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Circolarità largo consumo in Italia: le best practice raccolte e misurate da GS1 Italy in un nuovo report. Tra stato dell’arte e sfide future. 23 aziende hanno analizzato il loro livello di circolarità, mostrando di aver raggiunto una media settoriale del 53%.

Occorre uno sforzo di sistema, al fine di risolvere i fattori critici che ostacolano il percorso verso la circular economy. Un report di GS1 Italy fa il punto.
Molto si sta già facendo, molto si può migliorare. Soprattutto se verranno scardinate le barriere di sistema che frenano la crescita di questo percorso virtuoso, favorevole non solo per le imprese ma anche per l’intera società. È questa, in estrema sintesi, la conclusione della nuova ricerca “Stato dell’arte dell’economia circolare nel largo consumo italiano”, condotta da GS1 Italy, in ambito ECR e in collaborazione con l’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Partendo da Circol-UP – lo strumento di GS1 Italy che consente alle aziende di misurare e identificare le opportunità` per massimizzare la circolarità` dei processi produttivi, della filiera e dei prodotti – lo studio ha analizzato il livello di circolarità e le performance di 23 imprese italiane appartenenti a tre settori del largo consumo: alimentari e bevande, cura casa e cura persona, retail. Ne è emerso un quadro proattivo e con un impegno strutturato verso una transizione in favore della circolarità. Ma con margini di miglioramento.
Il campione di 23 aziende ha infatti evidenziato un livello medio di circolarità del 53%. Il settore più virtuoso è quello di alimentari e bevande con il 61% di media, seguito dal cura casa e cura persona con il 48% e dal retail con il 45%.

«Abbiamo riscontrato un buon livello medio di circolarità e abbiamo rilevato numerose buone pratiche, di natura materiale e immateriale, messe in atto in ciascuna fase della value chain» spiega Silvia Scalia, ECR Italia e training director di GS1 Italy. «Questo dimostra, da un lato, che le imprese dispongono di un set composito di approcci e di metodi per ottimizzare i loro percorsi verso la circolarità e, dall’altro, che li hanno già integrati all’interno delle proprie organizzazioni per definire strategie e compiere azioni coerenti».

Nel report “Stato dell’arte dell’economia circolare nel largo consumo italiano” vengono analizzati in maniera aggregata i risultati delle 23 aziende partecipanti, ripercorrendo l’applicazione di buone pratiche di circolarità lungo le sei fasi del ciclo di vita dei prodotti analizzate (approvvigionamento, design, produzione, distribuzione, utilizzo, gestione del fine vita e dei rifiuti) e approfondendo alcuni casi virtuosi nei tre settori raccontati in 12 schede dedicate.

Nel mondo di alimentari e bevande la fase di design è affidata alle case history sul packaging riutilizzabile di Nutella e sul design circolare degli imballaggi di Parmalat, quella di produzione ai casi dell’efficientamento idrico dei processi di Auricchio e del programma Manufacturing Integrated Lean 6 Sigma di Mondelez, la fase distributiva alla logistica automatizzata di Bauli e quella di consumo alla app “Dove lo butto” di Gruppo Nestlé in Italia. Nell’universo del cura casa e cura persona vengono presentati i packaging circolari di Sutter Industries e le attività di comunicazione e sensibilizzazione del consumatore attuate da Procter & Gamble Italia. Nel retail le case history riguardano invece il trasporto “franco fabbrica” di Conad Logistics e il percorso di eco-valutazione dei fornitori delle private label di D.IT per la fase di approvvigionamento in ottica di circolarità, i nuovi canali di comunicazione della sostenibilità adottati da Bennet per la fase di consumo, e l’economia circolare nella gestione dei rifiuti di imballaggio applicata da Esselunga per la fase di fine vita.

L’analisi condotta da GS1 Italy ha permesso di individuare non solo cosa funziona, ma anche cosa non funziona nel percorso verso la piena circolarità delle imprese italiane.

«Questo studio ha fatto emergere alcuni gap strutturali, determinati da barriere di sistema che ostacolano l’implementazione di altre buone pratiche nelle aziende, come il trasporto intermodale o la raccolta differenziata di sotto-tipologie di rifiuti da imballaggio» aggiunge Fabio Iraldo, professore dell’Istituto di Management della Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa. «Per questo nel report abbiamo raccolto e dettagliato le cinque condizioni abilitanti che, potenzialmente, potrebbero incidere in maniera significativa sulle performance dei singoli permettendo di generare un cambiamento sociale su larga scala».

Queste cinque condizioni abilitanti, che rappresentano un primo punto di partenza verso l’implementazione di azioni mirate alla risoluzione progressiva delle barriere di sistema, sono:
1. Redigere un’agenda comune che permetta di allineare gli sforzi, definire l’impegno e il ruolo di ogni organizzazione, mappare le competenze, determinare i flussi secondo i quali saranno condivisi i dati e le informazioni all’interno e all’esterno del gruppo.
2. Definire un sistema di misurazione condiviso, in particolare per quanto riguarda gli indicatori usati per misurare gli effetti di ogni iniziativa. Su questo fronte il percorso realizzato tramite Circol-UP ha sviluppato un know-how vasto e valorizzabile in attività future.
3. Predisporre l’ambito di azione di ogni organizzazione sulla base delle specifiche competenze. Formazione su competenze chiave, mappatura delle competenze, nonché contributo alla creazione di networking e sinergie tra aziende, sono attività core rispetto a cui GS1 Italy potrebbe contribuire in modo decisivo.
4. Condividere le informazioni. Tutti coloro che partecipano all’attuazione dell’azione di sistema dovrebbero avere uno scambio frequente e strutturato di informazioni, facilitato dalla digitalizzazione. L’utilizzo degli standard globali e aperti GS1 agevola il raggiungimento del livello di efficienza richiesto dal concetto di economia circolare.
5. Costruire la “spina dorsale” del progetto, ossia un gruppo indipendente di soggetti che faccia da “cabina di regia”, dedicandosi all’iniziativa e guidandone la visione.

GS1 Italy. A partire dall’introduzione rivoluzionaria del codice a barre nel 1973, l’organizzazione non profit GS1 sviluppa gli standard più utilizzati al mondo per la comunicazione tra imprese. In Italia, GS1 Italy riunisce 40 mila imprese dei settori largo consumo, sanitario, bancario, della pubblica amministrazione e della logistica. I sistemi standard GS1, i processi condivisi ECR, i servizi e gli osservatori di ricerca che GS1 Italy mette a disposizione semplificano e accelerano il processo della trasformazione digitale delle imprese e della supply chain, perché permettono alle aziende di creare esperienze gratificanti per il consumatore, aumentare la trasparenza, ridurre i costi e fare scelte sostenibili.

gs1it.org

tendenzeonline.info

ricerca

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Ecodesign measures for cement, furniture, textiles and small home appliances show promise to deliver climate savings, new research finds.

The new research examines the potential environmental and consumer savings that new ecodesign measures could bring to Europe through the new Ecodesign for Sustainable Products Regulation.

The ESPR was proposed in March 2022 in line with the European Green Deal and Circular Economy Action plan’s goal to make sustainable products the norm.

The new ecodesign measures include setting minimum requirements on product design (design for durability, repairability and recyclability) as well as provisions aiming to reduce unnecessary production (through banning the destruction of unsold goods).
Specifically, the report looked at potential savings that new measures could bring for four product groups through case studies on each, namely kitchen appliances (kettles and microwaves), textiles (t-shirts), intermediary construction materials (cement) and furniture (office desks and chairs).

Whilst it is promising to see that two of these sectors (furniture and textiles) are likely to be included in the measures, there is still uncertainty about which other product groups will be included in a draft work plan expected to be published for consultation in early 2023.
Regulating intermediary products, like cement, may have a vast potential because of the high carbon intensity of these products and their inclusion in a range of different types of products. Similar analysis, recently published by Zero Waste Europe and Eunomia, found that a business-as-usual approach to producing intermediary materials, which account for a quarter of global emissions, are leading us towards global warming of up to 2.5°C.

The Commission already signaled that it would exclude cement from the ESPR scope in an earlier communication, preferring to address this highly polluting sector in the Construction Products Regulation (CPR). Environmental groups however fear that the CPR will be a weaker instrument, unlikely to set minimum design requirements with the same strength as ecodesign legislation. The risk is prolonging the availability of cement with high embodied emissions. As the study found, 7% of global greenhouse gas emissions are linked to cement production, and emissions from EU cement production alone is equivalent to the emissions of Belgium.
Omitting these products from the Ecodesign work plan would therefore be a missed opportunity for the EU to work towards its climate targets.
The study also showed promising outcomes from establishing horizontal requirements across groups of similar products.
Products such as kettles and microwaves could be grouped as ‘small kitchen appliances’.
Individually these products might not account for a sufficient footprint to be prioritised , but across the entire group, the potential savings for horizontal measures can be very significant. Delays in ecodesign measures for individual product groups threaten climate goals and cost consumers, and so there is no reason for the Commission not to speed up the process by tackling multiple product groups at once.

Jean-Pierre Schweitzer, Deputy Manager Circular Economy says: “The research published today reaffirms that using the power of the European market to create minimum requirements for a range of products, including non energy products such as textiles and furniture, intermediary products such as cement, and groups of products like small kitchen appliances have potential to deliver significant environmental and savings.”

More sustainable products will also bring financial savings to consumers
More durable and repairable products mean less need to buy new ones, and eco-friendly design of kitchen appliances means lower electricity and water bills. Given the current cost of living crisis, it’s vital that the EU protects its consumers as much as possible through ecodesign.
This research sends the EU a clear message: to make the products as sustainable as possible through robust ecodesign measures, by prioritising horizontal and intermediary product groups in the new work plan, and ensuring that there are no delays to implementation.

The European Environmental Bureau (EEB) is Europe’s largest network of environmental citizens’ organisations, standing for environmental justice, sustainable development and participatory democracy. Our experts work on climate change, biodiversity, circular economy, air, water, soil, chemical pollution, as well as policies on industry, energy, agriculture, product design and waste prevention. We are also active on overarching issues such as sustainable development, good governance, participatory democracy and the rule of law in Europe and beyond.
We have over 180 members in over 38 countries.

www.eeb.org

report

Investimenti nei rifiuti. WAS Report: in Italia il comparto è in forte crescita, con un valore della produzione nel 2021 di 13,1 miliardi di euro, in aumento dell’11% e con un EBITDA di 2 miliardi (+17%).

Corrono gli investimenti nel settore dei rifiuti in Italia, come non era mai avvenuto in precedenza: valgono in Italia oltre 900 milioni (+59,6% rispetto all’anno precedente) sfruttando anche la scia delle opportunità derivanti dal PNRR.
Ma il waste aumenta anche in termini di valore della produzione aggregato, pari a 13,1 miliardi di euro (+11% sull’anno precedente), e un EBITDA di 2 miliardi (+17%).

È il quadro che emerge dal Was Report 2022 “La gestione dei rifiuti in Italia: attori, investimenti e scenari innovativi nel quadro del PNRR”, dedicato all’industria italiana della gestione dei rifiuti attraverso l’analisi dei player della raccolta, trattamento, smaltimento e selezione.

Il rapporto è stato presentato questa mattina a Roma da Alessandro Marangoni, ceo di Althesys e coordinatore del think tank Waste Strategy nel corso del convegno Rifiuti: investimenti, chiusura del ciclo e PNRR. “Il WAS Report – ha detto Marangoni – offre il quadro di un’industria italiana della gestione dei rifiuti sempre più dinamica e dal perimetro in continua evoluzione, evidenziato nel 2021 anche dalla crescita degli investimenti e del valore della produzione. Non mancano però le criticità che il settore si troverà ad affrontare. Tra le altre, quelle nel comparto Forsu, con l’introduzione di ‘impianti minimi’ e quelle derivanti dal regolamento UE sugli imballaggi, che favoriscono il riutilizzo a discapito del riciclo”.

La fotografia del settore
La corsa agli investimenti è sicuramente l’elemento principale che ha caratterizzato l’azione delle utility analizzate: nel 2021, l’ammontare complessivo raggiunge i 912 milioni di euro, con un incremento del 59,6% sul 2020, quando erano pari a 571,3 milioni di euro. Le aziende hanno puntato sul consolidamento delle attività, su nuovi impianti e mezzi, anche sulla scia delle opportunità derivanti dal PNRR. Nel 2021 i principali 124 top player, pubblici e privati, della raccolta, trattamento e/o smaltimento dei rifiuti urbani hanno registrato un valore della produzione aggregato di 10,26 miliardi di euro. È un aumento del 9% circa rispetto all’anno precedente, con diverse imprese che crescono a doppia cifra, grazie alla ripresa economica post-pandemia e all’ampliamento del perimetro delle attività di diversi player. Il settore è tradizionalmente polarizzato, con pochi grandi operatori e una miriade di piccole e medie imprese e si allunga la distanza, già molto consistente, tra il primo e l’ultimo esaminato: il valore della produzione della più grande sale da 1,2 a 1,3 miliardi di euro, mentre quello della più piccola scende da 7,7 a 7,6 milioni di euro. A segnare la variazione maggiore sono però le grandi multiutility (+14%) e gli Operatori del trattamento e smaltimento (+13%). Seguono Piccole e medie multiutility (+11%) e Piccole e medie monoutility (+8%). Operatori metropolitani e Operatori privati vedono invece la crescita minore, per entrambe di poco superiore all’1%.

Aumentano le operazioni straordinarie
Il settore del waste management sembra proprio essersi risvegliato l’anno scorso anche sulla base delle operazioni straordinarie censite: acquisizioni e fusioni sono aumentate nel 2021 del 67%, passando a 35 contro le 21 registrate nel 2020. Sono, nel 60% dei casi rilevati, acquisizioni volte a crescere al di fuori del core business o a consolidarsi lungo la filiera. Le iniziative hanno interessato per lo più il Centro Italia, ma per la prima volta sul podio si trovano anche quelle nazionali. Spiccano le partnership che mettono al centro l’innovazione tecnologica. Tra gli ambiti esplorati figurano, ad esempio, lo sviluppo commerciale del «waste-to-chemical», la valorizzazione degli pneumatici fuori uso per ottenere prodotti chimici ed energetici sostenibili e la pirolisi per il trattamento del plasmix.

Il comparto dei rifiuti speciali
Cresce l’interesse anche verso il mercato dei rifiuti speciali, che si mostra sempre più redditizio e dinamico. Sono numerose le aziende di waste management che hanno esteso il proprio perimetro di business degli speciali: ad oggi oltre un terzo delle imprese è attivo in questo comparto, che ha visto un aumento del 10,6% dei volumi. Trend positivo anche per la redditività nel 2021, con un EBITDA/VP medio del 16% per i maggiori 50 player e un valore della produzione aggregato di 2,77 miliardi di euro. La distribuzione geografica vede il 50% delle aziende operanti nelle regioni settentrionali, il 14% in quelle del Centro e il 36% nel Sud. In linea generale, cinque regioni annoverano da sole quasi due terzi dei player: 31 sui 50 totali.

I progetti del PNRR
A poco più di un anno dall’apertura dei bandi, inizia a delinearsi il quadro dei progetti presentati per il PNRR: sono complessivamente 1.080 le iniziative, di cui 835 hanno ricevuto un punteggio dal Ministero. I progetti censiti sono relativi agli impianti per il trattamento rifiuti presentati nell’ambito della Missione 2 “Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica”, Componente 1 “Economia circolare e agricoltura sostenibile”. Gran parte dei progetti riguarda le Linee relative agli impianti di trattamento/riciclo dei rifiuti urbani provenienti dalla raccolta differenziata, e quelle degli impianti innovativi per il trattamento di materiali assorbenti ad uso personale (PAD), fanghi di acque reflue, rifiuti di pelletteria e rifiuti tessili. Sono concentrate per lo più nel Meridione. Nel primo caso, il 52%, infatti, è nel Sud e Isole, il 29% nel Centro e il restante 19% nel Nord Italia. Il Lazio, con 94 progetti, vede la maggiore concentrazione, seguito da Calabria e Sicilia. In generale, le aree di intervento includono il revamping o la costruzione di impianti di selezione e/o trattamento, di centri di raccolta, la riconversione di TMB e persino la riqualificazione di una discarica. Tra tutti, prevalgono gli impianti per il trattamento della Forsu, la frazione organica dei rifiuti solidi urbani.
In conclusione, il WAS Report 2022 mostra un settore in rapido cambiamento, grazie a investimenti, aggregazioni e innovazione tecnologica. Molteplici sono i fattori che stanno trasformando le catene del recupero dei materiali, e tra queste vi sono da ricordare l’estensione del principio EPR in altre filiere, la nascita di nuovi sistemi di gestione e lo sviluppo di tecnologie di riciclo innovative.

Althesys è una società professionale indipendente specializzata nella consulenza strategica e nello sviluppo di conoscenza. Opera con competenze di eccellenza nei settori chiave di ambiente, energia, infrastrutture e utility, nei quali assiste imprese e istituzioni.
WAS – Waste Strategy è il think tank di Althesys dedicato all’analisi della filiera produzione-consumo del waste management e del riciclo con un approccio integrato, che unisce la prospettiva aziendale e industriale a una visione di sistema. Lo scopo è fornire un quadro unitario e proporre strategie d’impresa e politiche di sistema che integrino i diversi aspetti: ambientali, sociali, industriali, economici, normativi e tecnologici.
Superare approcci parziali e frammentati è infatti fondamentale per lo sviluppo del settore e per definire le policy migliori per il Paese.

www.althesys.com

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Scarti prodotti plastici. Nuovo passo in avanti per il settore della plastica, dopo Certified Recycled Plastic® arriva il servizio che permette di tracciare i sottoprodotti in modo trasparente e univoco. Riccardo Parrini e Stefano Chiaramondia: in Europa si generano più di un milione di tonnellate di materiale di scarto all’anno, rimetterle in circolo è fondamentale in ottica di economia circolare

Quando si parla di economia circolare, si pensa subito alla parola “riciclo”
Un’attività senz’altro fondamentale alla base della quale c’è la creazione di rifiuti, che vengono poi reimmessi nel ciclo produttivo per essere trasformati in nuovi prodotti. La stessa Commissione europea, attraverso un programma quadro relativo alla sostenibilità, identifica però quelle di prevenzione dei rifiuti come attività da incoraggiare rispetto al riciclo.
Cosa significa? Semplice, che oggi la sfida dell’economia circolare si gioca anche lungo tutta la filiera della catena del valore. E, per la precisione, nell’ambito degli industrial byproduct. I classici “scarti di lavorazione”, per dirla in modo semplice. Quei residui, insomma, che numerose aziende, almeno fino a oggi, hanno preferito spesso smaltire come rifiuti tout court anziché provare a riutilizzare, con conseguenze gravi per l’ambiente.

A contribuire a velocizzare il cambio di scenario anche in Italia è l’entrata in vigore di una normativa sugli acquisti della Pubblica Amministrazione (e non solo) che mette ora sullo stesso piano sottoprodotti e plastica riciclata. Tutto questo riguarda i materiali che, in campo edilizio, rispondono ai criteri ambientali minimi relativi al cosiddetto “green public procurement”, ovvero i requisiti definiti per le varie fasi del processo di acquisto al fine di individuare la soluzione migliore sotto il profilo ambientale lungo tutto il ciclo di vita del prodotto. Ricorrere ai sottoprodotti si trasforma così a tutti gli effetti, sostanziali e burocratici, in una scelta che contribuisce a salvaguardare l’ambiente in modo efficace.

Diventa quantomai centrale riuscire a valorizzare al massimo l’enorme quantità di residui che si generano durante le diverse attività di produzione, in particolare proprio nel mondo dell’industria dei materiali plastici. Per farsi un’idea dei numeri in gioco, si consideri che in Europa vengono trasformate circa 50 milioni di tonnellate di plastica all’anno (fonte Plasticseurope) e che la quantità di sottoprodotti generati è compresa in un range che va dal 2 al 10 per cento (in funzione della tipologia di processo industriale). Si parla dunque, come minimo, di almeno un milione di tonnellate di potenziali sottoprodotti.

L’obiettivo delle aziende è ora quello di qualificare formalmente questi residui di produzione come sottoprodotti, in modo che dopo un processo di macinatura, siano nuovamente utilizzabili per la realizzazione di semilavorati o prodotti finiti in plastica. Ed è esattamente questo lo scopo di Certified Plastic Byproduct®, il nuovo servizio tecnologico che garantisce l’identificazione e la corretta gestione dei sottoprodotti in plastica. Grazie alla tecnologia blockchain è possibile registrare in modo univoco, immutabile e verificabile (sempre, da chiunque e in ogni parte del mondo) le dichiarazioni che qualificano gli scarti di produzione come sottoprodotti, incoraggiando così le aziende a riutilizzare questi materiali.

«Dopo Certified Recycled Plastic®, che permette di tracciare la plastica riciclata attraverso un semplice QR Code – sottolinea Riccardo Parrini, ceo di PlasticFinder, il marketplace della plastica attivo dal 2017 – mettiamo a disposizione della filiera un nuovo strumento, con un funzionamento del tutto simile, che consente di identificare e tracciare i sottoprodotti nel rispetto della normativa comunitaria e italiana. Si tratta di uno straordinario passo in avanti per l’intero settore, che in questo modo può diventare ancora più trasparente, efficiente e sostenibile. Certified Plastic Byproduct® è online con un portale dedicato e navigabile da tutti».

I vantaggi per le imprese sono evidenti: «Con il servizio Certified Plastic Byproduct® di PlasticFinder si evitano i problemi pratici e burocratici che la gestione dei sottoprodotti comporta – aggiunge Stefano Chiaramondia, presidente di PlasticFinder –. Difficoltà e disagi che spesso portano le aziende alla decisione di considerarli alla stregua di rifiuti e, dunque, a disfarsene, anziché a riutilizzarli come materiali per nuove produzioni.
Rimettere in circolo materiale di scarto è strategico e consente di abbracciare l’economia circolare e promuovere il business sostenibile. Questo nuovo servizio è totalmente svincolato dal portale marketplace e può essere utilizzato da qualsiasi azienda generi scarti di materiali plastici.
Abbiamo presentato questa nuova tecnologia in anteprima a K2022, la più grande fiera delle materie plastiche, e stipulato un primo accordo di collaborazione con una importante multinazionale, il principale produttore internazionale di resine in poliammide 66. L’interesse del mercato è grande, perché è sulla sostenibilità che si gioca la sfida di tutte le nostre aziende per la costruzione di un mondo migliore».

www.PlasticFinder.eu

www.certifiedplasticbyproduct.com

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CONAI riduce i CAC. Scendono ancora i contributi ambientali per acciaio, legno, plastica, bioplastica e vetro. CONAI, valutati lo scenario attuale della filiera del riciclo degli imballaggi e i pareri dei Consorzi RICREA, RILEGNO, COREPLA, BIOREPACK e COREVE, ha stabilito nuove riduzioni del contributo ambientale (o CAC) per gli imballaggi in acciaio, legno, plastica, plastica biodegradabile e compostabile e vetro.

Tutti i Consorzi di filiera che hanno la responsabilità sui materiali oggetto delle riduzioni si trovano oggi nella condizione di poter attingere alle loro riserve economiche.
Inoltre, i valori dei materiali riciclati sul mercato, pur presentando in alcuni casi una prima significativa flessione, si mantengono ancora alti, e continuano a generare effetti positivi per il Sistema consortile, in particolare per acciaio, plastica e vetro.

Una situazione che permette così a CONAI di approvare nuove diminuzioni dei CAC per cinque materiali di imballaggio.
Le riduzioni saranno in vigore dal 1° gennaio 2023.

Si stima che le riduzioni appena approvate porteranno alle aziende risparmi da CAC per quasi 170 milioni di euro nel corso del 2023.

«Il contesto economico vede ovunque aumenti generalizzati, e i costi di produzione continuano a crescere per tutte le aziende del Paese» commenta il presidente CONAI Luca Ruini. «Pur in una congiuntura di mercato così delicata, un Consorzio di natura privata che persegue obiettivi pubblici riesce a ridurre i contributi ambientali per cinque materiali di imballaggio su sette. CONAI è garante del raggiungimento degli obiettivi di riciclo nazionali imposti dall’Europa, ed è un Consorzio sussidiario al mercato: interviene quando il mercato non ha interesse o non riesce ad avviare gli imballaggi a riciclo. Le variazioni dei contributi ambientali, quindi, sono fortemente influenzate dal mercato. Ma, quando il mercato lo consente, CONAI fa la sua parte insieme ai Consorzi di filiera per andare incontro alle aziende: è quello che stiamo facendo oggi con queste riduzioni dei CAC».

I nuovi valori del CAC dal 1° gennaio

Gli imballaggi in acciaio
Il valore del CAC per l’acciaio si abbassa da 8 a 5 euro/tonnellata.
Pur in presenza di un raffreddamento dei valori del rottame rispetto ai valori molto sostenuti del primo semestre, la politica di valorizzazione del prezzo di vendita da un lato e il ricorso al mercato da parte dei soggetti convenzionati dall’altro, per i primi mesi del 2022, hanno consentito un’ulteriore riduzione del contributo per l’anno prossimo.
Dal 1° gennaio 2023 il risparmio previsto per gli utilizzatori di imballaggi in acciaio si stima in circa un milione e 600mila euro.

Gli imballaggi in legno
Il valore del CAC per il legno si riduce da 9 a 8 euro/tonnellata.
Una variazione legata alla positiva situazione patrimoniale del Consorzio RILEGNO.
Dal 1° gennaio 2023 il risparmio previsto per gli utilizzatori di imballaggi in legno si stima in 2 milioni e 700mila euro.

Gli imballaggi in plastica
Entra in vigore dal 1° gennaio 2023 la classificazione degli imballaggi in plastica in nove fasce con differenti valori contributivi, come annunciato lo scorso giugno.
Prosegue così il duplice impegno di CONAI per legare sempre più i valori del contributo ambientale sia all’effettiva riciclabilità e al circuito di destinazione sia al deficit di catena, ossia al rapporto fra costi e ricavi delle attività di raccolta, selezione e riciclo degli imballaggi.

La vecchia fascia A1, il cui CAC era pari a 60 euro/tonnellata, sarà divisa in due: A1.1 e A1.2, per separare gli articoli sui quali COREPLA riconosce un corrispettivo per le attività di rigenerazione e riciclo (fusti e cisternette IBC, che saranno in fascia A1.2).
Per la A1.2 il CAC resta invariato. Per la A1.1, invece, scende a 20 euro/tonnellata.
Invariata la fascia A2, e invariato anche il suo CAC (150 euro/tonnellata).

Segmentata in due fasce anche la B1: si divide in B1.1 e B1.2, con l’obiettivo di separare gli articoli in PET (in B1.2) dagli articoli in HDPE (che saranno in B1.1).
Per entrambe le fasce il CAC rimane pari a 20 euro/tonnellata.
Si scompone in tre fasce la vecchia fascia B2.
I contenitori rigidi in polipropilene rientreranno in B2.1, per cui il CAC passa da 410 a 350 euro/tonnellata.
Gli articoli riciclabili a base poliolefinica passano nella fascia B2.2, il cui CAC resta pari a 410 euro/tonnellata.
Nasce invece la fascia B2.3 per accogliere quegli imballaggi con filiere di riciclo sperimentali e in consolidamento, che escono dalla fascia C. Per loro, un passaggio dai 560 euro/tonnellata della fascia C a 555 euro/tonnellata.

La fascia C, pur assottigliata, resta in vigore per gli imballaggi non ancora selezionabili o riciclabili allo stato delle tecnologie attuali. Per loro il CAC non varia: 560 euro/tonnellata.

Un percorso complesso, ma che vuole allinearsi ai criteri di modulazione del contributo ambientale indicati dalla legge, in particolare durevolezza, riparabilità, selezionabilità, riutilizzabilità, riciclabilità e presenza di eventuali sostanze pericolose.

Dal 1° luglio 2023 sono previsti aumenti per tre fasce del CAC plastica al fine di correlarne i valori sempre di più ai costi necessari per avviare a riciclo le tipologie di imballaggi in plastica incluse in quelle fasce.
Il CAC della fascia A1.2 passerà da 60 a 90 euro/tonnellata. Il CAC della A2 da 150 a 220 euro/tonnellata. E il CAC della B2.2 da 410 a 477 euro/tonnellata.
Nonostante questi aumenti il contributo medio per gli imballaggi in plastica nel 2023 si conferma in diminuzione rispetto al 2022.

«Tre aumenti che abbiamo deciso di far entrare in vigore solo nel secondo semestre» spiega il presidente Ruini. «Sono costi già necessari per avviare correttamente a riciclo quei polimeri plastici, ma abbiamo voluto questa dilazione per dare alle aziende un piccolo aiuto in vista dell’inverno complicato che ci aspetta».

Gli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile
Il valore del CAC per la bioplastica compostabile si riduce da 294 a 170 euro/tonnellata.
Il Consorzio BIOREPACK, riconosciuto nel novembre 2020, alla luce del primo biennio di attività, è entrato nel pieno dell’operatività; ciò consente una riduzione del contributo ambientale per le bioplastiche.
Dal 1° gennaio 2023 il risparmio previsto per gli utilizzatori di imballaggi in bioplastica compostabile si stima in circa 9 milioni e 400mila euro.

Gli imballaggi in vetro
Il valore del CAC per il vetro passa da 29 a 23 euro/tonnellata.
Continua la forte richiesta di rottame di vetro, i cui valori di mercato rimangono molto alti. E, come per gli altri Consorzi coinvolti nelle nuove riduzioni dei contributi ambientali, anche per COREVE le riserve patrimoniali sono sufficienti a permettere una rimodulazione al ribasso del CAC per gli imballaggi in vetro.
Dal 1° gennaio 2023 il risparmio previsto per gli utilizzatori di imballaggi in vetro si stima in circa 16 milioni di euro.

Entra nel vivo il nuovo progetto di semplificazione
Come annunciato durante i mesi estivi, parte con il 2023 il progetto di semplificazione che consentirà, dopo una prima fase sperimentale, l’abolizione delle dichiarazioni periodiche del contributo ambientale, qualora si mettano a disposizione di CONAI alcuni dati contenuti nelle fatture elettroniche emesse dai produttori e dai commercianti di imballaggi.
Saranno preventivamente divulgate le modalità tecniche e operative per accedere, su base volontaria dei consorziati, al nuovo modello dichiarativo.

Le procedure semplificate per l’import
Le riduzioni avranno effetti anche sulle procedure forfettarie/semplificate per importazione di imballaggi pieni, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2023.
L’aliquota da applicare sul valore complessivo delle importazioni (in euro) diminuirà da 0,13 a 0,12% per i prodotti alimentari imballati; resterà invece invariata quella relativa ai prodotti non alimentari imballati (0,06%).
Il contributo mediante il calcolo forfettario sul peso dei soli imballaggi (tara) delle merci importate (peso complessivo senza distinzione per materiale) scenderà dagli attuali 61 a 59 euro/tonnellata.

I nuovi valori delle altre procedure semplificate saranno a breve disponibili sul sito CONAI.

www.conai.org

MIND logistica lastmile. Federated Innovation @MIND avvia il progetto di sperimentazione per identificare soluzioni di guida autonoma nella logistica di ultimo miglio.

L’iniziativa è frutto della collaborazione di due delle aree tematiche di Federated Innovation @MIND: Mobility & Logistics e Retail Tech, dedicate a progetti di mobilità sostenibile e nuove tecnologie per la vendita al dettaglio.

Droni terrestri in grado di garantire la mobilità delle merci e le necessarie operazioni di logistica – anche in termini di economia circolare e logistica condivisa – senza l’ausilio dell’autista.
Va in questa direzione l’iniziativa d’innovazione organizzata dalle aree tematiche Mobility & Logistics e Retail Tech di Federated Innovation @MIND, volta a individuare le opportunità derivanti dall’utilizzo della guida autonoma nell’ambito della logistica di ultimo miglio.
Sono stati presentati i sistemi delle più promettenti startup mondiali del settore che metteranno a disposizione di Federated Innovation @MIND gli ultimissimi modelli prodotti, in modo da poter identificare un progetto pilota per la sperimentazione che prenderà il via nel 2023 all’interno del distretto di MIND.

L’iniziativa è nata nei primi mesi del 2022 dalla sinergia tra due aree tematiche del consorzio Federated Innovation @MIND (che riunisce le aziende che intendono collaborare in un ambiente virtuoso per accelerare la traduzione di idee in nuovi prodotti, processi e servizi innovativi): l’area Mobility & Logistics (di cui fa parte Poste Italiane), volta a creare soluzioni di mobilità urbana sostenibile e de-carbonizzata, e quella Retail Tech (con Esselunga, Signify e VSBLTY), che si pone l’obiettivo di individuare servizi a valore aggiunto per i consumatori, nuove esperienze di customer journey, soluzioni per rendere la supply chain più resiliente e sostenibile.

Il fine è quello di vagliare le opportunità offerte dall’ecosistema tecnologico digitale per sviluppare un nuovo modello di guida autonoma con il minimo impatto ambientale e che possa consegnare merci e prodotti, facendo leva sul distretto MIND come banco di prova. L’iniziativa d’innovazione si pone infatti l’obiettivo di testare e validare all’interno di MIND la fattibilità tecnica del modello di servizio di mobilità a guida autonoma entro il 2023.

Il modello di mobilità interna prevede pedonalità, ciclabilità, un’offerta multimodale di servizi di trasporto pubblico e in condivisione, una logistica delle merci sostenibile (nello specifico elettrica) e innovativa, driverless e ad alto contenuto tecnologico anche per quel che riguarda i sistemi di gestione, controllo e di informazione.

L’iniziativa è uno dei risultati del modello su cui si basa Federated Innovation @MIND: “collaborate to compete”. Un modello che supera l’open innovation classica, volto a generare iniziative di ricerca e innovazione, favorire il trasferimento tecnologico e la contaminazione di idee su una piattaforma aperta alla collaborazione di tutte le aziende, università ed enti coinvolti, e con una struttura legale a tutela della proprietà intellettuale.

La giornata, oltre alla presentazione dei sistemi driverless, ha previsto un Workshop volto a identificare i principali trend tecnologici in atto nel settore della guida autonoma e le opportunità di utilizzo nel last mile delivery. Proprio in quest’ottica è stato presentato un White Paper sullo stato dell’arte della guida autonoma nel panorama nazionale, che traccia come le tecnologie influenzano il settore dei trasporti e l’evoluzione che il comparto avrà entro il 2030, evidenziando punti di forza e rischi, impegno degli attori pubblici e privati, la normativa e le soluzioni presenti sul mercato italiano ed europeo.

“Ognuna delle 11 aree tematiche in cui è divisa Federated Innovation @MINd sta dando i suoi frutti e creando dei progetti concreti, che rappresentano l’eccellenza dell’innovazione in Italia – sostiene Tommaso Boralevi, Presidente di Federated Innovation @MIND. – L’iniziativa delle aree Mobility & Logistics e Retail Tech è la prova dell’efficacia del modello di collaborazione su cui si basa Federated Innovation @MIND: un modello che, come in questo caso, ha permesso alle aziende coinvolte di individuare i migliori progetti tecnologici e alle startup di sviluppare soluzioni che possano atterrare con successo sul mercato e fare la differenza.”

“I droni terrestri e più in generale la guida autonoma non sono altro che il paradigma necessario alla realizzazione di un sistema di circular economy basato sostanzialmente sulla sharing economy. Infatti, la condivisione intelligente di spazi (magazzini, piazzole di carico/scarico, banchine, terminali), veicoli e carichi può avere sul nostro sistema logistico un effetto paragonabile a quello del passaggio dei sistemi di telefonia dall’analogico al digitale. L’avvento della guida autonoma renderà più naturale il salto verso l’utilizzo del veicolo, senza necessariamente averne un possesso esclusivo. In questo scenario la condivisione di piattaforme logistiche, di magazzini di prossimità in città e dei veicoli – come avverrà nel distretto di MIND – sono driver molto interessanti, già presenti oggi nel settore, che debbono essere analizzati e studiati nel dettaglio per fornire alle aziende e ai decision maker gli elementi necessari per uno sviluppo mirato che riporti l’uomo centrale nel modello di sviluppo” conclude Massimo Marciani, Ambassador dell’area Mobility & Logistics.

Federated Innovation @MIND, nata all’interno di MIND Milano Innovation District a febbraio 2021, è un progetto innovativo che riunisce le aziende che intendono collaborare in un ambiente virtuoso per accelerare la traduzione di idee in nuovi prodotti, processi e servizi che contribuiscano al rilancio economico del Paese. Promosso da Lendlease in qualità di responsabile della progettazione e dello sviluppo privato di MIND, con il contributo di Cariplo Factory come facilitatore dei processi di innovazione, il modello, nel rispetto delle normative antitrust, intende andare oltre l’open innovation e l’innovazione proprietaria, e si basa su un framework legale unico che consente di raccogliere nuove idee, progetti e visioni, di svilupparle in maniera rapida e lineare con modalità operative e procedure predefinite, al fine di metterle a disposizione di tutti, agendo in questo modo da “sviluppatore dell’innovazione”. Federated Innovation @MIND è il punto di compimento dello sviluppo dell’ecosistema MIND che ha portato alla creazione di una nuova entità legale per guidare e coordinare il processo di creazione di innovazione in MIND.

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PMI transizione ecologica: per 8 su 10 è necessaria per superare crisi economica ed ecologica. Le imprese italiane sono pronte ad intraprendere il percorso della transizione ecologica?
Più di 8 su 10 (83%) lo ritiene necessario; vede, infatti, la transizione ecologica come un cambiamento basilare per superare le crisi ambientali ed economiche attuali.

È quanto emerge dall’indagine, che sarà presentata agli Stati Generali della Green Economy, promossi dal Consiglio Nazionale della Green Economy, in occasione di Ecomondo Key Energy, a Rimini l’8 e il 9 novembre prossimi, realizzata dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e da EY e pubblicata all’interno della Relazione sullo stato della green economy 2022.

Le imprese italiane e la transizione ecologica indaga l’atteggiamento degli imprenditori su potenzialità, ostacoli, aspettative, misure necessarie della transizione ecologica. Il 62% delle imprese vede proprio nell’attuale periodo storico maggiori ragioni per intraprendere un percorso di transizione ecologica, vista come opportunità strategica.

Realizzata a settembre 2022, la ricerca offre la fotografia attuale di come un campione di 1.000 imprese italiane (piccole sopra i 10 dipendenti, medie e grandi, appartenenti ai principali settori) stia vivendo la transizione ecologica in questo periodo di alti prezzi dell’energia e di incertezza sul futuro dell’economia.

Tre aziende su quattro (il 76%) sono convinte che l’Italia dovrebbe essere fra i promotori della transizione ecologica perché questa scelta metterebbe il Paese all’interno del gruppo avanzato delle economie mondiali. L’ostacolo maggiore per la transizione ecologica è rappresentato dalla burocrazia per ben il 50% delle imprese.

Le imprese si sono già mosse per avviare questo cambiamento in green: oltre una su due ha già adottato misure per usare in modo più efficiente energia ed acqua, il 49% per ridurre e per riciclare i propri rifiuti e il 34% nell’utilizzo di fonti rinnovabili.

Quali sono i benefici di questa svolta?
Per circa 3 imprese su 10 sono la riduzione dei costi operativi. Gli imprenditori non sono indifferenti ai rischi causati dalla crisi climatica. La preoccupazione per l’aumento degli eventi atmosferici estremi è ormai diffusa: il 75% ha un livello di preoccupazione medio o elevato e solo il 25% dichiara di non essere preoccupato per tali eventi. Ma nonostante questa preoccupazione solo un’impresa su cinque ha attuato al suo interno misure di riduzione delle emissioni di gas serra.

Le aspettative degli imprenditori sugli effetti delle misure per la transizione ecologica sulle proprie imprese sono in buona parte positive: il 51% ritiene che contribuiranno a migliorare il posizionamento dell’azienda e il 60% che promuoveranno investimenti per innovazioni.
Dalla ricerca emerge, però, anche una forte richiesta di maggiore informazione, solo il 35% del campione, infatti, pensa di avere un buon livello di conoscenza.

Edo Ronchi Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile: “Questa indagine documenta un quadro dell’impegno delle imprese italiane per la transizione ecologica più avanzato di quanto diffusamente si ritenga. Non mancano difficoltà e ritardi, ma il quadro complessivo che emerge è quello di un sistema delle imprese che sta affrontando la sfida della transizione ecologica come ineludibile necessità ma anche come possibile opportunità”.

Irene Pipola, Sustainability Consulting Leader di EY Italia: “Sono soprattutto le PMI a sostenere la rilevanza della transizione ecologica, ritenuta un cambiamento necessario dall’83% delle imprese intervistate, evidenziando ancora più senso di urgenza rispetto alle grandi imprese. I dati emersi dall’indagine ci portano a riflettere su quanto sia concreto il bisogno di tale cambiamento, ma emerge anche quanto sia essenziale un supporto strutturale per le imprese più piccole, che non potrebbero contare solo sul ritorno degli investimenti nel muoversi verso questa trasformazione. Infatti, il 42% delle imprese che hanno già avviato il processo di transizione ecologica dichiara di non aver ancora percepito alcun vantaggio, e questo è accaduto più frequentemente nelle imprese di dimensioni minori”.

Lorenzo Cagnoni, Presidente di Italian Exhibition Group: “La scelta di dedicare una manifestazione fieristica alle tecnologie green, compiuta 25 anni or sono, trova conferma nei risultati di questa ricerca. Era doveroso, allora, sulla scorta della legge che di Edo Ronchi porta il nome, mettere a disposizione del mercato una vetrina. Compito che IEG ha costantemente aggiornato e ampliato a tutti i settori dell’economia circolare sino a diventare una piattaforma per la transizione ecologica per l’Europa e il bacino del Mediterraneo”.

www.statigenerali.org

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Riduco Rinvio Rinuncio; in una parola, Risparmio. Le 4 R dello shopping Non Food. Controllo delle offerte a volantino, caccia ai prezzi migliori (anche online), attenzione ai bonus statali e alle detrazioni fiscali: l’Osservatorio Non Food 2022 di GS1 Italy racconta come la convenienza guida la spesa extra alimentare.

Il mondo del Non Food italiano ha vinto la grande sfida del 2021
Tutti i 13 comparti merceologici analizzati dall’Osservatorio Non Food 2022 di GS1 Italy hanno aumentato le vendite annue (+12,0%) e superato i valori pre-pandemia (+2,2% nel quinquennio) arrivando a quota 104,7 miliardi di euro.
Ma ora sono chiamati a un’altra sfida, ancora più impegnativa visto lo scenario di quest’anno: garantire ai consumatori l’accessibilità ai prodotti non alimentari – dai cosmetici agli elettrodomestici, dai mobili agli smartphone, dai casalinghi ai capi di abbigliamento, dalle attrezzature sportive ai televisori – quelli che, per loro natura, non sono acquisti strettamente indispensabili e che, quindi, sono i primi a essere messi in discussione quando si ha (o si teme di avere in prospettiva) una minore capacità di spesa.
Ed è questo il sentiment che accomuna la maggior parte degli italiani, com’è emerso dall’Osservatorio Non Food 2022 di GS1 Italy, che ha individuato il tema del risparmio come uno dei più immanenti e trasversali nell’approccio all’universo dei prodotti non alimentari.

«La tendenza alla ricerca della massima convenienza era già emersa, ma ora è diventata più evidente» afferma Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy. «L’inflazione, i rincari dei costi energetici e le ripercussioni sui consumi obbligati delle famiglie incidono sulla quantità e sul livello dei consumi discrezionali, ossia quelli che analizziamo da dieci anni nel nostro Osservatorio Non Food. Dalla nostra indagine risulta che la ricerca del risparmio è sfaccettata e si esplicita in modi diversi. E quando risparmiare non basta, allora si tende a ridurre o rimandare gli acquisti, come ci hanno confermato dal 50 al 70% degli intervistati, a seconda dei singoli comparti merceologici».

Come si muovono gli italiani per comprare alle migliori condizioni i prodotti non alimentari?
In modo sistematico, partendo dal confronto sui prezzi praticati sia nei negozi fisici che nei siti e nelle piattaforme online, rivela l’Osservatorio Non Food 2022 di GS1 Italy.
Tra il 35 e il 45% degli shopper si informa del prezzo direttamente in negozio davanti allo scaffale e circa il 20% si informa con quello esposto in vetrina (in particolare per abbigliamento, profumeria, ottica e arredamento). Allo stesso tempo, c’è una significativa quota di consumatori che si informa dei prezzi attraverso i canali online, ad esempio sui siti specializzati in e-commerce (come Amazon) soprattutto per elettronica e giocattoli (circa il 45% dei casi), sugli e-shop delle catene specializzate e sui motori di ricerca (come Google), in particolare per elettrodomestici, elettronica e articoli per lo sport con circa il 30% dei casi.

La convenienza è il plus che porta a scegliere i siti di e-commerce, a partire dai pure player dell’online
Circa la metà degli shopper cerca su internet i prezzi più bassi e dal 30% al 40%, a seconda dei comparti, viene attratto dalle offerte promozionali.
Nella rete fisica il livello dei prezzi e, soprattutto, di quelli in volantino è in quasi tutte le merceologie il motivo principale che fa scegliere di acquistare negli ipermercati o nei supermercati di grandi dimensioni, in particolare alcune merceologie (come i libri best seller, la cartoleria e l’edutainment in genere) e in alcuni periodi dell’anno, come Natale. Le offerte promozionali sono determinanti anche per spingere gli acquisti nei negozi specializzati (in particolare nel mondo dei casalinghi) e nei discount, soprattutto per articoli per la casa e piccoli elettrodomestici.

La ricerca dell’“affare”
In particolare nel settore dell’abbigliamento, questa è una delle motivazioni che spinge il 10% dei clienti di negozi Non Food a frequentare i 28 factory outlet center aperti in Italia, con i loro 3.100 punti vendita (+5,8% rispetto al 2020) pari a 729 mila mq di superficie commerciale. Essendo spesso localizzati in aree extraurbane, la loro convenienza viene calcolata valutando anche i costi del viaggio e del tempo necessario per raggiungerli.

Un’altra strada individuata dagli italiani per comprare risparmiando è approfittare delle detrazioni fiscali e dei bonus concessi dallo Stato.
L’Osservatorio Non Food 2022 di GS1 Italy ne ha rilevato gli effetti in diversi settori. Gli incentivi legati alle ristrutturazioni edilizie hanno impattato sulle vendite di grandi elettrodomestici (+18,8% i bianchi, +35,9% i bruni), di mobili (+17,0%), di bricolage (+6,8%) e di edilizia fai-da-te (+5,7%). Il Bonus Cultura 18app ha influito sulla spesa per i supporti musicali (+24,0%) e per i libri non scolastici (+10,4%), mentre il Bonus Vista su quella per prodotti di ottica (+16,1%).

GS1 Italy. A partire dall’introduzione rivoluzionaria del codice a barre nel 1973, l’organizzazione non profit GS1 sviluppa gli standard più utilizzati al mondo per la comunicazione tra imprese. In Italia, GS1 Italy riunisce 40 mila imprese dei settori largo consumo, sanitario, bancario, della pubblica amministrazione e della logistica. I sistemi standard GS1, i processi condivisi ECR, i servizi e gli osservatori di ricerca che GS1 Italy mette a disposizione semplificano e accelerano il processo della trasformazione digitale delle imprese e della supply chain, perché permettono alle aziende di creare esperienze gratificanti per il consumatore, aumentare la trasparenza, ridurre i costi e fare scelte sostenibili.

https://gs1it.org

https://tendenzeonline.info

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Plastica filiera circolare certificata da Ecopolietilene. Il film industriale in polietilene raccolto diventa nuovo film industriale nel progetto sperimentale avviato dal consorzio insieme con A.M. Recuperi, Polimero e Virosac con il supporto operativo di Ecolight Servizi.

I beni in polietilene sono riciclabili al 100%
Ecopolietilene, consorzio nazionale per la gestione dei rifiuti da beni in polietilene, insieme con A.M. Recuperi, Polimero e Virosac e con il supporto operativo di Ecolight Servizi, ha certificato la prima filiera circolare per i film industriali: dalla raccolta di questi rifiuti di beni in polietilene, al loro trattamento e lavorazione, fino alla reimmissione nei cicli produttivi per dare vita a nuovi film plastici.

«Attraverso un progetto sperimentale di recupero e riutilizzo dei film in polietilene sottoforma di materia prima seconda, è stata certificata la reale riciclabilità dei beni in polietilene. Questo genere di plastica, che trova impiego nei più diversi manufatti a uso sia industriale sia domestico, è quindi un’importante risorsa per l’ambiente che deve essere sempre più valorizzata attraverso una sempre maggiore sensibilizzazione che si traduce in una corretta raccolta e una puntuale gestione», afferma il direttore generale del consorzio Ecopolietilene, Giancarlo Dezio.

Il progetto è stato sviluppato nel primo semestre del 2022 e ha interessato le regioni di Toscana, Emilia Romagna e Veneto, coinvolgendo tre importanti realtà del mondo ambientale. La fiorentina A.M. Recuperi srl si è occupata dell’organizzazione della raccolta e del trasporto dei rifiuti da beni in polietilene flessibili da superficie privata nelle regioni del centro-nord Italia.

Complessivamente, sono stati raccolti oltre 214 tonnellate di film industriali in polietilene nel periodo. Polimero srl, azienda di Rovigo da oltre 40 anni impegnata nel campo della rigenerazione delle materie plastiche, ha ricevuto la mole di rifiuti e ha proceduto a trattarla per ottenere materia prima seconda.
Le fasi di lavorazione hanno interessato l’impianto di Gallicano (FI) per la fase di selezione, cernita e pressatura e quello di Rovigo per il processo di triturazione, lavaggio con scarto dei corpi estranei, estrusione e granulazione, garantendo una qualità del materiale costante ed uniforme.
Il granulo così ottenuto è stato consegnato a Virosac srl che, negli impianti di Pederobba (Treviso) ha prodotto nuovo film industriale.
Le 214 tonnellate di rifiuto sono diventate sacchi per la spazzatura in polietilene che, a loro volta, sono stati immessi sul mercato.

«Con questo nuovo progetto siamo andati oltre l’iniziativa avviata l’anno scorso quando siamo andati a sperimentare una gestione specifica dei beni in polietilene utilizzati in ambito agricolo individuando uno sbocco industriale alle materie prime seconde ottenute dai processi di recupero», aggiunge Dezio. In quell’occasione il consorzio Ecopolietilene aveva preso in considerazione i rifiuti provenienti da teli per la copertura dei vigneti, attivando una filiera circolare che aveva dato come risultato un granulo in polietilene idoneo alla realizzazione di film barriera al vapore utilizzato in edilizia. «Allora ci eravamo fermati al granulo – conclude il direttore generale del consorzio -. Questa volta, grazie alla collaborazione dei partner impegnati nel progetto, siamo arrivati al prodotto finale, immesso sul mercato e destinato in tutte le case. Ecopolietilene conferma il proprio impegno in ambito ambientale ed evidenzia l’importanza del ruolo dei produttori per la costruzione di una reale economia circolare per i rifiuti da beni in polietilene».

Ecopolietilene – consorzio per la gestione dei rifiuti di beni in polietilene, Ecopolietilene è un sistema autonomo, senza fini di lucro e riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare. È composto dalle aziende produttrici, dai distributori e dai riciclatori dei beni in polietilene e nasce dalla professionalità e dal know-how nella gestione dei rifiuti maturata dal Sistema Ecolight, al quale fanno riferimento il consorzio Ecolight ed Ecolight Servizi, società che si occupa della gestione integrata dei rifiuti professionali generati dalle aziende.

www.ecopolietilene.it

Energia a It’s All Efficiency. Si è tenuta l’edizione 2022 di It’s All Energy Efficiency, con Enrico Rainero moderatore nelle 4 sessioni, suddivise secondo i settori: Pubblica Amministrazione, Retail, Hospital, Industry.
Le testimonianze delle attività “sul campo” dei responsabili energy delle aziende sono sempre preziosissime, specialmente nei momenti in cui prendere le decisioni ed attuarle è sempre più difficile.

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