Particelle ultrafini di aerei a rischio salute per 1,6 milioni di italiani. Un nuovo studio del gruppo ambientalista Transport & Environment (T&E) rileva che migliaia di casi di ipertensione, diabete e demenza in tutta Europa potrebbero essere collegati alle minuscole particelle emesse dagli aerei.
Sono 1,6 milioni i cittadini italiani esposti alle particelle ultrafini derivanti dall’aviazione, ossia gli abitanti che vivono in un raggio di 20 km dai due aeroporti più trafficati d’Italia: Roma Fiumicino e Milano Malpensa.
É quanto emerge da una ricerca che Transport & Environment – organizzazione ambientalista indipendente europea – ha commissionato a CE Delft e in cui si evidenzia come siano circa 52 milioni i cittadini esposti a tali emissioni nelle prossimità dei 32 aeroporti più trafficati (1,2) in tutta Europa.
Lo studio – che ha analizzato i due aereoporti italiani con i maggiori volumi di traffico – quantifica anche i cittadini coinvolti: sono 700.000 i romani che, vivendo in prossimità dello scalo di Fiumicino, sono esposti a queste particelle tossiche; mentre sono oltre 900.000 i milanesi che respirano aria di bassa qualità nelle vicinanze dell’aeroporto di Malpensa.
L’esposizione alle UFP – Ultra Fine Particles, la componente più piccola del particolato – può essere collegata allo sviluppo di condizioni di salute gravi e a lungo termine, tra cui problemi respiratori, effetti cardiovascolari e complicazioni durante la gravidanza.
Gli effetti dell’esposizione alle UFP
Secondo la nuova ricerca, l’esposizione alle particelle ultrafini potrebbe essere associata a circa 280.000 casi di ipertensione, 330.000 casi di diabete e 18.000 casi di demenza in Europa. Solo in Italia l’esposizione a queste particelle potrebbe essere associata a oltre 7000 casi di ipertensione e altrettanti di diabete e più di 200 casi di demenza. Lo studio ha infatti estrapolato i casi registrati di queste malattie nelle prossimità dell’aeroporto di Amsterdam Schiphol, offrendo la prima stima mai realizzata degli effetti sulla salute legati alle UFP (particelle ultrafini) derivanti dall’aviazione in Europa.
Manca regolamentazione sulla concentrazione di UFP
Le particelle ultrafini sono particolarmente preoccupanti poiché penetrano profondamente nel corpo umano e sono state trovate nel sangue, nel cervello e nella placenta. Le UFP – che hanno un diametro inferiore ai 100 nanometri – sono circa 1.000 volte più piccole di un capello umano e, nonostante già da 15 anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) avverta della crescente preoccupazione per questo inquinante, non esistono regolamentazioni sulle soglie di concentrazione di UFP nell’aria.
I più vulnerabili esposti alle UFP
Le UFP degli aerei sono emesse ad alta quota ma anche durante le fasi di decollo e atterraggio, il che implica una particolare esposizione per i residenti che vivono nelle prossimità degli aeroporti. Infatti, i cittadini residenti in raggio di 5 km da un aeroporto respirano aria che contiene, in media, dalle 3.000 alle 10.000 particelle ultrafini per cm³ emesse dagli aerei. Poiché, in molte città, esiste una correlazione tra chi vive vicino a un aeroporto (tipicamente zone periferiche o esterne al tessuto urbano della città) e i redditi più bassi, sembrerebbe perpetuato il paradigma per cui sono i più vulnerabili nella società ad essere maggiormente colpiti dall’inquinamento atmosferico.
“Vivere vicino a un aeroporto può farci ammalare” Francesco Romizi, responsabile pubbliche relazioni di Medici per l’Ambiente (ISDE- Italia), ha dichiarato: “Vivere vicino a un aeroporto può farti ammalare? La risposta – in modo preoccupante – è sì. Gli aerei, tra i vari inquinanti che emettono, rilasciano anche minuscole particelle associate a malattie polmonari e cardiovascolari. Questa crisi sanitaria – che tocca milioni di cittadini in Italia e in Europa- è stata ignorata dai politici, che privilegiano la crescita del settore aereo e dei viaggi d’affari senza valutare le esternalità negative e le ricadute che ha sulla salute delle persone, spesso le più povere, e sui servizi sanitari nazionali. Alla luce di queste novità, chiediamo al Governo maggiore responsabilità nell’affrontare questo problema”.
Ridurre le emissioni di UFP è possibile
L’utilizzo di carburanti di ‘migliore qualità’ può abbattere le emissioni di questo inquinante fino al 70%. La quantità di UFP emesse dagli aerei, infatti, dipende fortemente dalla composizione chimica dei combustibili impiegati; abbatterne la concentrazione delle componenti più dannose (zolfo e composti aromatici) è possibile grazie all’idrotrattamento (3), un processo già impiegato da decenni per i ridurre il tenore di zolfo nei carburanti di auto e navi. Tale processo, se applicato, potrebbe costare meno di cinque centesimi per litro di carburante (4). Ma gli standard per i jet fuel non sono mai stati migliorati, nonostante rappresentino strumenti fondamentali per ridurre significativamente l’inquinamento atmosferico nelle vicinanze degli aeroporti.
Le soluzioni per ridurre le UFP: domanda, SAF e aereo a zero emissioni
Tra le altre misure capaci di ridurre le UFP e migliorare la qualità dell’aria – oltre alla necessaria riduzione del traffico aereo e al contenimento della crescita esponenziale dell’aviazione – andrebbero adottate, in prospettiva, tecnologie più pulite che rilasceranno molti meno inquinanti: come ad esempio l’uso su larga scala di carburanti sostenibili per aviazione (Sustainable Aviation Fuel, SAF) e impiegare, non appena saranno disponibili sul mercato nei prossimi anni, aerei a zero emissioni.
Si può ridurre il rischio a un costo ragionevole
“Non capita spesso che un problema allarmante, che colpisce milioni di persone, possa essere ridotto e anche ad un costo ragionevole. I fumi nocivi causati dagli aerei possono essere drasticamente ridotti migliorando la qualità del carburante. I settori del trasporto stradale e marittimo hanno dimostrato che è possibile, facendo questo passaggio già anni fa. Il mondo dell’aviazione invece è rimasto indietro e deve colmare rapidamente questo divario. Il settore aereo si vanta di tecnologia all’avanguardia e aerei cosiddetti efficienti, eppure continua a utilizzare carburanti che hanno un impatto devastante sulla salute di milioni di europei” dichiara Carlo Tritto, Policy Officer per Transport & Environment Italia.
Emissioni dannose per l’uomo e per il clima
Le UFP fanno parte delle cosiddette “emissioni non di CO2” degli aerei, che includono molti inquinanti tossici, sia gas che particelle, come gli ossidi di azoto o l’anidride solforosa. Sebbene questi inquinanti non rientrino nell’ambito dello studio, anch’essi hanno effetti noti sulla salute che si aggiungono a quelli già descritti. Queste emissioni hanno anche un effetto dannoso sul clima, rendendo il contributo dell’aviazione al riscaldamento globale almeno due volte peggiore di quanto comunemente si pensi. Ad esempio, la formazione delle scie chimiche (contrails) – le linee bianche che attraversano il cielo dietro gli aerei – è anch’essa legata alle emissioni di UFP e ha un significativo effetto di riscaldamento climatico. Ridurre le emissioni di UFP attraverso l’adozione di carburanti di migliore qualità, sarebbe vantaggioso non solo per i cittadini che vivono vicino agli aeroporti, ma anche per il pianeta.
Transport & Environment’s (T&E) vision is a zero-emission mobility system that is affordable and has minimal impacts on our health, climate and environment.
Since we were created 30 years ago, T&E has shaped some of Europe’s most important environmental laws. We got the EU to set the world’s most ambitious CO2 standards for cars and trucks but also helped uncover the dieselgate scandal; we campaigned successfully to end palm oil diesel; secured a global ban on dirty shipping fuels and the creation of the world’s biggest carbon market for aviation – just to name a few.
Credibility is our key asset. We are a non-profit organisation and politically independent. We combine the power of robust, science-based evidence and a deep understanding of transport with memorable communications and impactful advocacy.
Our staff in Brussels, Rome, Madrid, Berlin, Warsaw and London collaborate with our 63 national member and supporter organisations in 24 countries across Europe. All together our members and supporters represent more than 3.5 million people.
We coordinate the International Coalition for Sustainable Aviation (ICSA), which has observer status at the International Civil Aviation Organisation (ICAO) and are members of the Clean Shipping Coalition (CSC), which has observer status at the International Maritime Organisation (IMO).
We hold a seat on the board of ECOS, and are members of the Green 10 group of European environmental NGOs, Agora Verkehrswende, the Platform for Electromobility, the Coalition for Energy Savings, the Renewable Grids Initiative and the Electrification Alliance.
Climate Crunch rischi transizione per investitori. Verso l’obiettivo net-zero: Gruppo Pictet nel rapporto “Climate Crunch: i rischi di transizione verso l’obiettivo net-zero” segnala tre rischi di transizione per gli investitori.
La maggior parte degli investitori concorda oggi sul fatto che la creazione di un’economia net-zero non sia più una scelta ma una necessità; tuttavia, da qui a 5 o 7 anni il processo di transizione potrebbe rivelarsi particolarmente difficile.
È quanto emerge da un recente rapporto commissionato all’Institute of International Finance da Pictet Asset Management.
Lo studio, intitolato “A closer look at the transition risks of net zero”, individua in particolare tre rischi di transizione che gli investitori dovranno monitorare attentamente nei prossimi anni.
Il primo riguarda un probabile importante aumento del debito pubblico
Infatti, se i governi continueranno a finanziare la metà della spesa totale richiesta a livello mondiale, solo gli investimenti necessari a conseguire gli obiettivi net-zero potrebbero tradursi in un incremento dell’indebitamento statale di oltre 50 000 miliardi di dollari USA entro il 2030 e di più di 215 000 miliardi entro il 2050, ossia oltre un terzo dell’innalzamento del debito pubblico previsto fino al 2050.
Il secondo rischio di transizione è relativo al contraccolpo economico che investirà le aziende
Le leggi e i regolamenti studiati oggi per penalizzare le industrie responsabili di alti livelli di emissioni di anidride carbonica – come la carbon tax e il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere UE – faranno inevitabilmente lievitare i costi per le imprese. Attualmente la carbon tax si applica a meno del 25 per cento delle emissioni di CO2 prodotte dall’uomo. Se venisse estesa, causerebbe presumibilmente un aumento dei costi produttivi in quasi tutti i settori. Sempre secondo il rapporto, le aziende riuscirebbero ad assorbire, almeno in parte, questi costi di transizione trasferendoli perlopiù al consumatore finale sotto forma di rialzo dei prezzi di merci e servizi. A risentirne sarebbero quindi i consumi e, in ultima analisi, la crescita del PIL. Stando all’IIF, se dovesse realizzarsi uno scenario simile, il PIL reale globale potrebbe subire un calo compreso tra l’1 e il 4 per cento entro il 2030 rispetto alle previsioni odierne.
Il terzo effetto collaterale della transizione è legato all’instabilità dei mercati finanziari
I grandi progetti d’investimento, soprattutto quelli statali, potrebbero essere caratterizzati da una gestione non ottimale; più ingenti le somme stanziate, maggiori gli sprechi e i danni potenziali. Di conseguenza, le probabilità di un errato impiego dei capitali – e relativi asset con valutazioni eccessivamente alte o basse – aumenterebbe considerevolmente.
Evgenia Molotova, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management ha affermato: «Con questo studio non vogliamo in alcun modo sminuire l’importanza dell’impegno assunto su scala mondiale nei confronti dell’obiettivo net-zero, che è fondamentale per garantire il futuro benessere del pianeta. Si tratta però di un percorso complesso e caratterizzato da sfide impegnative, soprattutto nella fase iniziale della transizione energetica, che potrebbero avere impatti rilevanti sull’economia e sui mercati finanziari. Trascurare questi rischi potrebbe rivelarsi oneroso per tutti. È essenziale quindi assumere un approccio più pragmatico, consapevoli che per costruire un’economia sostenibile sarà inevitabile continuare a investire in molti dei settori attualmente a generazione intensiva di carbonio.»
Sonja Gibbs, Managing Director e Head of Sustainable Finance di IIF, ha aggiunto: «L’obiettivo net-zero prefissato a livello mondiale è di cruciale importanza, ma il prezzo da pagare sarà alto in termini di nuove sfide da raccogliere e rischi da affrontare nel settore finanziario. Per poterlo conseguire occorrerà una profonda trasformazione sotto il profilo della produzione, dei consumi, degli investimenti e delle prassi commerciali, nonché un contributo significativo da parte del mondo aziendale. Gli investitori hanno la possibilità di svolgere un ruolo essenziale e proattivo nel favorire e accelerare la transizione verso un futuro sostenibile dimostrando di aver compreso le sfide e i rischi che questa comporta.»
Il Gruppo Pictet, fondato a Ginevra nel 1805, è uno dei principali gestori patrimoniali e del risparmio indipendenti in Europa. Con un patrimonio gestito e amministrato che ammonta a circa 705 miliardi di euro al 31 marzo 2024, il Gruppo è controllato e gestito da otto soci e mantiene gli stessi principi di titolarità e successione in essere fin dalla fondazione.
Il Gruppo Pictet, con oltre 5.400 dipendenti, ha il suo quartier generale a Ginevra e altre sedi nei seguenti centri finanziari: Amsterdam, Barcellona, Basilea, Bruxelles, Dubai, Francoforte, Hong Kong, Londra, Losanna, Lussemburgo, Madrid, Milano, Montreal, Monaco di Baviera, Nassau, New York, Osaka, Parigi, Principato di Monaco, Roma, Shanghai, Singapore, Stoccarda, Taipei, Tel Aviv, Tokyo, Torino, Verona e Zurigo. Pictet Asset Management (“Pictet AM”) comprende tutte le controllate e le divisioni del Gruppo Pictet che svolgono attività di asset management e gestione fondi istituzionali.
Fra i principali clienti si annoverano alcuni dei maggiori fondi pensione, fondi sovrani e istituti finanziari a livello mondiale.
L’Institute of International Finance è l’associazione mondiale del settore finanziario che conta oltre 400 soci in più di 65 Paesi. Si prefigge lo scopo di sostenere il settore finanziario nella prudente gestione dei rischi, mettere a punto prassi consolidate, sostenere politiche normative, finanziarie ed economiche a tutela dell’interesse generale dei soci, promuovere la stabilità finanziaria a livello mondiale e una crescita economica sostenibile.
Vi aderiscono banche commerciali e d’investimento, gestori patrimoniali, compagnie di assicurazione, fondi sovrani, hedge fund, banche centrali e per lo sviluppo.
Settimane Investimento Sostenibile e Responsabile. Tema di quest’anno è l’importanza di agire subito per costruire un presente e un futuro più sostenibili, pacifici e inclusivi.
La finanza sostenibile svolge un ruolo cruciale, poiché garantisce risorse economiche insostituibili e prezioso know how.
In programma oltre venti appuntamenti e la presentazione di cinque ricerche
Le Settimane dell’Investimento Sostenibile e Responsabile (Settimane SRI)
Lo storico e più importante appuntamento in Italia dedicato al tema, tornerà dal 24 ottobre al 7 novembre prossimi, con una nuova edizione ricca di novità. La rassegna è promossa e organizzata dal Forum per la Finanza Sostenibile, con il supporto di numerosi sponsor e partner.
Tema focus di quest’anno è l’importanza di agire subito per costruire un presente e un futuro più sostenibili e inclusivi. Nello scenario di policrisi, più volte analizzato nelle ricerche del Forum, la finanza sostenibile svolge un ruolo cruciale, poiché garantisce risorse economiche insostituibili e prezioso know how per contrastare il cambiamento climatico, ripristinare la biodiversità e ridurre le disuguaglianze sociali.
Numerose le novità della 13° edizione, che da quest’anno punta per i suoi appuntamenti principali sulla partecipazione esclusivamente in presenza, con l’obiettivo di favorire un confronto e un’interconnessione crescenti tra i diversi attori del mondo della finanza sostenibile. I risultati delle ricerche del Forum, realizzate in collaborazione con altri partner, saranno presentati quest’anno in conferenze articolate in una sessione plenaria e due sessioni tecniche, con l’obiettivo di unire all’analisi dei risultati anche una parte di approfondimento su temi concreti al centro del lavoro quotidiano degli operatori.
La manifestazione si aprirà il 24 ottobre a Milano, con una giornata tutta dedicata alle piccole e medie imprese che vedrà la presentazione la ricerca “Finanziare la transizione sostenibile delle PMI: aziende e operatori finanziari a confronto”, realizzata dal Forum in collaborazione con BVA Doxa.
Il 6 e il 7 novembre saranno le due giornate dedicate agli investitori istituzionali, con la presentazione, a Roma, di studi ormai consolidati e forti di importanti serie storiche.
Il 6 novembre, nel pomeriggio, si terrà la presentazione dei risultati della ricerca “Gli investimenti sostenibili delle Fondazioni di origine bancaria”, giunta alla quinta edizione e realizzata dal Forum in collaborazione con Acri e MondoInstitutional.
Il giorno successivo si aprirà con la conferenza dedicata all’indagine “Gli investimenti sostenibili degli investitori previdenziali italiani”, che giunge quest’anno alla decima edizione, realizzata dal Forum in collaborazione con Mefop e MondoInstitutional. Nel pomeriggio, focus invece sul settore delle imprese di assicurazione, con la presentazione dei risultati della terza edizione dell’indagine “La sostenibilità nel settore assicurativo italiano”, condotta dal Forum e da ANIA.
In calendario ci sono inoltre numerosi webinar, che si focalizzano sulle tendenze e i fenomeni emergenti del mondo della finanza sostenibile, visti da diverse angolazioni. In particolare, durante le Settimane SRI è previsto un webinar di approfondimento sulle novità di policy per la finanza sostenibile, a livello europeo e nazionale. Inoltre, in calendario ci sono il webinar dell’Accademia italiana della finanza sostenibile (la rete di docenti universitari e ricercatori/trici attivi/e sui temi degli investimenti sostenibili promossa e coordinata dal Forum dal 2015), e il 30 quello del progetto ESGeneration Italy, il progetto avviato da Borsa Italiana – Gruppo Euronext, FeBAf e Forum per la Finanza Sostenibile, parte della rete globale FC4S.
Le Settimane SRI ospiteranno anche uno spazio di confronto tra gli operatori di finanza sostenibile e gli Enti del Terzo Settore, con la presentazione a Roma del nuovo report di Cantieri ViceVersa (6 novembre), il progetto promosso insieme con il Forum Nazionale del Terzo Settore e giunto quest’anno alla sesta edizione.
Ad arricchire il calendario delle Settimane SRI ci saranno inoltre diversi eventi promossi da organizzazioni non profit associate al Forum. Infine, non mancherà il consueto appuntamento con la rassegna culturale “Sostenibilità ad arte”, promossa dal Forum e da Associazione Hendel. Quest’anno il calendario prevede, il 25 ottobre, una serata dedicata alla violenza finanziaria di genere, con la proiezione del docufilm “Libere di… VIVERE” di Global Thinking Foundation, e il 26 ottobre il consueto concerto dell’Orchestra La Risonanza.
“Il susseguirsi di crisi ambientali, sociali e umanitarie mostra chiaramente che bisogna davvero agire subito per costruire un presente e un futuro più sostenibili e inclusivi, nel segno della pace. In questo gli operatori della finanza sostenibile hanno la possibilità e la responsabilità di dare il loro contributo, fondamentale perché possono apportare risorse insostituibili e know how di grande valore. Le Settimane SRI di quest’anno rifletteranno su questi temi e daranno spunti importanti per passare dal pensiero all’azione”, dichiara Francesco Bicciato, Direttore Generale del Forum per la Finanza Sostenibile.
“Le Settimane SRI rappresentano ormai un punto fermo nel calendario finanziario nazionale. Sarà un’importante occasione per approfondire, da una parte, lo stato di salute degli investimenti sostenibili e la loro diffusione presso diverse categorie di investitori, e dall’altra le ultime novità normative in materia di finanza sostenibile”, dichiara Massimo Giusti, Presidente del Forum per la Finanza Sostenibile.
Gli sponsor di questa edizione sono: Anima SGR, AXA Investment Managers, BDO, BPER Banca, Cassa Depositi e Prestiti, DPAM, ENPACL, Etica SGR, EY, Finance & Sustainability, Fondo Priamo, HDI Assicurazioni, Payden & Rygel, Prometeia Advisor Sim, Reale Mutua Assicurazioni, Riello Investimenti SGR.
Le Settimane SRI 2024 si svolgono con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.
I media partner di questa edizione sono: Avvenire, Citywire, ESGnews, ETicaNews, FocusRisparmio, Fundspeople, Materia Rinnovabile, MondoInstitutional, WeWealth. Il Forum per la Finanza Sostenibile Ente del Terzo Settore
Il calendario, in continuo aggiornamento, conta già oltre 20 appuntamenti.
Le iscrizioni si apriranno il 27 agosto.
Il Forum per la Finanza Sostenibile è un’associazione non profit nata nel 2001. La base associativa è multi-stakeholder: ne fanno parte operatori finanziari e altre organizzazioni interessate all’impatto ambientale e sociale degli investimenti. La missione del Forum è promuovere la conoscenza e la pratica dell’investimento sostenibile, con l’obiettivo di diffondere l’inclusione dei criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) nei prodotti e nei processi finanziari. Il Forum per la Finanza Sostenibile è membro di Eurosif, lo European Sustainable Investment Forum.
24 ottobre – 7 novembre
Energy Efficiency Report 2024 di Energy-Strategy, School of Management Politecnico di Milano. EPBD Casa Green: adeguarci alla direttiva europea costerebbe 180 miliardi al 2030, ma andrebbe efficientato il 43% dei vecchi immobili di classe G.
Circa 180 miliardi di euro
Tanto ci costerebbe adeguarci alla direttiva UE Casa Green (Energy Performance of Buildings Directive) qualora venisse recepita dall’Italia, stando a un modello elaborato ad hoc da Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano. Una cifra comparabile con quanto è stato speso nell’ultimo triennio tra superbonus, ecobonus e bonus casa, ma che per essere efficace dovrebbe essere “spalmata” su un numero davvero molto più ampio di edifici, in particolare quelli nelle peggiori condizioni appartenenti alla classe G, che sono circa 5 milioni (il 40% dell’intero parco immobiliare italiano) e andrebbero adeguati per quasi la metà.
Interventi che l’Italia dovrà comunque fare, prima o poi, o non raggiungerà gli obiettivi di decarbonizzazione che si è data.
Secondo Casa Green, che definisce i requisiti e i target da conseguire entro il 2030 per immobili residenziali e non, nuovi e ristrutturati, dovremmo ridurre il consumo di energia primaria per gli edifici a uso abitativo del 16% rispetto al 2020, quindi di 6,32 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, passando da 39,49 Mtep a 33,17) e ben il 55% di questo risparmio (3,46 Mtep) dovrebbe riguardare gli immobili di classe G, che sarebbero da efficientare almeno per il 43%, in metratura o in numero di edifici.
Stando all’analisi contenuta nell’ultimo Energy Efficiency Report 2024 di E&S – illustrato al Politecnico di Milano e discusso con le molte aziende partner della ricerca – l’intervento costerebbe tra i 93 e i 103 miliardi di euro, a cui andrebbero aggiunti circa altri 80 per coprire il restante 45% dell’obiettivo, intervenendo sugli edifici delle altre classi energetiche.
Il conto complessivo si attesterebbe così attorno ai 180 miliardi di euro (tra 169 e 187).
“A differenza di quanto fatto nel recente passato bisognerà intervenire in maniera molto più estensiva sul territorio in termini di numero di edifici – commenta Vittorio Chiesa, direttore di E&S – sempre che il comparto dell’edilizia possa gestire un numero enorme di cantieri in così pochi anni e anche che i prodotti e i materiali siano disponibili, e a un prezzo in linea con quanto previsto dalle stime. Parte di queste risorse potrebbe (o dovrebbe) arrivare da un nuovo grande piano di finanziamenti europei, ma non basta, occorre una pianificazione attenta e la messa a punto di strumenti di supporto alla riqualificazione energetica degli edifici che oggi non è parte della nostra agenda politica, nonostante il PNIEC abbia rivisto al rialzo i target di riduzione dei consumi annuali di energia finale al 2030 insieme agli obblighi di risparmio annuo. Senza interventi sul patrimonio edilizio – va ricordato – gli obiettivi di decarbonizzazione del Paese non saranno mai raggiunti e quindi l’Italia dovrà comunque dotarsi delle risorse necessarie per effettuare quegli investimenti, anche se eventualmente spalmati su un periodo più lungo”.
Efficienza energetica: investiti in Italia tra gli 85 e i 95 miliardi di euro nel 2023
Ma com’è andata nel 2023? Gli investimenti in efficienza energetica in Italia sono stati pari a circa 85-95 miliardi di euro, trainati dal settore residenziale, che con l’effetto del Superbonus ha fatto la parte del leone (55-59 miliardi di euro, il triplo dei 20 miliardi scarsi spesi nel 2022), e dal terziario (25-29 miliardi).
Decisamente poco rilevanti invece la Pubblica Amministrazione, i cui investimenti sono supportati principalmente da PREPAC, PNRR e Conto Termico, e il settore industriale, che ha tuttavia registrato un aumento del 20% rispetto al 2022.
Il boom degli investimenti nel settore residenziale ha rappresentato un’indubbia opportunità per il comparto dell’efficienza energetica, spingendo in particolare quegli interventi che prima del superbonus erano invece relegati a un ruolo più marginale, come il cappotto termico e i serramenti, oggi quasi il 50% del totale. Ma cosa succederà ora che tutte le forme di “bonus” sono uscite di scena o sono state drasticamente ridimensionate?
“Il quadro è piuttosto complesso e incerto – spiega Federico Frattini, vicedirettore di E&S e responsabile del Report-: da un lato, nonostante le recenti elezioni possano eventualmente cambiare le carte in tavola, l’Europa ha alzato l’asticella degli obiettivi, con l’Energy Efficiency Directive (EED) e soprattutto con l’Energy Performance of Buildings Directive; dall’altro lato, l’indice di propensione agli investimenti in efficienza energetica misurato dalla nostra survey è decisamente in calo e sono molte le preoccupazioni degli operatori riguardo al futuro del mercato”.
Non a caso, se guardiamo al futuro dell’efficienza energetica attraverso l’indice Odyssee-Mure (calcolato sulla media di 3 sotto-indicatori – livello attuale, trend e policies – misurati da 0 a 1) l’Italia si colloca al 22° posto tra i 27 Paesi appartenenti alla UE.
E l’industria? L’incertezza rischia di dimezzare l’adozione del fotovoltaico e gli interventi sui processi
E&S ha condotto un sondaggio sullo stato dell’efficienza energetica nelle imprese italiane, raccogliendo tra aprile e maggio 2024 le risposte di 454 aziende di differenti settori industriali: circa il 45% degli interpellati non ha effettuato per nulla investimenti nel corso del 2023, mentre il 55% che lo ha fatto ha acquistato soprattutto (43%) tecnologie hardware, con un esiguo 9% che ha investito anche in software.
Alla base degli investimenti c’è, e ci sarà anche nei prossimi anni, la volontà di ridurre i consumi, seguita dalla sensibilità del management verso i benefici economici e ambientali, che rappresenterà, specialmente per le tecnologie hardware, un fattore di scelta sempre più centrale. Al contrario, la principale barriera all’adozione è il tempo di ritorno dell’investimento, considerato troppo lungo dalle aziende: questo, insieme all’incertezza normativa, conferma la necessità di incentivi stabili.
Ma il vero campanello d’allarme riguarda le volontà di investimento per i prossimi 5 anni, da cui emerge chiaramente un rallentamento, addirittura un dimezzamento o più, negli investimenti complessivi in efficienza energetica: un’analisi comparata tra i risultati della survey e i dati contenuti nel precedente Energy Efficiency Report 2023 evidenzia infatti un significativo calo d’interesse nel puntare su tecnologie come il fotovoltaico e i sistemi di aria compressa, e di intervenire sui processi produttivi.
Le ESCo in Italia: quali prospettive per il futuro?
Un’altra survey è poi stata condotta tra le imprese dei servizi di efficienza energetica, coinvolgendo 84 aziende fra ESCo indipendenti ed ESCo appartenenti a grandi Utility, per un fatturato complessivo di circa 930 milioni di cui il 60% (557 milioni) nel comparto civile.
Il fotovoltaico si conferma una delle tecnologie di punta dell’offerta delle ESCo nel comparto del civile, proposta da oltre il 75% dei rispondenti, in particolare nel settore PA (97%) e Residenziale (86%). La tipologia di contratto più diffusa è quello “chiavi in mano”, indipendentemente dal settore di riferimento, e va rilevato come la modalità EPC con rischio finanziario del cliente sia estremamente poco diffusa. Pare quindi evidente, nonostante da tempo nel settore sia in atto una concentrazione degli operatori, che la logica di servizio energetico e il collegamento dei risultati di risparmio agli interventi effettuati non sia ancora giunta a maturazione.
Premio per lo Sviluppo Sostenibile termine prorogato: c’è tempo fino al 30 luglio per partecipare. La Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile ed Ecomondo-Italian Exhibition Group istituiscono per l’anno 2024, la 14ma Edizione del Premio destinato a Imprese, start up e Amministrazioni Locali Italiane o che operano anche nel territorio italiano, che si siano particolarmente distinte per eco-innovazione ed efficacia dei risultati ambientali ed economici, nonché del loro potenziale di diffusione.
Il Premio ha avuto, in più edizioni, l’Adesione del Presidente della Repubblica Italiana. Per l’anno 2024 il Premio per lo sviluppo sostenibile è articolato in 3 settori: Economia Circolare, Neutralità climatica e soluzioni Nature Positive, Edilizia green.
Per l’anno 2024 il Premio per lo sviluppo sostenibile è articolato in 3 settori (è possibile partecipare a un solo settore):
1 – Settore Economia Circolare suddiviso in:
— Sezione Imprese, in collaborazione con il Circular Economy Network
— Sezione Startup per gli imballaggi, in collaborazione con il CONAI
2 – Settore Edilizia Green: efficienza energetica, rinnovabili, materiali innovativi rivolto ad Imprese/Startp e Amministrazioni locali, con la partecipazione di ENEA
3 – Sezione neutralità climatica e soluzioni nature positive rivolto ad Amministrazioni locali e/o Aziende Multiutility e/o partecipate, in collaborazione con il Green City Network, Italy for Climate e GSE – Gestore Serivizi Energetici
La premiazione avrà luogo a Ecomondo, presso il quartiere fieristico di Rimini, giovedì 7 Novembre 2024.
Per la sezione Startup Imballaggi con CONAI, la premiazione avverrà in occasione della Conferenza Nazionale dell’Industria del riciclo in programma il 12 dicembre 2024 a Milano in media partnership con Pianeta 2030, il Corriere della Sera.
Il Premio per lo Sviluppo Sostenibile, dedicato alle eccellenze italiane nel campo della green economy, è una iniziativa della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e di Ecomondo-Italian Exhibition Group e ha ricevuto sin dal primo anno l’Adesione del Presidente della Repubblica. Non ha finalità lucrative, è aperto a una libera e gratuita partecipazione e punta a far emergere e promuovere i migliori progetti e iniziative italiane nel settore.
La Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile grazie a oltre 15 anni di studi, ricerche e iniziative, è diventata un autorevole punto di riferimento per i principali settori e protagonisti della green economy. Punta con convinzione su un Green Deal per il rilancio dell’Italia, per evitare che la crisi alimenti un arretramento delle scelte green e per affrontare le sfide ambientali come nuove opportunità. Dispone di un patrimonio di esperienze, di conoscenza delle tematiche e di credibilità, acquisito con anni di serio lavoro, che viene messo al servizio di un impegno civile e ambientale, in particolare a supporto di imprese e organizzazioni che condividono un comune percorso di sostenibilità e di responsabilità. Punta sull’aggiornamento continuo, sulla diffusione di quali?cate pubblicazioni, sulla promozione di incontri di informazione e confronto, sul dialogo e il coinvolgimento delle istituzioni e delle forze sociali, su attività e reti sui temi strategici della green economy.
Italian Exhibition Group SpA, ha maturato negli anni, con le strutture di Rimini e Vicenza, una leadership nell’organizzazione di eventi e da oltre 70 anni organizza fiere e congressi in Italia e nel mondo. La sua mission è quella di offrire ai Partner nazionali e internazionali opportunità di affari concrete, contenuti e servizi ad alto valore aggiunto, occasioni d’incontro. IEG, nel complesso delle sedi espositive e congressuali di Rimini e Vicenza, organizza annualmente oltre 56 fiere fra organizzate o ospitate, e oltre 126 eventi congressuali. Con i propri eventi, piattaforme di incoming buyer e outgoing di aziende, società controllate e joint-venture, IEG ha sviluppato un network globale che attrae, affianca e promuove le industries di riferimento del Gruppo. IEG ha sviluppato attività – anche attraverso joint-ventures con organizzatori globali o locali, come ad esempio negli Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Cina, Messico, Germania, Singapore, Brasile – che l’hanno posizionata tra i principali operatori europei del settore. Nel 2024, Ecomondo, ecosistema della transizione ecologica, l’evento internazionale di riferimento in Europa e nel bacino del Mediterraneo per le tecnologie, i servizi e le soluzioni industriali nei settori della green and circular economy si terrà a Rimini dal 5 al 7 novembre.
La scadenza per le candidature è prorogata al 30 luglio 2024.
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225mila imprese in aree a rischio ambientale. Solo nel 2023, secondo Legambiente, sono stati 118 gli eventi alluvionali. Un dato da non sottovalutare se pensiamo che in Italia ci sono 225.874 unità locali di impresa in aree a rischio elevato di alluvione.
Si evince da una elaborazione GEA – Green Economy Agency su dati Ispra presentata nel corso dell’evento Green Economy Finance, organizzato dal gruppo editoriale Withub, insieme a Eunews, GEA – Green Economy Agency e Fondazione Art.49.
Al centro della seconda parte dell’evento, “Fronteggiare i rischi climatici: il ruolo delle assicurazioni”, si è tenuto il dibattito sulla necessità di proteggere l’economia dagli impatti negativi della crisi climatica.
Le province che hanno più unità di impresa (non si includono solo le sedi legali di un’azienda ma tutti i luoghi delle attività economiche) in aree a rischio elevato, infatti, sono quelle di Venezia, Genova, Padova, Rimini e Bologna.
Questi dati sono fondamentali per quantificare il problema, gestirlo e definire priorità di intervento.
Dove le imprese a rischio sono più concentrate?
Normalizzando il dato del rischio rispetto alla dimensione della città o della provincia, risulta che quella di Genova è la provincia con maggiore densità di unità locale di impresa in area a rischio elevato, cioè con una probabilità stimata di ripetersi di alluvioni ogni 20-50 anni.
Terremoti in Italia
Dal 1968 spesi 121,9 miliardi di euro. Tra gli eventi naturali che hanno causato più danni economici in Italia troviamo i terremoti. GEA, con il centro studi del Consiglio Nazionale Ingegneri, ha calcolato la spesa pubblica per i grandi terremoti: dal 1968 a oggi abbiamo speso 121,9 miliardi di euro per le ricostruzioni di 8 grandi eventi sismici – Valle Del Belice, Friuli Venezia e Giulia, Irpinia, Marche-Umbria, Puglia – Molise, Abruzzo, Emilia, Amatrice e Centro Italia, pari a 2,17 miliardi all’anno.
Prevenzione e assicurazione
Perché l’Italia è tanto esposta ai rischi climatici? Innanzitutto nel nostro Paese manca una cultura della prevenzione, secondo i dati ASviS contenuti nel Policy Brief “Politiche di prevenzione e contrasto al dissesto idrogeologico”, nel periodo 2013-2019 a fronte di 20 miliardi di euro spesi per le emergenze, 2 miliardi di euro, solo il 10%, sono stati investiti per la prevenzione.
Non solo, gli italiani si assicurano poco: la percentuale di abitazioni assicurate contro le calamità naturali, terremoti e alluvioni nel nostro Paese è pari al 5,3% del totale (rielaborazione Gea su dati Ania).
Non va meglio per le aziende nostrane: solo il 5% delle microimprese (pari a 4,3 milioni, il 95% del totale) ha un’assicurazione contro i rischi climatici.
In questo senso, la nuova Manovra Finanziaria prevede, per tutte le aziende iscritte al registro delle imprese, l’obbligo di assicurare terreni, fabbricati e macchinari dagli eventi calamitosi entro il 31 Dicembre 2024.
Al panel sono intervenuti Riccardo Cesari, Componente del Consiglio IVASS, Maria Siclari Direttrice generale di ISPRA, Dario Focarelli Direttore generale di ANIA, Francesca Brunori Confindustria, Direttrice Credito e Finanza.
Italia Obiettivi Climatici e crediti carbonio: destinata a non raggiungerli entro il 2030, perderà miliardi di euro in obblighi di compensazioni.
L’azione degli stati membri dell’UE per mitigare le emissioni climalteranti non è sufficiente a conseguire gli obiettivi dell’Unione Europea in materia di protezione del clima e l’Italia è tra i Paesi con i risultati peggiori.
È quanto emerge dall’ultimo studio di Transport & Environment, l’organizzazione ambientalista indipendente europea.
Senza un’azione immediata, dodici Paesi dell’UE non conseguiranno gli obiettivi climatici nazionali previsti dall’Effort Sharing Regulation (ESR), mentre altri sette rischiano di non raggiungere la piena compliance.
Germania e Italia sono i due Paesi con i risultati peggiori in termini assoluti, mentre la Francia raggiungerà l’obiettivo ma con un margine molto stretto, tanto che qualsiasi passo indietro nelle politiche, o un inverno molto freddo che spinga ad aumentare il consumo di energia, potrebbero mettere a rischio il conseguimento dei suoi obiettivi.
Italia e Germania mancheranno gli obiettivi climatici
Lo studio presentato oggi evidenzia come Germania e Italia mancheranno i loro obiettivi climatici con uno scarto sostanziale (rispettivamente 10 e 7,7 punti percentuali)1. Di conseguenza, potrebbero consumare tutto il surplus di crediti disponibili per gli altri Paesi. La Germania da sola avrà bisogno del 70% dei crediti disponibili. Gli altri Paesi non conformi con gli obiettivi di riduzione delle emissioni si ritroveranno senza crediti da acquistare. Una situazione, questa, che potrebbe dare adito a contenziosi legali.
L’Italia potrebbe pagare 15,5 mld di euro
Se le quote dovessero essere scambiate a 129 euro (il prezzo del carbonio previsto da Bloomberg nei settori ETS al 2030), l’Italia, con un deficit di 120 milioni di crediti, dovrà pagare 15,5 miliardi di euro ai Paesi che avranno accumulato crediti di emissione. La Germania potrebbe fare anche peggio, accumulando un debito di 16,2 miliardi. Ma i due Paesi possono ancora raggiungere i loro obiettivi, implementando nuove misure per aumentare la diffusione di veicoli elettrici, aumentare l’efficienza nel settore residenziale e altro ancora.
Pericolo scarsità di crediti di emissioni
I Paesi che non raggiungono gli obiettivi possono acquistare crediti da quelli che li raggiungono. Il prezzo dei crediti viene deciso bilateralmente tra i Paesi. Ma T&E avverte che, senza un’azione immediata, ci sarà una scarsità di crediti, dovuta al fatto che saranno troppi i Paesi che falliranno nel ridurre le loro emissioni in linea con i target assegnati su base nazionale. Questo potrebbe portare, nel 2030, a un’asta al rialzo per i crediti, con conseguente aumento dei prezzi.
Pagare miliardi o implementare politiche migliori?
Andrea Boraschi, direttore dell’ufficio italiano di T&E, spiega: “L’ammontare delle sanzioni che i Paesi potrebbero dover pagare nel 2030 è impressionante. Gli stati membri si trovano di fronte a una scelta chiara: pagare miliardi per il loro debito di carbonio o implementare nuove politiche, che migliorino la vita dei loro cittadini e li proteggano dalle conseguenze del cambiamento climatico. Ci sono ancora sei anni per correggere la rotta. Chiediamo alla nuova Commissione di riunire un gruppo d’azione, in cui vengano proposte misure come gli obiettivi di elettrificazione a livello europeo per le auto aziendali e in cui i Paesi ritardatari ricevano le indicazioni necessarie”.
Spagna, Grecia e Polonia i Paesi con i migliori risultati
I Paesi che secondo lo studio di T&E stanno ottenendo i migliori risultati in termini assoluti – quindi con il maggior surplus di crediti – sono la Spagna, la Grecia e la Polonia. La Spagna potrebbe superare di 7 punti percentuali il suo obiettivo per il 2030. Se così fosse, il governo spagnolo, scambiando i suoi crediti di emissione, riceverebbe 10 miliardi circa dai Paesi che non sono in regola. I piani presentati da Francia, Paesi Bassi e Belgio sono appena sufficienti per raggiungere il loro obiettivo, ma qualsiasi passo indietro nelle politiche rischierebbe di far arretrare anche questi stati tra quelli inadempienti, avverte T&E.
Debiti dell’Italia, un peso per le finanze pubbliche
“La cosa più preoccupante che emerge dalla nostra analisi – ha concluso Boraschi – è che la Germania e l’Italia si accingono a divorare tutti i crediti disponibili nell’UE. Questo avrà ricadute economiche molto concrete; per l’Italia sarebbe un colpo durissimo, vista la precarietà delle nostre finanze e l’enorme debito pubblico”.
Per il PNIEC italiano serve una radicale revisione
Secondo T&E il PNIEC (Piano Nazionale per l’Energia e il Clima) italiano, rispetto alla prima formulazione presentata alla Commissione, ha bisogno di radicali revisioni e in particolare di politiche stabili per accelerare l’elettrificazione dei trasporti su strada, a partire dalle auto aziendali; di un meccanismo di credito per l’elettricità rinnovabile nei trasporti; di un taglio radicale ai 22,5 miliardi di euro di sussidi ambientalmente dannosi, che l’Italia ancora elargisce alterando i prezzi di mercato a favore delle tecnologie fossili (1).
Emissioni nei settori ESR diminuiranno del 35,5% nel 2030 anziché del 40%
In base all’ESR, gli stati membri devono raggiungere gli obiettivi climatici per cinque settori chiave: trasporti stradali, edifici, piccola industria, rifiuti e agricoltura. Gli obiettivi sono stati definiti in base al PIL del Paese, con i Paesi più ricchi che devono raggiungere obiettivi di riduzione delle emissioni più elevati. L’obiettivo generale per l’UE è di -40% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 2005) in tutti e cinque i settori. I Paesi devono presentare i Piani Nazionali per l’Energia e il Clima che illustrano come intendono raggiungere l’obiettivo entro il 30 giugno. T&E ha analizzato le bozze dei PNIEC e le proiezioni più recenti per calcolare le riduzioni potenziali delle emissioni di tutti i 27 Paesi dell’UE. Aggregando i piani nazionali presentati dai Paesi, si prevede che le emissioni nei settori ESR diminuiranno solo del 35,5% nel 2030 (rispetto al 2005). Si tratta di 4,5 punti percentuali in meno rispetto all’obiettivo UE del -40%.
(1) Secondo la valutazione del PNIEC da parte della Commissione Europea, l’Italia mancherà il suo obiettivo di 7,7 punti percentuali. T&E mostra che, per compensare questo deficit, Il Governo italiano dovrà acquistare 120 milioni crediti di emissioni da altri stati membri per un corrispettivo economico che potrebbe superare i 15 miliardi di euro.
Transport & Environment‘s (T&E) vision is a zero-emission mobility system that is affordable and has minimal impacts on our health, climate and environment.
Since we were created 30 years ago, T&E has shaped some of Europe’s most important environmental laws. We got the EU to set the world’s most ambitious CO2 standards for cars and trucks but also helped uncover the dieselgate scandal; we campaigned successfully to end palm oil diesel; secured a global ban on dirty shipping fuels and the creation of the world’s biggest carbon market for aviation – just to name a few.
Credibility is our key asset. We are a non-profit organisation and politically independent. We combine the power of robust, science-based evidence and a deep understanding of transport with memorable communications and impactful advocacy.
Our staff in Brussels, Rome, Madrid, Berlin, Warsaw and London collaborate with our 63 national member and supporter organisations in 24 countries across Europe. All together our members and supporters represent more than 3.5 million people.
We coordinate the International Coalition for Sustainable Aviation (ICSA), which has observer status at the International Civil Aviation Organisation (ICAO) and are members of the Clean Shipping Coalition (CSC), which has observer status at the International Maritime Organisation (IMO).
We hold a seat on the board of ECOS, and are members of the Green 10 group of European environmental NGOs, Agora Verkehrswende, the Platform for Electromobility, the Coalition for Energy Savings, the Renewable Grids Initiative and the Electrification Alliance.
Finanza sostenibile e biodiversità. La tutela della biodiversità è essenziale per la salute umana e per tutti i settori economici, che dipendono in modo diretto o indiretto dagli ecosistemi terrestri e marini.
Per converso, la perdita di biodiversità e il collasso degli ecosistemi rappresentano una grave minaccia.
Per questo, è fondamentale, accanto all’azione climatica globale, includere la biodiversità in tutti i processi di investimento, finanziamento e assicurazione.
Durante la conferenza, organizzata dal Forum per la Finanza Sostenibile con il supporto di ADVANT Nctm, Axa Investment Managers ed Etica Sgr, nel contesto dell’Italian Business @ Biodiversity Working Group (con Etifor e Regione Lombardia), sarà presentato il paper “Finanza sostenibile e biodiversità”, frutto di un Gruppo di Lavoro avviato dal Forum con i propri Soci.
Il documento fornirà delle prime linee guida agli operatori finanziari interessati a includere la tutela della biodiversità nelle proprie politiche, processi e prodotti. Il convegno sarà l’occasione per un confronto tra operatori ed esperti su questa sfida cruciale e sul contributo fondamentale che la finanza sostenibile può dare per conservare la biodiversità.
Dopo la plenaria, sono previste due sessioni tecniche parallele: “Come si misura la biodiversità: metriche e dati per il monitoraggio e la valutazione degli impatti” e “Strumenti finanziari per investire in biodiversità”.
La conferenza è la prima sessione della giornata “Finanza, imprese e istituzioni: un percorso condiviso per la biodiversità”.
Nella sessione del pomeriggio, dal titolo “Imprese, finanza e biodiversità: come contribuire a un futuro Nature Positive?” è previsto il lancio dell’Italian Business @ Biodiversity Working Group.
Durante la conferenza pomeridiana, operatori finanziari, imprese e istituzioni potranno scoprire, guidati da alcuni dei maggiori esperti del settore, cosa significa intraprendere un percorso di questo tipo.
Programma
09:30-10:00
Accoglienza e registrazioni
10:00-10:05
Saluti di benvenuto
Roberto Laffi, Direttore Generale Territorio e Sistemi Verdi, Regione Lombardia
10:05-10:10
Introduzione ai lavori
– Francesco Bicciato, Direttore Generale, Forum per la Finanza Sostenibile
10:10-10:25
Presentazione del paper su finanza sostenibile e biodiversità
– Alessandro Asmundo, Senior Policy Officer, Forum per la Finanza Sostenibile
– Arianna Lovera, Research Manager, Forum per la Finanza Sostenibile
10:25-11:15
Tavola rotonda
– Cristina Colombo, ESG Analyst, Etica Sgr
– Riccardo Sallustio, Partner, ADVANT Nctm
– Demis Todeschini, Head Of ETF Sales Italy AXA Investment Managers, Visiting Professor, Università di Bergamo
Modera: Emanuele Bompan, Direttore, Materia Rinnovabile
11:15-11:35
Keynote speech
– Alessandro Valentini, Sustainable Finance Specialist, World Economic Forum
11:35-11:40
Conclusioni
– Francesco Bicciato, Direttore Generale, Forum per la Finanza Sostenibile
11:40-12:00
Coffee break
12:00-13:00
Sessioni tecniche parallele
Sessione tecnica 1 Come si misura la biodiversità: metriche e dati per il monitoraggio e la valutazione degli impatti
– Benedetta Lucchitta, Research fellow, Sustainable urban regeneration Lab, e centro di ricerca DIRB, Università Bocconi
– Elena Stoppioni, Presidente, Save the Planet
– Alessandra Zampieri, Director, Directorate for Sustainable Resources, JRC
Modera: Alessandro Asmundo, Senior Policy Officer, Forum per la Finanza Sostenibile
Sessione tecnica 2 Strumenti finanziari per investire in biodiversità
Italian Business @ Biodiversity Working Group
– Maria Alejandra Lizcano Solano, Biodiversity & Ecosystem Services Specialist, Etifor
– Alessandra Norcini, Dirigente Struttura Natura e Biodiversità, Regione Lombardia
– Isabel Reuss, Senior Climate and Social Advisor, Forum per la Finanza Sostenibile
Modera: Francesco Bicciato, Direttore Generale, Forum per la Finanza Sostenibile
La partecipazione è gratuita, previa iscrizione entro lunedì 24 giugno alle ore 16:00
25 giugno, ore 10:00 – 13:00 – Milano, via M. Gioia 37 (Palazzo Lombardia, sala Marco Biagi, ingresso N4).
Chi paga costi del clima Loss and Damage. Se si abbinano gli impatti economici attuali del cambiamento climatico e la loro distribuzione geografica con diversi principi di responsabilità storica, si possono stabilire possibili contributi e diritti al finanziamento per Loss and Damage (L&D).
Un nuovo articolo con autori CMCC e pubblicato sulla rivista Nature Reviews Earth & Environment utilizza nuovi sviluppi di ricerca nell’ambito dell’economia del clima per informare e rafforzare le evidenze sui costi e le esigenze associate a L&D e per aiutare i negoziati internazionali a fare passi in avanti.
Loss & Damage (Perdite e Danni) è un argomento relativamente nuovo nella politica climatica che, tuttavia, continua a crescere in importanza. Il tema riguarda, in generale, i potenziali impatti negativi che si materializzano in Paesi in via di sviluppo particolarmente vulnerabili, a causa sia di eventi estremi, che dei cosiddetti eventi “a lenta insorgenza” (slow onset events), dopo che siano state realizzate tutte le possibili misure di mitigazione e adattamento.
Si tratta di un tema che è sempre di più all’attenzione delle politiche climatiche soprattutto dopo la decisione di istituire un meccanismo di finanziamento, concordata alla COP27, poi reso operativo alla COP28. Sebbene i primi impegni ratificati negli accordi abbiano superato i 700 milioni di dollari, definizioni vaghe del concetto di L&D e l’assenza di metodologie chiare hanno portato a grandi incertezze sulle dimensioni delle esigenze di finanziamento per L&D. A sua volta, ciò ha influenzato sia la formulazione delle politiche che gli accordi di finanziamento.
Un nuovo articolo, realizzato sotto il coordinamento del CMCC in collaborazione con l’International Institute for Applied Systems Analysis (IIASA) e il Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK), è stato pubblicato sulla rivista Nature Reviews Earth & Environment. Gli autori esplorano nuovi modi di quantificare i costi economici del L&D, che combinano nuove intuizioni economiche climatiche sulla quantificazione dei danni con principi di responsabilità storica, applicati al contesto del L&D.
“Questo lavoro dimostra come la scienza transdisciplinare possa far avanzare il dibattito politico ad alto rischio su L&D derivanti dal cambiamento climatico”, afferma Massimo Tavoni, direttore del CMCC-RFF European Institute on Economics and the Environment. “I risultati evidenziano significativi impatti economici del cambiamento climatico nei paesi vulnerabili e mostrano la natura dinamica della responsabilità nella ripartizione del fondo L&D. Questa ricerca è un appello a migliorare e integrare le metodologie di ricerca e l’osservazione per aiutare ad avanzare nei negoziati internazionali.”
“È sempre più chiaro che i costi economici del cambiamento climatico sono sostanziali. Mentre il riscaldamento globale e gli eventi meteorologici estremi influenzano le economie di tutto il mondo, sono generalmente le regioni meno responsabili del cambiamento climatico e con meno risorse per adattarsi a essere colpite più duramente,” afferma Leonie Wenz, coautrice e ricercatrice presso PIK. “Qui illustriamo come le intuizioni dell’economia climatica empirica possano informare le esigenze di finanziamento per L&D quantificando questi effetti.”
Combinare le più recenti scienze dell’economia climatica con le definizioni di responsabilità offre l’opportunità di aggiungere alle crescenti evidenze sulle conseguenze del cambiamento climatico per il benessere economico osservazioni e informazioni su disuguaglianze e povertà. Adottando una comprensione dinamica della responsabilità, i risultati del documento aiutano a determinare come le crescenti esigenze di finanziamento per L&D possano essere soddisfatte, considerando in particolare che L&D è uno sforzo globale che richiede contributi da una varietà di fonti.
“La ricerca è anche un contributo tempestivo ai negoziati su un obiettivo globale post-2025 sul finanziamento climatico per sostenere l’azione climatica nei paesi in via di sviluppo, che sarà deciso alla COP29 a novembre 2024 in Azerbaigian. L’ambito e la copertura dell’obiettivo climatico sono attualmente molto dibattuti e diverse parti hanno optato per includere anche le esigenze associate a L&D oltre a quelle legate alla mitigazione e all’adattamento climatico,” afferma Reinhard Mechler, ricercatore presso IIASA.
By coupling the current economic impacts of climate change and their geographical distribution with different historical responsibility principles, researchers can establish possible contributions and entitlements to Loss and Damage (L&D) funding. A new article led by the CMCC and published in Nature Reviews Earth & Environment leverages developments in climate economics to inform and bolster evidence for the costs and needs associated with L&D and provides inputs to help advance international negotiations.
L&D is a relatively new topic in climate policy, which has however continued to grow in importance after the decision to establish a funding mechanism was agreed at COP27 and operationalised at COP28. Although initial pledges exceeded USD 700 million, vague definitions for the L&D concept and an absence of clearly established methodologies have led to large uncertainties in the size of L&D funding needs. In turn, this has both affected policy formulation and funding arrangements.
A new article, led by the CMCC in collaboration with the International Institute for Applied Systems Analysis (IIASA) and the Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK), is published in Nature Reviews Earth & Environment. Authors explore novel ways of quantifying the economic costs of L&D which combines novel climate economic insights on damage quantification with principles of historical responsibility, applied to the L&D context.
“This work shows how trans-disciplinary science can advance the high-stake policy debate on L&D from climate change,” says Massimo Tavoni, director of the CMCC-RFF European Institute on Economics and the Environment. “The results point to significant economic impacts of climate change in vulnerable countries, and illustrate the dynamic nature of responsibility for apportioning the L&D fund. This is a call for improving and integrating research methodologies and observation to help advance international negotiations.”
“There’s more and more evidence that the economic costs of climate change are substantial. While global warming and extreme weather affect economies worldwide, it’s generally the regions least responsible for climate change and with the fewest resources to adapt, that are hit hardest. We here illustrate how insights from empirical climate economics can inform loss and damage funding needs by quantifying these effects.” says contributing author and researcher at PIK, Leonie Wenz.
Combining the latest science of climate economics with definitions of responsibility offers an opportunity to add to the mounting evidence on the consequences of climate change for economic well-being, inequality, and poverty. By adopting a dynamic understanding of responsibility, the paper’s findings help determine how growing needs for funding for L&D can be met, particularly considering that L&D is a global effort that requires contributions from a variety of sources.
“The research is also a timely contribution to negotiations on a post-2025 global goal on climate finance for supporting climate action in developing countries, which is to be decided on at COP29 in November in Azerbaijan. The scope and coverage of the climate goal is currently heavily debated and a number of parties have opted for also including needs associated with L&D in addition to needs linked to climate mitigation and adaptation,” researcher at IIASA Reinhard Mechler.
Ecomondo 2024 sostenibilità e transizione ecologica si confermano ambiti strategici per la competitività delle aziende italiane sui mercati esteri.
Aziende che guardano al futuro e che saranno protagoniste a Ecomondo 2024, la rassegna organizzata da Italian Exhibition Group (IEG) che giunge quest’anno alla sua 27esima edizione. Nel 2023 l’export italiano ha superato i 660 miliardi di euro, con un traino proprio dal segmento della sostenibilità, di cui quest’anno è atteso un ulteriore incremento del 10% e del 14,1% in media nel prossimo biennio, sulla spinta sempre maggiore dei processi di transizione.
In questo scenario, dopo l’edizione da record dello scorso anno, anche nel 2024 Ecomondo si presenta con numeri e progetti che lo riconfermano evento internazionale di riferimento in Europa e nel bacino del Mediterraneo per le tecnologie, i servizi e le soluzioni industriali nei settori della green e circular economy.
Hub di ricerca e innovazione, Ecomondo sarà spazio di condivisione e co-progettazione sulle policy del Green Deal Europeo, in cui esperti, decision maker, imprenditori e professionisti del settore discuteranno le sfide e le opportunità legate alla politica ambientale e alla transizione verso un’economia circolare.
Puntando sempre di più all’internazionalizzazione, nella nuova edizione sono attese delegazioni di 120 paesi, 60 associazioni internazionali di settore e sono state attivate collaborazioni con oltre 100 riviste specializzate estere, per essere sempre più luogo d’incontro tra le best practice del “Made in Europe” e la domanda internazionale di soluzioni per la transizione green.
La manifestazione sarà, inoltre, luogo di dialogo e confronto sulle sfide di sostenibilità e sviluppo socioeconomico “green” del continente africano, al centro del Piano Mattei del Governo italiano.
I temi che guideranno Ecomondo 2024, intorno ai quali si svilupperanno l’area espositiva e il ricco programma di appuntamenti e conferenze, sono: Big data, intelligenza artificiale e sistemi predittivi per la transizione ecologica e la gestione degli effetti del cambiamento climatico; New space economy per la sorveglianza ambientale e l’osservazione terrestre; Agricoltura 4.0 per massimizzare la resa e tutelare i raccolti; Urban mining per il recupero di materiali preziosi e critici dai Raee.
Questi integrano e arricchiscono le sei macroaree tematiche cardine della nuova edizione: Waste as Resource, Water Cycle & Blue Economy, Circular & Regenerative Bio-economy, Bio-Energy & Agroecology, Sites & Soil Restoration, Environmental Monitoring & Control.
Il layout espositivo si rinnova e si amplia. Grazie alla costruzione di due nuovi padiglioni temporanei si arriverà infatti ad una superficie espositiva di 137mila metri quadrati. Cinque i distretti espositivi dedicati a progetti rivolti alle industries verticali, tra cui il Textile District, che candida Ecomondo a capitale della moda etica; il Paper District, luogo d’incontro di tutti gli attori della filiera della carta; l’area Blue Economy per ridurre al minimo gli impatti negativi sull’ecosistema marino e favorire la sua resilienza e rigenerazione. A questi si aggiunge l’Innovation District, dove sono attese 30 start up nell’area Start-Up & Scale-Up, mentre il progetto Green Jobs & Skills creerà uno spazio di dialogo tra domanda e offerta di lavoro nei campi della sostenibilità, opportunità di formazione e orientamento. Un mondo, quello della Gen Z, a cui Ecomondo rinnova grande attenzione anche con la seconda edizione del Premio Lorenzo Cagnoni, che sarà assegnato alle tre start-up più innovative.
Qualifica Ecomondo anche un programma di conferenze, seminari ed eventi di alto profilo, coordinato dagli 80 membri del Comitato Tecnico Scientifico, per esplorare le principali novità a livello tecnologico, normativo e di mercato dei principali settori della green economy.
La manifestazione ospiterà anche quest’anno gli Stati Generali della Green Economy, organizzati dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile, promossi dal Consiglio Nazionale della Green Economy, in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.
I PARTNER ISTITUZIONALI
Ecomondo 2024 è organizzato da Italian Exhibition Group con la collaborazione di: Commissione Europea; Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica; Ministero delle Imprese e del Made in Italy; Agenzia ICE – Italian Trade & Investment Agency; Regione Emilia-Romagna; Comune di Rimini; ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani); ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industriale Automobilistica); ART-ER; CIB (Consorzio Italiano Biogas); CIC (Consorzio Italiano Compostatori); CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi); ENEA; Assoambiente; Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile; ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale); Legambiente; UNICIRCULAR (sezione Assoambiente); UNACEA (Unione Nazionale Aziende Construction Equipment & Attachments); UTILITALIA; CIHEAM (International Center For Avanced Mediterranean Agronomic Studies) CBE JU (Circular Bio-based Europe Joint Undertaking); EBA (European Biogas Association); European Environment Agency; ISWA (International Solid Waste Association); WBA (World Biogas Association); Water Europe.
Italian Exhibition Group S.p.A., società con azioni quotate su Euronext Milan, mercato regolamentato organizzato e gestito da Borsa Italiana S.p.A., ha maturato negli anni, con le strutture di Rimini e Vicenza, una leadership domestica nell’organizzazione di eventi fieristici e congressuali, sviluppando contestualmente un presidio dei mercati internazionali (Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Cina, Messico, Germania, Singapore, Brasile). IEG opera su sei linee di business (eventi organizzati, eventi ospitati, eventi congressuali, servizi correlati, editoria, eventi sportivi). Nel 2023, IEG, nel complesso delle sedi espositive e congressuali di Rimini, Vicenza, Arezzo, Milano, Roma, Torino, Napoli, Brescia, e di quelle estere, ha totalizzato 56 grandi eventi fieristici, organizzati o ospitati, e 126 eventi congressuali.
5–8 novembre, Fiera di Rimini