli strumenti necessari per trasformare i rifiuti in risorse preziose”.

La partnership tra Sogliano Ambiente Spa e il produttore di imballaggi in vetro è solo un esempio delle numerose connessioni di successo che Cyrkl ha facilitato nel settore della gestione dei rifiuti.
La piattaforma di Cyrkl ha già connesso migliaia di aziende in tutto il mondo, offrendo loro l’opportunità di trasformare i propri rifiuti in risorse preziose e contribuire alla transizione verso un’economia circolare.
Sogliano Ambiente Spa continua a essere all’avanguardia nel settore del riciclo dei pannelli fotovoltaici, dimostrando il suo impegno per l’efficienza e la sostenibilità.
Grazie alla collaborazione con Cyrkl, l’azienda è in grado di valorizzare il vetro derivato dai pannelli fotovoltaici, contribuendo così a ridurre l’impatto ambientale di questa importante fonte di energia rinnovabile.

Cyrkl è una startup green-tech la cui missione principale è di applicare i principi dell’economia circolare alla gestione dei rifiuti attraverso tecnologie innovative, analisi dei dati e apprendimento automatico.
Ad oggi Cyrkl aiuta migliaia di aziende a trasformare i rifiuti in risorse, grazie alla più grande piattaforma digitale sugli scarti in Europa dove è possibile caricare annunci virtuali di ogni tipo di scarto o rifiuto.
Grazie a Cyrkl le aziende risparmiano centinaia di migliaia di tonnellate di emissioni di CO2 che verrebbero altrimenti rilasciate nell’atmosfera.
Come parte delle sue attività di consulenza, il team di esperti di rifiuti si occupa inoltre di consulenze specifiche.
Gli esperti si recano presso gli stabilimenti industriali e analizzano tutti i flussi di rifiuti con l’obiettivo di trovare soluzioni alternative in termini di gestione dei rifiuti.
I risultati ottenuti sono analisi di mercato, risparmi ambientali ed economici (15% – 45%) e supporto nell’implementazione di nuove tecnologie di riciclaggio. Il portafoglio clienti include anche grandi aziende come LIDL e Škoda Auto.

cyrkl.com

www.soglianoambiente.it

Recupero componenti gomma a fine vita. Oldrati Guarnizioni Industriali SpA, società del Gruppo Oldrati, tra i più importanti nella produzione di manufatti in gomma, plastica e silicone, annuncia un investimento di più di 6 milioni di euro.
Tale progetto sarà portato avanti grazie al supporto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), in particolare con le risorse gestite dal Fondo Nazionale Complementare (PNC) che ha integrato e completato il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che fa parte del programma Next Generation EU (NGEU) elaborato dall’Unione Europea nel 2021.

Tra gli obiettivi del progetto di ricerca di Oldrati, lo sviluppo di una competenza innovativa finalizzata alla rigenerazione di articoli tecnici in gomma ormai giunti a fine vita.
Una volta rigenerata, sarà possibile reimmettere la nuova materia prima nella filiera produttiva, riducendo così i rifiuti in discarica, il consumo di materie prime vergini e le emissioni di CO2.
Un processo spiccatamente innovativo e sostenibile nel mondo dei polimeri.

Il processo di selezione e validazione della candidatura è stato particolarmente approfondito e rigoroso
Infatti la società ha presentato al Ministero delle Imprese e del Made in Italy un progetto in cui sono stati illustrati gli obiettivi, le risorse necessarie e gli esiti attesi alla fine dei 3 anni di ricerca.

“Ottenere il sostegno ad un progetto di ricerca particolarmente avanzato e innovativo come questo rappresenta un riconoscimento della nostra capacità di condurre progetti ad elevato tasso di innovatività. In particolare in un ambito chiave per migliorare la sostenibilità del comparto gomma e plastica.
Insieme a tutto il team dell’Area Ricerca e Sviluppo Oldrati, siamo particolarmente entusiasti di portare avanti un progetto così significativo. Lavorare su iniziative che contribuiscono fattivamente al miglioramento dell’ambiente ci fa sentire molto motivati e stimola un sempre maggiore orientamento all’innovazione sostenibile”, ha dichiarato Paolo Morandi, R&D Group Director.

Oldrati è un Gruppo internazionale tra i più importanti nella produzione di manufatti in gomma, plastica e silicone. Fondato a Villongo (Bergamo) nel 1964, è presente in Italia e a livello internazionale con 14 siti produttivi, circa 1700 dipendenti e 180 milioni di euro di fatturato.
La continua espansione del Gruppo si realizza con la progressiva integrazione di aziende ad elevato contenuto tecnologico e con la crescente internazionalizzazione.

oldrati.com

Recupero bucce di arancia. Grazie a Cyrkl, la piattaforma globale dedicata alla compravendita di rifiuti industriali e all’approvvigionamento sostenibile, degli scarti di bucce arance derivanti dalla produzione di succhi sono state impiegate nella produzione di farine vegetali.

Dagli scarti dei succhi nasce una farina vegetale
Nel corso della produzione di prodotti alimentari, le aziende si trovano spesso nella situazione di dover scartare alcune risorse poiché non direttamente impiegabili nella loro produzione.
È il caso delle bucce di arancia che, sebbene non possano essere utilizzate direttamente nella produzione di succhi, possono avere moltissimi altri utilizzi.
Le bucce di arancia possono essere considerate come sottoprodotti, ossia scarti di produzione che vengono trattati come beni e non come rifiuti.
Riconoscendo questi scarti come tali, si eleva il livello di circolarità di questi materiali che vengono generalmente gestiti come rifiuti con destinazione compostaggio, permettendone un riutilizzo diretto nella produzione di alimenti per il consumo umano.
Spesso, a livello di gestione dei rifiuti, esistono molte soluzioni alternative a cui le aziende non pensano o di cui non sono a conoscenza.

In questo caso, Cyrkl ha supportato Prosit, azienda leader nel settore beverage, nella ricerca di un partner che lo aiutasse a valorizzare il proprio scarto. Grazie alla connessione facilitata da Cyrkl, Prosit ha potuto valorizzare queste bucce di arancia, inviandole alla trasformazione in farina vegetale. Si è così generato un beneficio economico dove in precedenza lo smaltimento presentava costi molto elevati.

La farina di bucce di arancia offre numerosi vantaggi sia per l’ambiente che per l’industria alimentare
Questo innovativo prodotto può essere utilizzato come ingrediente in vari prodotti alimentari, come biscotti, torte, pane e molto altro ancora. Inoltre, la farina di bucce di arancia è ricca di fibre e antiossidanti naturali, contribuendo a una dieta sana e bilanciata.

Come dare una seconda vita agli scarti industriali
Prosit ha potuto raggiungere nuovi clienti grazie alla rete di oltre 19.000 aziende di Cyrkl.
La piattaforma ha fornito a Prosit visibilità digitale, consentendo loro di connettersi con potenziali acquirenti interessati alla farina di bucce di arancia. Questa sinergia ha creato un mercato per un prodotto precedentemente considerato un sottoprodotto di poco valore.
Su questo principio si basa Cyrkl, un marketplace B2B che mette in contatto aziende produttrici tra di loro e/o con riciclatori.
Basata sui principi dell’economia circolare, la piattaforma consente alle aziende di caricare annunci dei propri rifiuti, materie prime seconde e sottoprodotti per trovare soluzioni di gestione migliori dal punto di vista sia economico che ambientale.
Il processo è molto semplice, attraverso una registrazione gratuita l’azienda può inserire un numero illimitato di annunci che dovranno contenere tutte le informazioni relative al rifiuto in vendita (quantità, localizzazione, foto, codice CER, caratteristiche, ecc.). Tramite un sistema di intelligenza artificiale, l’annuncio verrà visualizzato da tutti i potenziali acquirenti presenti sulla piattaforma in modo tale da fare incontrare domanda e offerta nel modo più trasparente possibile.

Cyrkl: Il motore della circolarità che connette aziende come Prosit per un futuro sostenibile
La connessione tra Cyrkl e Prosit ha dimostrato come la circolarità può creare opportunità di business sostenibili, riducendo al contempo l’impatto ambientale delle attività industriali. Grazie a Cyrkl, le aziende possono trovare soluzioni creative e alternative per i propri scarti.

“Questa connessione tra Prosit e il produttore di farine vegetali è un esempio tangibile di come Cyrkl stia promuovendo un’economia circolare e sostenibile”, ha dichiarato Simone Grasso, country manager italiano di Cyrkl. “Siamo orgogliosi di facilitare queste connessioni e di fornire alle aziende le risorse e gli strumenti necessari per trasformare i rifiuti in opportunità”.

Prosit è solo uno dei numerosi partner che Cyrkl ha aiutato a trovare soluzioni innovative per la gestione dei rifiuti.
La piattaforma di Cyrkl ha già connesso migliaia di aziende in tutto il mondo, offrendo loro l’opportunità di contribuire all’obiettivo globale di aumentare il livello di circolarità entro il 2030.

“E’ stato un privilegio poter collaborare con Cyrkl per valorizzare i nostri scarti di bucce di arancia. La piattaforma ha aperto nuove opportunità per la nostra azienda, connettendoci con acquirenti interessati alla farina di bucce di arancia. Grazie a questa sinergia, siamo riusciti non solo a ridurre il nostro impatto ambientale, ma anche a generare un nuovo mercato per un prodotto che in passato era per noi un costo ingente. Cyrkl sta dimostrando come l’economia circolare possa creare opportunità di business sostenibili trasformando gli scarti in un’opportunità di valore”, ha affermato Federico Fiaschi, CEO di Prosit Italia.

Cyrkl continuerà a promuovere la circolarità nel settore dei rifiuti, facilitando connessioni e creando opportunità per le aziende di trasformare i propri rifiuti in risorse preziose. Unendosi alla piattaforma, le aziende possono svolgere un ruolo attivo nella transizione verso un’economia circolare, contribuendo così alla salvaguardia dell’ambiente per le future generazioni.

Cyrkl è una startup green-tech la cui missione principale è di applicare i principi dell’economia circolare alla gestione dei rifiuti attraverso tecnologie innovative, analisi dei dati e apprendimento automatico. Ad oggi Cyrkl aiuta migliaia di aziende a trasformare i rifiuti in risorse, grazie alla più grande piattaforma digitale sugli scarti in Europa dove è possibile caricare annunci virtuali di ogni tipo di scarto o rifiuto. Grazie a Cyrkl le aziende risparmiano centinaia di migliaia di tonnellate di emissioni di CO2 che verrebbero altrimenti rilasciate nell’atmosfera. Come parte delle sue attività di consulenza, il team di esperti di rifiuti si occupa inoltre di consulenze specifiche. Gli esperti si recano presso gli stabilimenti industriali e analizzano tutti i flussi di rifiuti con l’obiettivo di trovare soluzioni alternative in termini di gestione dei rifiuti. I risultati ottenuti sono analisi di mercato, risparmi ambientali ed economici (15% – 45%) e supporto nell’implementazione di nuove tecnologie di riciclaggio. Il portafoglio clienti include anche grandi aziende come LIDL e Škoda Auto.

cyrkl.com/it

Slow Fiber per tessile sostenibile Made in Italy. La nuova rete Slow Fiber, nata dall’incontro tra Slow Food Italia e sedici aziende virtuose del tessile, rappresenta un esempio concreto di cambiamento positivo che passa da un processo produttivo sostenibile, volto alla creazione di prodotti belli, sani, puliti, giusti e durevoli, perché rispettosi della dignità della persona e della Natura nel suo delicato equilibrio.

Compriamo troppo e sprechiamo più che mai
Non solo in campo alimentare con il cibo che dovrebbe nutrirci e invece non arriva nemmeno sulle nostre tavole, ma anche nel settore dell’abbigliamento e dell’arredamento, nell’ambito di quella che ormai viene definita a ragione fast fashion.

È questa la presa di coscienza che sta dietro l’incontro tra Slow Food Italia e alcune note realtà del tessile del territorio nazionale che, con coraggio e spirito critico, hanno creato Slow Fiber, un movimento la cui voce, oggi più che mai, squarcia il panorama di un sistema di produzione nocivo e inarrestabile in cui da troppo tempo siamo intrappolati, come consumatori e come imprenditori.

Figlio dell’associazione Slow Food, che da anni è impegnata a promuovere un cibo buono, pulito e giusto per tutti, Slow Fiber propone lo stesso percorso e gli stessi valori nell’ambito del vestire e dell’arredamento, e quindi di rapporto con il corpo e con il bello, inteso anche come etico, giusto e misurato.

Secondo il report della Commissione Europea dal titolo Textiles and the environment in a circular economy: the role of design in Europe’s circular economy, la produzione e il consumo di prodotti tessili continua ad aumentare, così come il loro impatto sul clima, sul consumo di acqua e di energia e sull’ambiente.
La produzione mondiale di questi prodotti è quasi raddoppiata tra il 2000 e il 2015 e il consumo di capi di abbigliamento dovrebbe aumentare del 63 % entro il 2030, passando dagli attuali 62 milioni di tonnellate a 102 milioni di tonnellate.
Nell’Unione europea il consumo di prodotti tessili rappresenta attualmente in media il quarto maggiore impatto negativo sull’ambiente e sui cambiamenti climatici e il terzo per quanto riguarda l’uso dell’acqua e del suolo dalla prospettiva globale del ciclo di vita.
Ogni anno nell’UE vengono buttati via circa 5,8 milioni di tonnellate di prodotti tessili, ogni europeo acquista ventisei chili di vestiti all’anno e ne butta via undici dopo averli indossati appena 7-8 volte mentre solo il 13% di essi viene riutilizzato o riciclato.

I dati parlano chiaro, bisogna ripensare la moda e il mondo del tessile in un’ottica di sostenibilità
Slow Fiber si pone l’obiettivo di divulgare la conoscenza dell’impatto che i prodotti tessili hanno sull’ambiente, sui lavoratori della filiera e sulla salute dei consumatori per diffondere una nuova etica e cultura del vestire e dell’arredare. In quest’ottica, il proposito di Slow Fiber è anche quello di ampliare il network, coinvolgendo e invitando aziende italiane e internazionali a unirsi alla rete per ampliare la portata dell’impatto di questo cambiamento rendendolo corale, forte e immediato.

Come spiega Dario Casalini fondatore di Slow Fiber: «Negli ultimi decenni il modello del fast fashion ha imposto una coincidenza tra nuovo e bello. Capi che vengono prodotti in grandi quantità e bassa qualità e creano rifiuti. L’idea è invece quella di recuperare un concetto di bellezza che abbia anche dei valori etici perché essere sostenibili significa avere un atteggiamento intellettualmente onesto e quindi prendere in considerazione tutto il sistema».

Le aziende fondatrici del network si sono autoregolamentate attraverso Il Manifesto di Slow Fiber insieme alla creazione di specifici requisiti, KPI qualitativi che quantitativi e una tassonomia propria a marchio Slow Fiber costruita sulla base degli indicatori globali di eticità, sostenibilità e responsabilità sociale (ESG, SDGs e GRI). Questa autovalutazione ha una doppia funzione: allineare tutte le aziende del network a intraprendere o a rafforzare i propri percorsi di sostenibilità e a supportare i nuovi aderenti nella realizzazione di percorsi chiari, trasparenti, misurabili.

«È necessario un atto di volontà per ripensare il nostro posto nel mondo, per abbandonare un pensiero e un linguaggio predatori, a favore di una consapevole umiltà: quella che si prova di fronte a maestosi spettacoli naturali, di fronte ad un’intensa percezione di bellezza che ci fa presagire un senso di “giustezza – sottolinea Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia – . Slow Fiber ha deciso di sostenere Slow Food abbracciandone i valori del buono, pulito e giusto: perché la bellezza senza etica è marketing. Quando invece la bellezza implica l’etica è “bene”, e si rifà all’ideale greco del “Kalos Kai Agathos” bello e buono perché, come sostiene il filosofo e saggista bulgaro Todorov, l’esigenza di assoluto si riflette nella scoperta della bellezza».

La rete Slow Fiber in Italia
La forza di Slow Fiber risiede nella rete delle aziende del tessile italiano che attraverso il proprio operare dimostrano che è possibile creare prodotti tessili, per il vestire e l’arredare, che siano non solo belli, ma sani per chi li usa, puliti perché l’impatto ambientale dei processi produttivi è ridotto, giusti perché rispettano i diritti e la dignità dei lavoratori coinvolti nella loro realizzazione e valorizzano competenze e saperi tradizionali e sono in grado di durare nel tempo, contrapponendosi al concetto di fast-use e fast-fashion.

Le aziende del tessile italiano che aderiscono già a questi requisiti sono: Oscalito, L’Opificio, Quagliotti, Remmert, Pettinatura Di Verrone, Tintoria 2000, Angelo Vasino Spa, Olcese Ferrari, Tintoria Felli, Manifattura Tessile Di Nole, Holding Moda, Lane Cardate, Italfil, Pattern, Maglificio Maggia, Vitale Barberis Canonico.

Aziende intergenerazionali che vantano una storia importante nel settore della produzione vestiaria e dell’arredamento, che a oggi impiegano più di 1000 persone e raggiungono un fatturato complessivo di oltre 500 milioni di euro.

«Come per Slow Food, anche con Slow Fiber vogliamo proporre una rivoluzione, un cambiamento di paradigma della produzione, del consumo e, quindi, della percezione del tessile, e per farlo non potevamo scegliere partner migliore» afferma Dario Casalini «L’impegno è di farlo con il medesimo rigore scientifico e la medesima attenzione. L’augurio è quello di arrivare, senza fretta, molto lontano, seguendo i passi che Slow Food ha fatto in questi ultimi decenni».

Slow Fiber in fondo è un richiamo alla bellezza che ci circonda e a quella che apportiamo al mondo quando creiamo, produciamo e condividiamo saperi e strumenti mossi da un bene comune e non dal cieco egoismo.

Slow Fiber
L’idea di Slow Fiber nasce con l’obiettivo di recuperare la consapevolezza di come vengono fatti i prodotti, operando affinché avvenga un cambiamento verso la sostenibilità dell’ambiente e delle persone.
Slow Fiber vuole essere la risposta al fast fashion e, attraverso il loro processi produttivi, vogliono rappresentare un cambiamento positivo grazie alla creazione di prodotti belli, buoni, sani, giusti, puliti e durevoli.
La nuova rete Slow Fiber è nata dall’incontro tra Slow Food Italia e aziende italiane virtuose del tessile.
Queste realtà imprenditoriali a vocazione internazionale vantano una storia importante in tutta la filiera produttiva della moda e dell’arredamento e ad oggi impiegano più di 1000 persone, raggiungendo un fatturato complessivo aggregato di oltre 550 milioni di euro.
Queste primi sedici aziende che aderiscono già ai requisiti richiesti, sono: Oscalito, L’Opificio, Quagliotti, Remmert, Pettinatura Di Verrone, Tintoria 2000, Angelo Vasino Spa, Olcese Ferrari, Tintoria Felli, Manifattura Tessile Di Nole, Holding Moda, Lane Cardate, Italfil, Pattern, Maglificio Maggia, Vitale Barberis Canonico.

www.slowfood.it/slow-fiber/

Manifesto

Aziende

Energy reset. Nuovi modelli di business e accelerazione verso la transizione energetica, con la fiducia dei consumatori al centro: queste le sfide che caratterizzano l’attuale panorama energetico e da affrontare per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione. Questi anche i temi principali al centro dell’EY Energy Summit 2023 – Energy Reset che si è svolto a Roma alla presenza di rappresentanti del mondo istituzionale e delle imprese.

In apertura del summit, Massimo Antonelli, CEO di EY in Italia e COO di EY Europe West, ha dichiarato: “La transizione energetica, con le sue profonde implicazioni economiche e sociali, ha portato a un ripensamento completo dei modelli di business. Il nostro Paese sta portando avanti un percorso positivo per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni e di efficienza energetica per il 2030 così come le nostre aziende che hanno saputo ancora una volta navigare nella non linearità, rivedendo il loro mix energetico in anticipo rispetto alle aspettative. Tutto questo cercando di non perdere la fiducia dei consumatori, fondamentale per un’implementazione di successo della transizione e continuando a investire in competenze per far sì che il mondo del lavoro risponda alle esigenze del mercato”.

Fermo restando che il settore dell’energia ha sempre vissuto una certa volatilità, il comparto sta subendo un forte shock per via degli impatti delle tensioni geopolitiche che potrebbero avere degli effetti anche nel medio-lungo termine.

A questo proposito, Sergio Nicolini, EMEIA Energy Sector Leader di EY, ha aggiunto: “Nei prossimi dieci anni le interconnessioni nelle reti elettriche europee dovranno triplicare, le pompe di calore installate nel mondo dovranno quadruplicare e la capacità mondiale installata di energia solare aumentare di otto volte. Questi numeri ci danno l’idea della magnitudine esponenziale del cambiamento che stiamo affrontando. Per vincere la sfida è necessario che la filiera allargata dell’energia, che abilita il percorso dalle nuove fonti distribuite fino al consumatore, collabori a partire dalla pianificazione dei programmi, fino all’esecuzione e alla gestione operativa”.

Reset energetico: discontinuità e opportunità per il Paese
Vari fattori hanno reso quindi lo scenario energetico nazionale oggetto di una dirompente discontinuità. L’interruzione delle forniture di gas dalla Russia ha reso necessaria una diversificazione delle fonti di importazioni dal momento che l’Italia dipendeva per il 40% dalla fornitura di questa fonte energetica russa. L’individuazione di alternative da mettere in campo e i relativi investimenti non possono che essere orientati verso soluzioni strategiche, economicamente sostenibili ed efficienti nel breve-medio e lungo termine.

Analizzando l’andamento dei prezzi dell’energia degli ultimi anni, si osserva una volatilità dei prezzi delle materie prime che continua a rappresentare un elemento di criticità.
Per esempio, i costi delle quote di CO2 sono aumentati di oltre 10 volte negli ultimi 10 anni (circa 90 €/ton previsti per il 2023 rispetto a valori inferiori a 9€/ton nel 2012) e questo ha cambiato il DNA del business e ha impattato la competitività relativa delle tecnologie di produzione elettrica. L’aumento del costo della CO2, unito al costo del gas ha praticamente raddoppiato il prezzo a cui il sistema può fornire l’energia elettrica secondo le regole attuali del mercato elettrico, essendo gli impianti a gas i price maker.

Questi elementi, assieme allo stop europeo entro il 2035 ai combustibili fossili nei trasporti o ancora all’incremento degli obiettivi nazionali di produzione delle fonti di energie rinnovabili, hanno portato non solo a un ridimensionamento degli equilibri attuali, ma anche a un necessario cambio di rotta nelle soluzioni green. Infatti, secondo le stime EY, per raggiungere i target prefissati sulle energie rinnovabili, nei prossimi 10 anni è necessario ambire a un ritmo di nuove installazioni che consenta un incremento di produzione più che doppio rispetto a quanto fatto negli ultimi 10 anni.

Il costo della transizione green: l’esempio del settore automotive
Un esempio concreto di quanto costerà la transizione green è possibile ipotizzarlo per quanto riguarda il settore dell’automotive. Recentemente il Parlamento europeo ha approvato lo stop alla produzione di nuove auto a benzina e diesel a partire dal 2035, con l’eccezione delle auto e-fuel. Questa graduale eliminazione avrà un notevole impatto sul consumo di energia elettrica.

Secondo, infatti, i dati stimati da EY saranno necessari circa 50 TWh/anno per sostenere la transizione verso i veicoli elettrici. Sarà una fonte addizionale di consumo importante, pari al 15-20% dell’attuale la domanda di energia elettrica in Italia.

Responsabilità dei consumatori: quali sono le percezioni e le aspettative
Nello scenario attuale, caratterizzato da incertezze e volatilità dei mercati, la fiducia dei consumatori è stata messa alla prova e, secondo quanto osservato da EY, per riconquistare la fiducia delle persone, le aziende sono chiamate a mettere al centro il proprio purpose, mantenendo l’agenda strategica in cima alle priorità e permettendo al consumatore di identificarsi con valori chiari, concreti e sostenibili.

In questo contesto EY-SWG hanno realizzato l’Osservatorio Brand Purpose Index, coinvolgendo oltre 7000 consumatori, analizzando oltre 12 settori e più di 50 Brand nel Paese, per comprendere proprio le aspettative del consumatore e la capacità delle aziende di trasmettere i propri valori, creando un vantaggio competitivo attraverso un purpose chiaro e una creazione di valore concreta. I dati indicano che 8 persone su 10 dichiarano importante che i Brand abbiano un purpose chiaro nel quale riconoscersi, ma solo 5 su 10 percepiscono effettivamente l’impegno concreto e la capacità di mantenere fede alla promessa del purpose dichiarato. Guardando all’industria energetica, si evidenza che solo 4 su 10 riconoscono un impegno concreto da parte dei player di settore.

Tra tutti i settori, il comparto dell’energia si posiziona infatti come uno di quelli con il più alto gap tra aspettativa del consumatore e ciò che effettivamente percepisce: i consumatori si aspettano un impegno concreto dai player operanti nell’industria, ma oggi non riescono a riconoscersi nei valori dichiarati e non riconoscono ai Brand la capacità di creare valore sulle dimensioni chiave.

Questi dati nazionali trovano un riscontro anche a livello mondiale in una survey EY “Energy Consumer Confidence Index” condotta su 36 mila consumatori in 18 mercati che ha identificato una correlazione tra i progressi dei Paesi nella transizione energetica e la fiducia dei consumatori: i consumatori che faticano a vedere i benefici della transizione energetica non sono fiduciosi che le cose miglioreranno in futuro, mentre man mano che un mercato progredisce in questa transizione la fiducia aumenta.

Osservando il punteggio dell’indice di fiducia dei consumatori di energia per ciascuno dei 18 mercati analizzati, si passa dalla Cina che è in testa (77,6) grazie all’attenzione e agli investimenti ingenti nelle infrastrutture energetiche e nelle rinnovabili, fino al minimo (51,2) del Giappone dove la fiducia è molto ridotta per via degli aumenti dei prezzi dell’energia che gravano sui consumatori e la deregolamentazione del mercato.
L’Italia si posiziona sotto media globale, riflettendo l’impatto dei trend macroeconomici e della crisi energetica in corso.

Costruire e mantenere la fiducia dei consumatori durante tutto il percorso di transizione energetica sarà un fattore importante per la capacità di un mercato di raggiungere o accelerare gli obiettivi di decarbonizzazione.

L’innovazione tecnologica a favore della transizione
Nel percorso verso la decarbonizzazione è sempre più chiara, dunque, la necessità di ricorrere a fonti diverse di energia dove le rinnovabili hanno un ruolo determinante. Ma l’energia prodotta da queste fonti è ancora caratterizzata da forti oscillazioni e difficoltà a garantire continuità di fornitura soprattutto per i vincoli ambientali e tecnologici a cui è soggetta. La transizione energetica rappresenta una sfida importante che deve andare di pari passo con l’innovazione tecnologica per evolvere. EY ha identificato quattro direttrici chiave per puntare allo sviluppo tecnologico della transizione attraverso anche interventi normativi che incoraggino e incentivino i player del settore energetico a integrare le innovazioni nei modelli produttivi e operativi.

In primis è necessario potenziare le tecnologie abilitanti che consentano l’integrazione delle tecnologie di generazione da fonti rinnovabili e introducano elementi di smart generation & consumption, ad esempio batterie su scala industriale, batterie “behind the meter”, ricariche “intelligenti” dei veicoli, rinnovabili per il “power to heat” e “power to hydrogen, Internet of Things (IoT) e Artificial Intelligence (AI).
Segue la consolidazione di modelli di business che responsabilizzino i consumatori trasformandoli in attori protagonisti del processo e non solamente riceventi passivi; l’architettura del mercato è un altro elemento fondamentale per assicurare ai sistemi di alimentazione maggiori quote di rinnovabili; infine, i sistemi operativi devono essere tali da gestire le sfide legate alle rinnovabili quali ad esempio lo stoccaggio, la distribuzione e la prevenzione.
L’obiettivo a lungo termine, oggi in corso, è una transizione verso tecnologie e sistemi energetici innovativi che offrano i servizi necessari allo sviluppo economico e sociale globale, ma che al contempo e nel complesso siano in grado di arrestare l’effetto global warming, azzerando gli impatti negativi sulla qualità di aria, terra e acqua, e garantendo la sicurezza energetica.

EY è leader mondiale nei servizi professionali di revisione e organizzazione contabile, assistenza fiscale e legale, transaction e consulenza. La nostra conoscenza e la qualità dei nostri servizi contribuiscono a costruire la fiducia nei mercati finanziari e nelle economie di tutto il mondo. I nostri professionisti si distinguono per la loro capacità di lavorare insieme per assistere i nostri stakeholder al raggiungimento dei loro obiettivi. Così facendo, svolgiamo un ruolo fondamentale nel costruire un mondo professionale migliore per le nostre persone, i nostri clienti e la comunità in cui operiamo.
“EY” indica l’organizzazione globale di cui fanno parte le Member Firm di Ernst & Young Global Limited, ciascuna delle quali è un’entità legale autonoma. Ernst & Young Global Limited, una “Private Company Limited by Guarantee” di diritto inglese, non presta servizi ai clienti.

ey.com/it

EU food – textiles waste. The European Commission released its plans to revise the Waste Framework Directive (1), with a focus limited to new rules on the responsibility of textile producers, and new food waste reduction targets.
The European Environmental Bureau (EEB) warns the proposal may lack teeth to effectively slash overproduction and waste in the food and textiles sectors.

Food waste: hungry for better targets
The proposal puts forward new binding food waste reduction targets, which member states must achieve by 2030.
With food waste in the EU at record levels and reports of the region discarding more food than it imports (2), setting new targets for member states to cut back on food waste is a step in the right direction.
However, the EEB warns that the proposed targets of 10% in processing and manufacturing, and 30% at retail and consumption are too low to cut food waste down to sustainable levels.

The EU has signed up to Sustainable Development Goal 12.3 which aims to halve food waste by 2030, but the current proposal does not match that ambition.
In addition, the Commission’s decision to exclude primary production food waste from the targets means a huge chunk of the food waste picture has been overlooked.
To inspire the level of action needed to tackle the food waste problem, NGOs have been calling for legally binding food waste reduction targets of 50% to be set from farm to fork.

Orla Butler, EEB Campaigner said: “The EU must establish and attain comprehensive food waste reduction targets of 50% across the entire supply chain, from farm to fork. These targets should encompass primary production, extending beyond the manufacturing, retail, and consumer levels. Anything less than this puts the EU at risk of falling short of its climate goals, international commitments and citizens’ demands.”

Textiles: new rules for old clothes
The proposal puts forward plans for Extended Producer Responsibility (EPR) systems that would require fashion brands and textile producers to pay fees to help fund local authorities’ waste collection. Many EU governments are already setting up EPR schemes for textiles, and the EEB welcomes the Commission’s approach to harmonise them.

The EEB also welcomes the Commission’s plans to set ‘eco-modulated’ fees and calls for them to be ambitious.
The policy should support activities rooted in sufficiency, transparency and waste prevention, such as reuse and fibre-to-fibre recycling, and go beyond financing the collection of ever-more clothing. Moreover, EPR should support communities in the Global South who deal with unmanageable amounts of EU exports of clothing cast-offs (3).
The EEB regrets that the Commission has not included separate targets for textile waste prevention, collection, reuse and recycling in the proposal, despite a clear call from Members of the Parliament to do so when they adopted the EU Textile Strategy on 1 June (4).

Emily Macintosh, EEB Senior Policy Officer for Textiles said: “The EU has committed to stopping fast fashion. Now it is time for a truly transformative waste policy that sets appropriate fees on companies. We cannot give brands a free pass to keep overproducing low-quality products designed for short lifespans and expect to recycle ever-increasing amounts of textile waste.”

(1) https://environment.ec.europa.eu/publications/proposal-targeted-revision-waste-framework-directive_en
(2) https://www.theguardian.com/environment/2022/sep/20/eu-wastes-153m-tonnes-of-food-a-year-much-more-than-it-imports-says-report
(3) https://meta.eeb.org/2023/06/29/europes-free-pass-to-dump-clothing-cast-offs-in-the-global-south-must-end/
(4) The EU Textile strategy is a wide-ranging policy plan to bring down the environmental and social impact of Europe’s textile consumption, with a focus on fashion and clothing. https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2023-0215_EN.pdf

The European Environmental Bureau (EEB) is Europe’s largest network of environmental citizens’ organisations, standing for environmental justice, sustainable development and participatory democracy. Our experts work on climate change, biodiversity, circular economy, air, water, soil, chemical pollution, as well as policies on industry, energy, agriculture, product design and waste prevention. We are also active on overarching issues such as sustainable development, good governance, participatory democracy and the rule of law in Europe and beyond.
We have over 180 members in over 38 countries.

eeb.org

‘Driving a Circular Economy for Textiles through EPR’ by Eunomia (2022)

Alluminio uso e riuso. Il sistema italiano di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi in alluminio è una eccellenza nel panorama europeo, in linea con i principi del nuovo Piano d’Azione per l’Economia Circolare del Green Deal europeo. 

È quanto emerge dai risultati dell’assemblea annuale di CIAL-Consorzio Nazionale Imballaggi Alluminio.

Nel 2022 è stato avviato a riciclo il 73,6% degli imballaggi in alluminio immessi sul mercato (ovvero 60.200 tonnellate) e, con il recupero energetico, il totale di quelli complessivamente recuperati cresce e si avvicina al 78%.
Il tasso di riciclo degli imballaggi in alluminio in Italia ha quindi già superato abbondantemente gli obiettivi al 2025 (50%) e al 2030 (60%).
Numeri importanti che hanno consentito di evitare emissioni serra pari a 423mila tonnellate di CO2 e di risparmiare energia per oltre 185mila tonnellate equivalenti di petrolio.

La scelta dei criteri di gestione della filiera del packaging in alluminio garantisce un rapporto costo-risultato tra i più efficienti d’Europa, realizzando un eccellente modello di sostenibilità sociale, economica ed ambientale accanto a una relazione estremamente costruttiva con il territorio, grazie all’azione combinata di istituzioni, imprese, operatori, cittadini e comuni.
L’efficienza e l’efficacia del sistema italiano di raccolta differenziata e riciclo è ancor più evidente se consideriamo lo spaccato del tasso di riciclo per le lattine in alluminio per bevande che per il 2022 è pari al 91,6%, in linea con quello dei paesi i cui sistemi sono basati sul deposito cauzionale e di gran lunga superiore al tasso medio di riciclo europeo del 73%.

“Per gli imballaggi in alluminio si supera il concetto ‘usa e getta’ e si afferma sempre più quello ‘usa e ricicla’ così come il concetto ‘mono-uso’, genericamente associato al settore del packaging, non si addice al packaging in alluminio, materiale per natura disponibile per un ‘uso infinito’. Sono due cambi di paradigma che esprimono molto bene la natura e la missione del sistema italiano di gestione del packaging in alluminio.” dichiara Carmine Bruno Rea, Presidente di CIAL (recentemente nominato Consigliere di Amministrazione di Conai – Consorzio Nazionale Imballaggi in rappresentanza della filiera alluminio, categoria produttori).

“L’alluminio è facile da raccogliere e da riciclare e noi in Italia lo facciamo molto bene. I risultati lo dimostrano” prosegue Rea “ma è anche utile sottolineare quanto l’alluminio sia il materiale ideale per la produzione di imballaggi (lattine per bevande, scatolette per alimenti, bombolette aerosol, tubetti, vaschette, foglio sottile in rotoli e per involucri, tappi, chiusure e capsule per il caffè, ecc.) perché è leggero, malleabile, resistente agli urti e alla corrosione ed è in grado di garantire un effetto barriera che protegge dalla luce, dall’aria, dall’umidità e dai batteri in linea, quindi, con gli altissimi standard richiesti nei settori food e beverage per una lunga e sicura conservazione, a tutela della salute umana e con un contributo imprescindibile alla prevenzione della formazione del rifiuto organico e alla riduzione dello spreco alimentare e degli scarti. Tutti elementi che rendono il packaging in alluminio, sempre più coerente con i principi della Prevenzione e quindi con le politiche e i modelli di sviluppo socioeconomico della Green Economy.”

I numeri CIAL nel 2022
– 243 imprese consorziate.
– 430 operatori convenzionati, 246 piattaforme e 12 fonderie su tutto il territorio nazionale garantiscono la raccolta, il trattamento, il riciclo e il recupero dell’alluminio.
– 5.547 Comuni (il 70% dei Comuni italiani attivi) collaborano con CIAL alla raccolta differenziata degli imballaggi in alluminio, nell’ambito dell’Accordo Quadro Anci-Conai, su tutto il territorio nazionale. Sono 46,5 milioni di cittadini coinvolti (il 79% degli abitanti italiani serviti).
– Quantità di imballaggi in alluminio immesse nel mercato italiano: 81.800 tonnellate.
– Recupero totale degli imballaggi in alluminio in Italia (quota di riciclo + quota di imballaggi avviati a recupero energetico): 63.600 tonnellate.
— Riciclo: 60.200 tonnellate di imballaggi in alluminio, pari al 73,6% del mercato
— Recupero energetico: 3.400 tonnellate (quota di imballaggio sottile che va al termovalorizzatore)
– Grazie al riciclo di 60.200 tonnellate di imballaggi in alluminio sono state evitate emissioni serra pari a 423mila tonnellate di CO2 e risparmiata energia per oltre 185mila tonnellate equivalenti petrolio.

AL 100% responsabile
– L’alluminio è riciclabile all’infinito.
– Il riciclo dell’alluminio garantisce un risparmio energetico del 95% rispetto ai processi tradizionali.
– Il 75% di tutto l’alluminio da sempre prodotto nel Mondo è ancora in uso.
– In Europa si ricicla la più alta quantità di alluminio pro capite nel Mondo.
– Oggi la produzione italiana si basa al 100% sul riciclo.

CIAL – Consorzio Nazionale Imballaggi Alluminio nasce nel 1997 con il compito di avviare a riciclo e recupero gli imballaggi di alluminio, alla fine del loro ciclo di vita, provenienti dalla raccolta differenziata fatta dai Comuni, contribuendo così al recupero di una preziosa materia prima, evitando sprechi e salvaguardando l’ambiente. Lattine per bevande, scatolette, vaschette, bombolette e foglio sottile in alluminio diventano, quindi, risorse fondamentali e imprescindibili per una crescita economica sostenibile e pulita, proprio come l’industria italiana del riciclo, tra le prime al Mondo per le importanti performance ambientali che riesce a esprimere. È per il rispetto dell’ambiente, per l’eliminazione delle discariche e per la valorizzazione economica di risorse riutilizzabili che CIAL opera da 25 anni nel nostro Paese – per nome e per conto delle imprese consorziate (produttori e utilizzatori di imballaggi in alluminio e riciclatori e recuperatori) – promuovendo la raccolta e il recupero e sensibilizzando milioni di cittadini con la collaborazione delle pubbliche amministrazioni.

www.cial.it

Energia falsi segnali di ottimismo: mercati tranquilli solo in apparenza: è necessario pianificare impianti a fonti rinnovabili per mettersi al riparo da nuove turbolenze energetiche, geopolitiche, speculative.

Il prezzo di borsa dell’energia cala del 20% nelle ore di produzione del fotovoltaico
Nel mese di marzo in Sardegna si sono registrate 85 ore con un prezzo sotto i 20 €/MWh e ben 42 con prezzo a zero, mentre Calabria, Sicilia e il sud hanno riportato 28 ore con il prezzo sotto i 20 €/MWh.
In prospettiva ci si aspetta che il solar captured-price diminuisca sensibilmente all’aumentare della potenza fotovoltaica installata e potrebbe verificarsi la cosiddetta “cannibalizzazione” del prezzo, con diverse ore in cui i prezzi zonali diventano nulli o negativi e il prezzo di cattura del solare si riduce drasticamente.
È quanto riporta l’ultimo report di ITALIA SOLARE sull’andamento dei prezzi del mercato elettrico.

“Ora più che mai è indispensabile pianificare gli sviluppi di nuova capacità da fonte rinnovabile, integrandola nel sistema e nel mercato energetico, così da disporre di forniture certe e convenienti. In particolare nelle ore di produzione da fotovoltaico il prezzo registrato in borsa (e quindi “catturato” dagli impianti fotovoltaici stessi) è scontato del 20% rispetto alla media giornaliera, fatto che dimostra l’assoluta competitività dell’energia solare nel contesto attuale e prospettico”, spiega Stefano Cavriani, Consigliere di ITALIA SOLARE e co-coordinatore del gruppo di lavoro mercati dell’associazione.

Lo scenario
Dopo il crollo dei prezzi avvenuto nel corso della prima metà del 2020, dalla ripresa post-pandemia il mercato dell’energia ha registrato una costante salita.
I prezzi sono esplosi da settembre 2021, con l’avvio della stagione termica 2021-2022, quando è risultata evidente la riduzione delle forniture di gas dalla Russia.
L’invasione dell’Ucraina a fine febbraio 2022 ha infatti innescato una fase di assoluta incertezza e volatilità sui mercati energetici che, tra alti e bassi, è proseguita per tutto il 2022 con picchi di prezzo durante l’estate (giugno-settembre 2022) quando molti Paesi, in primis Italia e Germania, hanno inseguito ogni metrocubo di gas, a qualsiasi prezzo, pur di riempire gli stoccaggi in vista dell’inverno 2022-2023.

L’estate 2022 è stata caratterizzata da notevole siccità in tutta Europa, con la conseguente pesante riduzione della produzione idroelettrica e l’impossibilità di poter raffreddare adeguatamente le centrali termoelettriche ubicate lungo i fiumi.
Alla fine del 2022 il prezzo medio dell’energia si attestava intorno ai 300 €/MWh e le aspettative per il 2023 e 2024 quotavano prezzi superiori ai 200 €/MWh.

Le temperature straordinariamente miti registrate per tutto l’inverno 2022-2023, insieme alla notevole riduzione del consumo da parte delle industrie, hanno determinato una caduta dei consumi di gas del 20-25% rispetto ai valori storci, che hanno determinato il crollo dei prezzi del gas che è passato da 130 €/MWh a 40 €/MWh in meno di 3 mesi.

Nonostante la perdurante siccità, nel corso del 1° trimestre 2023 il PUN medio è stato 157 €/MWh, circa il triplo di quello che era nel 2019 (52 €/MWh), un prezzo che rende ancora oggi conveniente la realizzazione degli impianti fotovoltaici sia a livello residenziale sia a livello industriale.

L’offerta di gas dalla Russia è calata dell’85%, ma gli approvvigionamenti via LNG (USA e altri fornitori internazionali, in parte dalla stessa Russia ‘sotto mentite spoglie’) consentono al momento di supplire e procedere senza tensioni particolari.
Ma la competizione con l’Asia (Cina, Giappone, Sud Corea, India etc.) potrebbe innescare nuove impennate e il futuro resta incerto.

“La crisi è tutt’altro che risolta e il nostro futuro energetico è ancora a rischio. Per esempio, uno dei motivi per cui in Italia i prezzi sono scesi è anche la massimizzazione, voluta da un decreto del Governo Draghi, delle centrali a carbone, che consente a tali impianti di offrire in borsa energia elettrica a prezzo zero, anche se i costi di produzione vengono ovviamente recuperati in altre voci in bolletta”, spiega ancora Stefano Cavriani.

I prezzi della CO2
Il rialzo del PUN, avvenuto durante la seconda metà del 2021, è stato causato anche dal cambiamento del prezzo delle quote CO2 che, come si può osservare, è aumentato di 40 € circa tra aprile 2021 e dicembre 2021.
Durante il 2022 tale prezzo è oscillato intorno agli 80 € per poi salire strutturalmente al di sopra di tale soglia durante il Q1 2023, sfiorando i 100 €, grazie ai segnali della ripresa economica europea.
Negli ultimi mesi i prezzi dei futures dei permessi CO2 hanno addirittura superato i 100 €, raggiungendo i massimi storici.

ITALIA SOLARE è un ente del terzo settore che sostiene la difesa dell’ambiente e della salute umana supportando modalità intelligenti e sostenibili di produzione, stoccaggio, gestione e distribuzione dell’energia attraverso la generazione distribuita da fonti rinnovabili, in particolare fotovoltaico.
Promuove inoltre la loro integrazione con le smart grid, la mobilità elettrica e con le tecnologie per l’efficienza energetica per l’incremento delle prestazioni energetiche degli edifici.
ITALIA SOLARE è l’unica associazione in Italia dedicata esclusivamente al fotovoltaico e alle integrazioni tecnologiche per la gestione intelligente dell’energia.

www.italiasolare.eu

report

APS Extrusion solare. SMARTEFFICIENCY per FOTOVOLTAICO. APS Arosio Extrusion, azienda specializzata nella produzione di profili estrusi di alluminio a disegno, è una delle più prestigiose realtà industriali nel panorama italiano dell’estrusione e conta oggi due siti produttivi – Mariano del Friuli (Gorizia) e Porzano di Leno (Brescia) – per un totale di tre impianti di produzione.
Una lunga esperienza tecnica maturata nell’ambito degli estrusi in alluminio, abbinata alla capacità produttiva di 23.000 tonnellate e ampi spazi di magazzino e stoccaggio, permette a APS Arosio Extrusion di soddisfare le richieste dei clienti per diversi impieghi: condizionamento dell’aria, energie rinnovabili, edilizia, arredamento, tende e verande.
Un gruppo che vanta distributori in ogni continente e quattro consociate presenti in Europa e America.